Museo Internazionale e Biblioteca della Musica
Strada Maggiore, 34
Bologna (BO)
ambito italiano (?)
arpa eolia

legno di conifera,
legno di noce,
legno di sorbo,
osso
mm
lunghezza totale 823//larghezza del fondo 167//altezza della cassa 160//diametro delle rosette 56//distanza tra il centro delle rosette e la fascia di noce 354, e la fascia di abete 469, e il fondo 110//spessore del somiere 6//ponticello larghezza 10, altezza 5//lunghezza vibrante delle corde 695
sec. XIX (1800 - 1899)
n. 1798
La cassa ha una sezione semicircolare. Di conifera è il fondo piatto, contro cui è applicata la tavola dello stesso legno, piegata a semicerchio. A un'estremità è applicata contro il fondo e la tavola una fascia di noce, all'altra una di conifera; le due fasce sono tinte nere. La faccia interna del fondo è coperta di carta colorata. Da entrambi i lati della curvatura c'è nella tavola una rosetta di pergamena dorata. A circa 100 mm dall'estremità con la fascia di conifera si trova sulla tavola il ponticello di legno tinto nero (noce?). La tavola è decorata con arte povera (incisioni colorate e ritagliate): figure in paesaggi tra l'estremità con la fascia di conifera e il ponticello; due alberi, una coppia e vari animali musicanti dall'altro lato del ponticello.
La fascia di noce serve da somiere e ha undici fori per i piroli. Sono conservati dieci piroli fungiformi di sorbo tinto nero con bottoncini di osso in cima. Dove il somiere è applicato al fondo e alla tavola, è applicato alla superficie semicircolare un listello curvato tinto nero. Nel ponticello ci sono undici aperture per lo stesso numero di corde, attaccate tramite bottoncini come nella chitarra coeva. Sono conservati dieci bottoncini torniti di osso.
Lo strumento intero - anche la decorazione d'arte povera - è coperto d'una vernice marrone, indubbiamente di un'epoca posteriore.

Le cetre in senso generico sono cordofoni con una corda o più corde tese sopra un risonatore, a cui sono aggiunti i mezzi per tendere le corde (somiere, blocco d'attacco), senza altre aggiunte come un manico, braccia con un giogo o un modiglione. I risonatori delle cetre fuori dell'Europa possono avere le forme più disparate: d'un arco, d'una fossa scavata nella terra, d'un bastone rotondo o appiattito, d'una trave, d'un tubo con sezione rotonda o semicircolare, d'una zattera o d'una trave arcuata. Solo nei paesi di cultura islamica e in Europa s'incontrano cetre con un risonatore in forma di cassa di legno, con un fondo, una tavola armonica e generalmente con fasce.
Cetre con tali risonatori sono tra l'altro, le arpe eolie, i salteri di varie forme, i monocordi e le cetre in senso specifico. La maggior parte delle cetre in senso generico è composto delle parti sopra menzionate, così le arpe eolie e i salteri. I monocordi e le cetre in senso specifico possono, però, avere una tastiera per raccorciare con le mani le corde, o per lo meno alcune corde. Tale tastiera è stata adottata dai liuti in senso generico, sicché i monocordi e le cetre in senso specifico possono essere strumenti ibridi.
Generalmente le cetre in senso generico hanno corde pizzicate dal suonatore. In alcuni tipi di cetra in senso generico le corde vengono percosse (tambourin du Béarn o altobasso, salteri con una cassa in forma di trapezio isoscele nei paesi europei al Nord delle Alpi e dei Pirenei). Qualche cetra in senso specifico ha corde strofinate con un archetto (il langspil islandese, la jouhi kantele finlandese, a volte il Noordse balk dei Paesi Bassi, le cetre alpine ad archetto, inventate dall'austriaco Johann Petzmayer nel 1823). Le arpe eolie erano appese all'aria aperta in modo che il vento potesse generare vibrazioni delle corde, e quindi suoni.
Le arpe eolie organologicamente non sono arpe, ma cetre in senso generico. Tali strumenti erano appesi all'aria aperta, sicché il vento poteva generare una vibrazione delle corde e così dei suoni. Le corde sono accordate all'unisono o all'ottava. L'acustica dell'arpa eolia è un problema non risolto in tutti i dettagli. E un fatto, però, che più forte tira il vento, più armonici — e soprattutto più armonici fuori del nostro sistema tonale — si fanno sentire. Il suono dello strumento nella bufera sembra sia raccapricciante. In Europa i fenomeni eolici sono menzionati per la prima volta da Giovanni Battista Porta nella Magia naturalis (Roma 1540). L'arpa eolia, come strumento, è descritta per la prima volta da Athanasius Kircher, pure a Roma (Musurgia universalis, 1650; Phonurgia nova, 1673). L'apogeo dell'arpa eolia è nella seconda metà del secolo XVIII e nella prima del secolo successivo, soprattutto in Inghilterra e in Germania, quindi nell'epoca e nei paesi del romanticismo. Dopo l'inizio del nostro secolo l'arpa eolia sparisce completamente. Nei primi secoli della sua esistenza l'arpa eolia aveva sempre una cassa a sagoma e a sezione rettangolari di legno morbido (generalmente conifera) con corde su un unico lato, con un somiere con caviglie metalliche da un'estremità, e con un blocco d'attacco in legno duro con punte dall'altra. Già l'arpa eolia descritta dal Kircher, però, poteva avere una presa di vento in forma di due ali e corde accordate all'ottava. Nel periodo dell'apogeo, soprattutto nel XIX secolo, vennero sviluppate diverse varianti: casse a sagoma e a sezione rettangolari con corde su due lati; casse a sezione di trapezio rettangolo; casse a sezione triangolare, spesso con corde su due lati del triangolo; casse a doghe o a sezione semicircolare. Il vantaggio di tali forme sarebbe stato che, da qualunque direzione soffiasse, il vento avrebbe sempre fatto suonare una o più corde. Le corde possono essere di minugia o di metallo. Il loro numero varia generalmente da quattro a dodici; in casi rari ne vengono utilizzate anche di più. Nel secolo XIX appaiono anche varianti nell'attacco delle corde: sono introdotti caviglieri con piroli laterali, come nei violini; palette con piroli posteriori e anche ponticelli-listelli o comunque listelli sulla tavola, a cui sono attaccate le corde con bottoncini come nella chitarra coeva.
E' ovvio che l'etichetta con la firma è falsa. I caratteri, come pure l'arte povera, suggeriscono una datazione nell'ultimo quarto del secolo XVIII. La forma della cassa con sezione semicircolare prova che lo strumento è dell'Ottocento.