Museo Internazionale e Biblioteca della Musica
Strada Maggiore, 34
Bologna (BO)

Ditta Erard

1777/ 1971
arpa a pedali

legno di acero,
legno di palissandro,
legno di noce,
legno di conifera,
legno di faggio,
legno di ebano,
legno di albero da frutta,
osso,
acciaio,
ottone,
bronzo/ doratura,
stucco
mm
lunghezza della cassa 1340//lunghezza totale lungo la cassa 1460//larghezza della cassa 105 (di sopra) - 385//profondità della cassa 73 (di sopra) - 225//lunghezza della colonna 1680//altezza lungo la colonna col piede 1800 (continua in OSS)
sec. XX (1901 - 1901)
n. MCP39385
Lo strumento ha le decorazioni di un'arpa di stile neogotico ("harpe gothique"). La cassa, di acero occhiolinato, ha una sezione semicircolare con linee incise lungo il bordo, e consta di due parti laterali, collegate da una parte centrale con cinque aperture elittiche con bordi modanati sul retro della cassa. Non erano previsti battenti nelle aperture. Su entrambi i bordi laterali c'è un listello di palissandro. Internamente, tra le aperture sul retro della cassa, ci sono quattro ponti piuttosto spessi di noce, ognuno dei quali avvitato con tre viti di ottone con capocchie in forma di fiore a otto petali.
La tavola è di conifera con fibre trasversali. Esternamente la tavola porta nel senso longitudinale un ponticello-listello d'attacco di acero, internamente un controponticello di faggio. Ponticello e controponticello hanno 47 perforazioni per i bottoncini fermacorde. Sopra ognuna delle perforazioni è inserito nel ponticello-listello d'attacco un pezzo circolare di osso per evitare danni causati al ponticello dalla tensione delle corde. La tavola porta sui bordi laterali un listello di acero. Nei due angoli della cassa, dove questa raggiunge la tavola, c'è una controfascia di conifera. Internamente la tavola porta da entrambi i lati del controponticello una catena longitudinale di conifera.
Nel ponticello sono infissi 47 bottoncini fermacorde di ebano, ora in parte mancanti.
La colonna di acero occhiolinato ha una decorazione applicata di stucco. La base, interamente dorata, ha una sezione esagonale con decorazioni in stucco. La parte centrale ha una sezione rotonda e fregi gotici applicati e dorati. Il capitello, interamente dorato, ha una sezione esagonale con varie decorazioni in stucco, tra le quali sono più cospicue cinque figure in stucco sotto un baldacchino di legno; ognuna delle figure 1, 3 e 5 è femminile e coronata, e tiene nelle mani un cartiglio; la figura 2 è un genio alato con una tromba diritta, la figura 3 è pure un genio con un'arpa.
Il modiglione è di acero occhiolinato con una lastra di ottone attaccata da entrambi i lati; le lastre hanno le iscrizioni menzionate sopra e abbracciano la meccanica. 47 caviglie di acciaio attraversano il modiglione.
La meccanica a doppio movimento assomiglia a quella descritta nello strumento precedente. Le due corde più alte non hanno rotelle; quindi queste corde non possono essere raccorciate, e il loro suono non può essere rialzato d'un semitono o d'un tono.
Il piede consta d'un fondo di due lastre di noce con quattro piedini dello stesso legno, di fasce impiallacciate di acero occhiolinato, e d'un coperchio di legno d'albero da frutta dorato. Fondo e coperchio aggettano sopra le fasce. Su ambedue i piedini anteriori è montato un leone accosciato in bronzo dorato, su entrambi i piedini posteriori c'è una placca di bronzo dorato con fregi vegetali in rilievo. Da ambedue i lati delle fasce ci sono due colonnine di legno dorato.
Le parti lignee di questa arpa, per quanto non siano dorate, hanno una vernice gialla chiara.
Nelle fasce del piede ci sono sette pedali di ottone, disposti come nello strumento precedente. Le aperture per i pedali sono a doppio scalino. Non c'è apertura per un ottavo pedale per aprire i battenti.

Le arpe più semplici sono composte d'una cassa e d'una parte chiamata modiglione. Le corde sono infisse da un lato nella cassa, dall'altro nel modiglione. Tra la cassa e la linea delle corde c'è sempre un angolo acuto.
In origine la cassa può essere fatta con diversi materiali. Il modiglione può avere una forma curvata (arpa curva), oppure essere diritto e fare un angolo con la cassa (arpa angolare), L'arpa curva è conosciuta dalla prima metà del terzo millennio avanti l'era volgare (Egitto), ed è usata ancora oggi da una parte in Africa a nord dell'equatore dalla Mauritania lungo la costa occidentale sino all'Uganda, dall'altra in Asia soprattutto in Birmania. L'arpa angolare s'incontra per la prima volta verso la fine del terzo millennio avanti l'era volgare (Babilonia), ed è usata ancora oggi in poche regioni (Georgia, Afghanistan).
E chiaro che tali arpe, sia curve sia angolari, sono strumenti alquanto deboli dal punto di vista statico. Generalmente questi due tipi d'arpa hanno anche poche corde: in Africa tra cinque e otto, raramente sino a tredici, in Birmania quattordici. Sono conosciuti, però, documenti iconografici secondo i quali l'arpa in Persia e Cina poteva avere sino a quaranta corde, ma un tale numero è piuttosto eccezionale. L'arpa in due parti (cassa e modiglione) è raffigurata in Europa dal secolo VIII al XII, raramente più tardi. Tali immagini forse non sono documenti realistici, ma sono da interpretare come archetipici.
Normalmente l'arpa europea ha un telaio chiuso, composto di tre elementi: cassa, modiglione e colonna. Anche nell'arpa a telaio le corde sono infisse nella cassa, generalmente con bottoncini fermacorde, e nel modiglione con caviglie. La colonna ha la funzione di fornire supporto tra la cassa e il modiglione e di contrastare la tensione delle corde. Le caviglie attraversano il modiglione. Normalmente le corde sono attaccate alle caviglie dal lato sinistro (visto da chi suona), e vengono accordate all'estremità delle caviglie al lato destro del modiglione.
Arpe a telaio chiuso s'incontrano non solo in Europa, ma anche - dopo l'importazione dalla Spagna - nell'America Latina (Messico, Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù, Paraguay, Cile, Argentina, e una tale arpa è in uso addirittura presso gli Indios in Arizona, negli Stati Uniti).
L'arpa a telaio chiuso è quindi uno strumento più stabile dal punto di vista statico, ma ciò nondimeno il numero delle corde dell'arpa europea aumentò poco o niente durante i primi secoli. Le arpe "romaniche" di forma tarchiata, usate sino al secolo XIII, in parte anche sino al XIV, di rado hanno più di tredici corde.
Nel secolo XIV s'incomincia ad approfittare della statica migliorata dell'arpa. In questa epoca nasce l'arpa "gotica" di forma allungata con due "nasi" spiccati, uno all'estremità superiore della colonna, l'altro come sporgenza del modiglione al di sopra della cassa (cfr. inv. 1765, nctn 00000074). La forma allungata dell'arpa permette l'uso di corde più lunghe, dunque offre la possibilità di far sentire note più basse. Il numero delle corde può salire sino a 20 (il numero delle note della mano guidonica: Sol1 - Mi4) o persino 22.
Nel secolo XVI la forma dell' arpa non cambia essenzialmente, ma il numero delle corde può crescere sino a 26, persino a 29. Quest'ultimo numero è quello dell'arpa a quattro ottave (Do1 - Do5). Nei secoli XV e XVI la cassa è spesso composta di due metà ricavate da legno duro o semi- duro, poi incollate (cfr. inv. 1765, nctn 00000074). Spesso la cassa è alquanto curvata verso l'interno dello spazio tra i tre elementi del telaio, ma nel secolo XVI può anche essere diritta (cfr. inv. 1765, nctn 00000074). La colonna ha spesso una curvatura verso l'esterno (inv. 1764, scheda nctn 00000075, e 1765, nctn 00000074). Nel secolo XVII vengono introdotte alcune innovazioni. La cassa è ormai quasi sempre diritta ed è composta di un certo numero di doghe (generalmente tra cinque e nove). La costruzione della cassa con doghe (inv. 1764, scheda nctn 00000075); ancora nel secolo XVIII: presente scheda, e Museo Davia Bargellini, inv. 1020) è un principio assunto dalla liuteria. La cassa è ormai coperta d'una tavola di conifera. Inizialmente le fibre della tavola sono longitudinali (mv. 1764, nctn 00000075), ma dalla seconda metà del secolo XVII in poi le fibre della tavola sono trasversali (ad esempio arpa esaminata in questa scheda) e Museo Davia Bargellini, inv. 1020), il che stabilizza di più lo strumento. Dalla seconda metà del secolo XVII in poi la colonna è anche diritta.
Generalmente l'arpa con una colonna diritta ha anche un piede, su cui sono montate la cassa e la colonna, eventualmente con piedini. In questa collezione mv. 1765, nctn 00000074 non ha piede; mv. 1764, scheda nctn 00000075 con una colonna leggermente curvata, ha piedini, ma il listello di supporto sotto di essi probabilmente non è originale.
Il numero delle corde aumenta sempre di più: può crescere sino a 33, con l'ingrandimento dell'ambito verso i bassi che richiedono corde più lunghe. Dall'uso di corde più lunghe nei bassi risulta un cambiamento nelle proporzioni delle arpe, inizialmente le colonna è poco più alta della cassa, ma con l'estensione dell'ambito verso i bassi la colonna deve essere più alta. La proporzione tra l'altezza della colonna e la lunghezza della cassa cresce da 1: 1 a 1,3 o 1,4: 1, in certi casi a 1,6 o 1,7: 1.
Le arpe trattate fin qui sono sempre diatoniche. Quando si suona in Do maggiore, sono a disposizione del suonatore le note di questa scala. Se il suonatore vuole suonare un Fa , è possibile accordare i Fa a Fa fl, ma allora la nota Fa non è più a sua disposizione.
Già nel '500 ci sono esperimenti per rendere l'arpa cromatica. Sono incerte le testimonianze di Johannes Cochläus (1511) sull'arpa triplici chordarum ordine in Inghilterra, e di Juan Bermudo (1555) sull'uso delle harpas de tres òrdenes nelle Fiandre. Dalla Spagna sono conservate e documentate arpe cromatiche (harpas de dos òrdenes) almeno dal Bermudo (1555) sino a Pablo Nassarre (1724). Sull'arpa cromatica in irlanda ci sono testimonianze presso Vincenzo Galilei (1581) e Michael Praetorius (1619), ma sembra che in questo paese l'arpa cromatica non abbia mai destato l'entusiasmo dei suonatori.
L'italia è il paese dove la cromatizzazione dell'arpa è stata realizzata con maggior intensità. L'arpa cromatica più semplice è il 1765 di questa collezione. Le note (e le corde) diatoniche in Do maggiore da Do1 a Do5 si trovano nella fila centrale; quelle cromatiche (Dodiesis, Mib, Fadiesis, Soldiesis, Sib) in parte a destra (visto dal suonatore; le note della prima e seconda ottava), in parte a sinistra (visto dal suonatore, le note della terza e quarta ottava).
Un altro sistema s'incontra presso Vincenzo Galilei (1581): in una fila centrale si trovano le note diatoniche in Fa maggiore da Do1 a Re5, mentre le note cromatiche in Fa maggiore più raddoppiamenti delle note Re e La (quindi Dodiesis, Re, Mib, Fadiesis, Soldiesis, La, Si) si trovano in parte in una fila a destra (visto dal suonatore; le note da Re1 a Dodiesis3 ), in parte in una a sinistra (visto dal suonatore; le note da Re3 a Dodiesis5).
Il principio del raddoppiamento delle note Re e La nelle file laterali sembra superfluo. E possibile che in origine le file laterali contenessero due coppie di note enarmoniche e che la loro composizione fosse: Dodiesis, Rediesis, Mib, Fadiesis, Soldiesis, Lab, Sib. Per lo meno è così che si può interpretare il trattamento dell'arpa a tre registri di Bartolomeo Jobernardi (1634). Secondo questo autore le file laterali contengono le note diatoniche e quella centrale quelle cromatico-enarmoniche.
Una disposizione simile s'incontra nella famosa arpa estense, conservata presso la Galleria Estense a Modena. Lo strumento fu costruito, per incarico di Alfonso II d'Este, duca di Ferrara, da Giovanni Giacometti (Giacomelli, Jacometti, Jacomelli, un Bresciano chiamato "del Violino") a Roma nel 1581.
Sembra che l'arpa cromatica sia stata infatti un'invenzione realizzata per la prima volta a Roma. Marin Mersenne descrive l'arpa cromatica nel 1636 (Traité des instrumens, pp. 169-171 e 215-216), sviluppata secondo questo autore da Luca Antonio Eustachio ("Luc Anthoine Eustache") e Orazio Michi ("Horace Michi") di Napoli, e costruita da Stefano Landi ("Estienne Landy") di Roma. Poco si sa su Luca Antonio Eustachio. Orazio Michi fu suonatore d'arpa e napoletano, ma la sua carriera incominciò dopo il suo trasferimento a Roma nel 1613. E Stefano Landi fu compositore e suonatore d'arpa, non costruttore ditali strumenti. Mersenne aveva ricevuto un 'arpa cromatica da Jean Jacques Bouchard, un parigino ai servigi del Cardinale Fraticesco Barberini a Roma. Entra qui nella storia dell'arpa cromatica la famiglia Barberini.
Nei casi citati la fila delle note diatoniche si trova nel centro, mentre le note cromatiche si trovano in una fila a destra nei bassi, a sinistra nei soprani. La tappa successiva fu il rovesciamento di questa disposizione: la fila centrale contiene le note cromatiche in Fa maggiore più i raddoppiamenti dei Re e La. Le file delle note diatoniche - più usate di quelle cromatiche - si trovano "fuori" e sono facilmente raggiungibili per le mani. L'esempio più famoso d'un tale strumento è l'arpa Barberini, ormai in possesso del Museo Nazionale degli Strumenti Musicali a Roma. L'arpa Barberini fu costruita probabilmente tra il 1632 e il 1639 sotto il pontificato di Maffeo Barberini, papa Urbano VIII.
L'arpa Barberini ha un ambito da Do1 a Mi5. Le corde diatoniche in Fa maggiore da Do1 a Mi4 si trovano in una fila sinistra (visto da chi suona), facilmente raggiungibili per la mano sinistra. Nel centro si trova la fila delle note cromatiche in Fa maggiore più i raddoppiamenti dei Re e La (quindi Dodiesis, Re, Mib, Fadiesis, Soldiesis,La, Si) da Re1 a Si4. Una fila a destra del centro contiene le note diatoniche in Fa maggiore da Re2 a Mi5, facilmente raggiungibili per la mano destra. Nell'arpa Barberini per la metà dell'ambito approssimativamente (da Re2 a Mi4) sono chiaramente da distinguere tre file di corde, entrambe le file diatoniche (a sinistra e a destra) non raggiungono le quattro ottave più una terza maggiore dell'ambito completo.
Il 1764, nctn 00000075, di questa collezione, probabilmente costruito tra il 1615 e il 1625, ha tre file complete di corde. L'ambito è di Do, - Do5 nel centro c'è la fila cromatica coi raddoppiamenti dei Re e La (quindi Dodiesis, Re, Mib, Fadiesis, Soldiesis, La, Si) da Dodiesis, a Sib4 a sinistra e a destra ci sono due file complete di note diatoniche da Do1 a Do5.
Domenico Zampieri ("il Domenichino", 1581 -1641), bolognese di nascita, deve avere conosciuto l'arpa cromatica di tre ordini già prima del suo soggiorno a Roma ai servigi della corte papale dal 1621 al 1623. Arpe cromatiche figurano in quattro dei suoi dipinti e in vari disegni. I dipinti sono: il "David che suona l'arpa" (1619-1621), ora nel castello di Versailles; il "Martirio di S. Agnese" (1625) nella Pinacoteca Nazionale a Bologna; l'affresco con la "Danza di David" nella cupola della cappella Bandini nella chiesa di S. Silvestro al Quirinale a Roma (1625-1629); la "Madonna coi Santi Giovanni Evangelista e Petronio" (1626-1629), ora nella Galleria di palazzo Barberini a Roma. Nel 1638 Domenichino scrisse poi una lettera da Napoli a Francesco Albani a Bologna nella quale c'informa che ha costruito un liuto e un cembalo, e che adesso fa costruire un'arpa con tutti li suoi generi Diatonico, Cromatico & enarmonico.
Arpe cromatiche sono costruite in Italia occasionalmente sino alla fine del secolo XVIII, e sono anche conosciute in Inghilterra nei secoli XVII e XVIII, inoltre nel Galles e nell'Europa centrale e settentrionale dal '600 sino alla prima metà del secolo XIX. Le arpe cromatiche non hanno mai avuto molto successo. L'incomodo consisteva sempre nel numero delle corde. L'arpa inv. 1765 di questa collezione, nctn 00000074 ha "solo" 49 corde; l'arpa di Galilei ne ha 58, l'arpa estense "solo" 49, l'arpa Barberini 74 e l'arpa inv. 1764 di questa collezione, nctn 00000075 addirittura 86 corde. Con un numero così notevole di corde esse sono troppo vicine l'una all'altra, e inoltre le corde dell'ordine centrale sono sempre difficilmente raggiungibili. Poi, un così grande numero di corde esercita una tensione notevole soprattutto sulla tavola armonica e sul modiglione.
Per tali ragioni la maggior parte delle arpe in uso è rimasta, sino ad oggi, diatonica, benché questi strumenti fossero provvisti di mezzi per mettere a disposizione del suonatore anche le note cromatiche.
Nella seconda metà del secolo XVII fu inventata, probabilmente in Tirolo, l'arpa a ganci. Una tale arpa è sempre diatonica, ma accanto ad alcune corde sono introdotti nel modiglione dei ganci che possono essere girati, e in tal caso toccano le corde corrispondenti, che sono raccorciate e il cui suono è rialzato d'un semitono. Lo svantaggio d'un tale sistema è che occorre sempre una mano per girare i ganci, la quale per un breve intervallo non è a disposizione per pizzicare le corde.
La soluzione del problema è offerta tramite un sistema con pedali che per mezzo di tiranti agiscono sulla nuova meccanica nel modiglione. S'intende che la maggior parte delle arpe a pedali abbia un piede, in cui questi sono montati.
La prima realizzazione di un'arpa a pedali, intorno al 1720, è dovuta a un membro della famiglia Hochbrucker (Jacob oppure Georg) a Donauwörth, sul Danubio tra Augusta e Norimberga. Nel suo stato definitivo lo strumento ha sette pedali. Questi sono congiunti alla meccanica nel modiglione mediante tiranti che passano attraverso la colonna. Quest'ultima è ormai diritta e fatta in due pezzi di legno duro scavati, poi incollati. Lo spazio scavato serve per lasciar passare i tiranti.
Per tutte le corde (o quasi) ci sono uncini mobili nel modiglione. Quando il suonatore preme un pedale, gli uncini di tutte le corde della stessa qualità (tutti i Mib, tutti i Fa ecc.) vengono tirati contro le corde corrispondenti, che poi vengono strette contro un tasto di metallo sì che le corde in questione siano raccorciate e il loro suono sia rialzato d'un semitono.
Dato che ogni pedale può agire solo una volta sulle corde corrispondenti, una tale arpa a pedali è chiamata a movimento semplice. Una tale arpa è normalmente accordata in Mib maggiore. Con l'azione dei pedali corrispondenti, i Mib possono essere rialzati a Mi, i Fa a Fadiesis , i Sol a Soldiesis , i Lab a La, i Sib a Si, i Do a Dodiesis i Re a Rediesis. Così sono a disposizione del suonatore le tonalità con tre bemolli e quattro diesis. La disposizione dei pedali da sinistra a destra è: Re - Do - Si / (centro dell'arpa)/ Mi - Fa - Sol - La. L'arpa a pedali a movimento semplice fu suonata in pubblico per la prima volta a Parigi nel 1749 e fece subito furore. Un gran numero di compositori scriveva opere per lo strumento, tra i quali il più famoso fu Mozart che durante la sua sosta parigina nel 1778 compose il suo concerto per flauto traverso, arpa e orchestra per il duca de Guines e sua figlia. Un numero notevole di costruttori fu attivo a Parigi nella seconda metà del secolo XVIII e ancora all'inizio del XIX con nomi in parte palesemente non francesi: Jean-Henri Naderman e i suoi figli Pierre-Joseph e Henri, Sébastien-B. Renault, Franois Châtelain, Godefroi Holtzman, Pierre-Joseph Cousineau e suo figlio Georges.
Vari miglioramenti furono applicati alle arpe a pedali a movimento semplice. Un'invenzione che rivoluzionò l'arpa a pedali in genere fu quella delle forcelle rotatorie che sostituirono gli uncini mobili. Questa invenzione è dovuta a Sébastien Erard, sul quale torneremo, e fu fatta nel 1769. Cousineau padre inventò le aperture sul retro della cassa per far uscire meglio il suono. A volte le aperture potevano essere chiuse per mezzo di battenti fatti funzionare con un ottavo pedale tra il pedale per Si e quello per Mi. Tali aperture senza e con battenti s'incontrano in alcune arpe a pedali a movimento semplice (aperture senza battenti nell'arpa Museo Davia Bargellini, inv. 1020).
Si distinguono due tipi di arpe a pedali a movimento semplice. Il primo tipo, fatto sino al 1805 all'incirca, ha una decorazione stile Luigi XVI e tra 35 e 39 corde (come nello strumento esaminato in questa scheda). Il secondo tipo, fatto nei decenni dal 1805 al 1825, ha una decorazione stile Impero e tra 40 e 43 corde (Museo Davia Bargellini, inv. 1020).
L'innovatore più importante per l'arpa fu indubbiamente Sébastien Erard, in parte a Parigi, in parte a Londra. Come s'è già detto, Erard incominciò a costruire arpe a pedali a movimento semplice, in cui introdusse le forcelle rotatorie per raccorciare le corde. Poi, utilizzò una specie di legno compensato per il modiglione; sui due lati di quest'ultimo due lastre di ottone abbracciavano la meccanica. Inoltre, dette alla cassa una sezione semicircolare, creando così una costruzione più robusta di quella precedente con doghe.
Finalmente, nel 1810 Erard ideò l'arpa a pedali a movimento doppio. Ogni corda è provvista di due forcelle rotatorie sul modiglione e può essere raccorciata due volte, rialzando il suono prima d'un semitono, poi d'un tono. Una tale arpa è accordata in Dob maggiore. Ognuna delle note può essere cambiata due volte:
Dob a Do e a Dodiesis;
Reib a Re e a Rediesis;
Mib a Mi e a Midiesis;
Fab a Fa e a Fadiesis;
Solb a Sol e a Soldiesis;
Lab a La e a Laldiesis;
Sib a Si e a Sidiesis.
Così sono a disposizione del suonatore tutte le tonalità con sette bemolli (Dob maggiore) a sette diesis (Dodiesis maggiore). Anche accordi con intervalli d'una terza minore o meno possono essere realizzati facilmente con una tale arpa, ad esempio Si - Do - Rediesis - Mib - Fadiesis - Solb - La, oppure Dodiesis - Rediesis - Midiesis - Fa - Sol - La - Si. Resta un inconveniente il fatto che una partitura estremamente cromatica, o addirittura una semplice scala cromatica con una velocità più che moderata rimangono ineseguibili.
La ditta Erard produsse due tipi d'arpa a pedali a movimento doppio. Il primo tipo ha una decorazione stile Impero ("harpe grecque") con 43 corde (Mib0 a Mib6) (cfr. inv. M. C. P. 39386, scheda van der Meer 137) e fu prodotto sino al 1840 circa. Il secondo tipo ha una decorazione neogotica ("harpe gothique") con 46 (Dob0 - Fab6) o 47 corde (Dobo - Solb6) (cfr. inv M. C. P. 39385, scheda van der Meer 138) e fu prodotto dal 1835 all'incirca. La disposizione dei pedali è sempre (da sinistra a destra). Re - Do - Si/ (centro dell'arpa)/ Mi - Fa - Sol - La.
Le arpe a pedali a movimento doppio hanno sempre aperture sul retro della cassa. Inizialmente ci possono essere battenti da aprire con un ottavo pedale. I battenti e l'ottavo pedale, però, caddero in disuso nel corso dell'Ottocento.
L'arpa a pedali a movimento doppio ideato dall'Erard con 47 corde è ancora oggi l'arpa normale. S'intende che è stato cambiato nel corso degli anni l'aspetto del mobile. Le arpe attuali hanno una lavorazione ben più semplice dei tipi menzionati sopra.
L'impossibilità d'eseguire passaggi cromatici rapidi con l'arpa a pedali di Erard indusse Gustave Lyon, direttore della ditta Pleyel, Wolff, Lyon & Cie. a Parigi, su richiesta di Alphonse Hasselmans, professore d'arpa al Conservatorio Nazionale a Parigi, a riprendere un progetto per un'arpa cromatica di Jean-Henri Pape, brevettato nel 1843, ma a quell'epoca non eseguito. La nuova arpa di Pleyel, Wolff, Lyon e Cie. (cfr. inv M. C. P. 24458, scheda van der Meer 139) ha un ambito cromatico di Re0-Sol6. Le 46 corde diatoniche in Do maggiore sono attaccate al lato destro del modiglione e al ponticello sinistro sulla tavola; le 32 corde cromatiche in vece sono attaccate al lato sinistro del modiglione e al ponticello destro sulla tavola. Le corde s'incrociano dunque pressappoco nel centro dello spazio tra gli elementi del telaio, con l'inconveniente che le corde troppo vicine tintinnano facilmente.
Il numero totale delle corde ammonta dunque a 78. Un numero così alto di corde ha, come s'è già detto a proposito dell'arpa cromatica dei secoli XVI e XVII, l'inconveniente di esercitare una tensione enorme sulla tavola e sul modiglione. Per contrastare questa tensione enorme, nell'arpa Pleyel il modiglione e la colonna sono interamente di metallo; inoltre, la cassa ha internamente rinforzi notevoli. ponti pesanti, contrafforti e non meno di 24 molle spirali di metallo. Tutti questi elementi debbono contrastare una tensione di più di 1200 kg sulla tavola. S'intende che tali elementi contribuiscono ad aumentare il peso totale dello strumento (60 kg). Inoltre, i rinforzi pesanti irrigidiscono talmente le parti che dovrebbero contribuire all'aumento della risonanza (in primo luogo la tavola), che l'arpa Pleyel ha meno sonorità dell'arpa Erard. A prescindere da questi inconvenienti, resta il fatto che le voci composte per l'arpa diatonica Erard sono a volte difficilmente o non eseguibili con l'arpa cromatica Pleyel. Al più tardi nel 1953 lo strumento fu definitivamente abbandonato.

Il fondatore della casa Erard fu l'alsaziano Sébastien Erard (1752-1831). Nato a Strasburgo, venne a Parigi nel 1768, dove lavorò per la duchessa de Villeroy. Nel 1777 produsse il suo primo pianoforte rettangolare con una Stossmechanik semplice, e nel 1779 fece uno strumento combinatorio tra cembalo e pianoforte ("clavecin mécanique").
Nel 1780 Sébastien Erard fece venire a Parigi il fratello maggiore Jean-Baptiste Erard (1745-1826) e installò la bottega in due stabili nella rue du Mail (nn. 13 e 21). A proposito dell'invidia dei ventaglisti, alla cui corporazione appartenevano i costruttori di strumenti musicali, Erard ottenne da Luigi XVI personalmente il permesso di costruire strumenti musicali senza appartenere alla corporazione (1785). Due anni dopo costruì per Maria Antonietta un pianoforte traspositore con una tastiera spostabile, con cui era possibile alzare e abbassare il diapason d'un semitono, d'un tono e d'una terza minore.
In questa epoca Erard incominciò a interessarsi anche di arpe e fece le sue prime arpe con alcuni miglioramenti, ma sempre con pedali a movimento semplice. Questa prima produzione di arpe non ebbe successo, per varie ragioni. Una delle ragioni fu che Sébastien Erard, monarchico, scappò a Londra, quando scoppiò la rivoluzione francese, e nel 1792 vi fondò uno stabilimento in Great Marlborough Street 18. Frattanto Jean-Baptiste tutelava gli affari a Parigi.
Sébastien poté tornare a Parigi nel 1796 dopo l'assassinio di Robespierre, ma poco dopo fu di nuovo a Londra, dove incominciò a costruire pianoforti a coda con scappamento semplice secondo il sistema inglese con alcuni miglioramenti. All'inizio del secolo XIX tali pianoforti avevano un ambito di cinque ottave e mezza (Fa0 - Do6). Uno strumento con tale ambito fu il pianoforte a coda che nel 1803 Sébastien Erard presentò a Beethoven a Vienna, il quale da quel momento (1803-1809) compose opere per pianoforte con l'ambito di cinque ottave e mezza, a incominciare dalla sonata Waldstein, op. 53.
Già a proposito dei suoi esperimenti per migliorare l'arpa a pedali a movimento semplice negli anni 1780 Sébastien Erard aveva fatto un'invenzione che avrebbe rivoluzionato l'arpa a pedali: per raccorciare le corde aveva sostituito gli antichi uncini con forcelle rotatorie, con rotelle con due perni infissi. Come s'è già detto, Erard non potette sfruttare subito la nuova invenzione. Però, nel 1794 a Londra incominciò a produrre delle arpe con forcelle rotatorie, e le introdusse a Parigi, insieme ai nuovi pianoforti a coda.
Dal 1808 al 1815 Sébastien Erard si trova di nuovo a Londra a gestire lo stabilimento inglese, mentre Jean-Baptiste continua adirigere quello parigino. Jean-Baptiste ebbe un figlio, Pierre(-Orphée) (1794-1855), il quale nel 1814 raggiunse lo zio a Londra, e dopo la partenza di questi nel 1815 prese in mano la gestione dello stabilimento londinese.
Sébastien Erard continuò a occuparsi di miglioramenti sia nei pianoforti sia nelle arpe. Riguardo al pianoforte, fu brevettata nel 1808 la prima meccanica a doppio scappamento a staffa, che troviamo nel pianoforte del 1811 del Civico Museo Bibliografico Musicale. Fu brevettata poi l'invenzione delle agrafe di ottone che sostituiscono il ponticello sul somiere, quindi un nuovo sistema di doppio scappamento fu brevettato nel 1821, poi perfezionato sino al 1823. Questa meccanica a doppio scappamento è quella usata ancora oggi nei pianoforti a coda.
L'ambito dei pianoforti a coda di Erard aumentava con le esigenze del tempo: verso il 1808 raggiunse sei ottave (Fa0- Fa6), verso il 1818 sei ottave e mezzo (Do0 - Fa6). Già nel 1822 fu costruito un pianoforte a coda con sette ottave, ma sino alla morte di Sébastien Erard l'ambito normale rimaneva quello di sei ottave e mezzo. Negli anni 1823-24 Sébastien Erard sponsorizzò il giovane Franz Liszt a Parigi e a Londra. Nel 1824 furono costruiti i primi pianoforti verticali.
Quanto alle arpe, Sébastien Erard ideò dei miglioramenti anche per queste. Rinforzò il modiglione utilizzando una specie di legno compensato, e serrando poi il legno in due lastre di ottone, che abbracciavano anche la meccanica. Inoltre, diede alla cassa una sezione semicircolare, creando così una costruzione più forte di quella con doghe. Finalmente, nel 1810 ideò l'arpa a pedali a doppio movimento, in cui sono applicate a ogni corda due forcelle rotatorie, sicché essa può essere rialzata d'un semitono o d'un tono. Tale arpa a pedali a movimento doppio fornisce al suonatore la possibilità di suonare in qualsiasi tonalità. Sono possibili anche certi arpeggi in un contesto cromatico, arpeggi come si trovano nella maggior parte delle opere romantiche e postromantiche da Liszt e Wagner. Rimane impossibile suonare una semplice scala cromatica rapida con tale arpa. Le limitazioni dell'arpa a pedali alla musica diatonica fu il punto di partenza per la produzione (o della ripresa della produzione) di arpe cromatiche. Queste non ebbero nessun successo, e l'arpa d'uso normale sino ad oggi è l'arpa a pedali a movimento doppio ideata da Sébastien Erard.
Jean-Baptiste Erard morì nel 1826, Sébastien nel 1831. Pierre Erard gestì la ditta sino alla sua morte, nel 1855. Toccò a quest'ultimo ampliare l'ambito dell'arpa a pedali a movimento doppio. Nel 1835 l'ambito fu esteso a 46 note (Dob0 - Fab6) oppure 47 (Dob0 - Solb6). Anche la decorazione dell'arpa cambiò: lo stile Impero fu sostituito col neogotico ("harpe gothique").
Dopo la morte di Pierre Erard la sua vedova continuò a gestire la ditta, ma chiese l'aiuto di suo cognato Schaeffer per lo stabilimento parigino, di Bruzaud per quello londinese. Dopo la morte di Schaeffer nel 1873, la vedova si associò ad Amédée Blondel, il quale divenne direttore dello stabilimento parigino. La vedova Erard morì nel 1889, dopo di che lo stabilimento londinese fu chiuso nel 1890. Quello parigino divenne Biondel & Cie nel 1903, Guichard & Cie nel 1935. Nel 1959 la ditta fu acquistata da Gaveau.

La datazione riportata nel catalogo stampa "circa 1860" è stata corretta in "1901" sulla base dei registri di fabbricazione della ditta Erard. Lo strumento fu ordinato per la classe di arpa dalla Prof. Emma De Stefani Consolini.