Museo Internazionale e Biblioteca della Musica
Strada Maggiore, 34
Bologna (BO)
ambito calabrese (?)
clarinetto doppio (buttafuoco?)

legno di bosso,
cuoio
mm
lunghezza 259//diametro canne 13-14//distanza tra entrata canna sinistra e p 26, I 56, II 81, III 103, IV 123, foro di risonanza 142//distanza tra entrata della canna destra e I 92, II 115, III 134, IV 156. I fori per le dita hanno un diametro di 5-6,5. Il foro di risonanza è di 8,2 x 11
sec. XVII (?) (1600 - 1664)
n. 1820
Due canne di bosso sono unite in una comune copertura di cuoio, in cui è impresso un marchio non più decifrabile (DTV?). Con ogni probabilità s'inseriscono nell'entrata delle canne tubetti con ancia semplice battente staccata dalla parete. All'uscita c'era una ghiera metallica, ora mancante.
La canna sinistra ha quattro fori sul davanti per le dita (I - III), sul retro un foro più alto per il pollice e un foro di risonanza ovale sotto i tre fori sul davanti. La canna destra ha quattro fori per le dita (I - IV) sul davanti, più in basso rispetto a quelli delle canna sinistra. La disposizione è quasi come nella zampogna a paro, con la differenza che in questo strumento i suoni alti si producono con la canna sinistra e quelli bassi con la canna destra; la disposizione delle canne è dunque a rovescio rispetto a quella della zampogna a paro. I fori per le dita non sono allineati con precisione; probabilmente il costruttore mirava alla produzione di battimenti.
Possibilità musicali: non possono essere accertate nello stato attuale, incompleto. Assumiamo per la canna sinistra Do3 - Re3 - Mi3 - Fa3 - Sol3 - La3, per quella destra Do2 - Si2 - Do3 - Re3 - Mi3; in quest'ultimo ambito il Do2 sarebbe forse utilizzabile come bordone.

Sono da distinguere due tipi di strumenti ad ancia doppia, entrambi in origine sempre con un tubo diritto. Il primo tipo ha la cameratura cilindrica. A questo tipo appartengono l'aulòs dell'antichità greca, la tibia di quella romana; tale strumento è raffigurato anche nell'arte etrusca, ma il nome etrusco è sconosciuto. Tali strumenti venivano suonati sempre raddoppiati (un unico suonatore suonava due strumenti). L'ancia era spesso doppia, ma a volte era applicata un'ancia semplice battente. Questo tipo ha la sua origine nel bacino orientale del Mediterraneo, essendo usato anche dagli Egizi e dai Fenici. Tali strumenti, benché ormai senza raddoppiamento, sono usati nel Caucaso, in Cina (kuantzu) e in Giappone (hiciriki). A prescindere dal Caucaso, questo tipo è ormai estinto in Europa.
Il secondo tipo di strumento ad ancia doppia ha la cameratura conica. Il tubo è di legno, ma la campana può essere metallica. Era già noto nel Medio Oriente nei primi secoli dell'era volgare e fu poi diffuso dagli Arabi. Così raggiunse verso est la Persia (zurnâ), l'india, il Tibet, la Cina, la Mongolia, la Birmania, i paesi dell'Asia sudorientale, e diverse isole dell'Indonesia (Giava, Madura, Bali, Lombok, Celebes); e verso ovest la regione della penisola balcanica, e la regione maghrebina, da dove si diffuse verso il sud sino agli Haussa e i Peul.
Lo strumento fu introdotto nell'Europa occidentale dagli Arabi attraverso la Sicilia e il continente italiano: vi è attestato nell'iconografia già nel secolo XII. Dall'Italia si diffuse verso il Nord, e ancora nel secolo XIV veniva chiamato in Germania walsch rôr (tubo romanico, o italiano). Tali
cialamelli, come s'è già detto, potevano avere nel Medioevo italiano grandi campane metalliche, ma in genere avevano - e hanno ancora - campane lignee. Questo vale ancora per il successore dello strumento medievale nella musica popolare italiana: il piffero, generalmente suonato insieme con la zampogna.
Dalla fine del secolo XV sino alla metà del secolo XVII gli strumenti ad ancia doppia ebbero uno sviluppo senza pari. In primo luogo vennero ideate molte varianti, in parte in Italia (bassanelli, sordoni, doppioni, dolzaine), in parte al nord delle Alpi (fagotti, cortaldi, cialamelli con cappelletto, cromorni, schryari). Le differenze tra queste varianti consistono in vari elementi: la conicità (o il grado di conicità) o cilindricità della cameratura; la sua eventuale piegatura (sordoni, doppioni. fagotti, cortaldi), e l'uso d'un cappelletto (cialamelli a cappelletto, doppioni, dolzaine, cromorni, schryari) o meno.
In secondo luogo, quasi ognuna di queste varianti fu estesa a formare una famiglia con un numero di membri tra tre (bassanelli, schryari) e sei. I cialamelli normali e i fagotti si svilupparono sino a formare famiglie con sei formati e sei fondamentali diversi.
Questa predilezione per le ance doppie e per il timbro stridente prodotto da esse scomparve quasi di colpo intorno alla metà del secolo XVII. Strumenti ad ancia doppia con un cappelletto hanno lo svantaggio che con essi è impossibile produrre armonici, sicché l'ambito rimane sempre ristretto, generalmente a una nona. Scomparvero intorno al 1650, dunque, tutti i tipi di strumenti con cappelletto. Scomparvero anche molti tipi di strumenti ad ancia doppia senza cappelletto, benché qualcuno (specie il cortaldo) rimanesse in uso, però con cambiamenti di forma e di tecnica, sino all'inizio del '700. Di tutta la ricchezza rinascimentale rimasero solo il cialamello soprano su Re2 o Do3, e il "fagotto corista" o fagotto basso su Do1. Entrambi questi strumenti hanno una cameratura conica e vengono suonati senza cappelletto. Intorno al 1650 l'ambito del cialamello soprano era d'una duodecima (ottava e quinta), mentre il "fagotto corista" si estendeva per due ottave e mezza (decimanona). In linea di principio il cialamello e il "fagotto corista" sono ricavati - come i flauti dolci e traversi e tutti gli altri strumenti ad ancia doppia con l'eccezione del bassanello - da un unico pezzo di legno. Tra cialamello e "fagotto corista" ci sono tre differenze principali. In primo luogo, benché entrambi gli strumenti abbiano una cameratura conica, la conicità è ben più spiccata nel cialamello, che ha inoltre una campana con un forte allargamento. In secondo luogo, il cialamello ha sempre un tubo diritto, mentre il tubo del fagotto ha una piegatura: dall'esse il tubo procede verso il basso, poi in fondo alla culatta si svolge in su sino al foro d'uscita che si trova ben più in alto dell'esse. In terzo luogo, l'ambito del fagotto ha un'estensione notevole verso i bassi. Semplificando un poco, si può dire che il cialamello soprano produce con la copertura dei fori I-VI il Re3, e che ha poi un foro per il mignolo o una chiave aperta d'estensione, pure per il mignolo, per Do3. Il "fagotto corista" invece produce con la copertura dei fori I-VI il Sol1, mentre ha fori e chiavi d'estensione, con cui viene raggiunto verso i bassi il Do1.
Un fenomeno speciale nel fagotto rinascimentale è che a volte il foro d'uscita è coperto da una graticola di legno o di metallo per addolcire il suono. Tutto sommato, tale graticola non s 'incontra più dopo il 1700. Un'eccezione, però, è l'oboe tenore 2813/2814 (scheda 42 catalogo van der Meer) sempre della collezione del Museo della Musica che la possiede ancora.
Aerofoni con ancia semplice battente sono ancora in uso nella musica popolare in alcune regioni del mondo. Sono generalmente fatti nella maniera seguente. La parte principale dello strumento consiste in un tubo con cameratura cilindrica, nella maggior parte dei casi con fori per le dita, spesso tra tre e sei, in casi eccezionali con sette od otto. Nell’ingresso di tale tubo s’inserisce un tubetto più sottile, dalla cui parete si stacca una lingua rettangolare si che questa resti attaccata al tubetto da uno dei lati corti, e possa battere sui bordi obliqui del taglio. Il tubetto con la linguetta o l’ancia semplice fa parte acusticamente del sistema dello strumento. Tali aerofoni sono chiamati nella terminologia organologica idioglotti. Gli aerofoni idioglotti hanno un gran numero di varianti, ad esempio con l’applicazione d’una capsula o d’una campana di corno o di zucca, persino di un’otre, col quale nasce la zampogna.
Un fenomeno speciale in questo gruppo di strumenti è la duplicazione e addirittura triplicazione del tubo. S’è già detto che già nell’antichità l’aulòs greco, la tibia romana e con ogni probabilità anche lo strumento corrispondente degli Etruschi potevano avere un’ancia semplice battente; tali strumenti avevano tubi raddoppiati. Strumenti triplici con ance semplici battenti sono le luneddas sarde. Strumenti doppi e triplici con ance battenti venivano usati nel passato anche in Calabria (Guizzi-Leydi 1985).
In molti casi i fori per le dita nei due tubi sono sfasati, in altre parole i fori dei due tubi non si trovano alla stessa altezza. Ci sono varie possibilità di sfasamento; ad esempio coi fori dei due tubi è possibile suonare in terze parallele; oppure i fori nel tubo lungo formano un prolungamento dell’ambito di quelli del tubo corto.
I due strumenti che qui si schedano (nctn 00000111 e 00000112) non sono clarinetti popolari doppi ad ancia semplice battente, ma sembrano essere sviluppati da tali strumenti. Probabilmente furono costruiti nel sec. XVII.
Indubbiamente l’appellativo di tali strumenti nel passato non era “clarinetto”. Poiché ignoriamo la terminologia storica di tali strumenti, e dato che tali aerofoni appartengono allo stesso tipo del clarinetto, usiamo qui per tali strumenti il termine “clarinetto”.

Se è giusto il presupposto che lo strumento veniva suonato con ance semplici battenti, si può pensare allo strumento citato sotto il n. 32 nel catalogo del Musaeum Septalianum a Milano del Terzago (1664): Instrumentum Calabrensibus familiare quam ludrica [sic; da leggere: ludicra] lingua Butta fuoco dicunt Africanibus quoque notum. Infatti, secondo Simeone-Tucci (Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari, Roma. La Collezione degli Strumenti Musicali, Roma, 1991, pp. 269-271) è conservato un triplice clarinetto idioglotto con due canne melodiche e un bordone di provenienza calabrese. Riguardo alla scritta "Africanibus quoque notum" è da ricordare che in Egitto si suonano ancora oggi due varianti del clarinetto doppio, la zummara e l'arghul.