Sarsina
insediamento
area urbana
ambito culturale romano
secc. III a.C./ III d.C.
Il centro abitato di Sarsina si è sviluppato nel medio Appennino romagnolo, su un terrazzo fluviale che domina la vallata del fiume Savio, già sede di uno stanziamento preromano. Diversi rinvenimenti archeologici hanno infatti dimostrato come fin dalla seconda metà del IV sec. a.C. si fossero qui insediate popolazioni umbre, identificate dalle fonti con gli Umbri Sapinates. L’originario legame con l’area umbra è, del resto, sottolineato dalla decisione augustea di includere il centro appenninico nella regio VI Umbria, anziché nella regio VIII Aemilia, insieme al centro di Galeata/Mevaniola.

Risale al 266 a.C. la sottomissione militare dell'area da parte dei Romani, nell'ambito del progetto di espansione verso il nord della penisola, iniziato nel biennio precedente con la fondazione di Ariminum. Alla città fu garantita una certa autonomia con il conferimento dello statuto di civitas foederata (città alleata). La prossimità con la via di vallata che metteva in comunicazione il distretto casentino e il cesenate e quindi assicurava un collegamento diretto fra l'area tiberina e quella adriatica ne determinò certamente il notevole sviluppo rispetto ad altri centri appenninici.

Nel tardo II sec. a.C. si ha un notevole riordino urbanistico e architettonico, anche se solo nel secolo successivo il centro vede il definirsi della propria forma e articolazione interna, in seguito alla guerra sociale e all'acquisizione dello statuto di municipium. La città venne dotata di una cinta di mura in blocchi di arenaria, la cui erezione è ricordata da alcune epigrafi.


Del primitivo assetto urbanistico si conoscono abbastanza in dettaglio gli elementi principali. Il foro si ubicava in posizione leggermente decentrata, all'incrocio dei principali assi stradali urbani e, vista la sua alta rappresentatività, era attorniato da complessi pubblici, civili e religiosi. In primo luogo gli edifici di culto: il principale tempio urbano, già attivo nella fase umbra, trova posto sul lato corto settentrionale dell’area forense, mentre i ruderi murari di un edificio a pianta trilobata venuti in luce in vicolo Aurigemma vengono attribuiti ad un donario (intorno al II sec. d.C.) dedicato a diverse divinità del pantheon olimpico ed italico. Un santuario votato a culti di origine orientale e a divinità frigie ed egizie sorgeva anche in un punto leggermente più periferico, a sud-occidente della città.

Un edificio pubblico di una certa importanza (forse una basilica) presso l’angolo nord-occidentale del foro è testimoniato dal ritrovamento della testa di una statua femminile della famiglia giulio-claudia.

Sono noti almeno due impianti termali: il cosiddetto Bagno della Regina nei pressi del margine urbano occidentale e gli elementi strutturali sorti su una precedente domus repubblicana (vasche foderate in marmo e di condutture idriche) presenti nell’area del vecchio Foro Boario, mentre i colonnati e le pavimentazioni marmoree ( fine del II sec. a.C. - prima età imperiale) individuate nella zona dell’ex Seminario vengono interpretate come appartenenti ad un edificio di natura commerciale.

Relativamente alle testimonianze dell'edilizia privata, si segnalano i due complessi indagati a sud di via Roma e nell'ex Foro Boario. Le abitazioni mostrano in genere una planimetria incentrata su un atrio, in un caso anche con pozzo, attorno a cui si sviluppavano tutti gli altri ambienti. Diversa la situazione della periferia della città in cui sorgevano abitazioni di impianto più modesto, generalmente affiancate da strutture artigianali.

Gli scavi hanno riportato alla luce assieme alle tracce murarie anche suppellettili e arredi domestici la cui elevata qualità ha confermato il benessere goduto da Sarsina fino al pieno III sec. d.C. Anche la consistente documentazione epigrafica ha fornito importanti informazioni sull'assetto sociale, culturale ed economico della città; in particolare si deve alla scoperta del sepolcreto di Pian di Bezzo il recupero di una considerevole mole di documenti che si vanno ad aggiungere alle già numerose epigrafi di provenienza cittadina.

Con ogni probabilità l’area della necropoli era stata privilegiata in quanto relativamente pianeggiante e inserita in un piacevole contesto naturalistico, con macchie di vegetazione che lambivano le tombe. Il seppellimento sotto una notevole coltre di limi in seguito alla formazione di uno specchio d’acqua per occlusione franosa del corso del Savio (circa 200 d.C.) ha preservato la documentazione funeraria sarsinate sino ai primi decenni del XX secolo, quando ebbero inizio i primi scavi sistematici. Lungo i lati della strada ghiaiata in uscita dalla città verso la pianura si distribuivano prestigiose ed imponenti architetture sepolcrali, inframmezzate da stele e are funerarie più modeste. Le tombe più monumentali, databili tra la fine del I sec. a.C. e la I metà del I d.C. - periodo di maggiore affermazione dei ceti dirigenti locali - si concentravano in un tratto di poche decine di metri, a ridosso della strada.

Il notevole sviluppo basato su una solida economia silvo-pastorale e sui rapporti commerciali che ebbe Sarsina col porto di Ravenna, dall'età imperiale al III sec. d.C., venne meno verso la fine di questo secolo causa le violente devastazioni, forse da parte di popolazioni barbariche, a cui fece seguito un periodo di decadenza e di stasi insediativa. Ulteriori incursioni forse dei Visigoti e degli Eruli si datano al periodo compreso fra il 409 e il 470 mentre nel 757 fu soggetta all'Esarcato.