Spilamberto

Rocca Rangoni
Spilamberto

Spilamberto, veduta aerea del castello e del centro storico. Foto di Augusto Arienti. Fototeca IBC, 1981
piazzale Rangoni, 8
Spilamberto (MO)
tel 059781614
Nell’alta pianura tra Modena e le prime colline appenniniche, Spilamberto è situata sulla riva sinistra del Panaro, al limitare del territorio bolognese.

Tra l'abate di Nonantola e il vescovo di Modena
Nell’ultimo quarto del secolo VIII questa area era sede di un ospizio per pellegrini, parte dei possedimenti dell’abbazia di Nonantola lungo l’omonima articolazione della via Romea, che congiungeva il centro abbaziale di pianura al ’gemello’ appenninico di Fanano, e da qui raggiungeva la Toscana pistoiese. Al potere degli abati si contrappose quello della diocesi modenese, che all’inizio del secolo XI esercitava a Spinalamberti i diritti di decima.

Il castello di Modena
Dopo l’estinzione nel 1115 della dinastia canossiana che aveva a lungo dominato Modenese e Reggiano, la lotta per il controllo dei suoi territori e dei tanti beni nonantolani tra Panaro e Samoggia - già storica fascia di confine tra Bizantini e Longobardi - sfociò nel lungo scontro fra i comuni di Modena e Bologna per la definizione delle proprie aree di influenza nel contado.
Il castello di Spilamberto fu così eretto nel 1210 da Modena, a fronteggiare quello di San Colombano, poi Piumazzo edificato dai Bolognesi nel 1203 - in opposizione a quello di San Cesario - presso il Muzza, piccolo corso d’acqua della destra Panaro che a metà del secolo precedente era stato individuato come confine tra le due città, spingendo a occidente la giurisdizione bolognese in pianura a bilanciare l’influenza modenese sul Frignano.
Circondato da una cinta difensiva e da un fossato, l’insediamento era dotato di un unico ingresso con ponte levatoio e di una torre; al suo interno vennero edificate due chiese, di competenza rispettivamente del vescovo modenese e dell’abate di Nonantola.
Punteggiato da tregue e arbitrati, ricognizioni congiunte, falsi documenti ‘longobardi’ che riconoscevano a Bologna il territorio fino al Panaro, lo scontro continuò a lungo, intrecciandosi alle lotte tra i fronti filo- e anti-imperiale. Nel 1226 Federico II spostò a est i confini modenesi fino al Samoggia, rinsaldando così la fedeltà della città nei suoi confronti, e tredici anni dopo distrusse Piumazzo. Atto finale dello scontro fu la battaglia della Fossalta del 1249, che vide la vittoria sulle truppe imperiali dei Bolognesi, sostenuti dalla neonata fazione guelfa modenese guidata dal potente casato dei Rangoni, un tempo legati all’Impero.

Il Trecento: Spilamberto estense e il feudo Rangoni
Distrutto nel 1252 da un incendio poi ricostruito, fortificato a fine secolo dall’allora signore di Modena Azzo d’Este, nella prima metà del Trecento il castello di Spilamberto venne coinvolto come quelli vicini nelle lotte tra le nascenti signorie per il controllo di Modena, e più volte attaccato e occupato dalle diverse fazioni.
Consolidato il proprio dominio su Modena nel 1336, e recuperata Spilamberto otto anni dopo, nel 1353 gli Este diedero il castello proprio ai Rangoni - già signori di Castelvetro e Levizzano - che li avevano sostenuti nella conquista: chiamandoli alla signoria cittadina alla fine del secolo precedente, e nell’occasione imparentandosi con loro, poi appoggiandone, dopo vari contrasti, l’appropriazione del vicariato imperiale.
Risale probabilmente a questa epoca l’impianto quadrilatero assunto dal castello, dotato di quattro porte d’accesso ai punti cardinali e di una cinta muraria con terrapieni e fossati, e la realizzazione su strutture preesistenti della rocca fortificata con torri angolari, mura e un fossato con ponte levatoio sul lato del Panaro. L’edificio venne impiantato sul lato est dell’insediamento, specularmente all’alto Torrione che era stato realizzato sull’ingresso principale a ovest a inizio secolo, dopo la cacciata degli Este da Modena.

Tra Quattro e Cinquecento
Nel 1454 i Rangoni ottennero dagli Este il rinnovo formale dell’investitura su Spilamberto e le loro altre località del Modenese. La guerra scoppiata vent’anni dopo tra i vari rami della famiglia per il controllo di questi feudi, e in particolare di Spilamberto, possesso comune del casato, venne risolta da un arbitrato estense che impose la divisione dei beni tra i contendenti. Nel 1476 Spilamberto venne così confermata a Niccolò Rangoni, signore rinascimentale e condottiero, che riuscì a bilanciare la fedeltà feudale agli Este, la tradizione di servizio militare per i Veneziani ereditata dal padre e l’alleanza di ferro con il suocero Annibale Bentivoglio, signore di Bologna.
Con lui si avviò la trasformazione della rocca in residenza signorile, con la realizzazione - proprio a seguito del matrimonio nel 1481 con Bianca Bentivoglio - dell’appartamento d’inverno con vista sul parco che si stendeva fuori dalle mura, comprendente la camera detta degli Sposi. Gli interventi continuarono nei decenni successivi, portando alla realizzazione di due nuovi edifici porticati e del cortile d’onore.
Dopo la morte di Niccolò, gli Este confiscarono due volte Spilamberto al figlio Guido, celebre condottiero delle guerre d’Italia, nel 1507 per l’aiuto fornito ai Bentivoglio che tentavano di recuperare Bologna dal papa, e sedici anni dopo per essersi opposto, ora sotto le insegne papali, alla riconquista estense di Modena. Estinto il suo ramo famigliare, negli ultimi due decenni del Cinquecento Spilamberto venne nuovamente avocato dalla camera ducale, per tornare a fine secolo ai Rangoni grazie al matrimonio con un cugino dell'ultima erede, Bianca, che avrebbe promosso due importanti istituzioni economiche e sociali del borgo, la filanda per la lavorazione del baco da seta e l’educandato delle Monache Cappuccine Scalze.

Il Seicento: un vago palazzo
Con la perdita delle funzioni militari della rocca conseguente ai nuovi assetti geopolitici europei, nel corso del Seicento i Rangoni fecero dell’edificio, favorito dalla posizione tra fiume e colline, una splendida residenza signorile di campagna, riccamente decorata e arredata. Il trasferimento della corte estense a Modena dopo la perdita di Ferrara diede modo ai signori di Spilamberto di esercitare il loro talento nell’organizzazione di feste, come quella data nel 1636 nella rocca in onore di Maurizio di Savoia, con cacce e balli, opere e commedie, e fuochi artificiali sul fiume.
Il grandioso restauro promosso nel 1660 dal Guido III armonizzò i precedenti interventi elevando a un unico livello i vari edifici e creando così un piano nobile con mura dipinte, aperture in infilata collegate da una galleria, interni decorati e parati di sontuose tappezzerie di seta spilambertese intessuta d'oro e argento, mentre l’antica camera degli sposi veniva trasformata in belvedere grazie all’apertura di numerosi affacci sul parco; solo il fronte sul Panaro mantenne l’originario aspetto difensivo. Il ‘vago palazzo’ ospitò sei anni dopo la sontuosa festa organizzata per le nozze del figlio di Guido, Filippo, con Anna Teresa Rangoni, con la rappresentazione del dramma musicale ‘l’Egisto’ nel teatro appositamente realizzato, che utilizzava come sfondo la facciata posteriore della Filanda.
Nel secolo successivo – quando interrotta anche la linea di Guido il feudo passò a un ramo collaterale della famiglia - venne riempito il fossato attorno all’edificio e realizzata la casa del Fattore sul lato occidentale, alta come il palazzo e poi ad esso collegata.

Il Novecento: dall’azienda agricola al recupero
Dopo l’abolizione dei feudi a opera del governo filofrancese, i Rangoni poterono rientrare in possesso della rocca rivendicandone la natura allodiale.
All'inizio del Novecento - dopo che erano state abbattute le ultime sezioni delle mura del borgo - i Rangoni trasferirono la propria residenza spilambertese nella imponente villa Ida realizzata in stile eclettico dall’architetto Pietro Carani in un terreno a nord-est del parco extramuros, che venne sottoposto a interventi di abbellimento e sistemazione idraulica e collegato con un lungo viale alberato alla tenuta agricola della famiglia.
La rocca ormai abbandonata divenne sede delle attività di trasformazione dell’azienda agricola, subendo modifiche e pesanti distruzioni con la tamponatura dei portici, la scialbatura dei muri decorati, la cementificazione dei pavimenti, l’abbattimento di soffitti e volte.
Nel 2005 l’edificio è stato acquisito dall’amministrazione comunale, che ne ha avviato il restauro per destinarlo a nuova sede del museo dell’aceto balsamico tradizionale di Spilamberto, oggi ospitato a Villa Fabriani. I primi interventi promossi nel 2011 hanno consentito di aprire presso il cortile d’onore ed in altri spazi collegati uno spazio dedicato ad iniziative culturali e alla valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche del territorio. Interventi di ridisegno e rimboschimento hanno interessato il parco, mentre nel 2017 è stato inaugurato il nuovo piazzale antistante la rocca.

VISITA
Situata sul margine orientale del borgo, in posizione speculare al Torrione, la rocca a compatta pianta quadrata presenta oggi il fronte rivolto al paese.
Il carattere signorile assunto dal palazzo è sottolineato dall'ampio arco di ingresso e da una porta finestra affacciata su un balcone settecentesco; al'esterno, i muri conservano tracce delle decorazioni risalenti al restauro secentesco dell’edificio.
Il lato sul fiume ha mantenuto il carattere difensivo, con il cassero sporgente che sosteneva il ponte levatoio in corrispondenza dell’antico accesso, e le torri angolari quadrate con beccatelli.
All’interno è visitabile il cortile d’onore con la Corte del Gusto, mentre sul lato orientale si stende l’ampio parco-campagna, aperto al pubblico. A nord della rocca rimangono tracce delle mura castellane con una torretta di guardia.




Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Panaro
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Comune di Modena,
Rangoni,
Este
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Barocco e Rococò
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Tra Modena e Bologna: un confine conteso
Bibliografia
piazzale Rangoni, 8
Spilamberto (MO)
tel 059781614
Nell’alta pianura tra Modena e le prime colline appenniniche, Spilamberto è situata sulla riva sinistra del Panaro, al limitare del territorio bolognese.

.
Tra l'abate di Nonantola e il vescovo di Modena
Nell’ultimo quarto del secolo VIII questa area era sede di un ospizio per pellegrini, parte dei possedimenti dell’abbazia di Nonantola lungo l’omonima articolazione della via Romea, che congiungeva il centro abbaziale di pianura al ’gemello’ appenninico di Fanano, e da qui raggiungeva la Toscana pistoiese. Al potere degli abati si contrappose quello della diocesi modenese, che all’inizio del secolo XI esercitava a Spinalamberti i diritti di decima.

Il castello di Modena
Dopo l’estinzione nel 1115 della dinastia canossiana che aveva a lungo dominato Modenese e Reggiano, la lotta per il controllo dei suoi territori e dei tanti beni nonantolani tra Panaro e Samoggia - già storica fascia di confine tra Bizantini e Longobardi - sfociò nel lungo scontro fra i comuni di Modena e Bologna per la definizione delle proprie aree di influenza nel contado.
Il castello di Spilamberto fu così eretto nel 1210 da Modena, a fronteggiare quello di San Colombano, poi Piumazzo edificato dai Bolognesi nel 1203 - in opposizione a quello di San Cesario - presso il Muzza, piccolo corso d’acqua della destra Panaro che a metà del secolo precedente era stato individuato come confine tra le due città, spingendo a occidente la giurisdizione bolognese in pianura a bilanciare l’influenza modenese sul Frignano.
Circondato da una cinta difensiva e da un fossato, l’insediamento era dotato di un unico ingresso con ponte levatoio e di una torre; al suo interno vennero edificate due chiese, di competenza rispettivamente del vescovo modenese e dell’abate di Nonantola.
Punteggiato da tregue e arbitrati, ricognizioni congiunte, falsi documenti ‘longobardi’ che riconoscevano a Bologna il territorio fino al Panaro, lo scontro continuò a lungo, intrecciandosi alle lotte tra i fronti filo- e anti-imperiale. Nel 1226 Federico II spostò a est i confini modenesi fino al Samoggia, rinsaldando così la fedeltà della città nei suoi confronti, e tredici anni dopo distrusse Piumazzo. Atto finale dello scontro fu la battaglia della Fossalta del 1249, che vide la vittoria sulle truppe imperiali dei Bolognesi, sostenuti dalla neonata fazione guelfa modenese guidata dal potente casato dei Rangoni, un tempo legati all’Impero.

Il Trecento: Spilamberto estense e il feudo Rangoni
Distrutto nel 1252 da un incendio poi ricostruito, fortificato a fine secolo dall’allora signore di Modena Azzo d’Este, nella prima metà del Trecento il castello di Spilamberto venne coinvolto come quelli vicini nelle lotte tra le nascenti signorie per il controllo di Modena, e più volte attaccato e occupato dalle diverse fazioni.
Consolidato il proprio dominio su Modena nel 1336, e recuperata Spilamberto otto anni dopo, nel 1353 gli Este diedero il castello proprio ai Rangoni - già signori di Castelvetro e Levizzano - che li avevano sostenuti nella conquista: chiamandoli alla signoria cittadina alla fine del secolo precedente, e nell’occasione imparentandosi con loro, poi appoggiandone, dopo vari contrasti, l’appropriazione del vicariato imperiale.
Risale probabilmente a questa epoca l’impianto quadrilatero assunto dal castello, dotato di quattro porte d’accesso ai punti cardinali e di una cinta muraria con terrapieni e fossati, e la realizzazione su strutture preesistenti della rocca fortificata con torri angolari, mura e un fossato con ponte levatoio sul lato del Panaro. L’edificio venne impiantato sul lato est dell’insediamento, specularmente all’alto Torrione che era stato realizzato sull’ingresso principale a ovest a inizio secolo, dopo la cacciata degli Este da Modena.

Tra Quattro e Cinquecento
Nel 1454 i Rangoni ottennero dagli Este il rinnovo formale dell’investitura su Spilamberto e le loro altre località del Modenese. La guerra scoppiata vent’anni dopo tra i vari rami della famiglia per il controllo di questi feudi, e in particolare di Spilamberto, possesso comune del casato, venne risolta da un arbitrato estense che impose la divisione dei beni tra i contendenti. Nel 1476 Spilamberto venne così confermata a Niccolò Rangoni, signore rinascimentale e condottiero, che riuscì a bilanciare la fedeltà feudale agli Este, la tradizione di servizio militare per i Veneziani ereditata dal padre e l’alleanza di ferro con il suocero Annibale Bentivoglio, signore di Bologna.
Con lui si avviò la trasformazione della rocca in residenza signorile, con la realizzazione - proprio a seguito del matrimonio nel 1481 con Bianca Bentivoglio - dell’appartamento d’inverno con vista sul parco che si stendeva fuori dalle mura, comprendente la camera detta degli Sposi. Gli interventi continuarono nei decenni successivi, portando alla realizzazione di due nuovi edifici porticati e del cortile d’onore.
Dopo la morte di Niccolò, gli Este confiscarono due volte Spilamberto al figlio Guido, celebre condottiero delle guerre d’Italia, nel 1507 per l’aiuto fornito ai Bentivoglio che tentavano di recuperare Bologna dal papa, e sedici anni dopo per essersi opposto, ora sotto le insegne papali, alla riconquista estense di Modena. Estinto il suo ramo famigliare, negli ultimi due decenni del Cinquecento Spilamberto venne nuovamente avocato dalla camera ducale, per tornare a fine secolo ai Rangoni grazie al matrimonio con un cugino dell'ultima erede, Bianca, che avrebbe promosso due importanti istituzioni economiche e sociali del borgo, la filanda per la lavorazione del baco da seta e l’educandato delle Monache Cappuccine Scalze.

Il Seicento: un vago palazzo
Con la perdita delle funzioni militari della rocca conseguente ai nuovi assetti geopolitici europei, nel corso del Seicento i Rangoni fecero dell’edificio, favorito dalla posizione tra fiume e colline, una splendida residenza signorile di campagna, riccamente decorata e arredata. Il trasferimento della corte estense a Modena dopo la perdita di Ferrara diede modo ai signori di Spilamberto di esercitare il loro talento nell’organizzazione di feste, come quella data nel 1636 nella rocca in onore di Maurizio di Savoia, con cacce e balli, opere e commedie, e fuochi artificiali sul fiume.
Il grandioso restauro promosso nel 1660 dal Guido III armonizzò i precedenti interventi elevando a un unico livello i vari edifici e creando così un piano nobile con mura dipinte, aperture in infilata collegate da una galleria, interni decorati e parati di sontuose tappezzerie di seta spilambertese intessuta d'oro e argento, mentre l’antica camera degli sposi veniva trasformata in belvedere grazie all’apertura di numerosi affacci sul parco; solo il fronte sul Panaro mantenne l’originario aspetto difensivo. Il ‘vago palazzo’ ospitò sei anni dopo la sontuosa festa organizzata per le nozze del figlio di Guido, Filippo, con Anna Teresa Rangoni, con la rappresentazione del dramma musicale ‘l’Egisto’ nel teatro appositamente realizzato, che utilizzava come sfondo la facciata posteriore della Filanda.
Nel secolo successivo – quando interrotta anche la linea di Guido il feudo passò a un ramo collaterale della famiglia - venne riempito il fossato attorno all’edificio e realizzata la casa del Fattore sul lato occidentale, alta come il palazzo e poi ad esso collegata.

Il Novecento: dall’azienda agricola al recupero
Dopo l’abolizione dei feudi a opera del governo filofrancese, i Rangoni poterono rientrare in possesso della rocca rivendicandone la natura allodiale.
All'inizio del Novecento - dopo che erano state abbattute le ultime sezioni delle mura del borgo - i Rangoni trasferirono la propria residenza spilambertese nella imponente villa Ida realizzata in stile eclettico dall’architetto Pietro Carani in un terreno a nord-est del parco extramuros, che venne sottoposto a interventi di abbellimento e sistemazione idraulica e collegato con un lungo viale alberato alla tenuta agricola della famiglia.
La rocca ormai abbandonata divenne sede delle attività di trasformazione dell’azienda agricola, subendo modifiche e pesanti distruzioni con la tamponatura dei portici, la scialbatura dei muri decorati, la cementificazione dei pavimenti, l’abbattimento di soffitti e volte.
Nel 2005 l’edificio è stato acquisito dall’amministrazione comunale, che ne ha avviato il restauro per destinarlo a nuova sede del museo dell’aceto balsamico tradizionale di Spilamberto, oggi ospitato a Villa Fabriani. I primi interventi promossi nel 2011 hanno consentito di aprire presso il cortile d’onore ed in altri spazi collegati uno spazio dedicato ad iniziative culturali e alla valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche del territorio. Interventi di ridisegno e rimboschimento hanno interessato il parco, mentre nel 2017 è stato inaugurato il nuovo piazzale antistante la rocca.

VISITA
Situata sul margine orientale del borgo, in posizione speculare al Torrione, la rocca a compatta pianta quadrata presenta oggi il fronte rivolto al paese.
Il carattere signorile assunto dal palazzo è sottolineato dall'ampio arco di ingresso e da una porta finestra affacciata su un balcone settecentesco; al'esterno, i muri conservano tracce delle decorazioni risalenti al restauro secentesco dell’edificio.
Il lato sul fiume ha mantenuto il carattere difensivo, con il cassero sporgente che sosteneva il ponte levatoio in corrispondenza dell’antico accesso, e le torri angolari quadrate con beccatelli.
All’interno è visitabile il cortile d’onore con la Corte del Gusto, mentre sul lato orientale si stende l’ampio parco-campagna, aperto al pubblico. A nord della rocca rimangono tracce delle mura castellane con una torretta di guardia.




Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione, propri e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.