["jebena"]

recipienti per liquidi
Africa orientale
terracotta modellatura a stampo/ essiccazione/ foratura/ cottura
cm 32 (a)
1900 ca.
n. 3040
Contenitore con coperchio, in terracotta modellata, forata ed essiccata, detto "jebena"; utilizzato per scaldare e servire il caffè. È dotato di un'ansa per essere afferrato agevolmente, che congiunge il lungo collo del manufatto al corpo, di forma globulare. Sulla superficie del corpo del manufatto, contraddistinta da una fitta rete di fasce decorate a incisione con ornamentazione geometrica e da un sottile fascia sporgente a metà altezza, si distingue un corto beccuccio per versare il liquido e un foro di forma tonda. Presenta un corto piede tondo per migliorarne la stabilità d'appoggio.
Si distingue dall'altra brocca per contenere il caffé della raccolta Rivalta per la presenza di un coperchio e di un foro sulla superficie, e anche per il collo su cui sono riprodotte scarne e semplici decorazioni geometriche, contrariamente all'altro manufatto, che presenta una fitta ornamentazione.

contenere
Anfora con coperchio utilizzata per contenere caffè durante la consueta cerimonia del caffè detta "buna"
L'oggetto è identificato tra quelli indicati nella lista "Elenco degli oggetti raccolti in Eritrea", alla posizione n. 4, definito come "n. 4 afore in terracotta per caffè".
Il nucleo offerto dal Colonnello Giulio Rivalta e acquistato dal Comune di Bologna per volontà dell'allora podesta Giovanni Battista Berardi nel 1931 è composto da materiali provenienti da Eritrea, Somalia e Libia, acquisiti tra il 1896 e il 1919. Gli oggetti di uso comune, le armi e i materiali diversi che sono conservati nei depositi del Museo Civico Medievale sono in realtà una parte della raccolta del Colonnello Rivalta, che cedette per la somma di 3.500 lire anche fotografie, arazzi, e reperti zoologici, di cui non si ha traccia, oltre a manufatti andati dispersi nel corso dei decenni. Nella documentazione archivistica tutt'oggi disponibile alla consultazione è conservata una minuta di Pericle Ducati che, oltre a indicare gli oggetti come possibile nucleo per un futuro museo coloniale, indirizzava al Museo Zoologico i materiali di origine animale.