Valsamoggia

Rocca di Bazzano
Valsamoggia

Bazzano, veduta aerea del castello. Foto di Augusto Arienti. Fototeca IBC, 1981
via Contessa Matilde, 10
loc. Bazzano
Valsamoggia (BO)
tel 051 836441
Sulle prime colline del Bolognese occidentale, Bazzano si eleva sulla valle del torrente Samoggia, affluente del Reno, a poca distanza dal Panaro che la separa dal territorio modenese con Vignola.

Un’area strategica di confine
Di antico insediamento, attraversata dalla pedemontana qui detta Predosa che collegava parallela alla via Emilia le colonie romane di Mutina e Bononia, l’area tra Samoggia e Panaro costituì poi a lungo, tra VI e VII secolo d.C., una fascia di frontiera tra territori bizantini e longobardi.
Forse parte degli ampi possedimenti tenuti fin dal secolo VIII nell’area dall’abbazia di Nonantola - collegata alla Toscana lungo il Panaro dalla vicina via Romea Nonantolana - il sito aggregatosi sul poggio attorno alla chiesa di santo Stefano venne fortificato probabilmente prima del Mille.
Concesso nel 1038 in enfiteusi, con la chiesa e la sua curtis, dal vescovo di Modena al marchese Bonifacio di Canossa, e divenuto così parte dell’immenso patrimonio del casato, alla morte nel 1115 della grancontessa Matilde il castello venne confermato nel 1128 da papa Onorio al vescovo di Modena.

Una rocca contesa tra Modena e Bologna
La lunga contesa tra Modena e Bologna per la definizione delle sfere di influenza nell’area tra Panaro e Samoggia, che andò intrecciandosi allo scontro tra fazioni pro e anti-imperiali, portò nel 1204 al lodo del podestà bolognese che estendeva il confine bolognese fino al torrente Muzza, assegnando così Bazzano a Bologna.
Nel 1226 il comune modenese – che sette anni prima, ripreso il castello, lo aveva fortificato con una cinta muraria al posto della precedente palizzata difensiva - ottenne dall’imperatore Federico II il riconoscimento della propria giurisdizione fino al Samoggia e l’annullamento del lodo del 1204, provocando la reazione di Bologna che due anni dopo assediò inutilmente Bazzano.
Nel 1247, mentre lo scontro infuriava anche nella vicina Vignola - due anni prima della decisiva battaglia della Fossalta che avrebbe sancito la vittoria di Bologna sulle truppe imperiali guidate da re Enzo - i Bolognesi riuscirono a conquistare il castello, radendolo al suolo e utilizzandone le macerie per costruire una casa torre nella vicina Monteveglio da loro controllata.

Tra Este e Visconti
Nell’ultimo decennio del Duecento Bazzano entrò nelle mire degli Este, signori di Ferrara, che cercavano di consolidare il controllo da loro esercitato su Modena e Reggio: occupato e poi restituito a Bologna da Obizzo d’Este, nel 1296 Bazzano venne preso insieme a Savignano e fortificato con una torre nel corso della guerra lanciata contro Bologna e Parma da Azzo VIII, mentre i suoi alleati romagnoli occupavano Imola.
Il lodo di papa Urbano VIII che nel 1300 pose fine alla guerra tra gli Estensi e Bologna confermò formalmente a quest’ultima, in cambio di molte terre e denari, il possesso dei due castelli – ribadito dal testamento di Azzo che le lasciava le terre a destra del Panaro - consentendo alla città di provvedere negli anni successivi alla ricostruzione delle mura bazzanesi, dotate anche di casseri d’ingresso.
Bazzano conobbe per tutto il secolo nuove fasi di instabilità, venendo attaccato nel 1325 dal signore di Mantova e di Modena Passerino Bonaccolsi, e coinvolto a metà secolo nelle azioni militari di Barnabò Visconti. Concesso in vicariato personale nel 1362 a Obizzo III d’Este dal cardinale Albornoz dopo la riconquista dei territori della Chiesa, il castello venne ceduto da Niccolò III al comune bolognese nel 1397 con ratifica papale; nello stesso anno anche la chiesa di santo Stefano passò dalla diocesi di Modena a quella bolognese.


Una delizia bentivolesca
Dopo alterne vicende, nel 1473 la rocca venne donata dai Sedici Riformatori dello stato bolognese al signore della città Giovanni II Bentivoglio, che con la moglie Ginevra Sforza fece della struttura militare una elegante ‘delizia’, residenza signorile e luogo di svaghi, al pari del castello di Ponte Poledrano situato lungo l'asta del Reno nella pianura verso Ferrara.
Tre nuove ali furono integrate al corpo tardoduecentesco con torre, a comporre un palazzo che ruotava attorno al cortile interno; evocativi dell’ormai superata funzione militare erano la struttura muraria a filari alternati di ciottoli e mattoni, intonacata e ricoperta di pitture, e i merli decorativi a coda di rondine posti sotto alla copertura del tetto.
Tra Quattro e Cinquecento il borgo conobbe un forte sviluppo economico e urbanistico, scandito dallo spostamento del mercato da Monteveglio, dall’insediamento nella rocca del Capitanato della Montagna, e dal plebato e vicariato attribuiti alla sua chiesa. Bazzano divenne così il centro più importante della collina bolognese occidentale, che era stata assorbita nel 1506, con la cacciata dei Bentivoglio, nello stato della Chiesa ed era divenuta poi area di confine tra questo e il ducato di Modena e Reggio dopo la 'devoluzione’ estense di Ferrara.
La funzione militare del castello venne riattivata nel 1643, quando fu occupato dalle truppe di Raimondo Montecuccoli nel corso della guerra tra lo stato pontificio e i parmensi Farnese. Nei secoli successivi la rocca fu via via adibita a teatro, carcere (ospitando nel 1799 anche Ugo Foscolo) e caserma.

Tra Novecento e anni Duemila: dal revival storicistico a centro culturale
Nei primi anni Trenta del Novecento la rocca di Bazzano fu investita da una tardiva eco del movimento revivalistico internazionale che dalla seconda metà dell’Ottocento aveva improntato il restauro di diversi edifici storici della pianura e dell’appennino bolognese, compreso il castello di Bentivoglio, a opera della ‘gilda’ di Alfonso Rubbiani, il ‘reinventore’ del volto medievale di Bologna.
Alcuni interventi di restauro e consolidamento strutturale erano stati realizzati nel 1927. Tre anni dopo un discepolo di Rubbiani, Guido Zucchini, presentò un progetto di restauro della rocca bazzanese, con disegni di Giovanni Costa. Il progetto - che prevedeva integrazioni arbitrarie prive di supporto documentale, comprendenti il coronamento merlato della torre del cortile e la ricostruzione della torre bentivolesca in facciata e del ponte levatoio - venne però respinto dal soprintendente Luigi Corsini e non fu realizzato. L’anno successivo alcuni interventi decorativi furono però eseguiti nella sala oggi detta del Pozzo Casini dal pittore Gubellini, che cercò di restituire l’originaria policromia delle pitture murali e del soffitto ligneo abusando di integrazioni e tinte seppiate.
Sede delle scuole e di abitazioni private fino agli anni Sessanta, tra fine secolo e i primi anni Duemila la rocca è stata oggetto di importanti interventi, che hanno consentito tra l’altro il recupero di alcune importanti pitture parietali di epoca bentivolesca. Destinata a sede di attività culturali, la rocca ospita oggi la sede della Fondazione Rocca dei Bentivoglio, il museo Archeologico fondato nel 1873 e dedicato a Arsenio Crespellani, la Mediateca comunale, iniziative espositive ed eventi.

VISITA
In posizione dominante sul borgo, la rocca isolata in cima al poggio, in parte circondata da mura e affiancata dalla chiesa di santo Stefano, mantiene l’impronta del palazzo bentivolesco, che del più antico edificio conserva la torre sud e l’ala attigua.
Nelle sale interne le pitture parietali costituiscono un’importante testimonianza della temperie artistica e culturale bolognese di epoca bentivolesca.
Al piano terra l’unione di Giovanni Bentivoglio e Ginevra Sforza – che aveva sancito il ruolo di primo piano acquisito dalla famiglia bolognese - è celebrata con stemmi a tempera che uniscono gli emblemi dei due casati.
Nella sala dei Giganti, in passato adibita anche a teatro, l’architettura a colonne inquadra paesaggi – che si ritiene raffigurino i possedimenti dei Bentivoglio - e imponenti personaggi armati; su queste si sovrappone nella parete sud un centauro meccanico in stile futurista a carboncino, risalente agli interventi novecenteschi.
Le sale del Camino e dei Ghepardi sono ancora caratterizzate dallo stile ‘a tappezzeria’, con motivi allegorici e gli stemmi con le armi Bentivoglio e Sforza, integrati nella sala delle Ghirlande dalle iniziali di Giovanni Bentivoglio alternate con quelle di Ma(donna) Za(Zinevra), il cui nome è richiamato da rami di ginepro.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Samoggia,
via Pedemontana occidentale (Claudia o Pedrosa)
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Comune di Modena,
Comune di Bologna,
Este,
Bentivoglio
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Rinascimento e Manierismo,
Storicismo Eclettismo Liberty
Bibliografia
via Contessa Matilde, 10
loc. Bazzano
Valsamoggia (BO)
tel 051 836441
Sulle prime colline del Bolognese occidentale, Bazzano si eleva sulla valle del torrente Samoggia, affluente del Reno, a poca distanza dal Panaro che la separa dal territorio modenese con Vignola.

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Un’area strategica di confine
Di antico insediamento, attraversata dalla pedemontana qui detta Predosa che collegava parallela alla via Emilia le colonie romane di Mutina e Bononia, l’area tra Samoggia e Panaro costituì poi a lungo, tra VI e VII secolo d.C., una fascia di frontiera tra territori bizantini e longobardi.
Forse parte degli ampi possedimenti tenuti fin dal secolo VIII nell’area dall’abbazia di Nonantola - collegata alla Toscana lungo il Panaro dalla vicina via Romea Nonantolana - il sito aggregatosi sul poggio attorno alla chiesa di santo Stefano venne fortificato probabilmente prima del Mille.
Concesso nel 1038 in enfiteusi, con la chiesa e la sua curtis, dal vescovo di Modena al marchese Bonifacio di Canossa, e divenuto così parte dell’immenso patrimonio del casato, alla morte nel 1115 della grancontessa Matilde il castello venne confermato nel 1128 da papa Onorio al vescovo di Modena.

Una rocca contesa tra Modena e Bologna
La lunga contesa tra Modena e Bologna per la definizione delle sfere di influenza nell’area tra Panaro e Samoggia, che andò intrecciandosi allo scontro tra fazioni pro e anti-imperiali, portò nel 1204 al lodo del podestà bolognese che estendeva il confine bolognese fino al torrente Muzza, assegnando così Bazzano a Bologna.
Nel 1226 il comune modenese – che sette anni prima, ripreso il castello, lo aveva fortificato con una cinta muraria al posto della precedente palizzata difensiva - ottenne dall’imperatore Federico II il riconoscimento della propria giurisdizione fino al Samoggia e l’annullamento del lodo del 1204, provocando la reazione di Bologna che due anni dopo assediò inutilmente Bazzano.
Nel 1247, mentre lo scontro infuriava anche nella vicina Vignola - due anni prima della decisiva battaglia della Fossalta che avrebbe sancito la vittoria di Bologna sulle truppe imperiali guidate da re Enzo - i Bolognesi riuscirono a conquistare il castello, radendolo al suolo e utilizzandone le macerie per costruire una casa torre nella vicina Monteveglio da loro controllata.

Tra Este e Visconti
Nell’ultimo decennio del Duecento Bazzano entrò nelle mire degli Este, signori di Ferrara, che cercavano di consolidare il controllo da loro esercitato su Modena e Reggio: occupato e poi restituito a Bologna da Obizzo d’Este, nel 1296 Bazzano venne preso insieme a Savignano e fortificato con una torre nel corso della guerra lanciata contro Bologna e Parma da Azzo VIII, mentre i suoi alleati romagnoli occupavano Imola.
Il lodo di papa Urbano VIII che nel 1300 pose fine alla guerra tra gli Estensi e Bologna confermò formalmente a quest’ultima, in cambio di molte terre e denari, il possesso dei due castelli – ribadito dal testamento di Azzo che le lasciava le terre a destra del Panaro - consentendo alla città di provvedere negli anni successivi alla ricostruzione delle mura bazzanesi, dotate anche di casseri d’ingresso.
Bazzano conobbe per tutto il secolo nuove fasi di instabilità, venendo attaccato nel 1325 dal signore di Mantova e di Modena Passerino Bonaccolsi, e coinvolto a metà secolo nelle azioni militari di Barnabò Visconti. Concesso in vicariato personale nel 1362 a Obizzo III d’Este dal cardinale Albornoz dopo la riconquista dei territori della Chiesa, il castello venne ceduto da Niccolò III al comune bolognese nel 1397 con ratifica papale; nello stesso anno anche la chiesa di santo Stefano passò dalla diocesi di Modena a quella bolognese.


Una delizia bentivolesca
Dopo alterne vicende, nel 1473 la rocca venne donata dai Sedici Riformatori dello stato bolognese al signore della città Giovanni II Bentivoglio, che con la moglie Ginevra Sforza fece della struttura militare una elegante ‘delizia’, residenza signorile e luogo di svaghi, al pari del castello di Ponte Poledrano situato lungo l'asta del Reno nella pianura verso Ferrara.
Tre nuove ali furono integrate al corpo tardoduecentesco con torre, a comporre un palazzo che ruotava attorno al cortile interno; evocativi dell’ormai superata funzione militare erano la struttura muraria a filari alternati di ciottoli e mattoni, intonacata e ricoperta di pitture, e i merli decorativi a coda di rondine posti sotto alla copertura del tetto.
Tra Quattro e Cinquecento il borgo conobbe un forte sviluppo economico e urbanistico, scandito dallo spostamento del mercato da Monteveglio, dall’insediamento nella rocca del Capitanato della Montagna, e dal plebato e vicariato attribuiti alla sua chiesa. Bazzano divenne così il centro più importante della collina bolognese occidentale, che era stata assorbita nel 1506, con la cacciata dei Bentivoglio, nello stato della Chiesa ed era divenuta poi area di confine tra questo e il ducato di Modena e Reggio dopo la 'devoluzione’ estense di Ferrara.
La funzione militare del castello venne riattivata nel 1643, quando fu occupato dalle truppe di Raimondo Montecuccoli nel corso della guerra tra lo stato pontificio e i parmensi Farnese. Nei secoli successivi la rocca fu via via adibita a teatro, carcere (ospitando nel 1799 anche Ugo Foscolo) e caserma.

Tra Novecento e anni Duemila: dal revival storicistico a centro culturale
Nei primi anni Trenta del Novecento la rocca di Bazzano fu investita da una tardiva eco del movimento revivalistico internazionale che dalla seconda metà dell’Ottocento aveva improntato il restauro di diversi edifici storici della pianura e dell’appennino bolognese, compreso il castello di Bentivoglio, a opera della ‘gilda’ di Alfonso Rubbiani, il ‘reinventore’ del volto medievale di Bologna.
Alcuni interventi di restauro e consolidamento strutturale erano stati realizzati nel 1927. Tre anni dopo un discepolo di Rubbiani, Guido Zucchini, presentò un progetto di restauro della rocca bazzanese, con disegni di Giovanni Costa. Il progetto - che prevedeva integrazioni arbitrarie prive di supporto documentale, comprendenti il coronamento merlato della torre del cortile e la ricostruzione della torre bentivolesca in facciata e del ponte levatoio - venne però respinto dal soprintendente Luigi Corsini e non fu realizzato. L’anno successivo alcuni interventi decorativi furono però eseguiti nella sala oggi detta del Pozzo Casini dal pittore Gubellini, che cercò di restituire l’originaria policromia delle pitture murali e del soffitto ligneo abusando di integrazioni e tinte seppiate.
Sede delle scuole e di abitazioni private fino agli anni Sessanta, tra fine secolo e i primi anni Duemila la rocca è stata oggetto di importanti interventi, che hanno consentito tra l’altro il recupero di alcune importanti pitture parietali di epoca bentivolesca. Destinata a sede di attività culturali, la rocca ospita oggi la sede della Fondazione Rocca dei Bentivoglio, il museo Archeologico fondato nel 1873 e dedicato a Arsenio Crespellani, la Mediateca comunale, iniziative espositive ed eventi.

VISITA
In posizione dominante sul borgo, la rocca isolata in cima al poggio, in parte circondata da mura e affiancata dalla chiesa di santo Stefano, mantiene l’impronta del palazzo bentivolesco, che del più antico edificio conserva la torre sud e l’ala attigua.
Nelle sale interne le pitture parietali costituiscono un’importante testimonianza della temperie artistica e culturale bolognese di epoca bentivolesca.
Al piano terra l’unione di Giovanni Bentivoglio e Ginevra Sforza – che aveva sancito il ruolo di primo piano acquisito dalla famiglia bolognese - è celebrata con stemmi a tempera che uniscono gli emblemi dei due casati.
Nella sala dei Giganti, in passato adibita anche a teatro, l’architettura a colonne inquadra paesaggi – che si ritiene raffigurino i possedimenti dei Bentivoglio - e imponenti personaggi armati; su queste si sovrappone nella parete sud un centauro meccanico in stile futurista a carboncino, risalente agli interventi novecenteschi.
Le sale del Camino e dei Ghepardi sono ancora caratterizzate dallo stile ‘a tappezzeria’, con motivi allegorici e gli stemmi con le armi Bentivoglio e Sforza, integrati nella sala delle Ghirlande dalle iniziali di Giovanni Bentivoglio alternate con quelle di Ma(donna) Za(Zinevra), il cui nome è richiamato da rami di ginepro.


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