loc. Veleia romana
Lugagnano Val d'Arda
insediamento
area urbana
ambito culturale romano
secc. II a.C./ V d.C.
L'esplorazione della città romana di Veleia nella valle del Chero, conosciuta anche come la “Pompei del nord”, ha esordi molto precoci poco dopo la metà del XVIII sec. ad opera dei Borbone, duchi di Parma, in seguito al ritrovamento occasionale della celeberrima Tabula alimentaria traianea, una grande iscrizione su bronzo originariamente destinata all'ostensione nella basilica.

Il centro d'altura nasce da un preciso progetto politico allorquando, poco prima del II sec. a.C., viene per sempre sconfitta l'opposizione della popolazione locale dei Liguri Veleiates, e la realizzazione del nuovo insediamento che si sovrappone ad un preesistente abitato ha il significato dell’acquisito dominio sul territorio e dell'imposizione della sovranità romana. Diversi elementi sembrano provarlo, come l’interessamento di Traiano palesato dalla Tabula, le numerose dediche della cittadinanza ai membri delle famiglie imperiali e lo stesso appellativo della città, designata talora come “Augusta”.


Capoluogo di un un ampio comparto montano a diretto contatto con i distretti di altri importanti centri delle attuali Liguria e Toscana, Veleia ottiene nel corso del I sec. a.C. l'autonomia amministrativa. Divenuta municipium, vede in un breve arco di tempo definirsi il suo assetto urbanistico, passando attraverso una serie di fasi edilizie che la portano dall'antico abitato ligure dipanato lungo il pendio, alla serie di imponenti sbancamenti e riporti di terreno che gli conferiscono uno sviluppo a “terrazze”, sulle quali si collocano spazi e strutture pubblici e privati.

Su uno dei terrazzamenti più ampi, frutto di una massiccia opera di livellamento, trova posto in epoca primo-imperiale (età augustea-giulio-claudia) l’area forense lastricata, contornata sui lati lunghi e su quello corto meridionale da porticati sui quale si affacciavano botteghe e ambienti a destinazione pubblica. Una notevole quantità di monumenti onorari e di epigrafi era allocata in vari punti del foro, ove i Veleiati potevano ammirare statue e leggere iscrizioni in gran parte dedicate ai vari imperatori e ai loro famigliari, ma anche poste a commemorazione di interventi realizzati in favore della cittadinanza da notabili e benefattori locali.

Sul lato corto settentrionale dell’area forense sorge la basilica civile, una vasta costruzione a navata unica, che ospitava la celebre serie di dodici grandi statue in marmo lunense rappresentanti membri della famiglia giulio-claudia e L. Calpurnio Pisone, patrono di Veleia. All'interno dell’edificio trovavano posto anche la riproduzione su tavola bronzea di un brano della Lex Rubria de Gallia Cisalpina (49-42 a.C.) relativa alle competenze dei magistrati attivi nella provincia, e la famosissima Tabula Alimentaria Traiana, un documento di estrema importanza in quanto identifica una serie di proprietà terriere (circa 400) gravate di ipoteca a fronte di prestiti imperiali a basso interesse, con una minuziosa indicazione dei nomi dei villaggi e dei borghi in cui si trovavano e dei fondi confinanti.

Nel terrazzamento più basso, collegato a quello superiore da un imponente ingresso, è stato invece riconosciuto un complesso forse a carattere santuariale, probabile erede di remoti culti legati alle acque salutari, presenti intorno a Veleia con una serie di sorgenti saline e di salse oleifere che avevano attratto l’attenzione dell’uomo sin dalla più alta antichità e che certamente rivestivano agli occhi dei romani un interesse anche economico. Alle spalle del foro si ubicano ancora un edificio pubblico – le terme dotate di calidarium e tepidarium - e un quartiere di abitazione, mentre più in alto è situato un invaso elissoidale (serbatoio d’acqua) erroneamente interpretato e ricostruito come anfiteatro.

Similmente ad altri centri dell’VIII Regio, Velleia decade lentamente nel corso del tempo e in età tardo-antica (V sec.) sopravvive ancora, per poi scomparire definitivamente sino alla cancellazione completa del suo ricordo.