Piacenza
sito pluristratificato
area urbana
ambito culturale romano e tardoantico
secc. III a.C./ VI d.C.
Dopo l’avamposto di Rimini, sorto nel 268 a.C., le colonie gemelle di Piacenza e Cremona fondate entrambe nel 218 a.C., rappresentano la testa di ponte del progetto di penetrazione romana nel cuore della Padania, e insieme il presidio strategico, sulle due opposte rive, del guado sul Po, su cui più tardi convergeranno la via Emilia e la via Postumia.
La presenza di un porto, probabilmente situato alla foce della Fodesta (l'antica fossa Augusta) un canale derivato dal Trebbia, rimasto navigabile per tutto il Medio Evo, assicurava inoltre a Placentia veloci collegamenti a lungo raggio: bastavano infatti due giorni di navigazione per giungere a Ravenna e all'Adriatico.

Occupando un ampio terrazzo fluviale, non lontano dalla confluenza fra Po e Trebbia, che permetteva il controllo della zona occidentale verso Casteggio e la stretta di Stradella, in un forte rapporto di complementarietà con Cremona, dalla quale la separavano una breve distanza di marcia terrestre e meno di una giornata di navigazione, la città è frutto di un'unica pianificazione urbanistica che prevede l’istantaneo insediamento di circa venticinquemila abitanti.

In origine prevale certamente il carattere di presidio militare in un territorio ancora instabile; sconfitta e costretta a pace separata la tribù gallica degli Anari, insediata nell'area piacentina, la collina e la montagna rimanevano infatti saldamente nelle mani dei Liguri.

La calata di Annibale interrompe in modo brusco il processo di sistemazione della colonia che si vede coinvolta negli avvenimenti della guerra annibalica. Dopo la battaglia della Trebbia (218 a.C.) offre rifugio ai resti dello sconfitto esercito romano e pochi anni dopo (207 a.C.) si oppone fieramente ad Asdrubale che, valicate le Alpi, avanza verso sud in soccorso del fratello.

Altri avvenimenti ancora la attenderanno: nel 202 viene espugnata dopo che Magone si è posto alla testa di Liguri e Celti in armi contro Roma. Quest’ultima reagirà e riuscirà ad aver ragione dei ribelli proprio vicino a Piacenza nel 197 a.C. grazie all'intervento del console Quinto Minucio Rufo. Nel 193 a.C. tutta la Liguria si solleva in armi e vengono saccheggiati i territori di Piacenza e di Luni.

Sarà soltanto dopo la definitiva sconfitta dei Galli Boi nel 191 a.C. e la rifondazione delle due colonie (190 a.C) davvero malridotte per il susseguirsi degli episodi di guerra in cui sono rimaste coinvolte, che il programma coloniario potrà riprendere, sorretto da una perfetta organizzazione stradale, che ha il suo nerbo nella via Emilia, erede dell’antica pista pedemontana al cui punto terminale ad occidente si trovava proprio Piacenza.

Una sostanziale continuità lega la Piacenza romana a quella di età tardoantica; pur con inevitabili mutamenti all'interno del tessuto urbano la città gode di una relativa tranquillità, ma sarà ancora teatro di importanti avvenimenti come l’uccisione di Oreste o la presa per fame da parte di Totila nel 546.


Da quel momento in avanti, grazie anche al carattere di crocevia derivatole dall'ubicazione, Piacenza vede accrescersi la sua prosperità e raggiunge uno dei momenti più favorevoli quando, dopo le guerre civili, Augusto promuove una nuova deduzione coloniaria che rinnova il tessuto sociale cittadino e che le farà ricevere l'appellativo di Augusta.
A testimonianza materiale del suo progressivo decollo economico e sociale nel I sec. a.C. può essere richiamato il bel frammento di statua (prima metà I sec. a.C.) in marmo greco firmata dallo scultore Kleomenes che a Roma prestava la sua opera presso le grandi famiglie patrizie.

L'impianto urbano, ad assi ortogonali, non dissimile da quello che sarà poi applicato in numerosi altri centri padani è frutto – come detto più sopra – di un'unica programmazione urbanistica e l'area forense, probabilmente chiusa da un porticato ne occupava la zona centrale, pari a circa due isolati del quadrante sud-est (vie Roma, Carducci, Romagnosi, Cavour).

L'attuale chiesa di S. Pietro viene ritenuta corrispondere alla zona in cui si ergeva il Capitolium. Al principale edificio sacro dei primi tempi della colonia potrebbe appartenere una serie di elementi decorativi (antefisse) da via delle Benedettine, con raffigurazioni richiamanti il culto frigio, certamente risalenti ad età repubblicana e riferibili ad un grande edificio ancora del tipo con strutture lignee e rivestimenti del tetto in terracotta. Altri pensano invece che potessero appartenere ad un piccolo santuario di una divinità protettrice.

Sempre all'età repubblicana, probabilmente dopo o in concomitanza con la ricostruzione della colonia, data la cinta muraria, spessa oltre due metri, realizzata in mattoni sesquipedali, fra i più antichi conosciuti di questo modulo dimensionale.
Soltanto in età tardoantica, verrà eretta una nuova cortina quando le pressioni delle popolazioni barbariche - nel 271 Alamanni e Iutungi sconfiggono l’esercito imperiale – renderanno necessario un rafforzamento delle opere difensive. Queste ultime verranno rimpiazzate durante la guerra greco-gotica da altre fortificazioni ancora. Un tratto della cinta difensiva tardoantica si conserva a vista nei sotterranei dell'antico Monte di Pietà, insieme ad altri resti di età romana.

Fra le strutture pubbliche non mancano l’anfiteatro eretto fra le mura e il Po, andato distrutto nel 69 d.C. durante gli scontri tra Otone e Vitellio, e un edificio religioso su podio di età imperiale, individuato anch'esso sotto l’antico Monte di Pietà, mentre altri culti (a Minerva, alle Matrone, ai Lari) sono solo indirettamente testimoniati da epigrafi.

Un'ampia varietà di mosaici, soprattutto bianchi e neri, resti di sectilia pavimentali, frammenti di intonaci dipinti aprono uno squarcio sull'ediliza privata che non ha grandi evidenze archeologiche, come sempre avviene nel caso degli organismi urbani e dei centri pluristratificati.

Una fornace di epoca repubblicana è stata individuata in frazione Le Mose, databile al I sec. a.C., costruita in laterizi, a pianta rettangolare con camera bipartita e unica imboccatura; conservati in parte anche gli archetti che delimitavano la camera di combustione e sostenevano il piano forato (non conservato) per la cottura.

La basilica di S. Savino, fra le più importanti e antiche di Piacenza, è sorta nel X sec. in un'area cimiteriale romana lungo la via Emilia. A testimonianza dell'antica destinazione sepolcrale del luogo rimangono una serie di iscrizioni nella chiesa e nell'annesso convento e un frammento di stele funeraria in pietra d’Istria, appartenente alla famiglia dei Mammuleii, rinvenuta dietro le abisidi.