Nonantola
insediamento
insediamento sparso
ambito culturale romano
secc. II a.C./ V d.C.
Il territorio nonantolano ricade interamente nel complesso centuriale facente capo alla città di Mutina e forse proprio dalla numerazione di uno dei cardini della centuriazione modenese (il IX cardine, coincidente con via Mavora) potrebbe aver tratto la sua denominazione, che è comunque certamente derivata da un numerale romano.
Persistenze onomastiche collegate al processo di appoderamento romano sono del resto attestate, come ben confermano i nomi locali Mislè (Limes latus) e Limpido (da limes).


Ricerche di superficie hanno messo in evidenza un'intensa occupazione dell’area intorno a Nonantola che si attua già a partire dall'età repubblicana con una serie di siti sopravvissuti anche nella successiva epoca imperiale; alcuni di essi anzi si ampliano notevolmente, caratterizzandosi quali vere e proprie villae dotate di una parte residenziale ben definita ed una serie di locali di servizio, come sembrano indicare gli affioramenti superficiali individuati nel fondo Ampergola o gli elementi provenienti dall'emergenza del podere La Colomba.
Altri complessi di un certo rilievo risultano invece di nuova fondazione, confermando quindi, come proprio agli inizi del periodo imperiale si registrino significativi mutamenti all'interno dei possessi agrari.

Lungo la via Nonantolana, il sito posto presso la località Madonna della Rovere, dal quale provengono grossi frammenti di dolia, sembra appunto costituitosi in quest’epoca.
Pur non essendo documentati siti sorti nel III sec. d.C., alcuni insediamenti mantengono una propria vitalità come nel caso delle ville individuate nei poderi Pilastro, la Colomba, Bonaghino.

Una serie di rustici minori si addensa lungo la direttrice dell’attuale via Nonantolana che ricalca il tracciato del ramo della via Emilia Altinate in uscita da Modena alla volta di Vicus Serninus (attuale zona di Crevalcore - BO) ove si riuniva al ramo proveniente da Bononia per poi proseguire verso Vicus Varianus (attuale Vigarano Pieve) e l’Oltrepò.
Oltre che dalle comunicazioni terrestri, i collegamenti erano garantiti da una serie di idrovie che attraverso il fluvius Gena (attuale Canal Torbido) confluivano nel Panaro e nel Po, costituendo una vera e propria rete organizzata ed attrezzata, in età romana anche con strutture portuali, poi successivamente mantenuta e migliorata dai monaci dell’Abbazia di Nonantola.
Documenti dell’Abbazia risalenti al X sec. ricordano una via Petrosa parallela al Gena, nella quale forse è riconoscibile parte dell’antico tragitto, in prosecuzione dell'attuale Nonantolana, fra Mutina e Vicus Serninus.
Al percorso della importante strada romana è stato riferito un miliario rinvenuto nel secolo scorso nei pressi di Nonantola con il nome dell’imperatore Massenzio (307-312 d.C.).

Sempre alla via Bononia-Aquileia sarebbe da attribuire un secondo miliario, già reimpiegato come colonna nell’Abbazia di S. Silvestro, che menziona l’imperatore Costantino e i cesari figli di Costantino e di Licinio (312-324 d.C.). Oggi si propende tuttavia a considerare questi miliari come pertinenti alla via Emilia, da qui prelevati in età post-romana per una riutilizzazione edilizia.

Nelle strutture architettoniche dell’Abbazia e in quelle della Pieve di S. Michele Arcangelo risultano reimpiegati diversi altri materiali romani (capitelli, lastre marmoree, iscrizioni sepolcrali) in parte asportati, ma in parte rimasti in loco e tuttora visibili.