Mirandola

Castello dei Pico
Mirandola

Il castello dei Pico prima del terremoto del 2012
piazza Marconi, 23
Mirandola (MO)
tel 0535 609995 (Castello), 0535 21407 (UIT)
Nella bassa pianura modenese tra il Reggiano e il Mantovano, Mirandola è situata a poca distanza dal fiume Secchia, che più a nord confluisce nel Po.

Da Nonantola ai Pico
Questa area paludosa e ricca di selve fu bonificata dai Romani, poi dai monaci nonantolani, divenendo nel corso del medioevo un importante snodo della via Romea Germanica Imperiale, il collegamento più rapido tra la Germania e Roma, che superava il Po a Ostiglia e passando per Concordia portava alla via Emilia.
Le prime notizie certe sulla presenza a Mirandola di un castrum risalgono solo al 1267, in occasione della sua distruzione da parte dei Modenesi. Il castello era parte degli ampi possedimenti detenuti tra la Secchia e il Po, in un’area storicamente sottoposta a Reggio che collegava la città a Ferrara e a Venezia, dai ‘figli di Manfredo’: un'articolata consorteria già legata ai Canossa, comprendente tra gli altri i rami dei Pio e dei Pico.
Nella prima metà del secolo XIV i Pico costruirono la loro signoria ottenendo l’infeudamento di terre da tempo in possesso del casato. Nel 1311 Francesco Pico, vicario dell’imperatore a Modena, ebbe in feudo imperiale diretto le corti di Quarantoli e di San Possidonio, che vennero scorporate dalla contea reggiana. A metà secolo i suoi discendenti ricevettero poi dal vescovo di Reggio la corte di San Martino in Spino, e ancora dall’imperatore la signoria di Mirandola e la corte di Rovereto; quest’ultima, situata sulla riva sinistra della Secchia verso Carpi, sarebbe stata poi ceduta dai Pico agli alleati Pio, signori di quell’area.
La nuova potenza dei Pico venne consolidata dall’elaborazione del celebre mito delle origini della famiglia, che si volle far discendere dal matrimonio tra il sassone Manfredo e una figlia dell’imperatore Costanzo, attestando così il legame diretto con l’impero del casato, svincolato dall’intermediazione dei Canossa o di Nonantola.
I Pico fecero di Mirandola il centro della signoria, provvedendo a ristrutturare e fortificare il castello, che nel 1321 era stato distrutto da Passerino Bonaccolsi signore di Mantova e Modena favorendo un breve dominio mantovano.
Articolata attorno ad un ampio recinto quadrato circondato da un fossato, a ridosso del quale si svilupparono i borghi ‘di sopra’ e ‘di sotto’, la rocca difese a lungo Mirandola dalle mire di Mantova, di Bologna e degli Este di Ferrara, divenuti nel 1336 vicari imperiali di Modena. I confini con il Mantovano, e i mulini natanti installati dai Pico lungo la Secchia, vennero ulteriormente protetti dalla rocca eretta nel nuovo borgo franco di Concordia - così denominato per celebrare l’accordo raggiunto tra i litigiosi coeredi del casato, o forse la collaborazione tra le signorie dell’area padana che nel 1360 consentì la bonifica del territorio.

Il Quattrocento: una rocca militare e una residenza signorile
Nel corso del Quattrocento la signoria dei Pico conobbe un periodo di grande splendore. Mentre Mirandola veniva arricchita da numerosi edifici pubblici, la rocca assunse i caratteri di una residenza signorile grazie all’intervento di artisti eccelsi come il pittore della corte estense Cosmé Tura.
Il castello mantenne però la sua predominante funzione militare, e nella seconda metà del secolo venne ulteriormente fortificato con torri e nuove mura, che inglobarono nel loro perimetro quadrangolare anche i borghi esterni. Tra il 1499 e il 1500 la sua fama di imprendibilità giunse all’apice con l’erezione del Torrione, un imponente mastio alto quasi cinquanta metri articolato su sei livelli sovrapposti, completamente isolato dal castello e accessibile solo attraverso un ponte levatoio collegato al terzo piano.
La magnificenza e le dimostrazioni di potenza si accompagnarono però alle continue lotte tra i vari membri del casato, che portarono prima alla temporanea separazione della contea di Concordia dalla signoria mirandolese, poi all’usurpazione del potere da parte di un ramo cadetto della famiglia propiziata dall’uccisione di Giovan Francesco II, grande signore rinascimentale nipote del celebre filosofo Pico.

Tra Cinque e Seicento: la città-fortezza, la reggia nella città
Nella prima metà del Cinquecento Mirandola fu coinvolta nei grandi conflitti tra potenze che si svolsero sul teatro italiano e venne messa più volte sotto attacco; celebri furono in particolare gli assedi posti dalle truppe papali nel 1510-1511 e nel 1551. La necessità di adeguare le sue difese alle nuove tecniche di guerra basate sull’artiglieria portò alla realizzazione di un sistema di possenti mura bastionate rinforzate da torri, dislocate su una pianta stellata a otto punte che rimodellò l’intera struttura urbana, facendone una vera città-fortezza.
Nel 1597 l’imperatore elevò la signoria a principato, concedendo a Mirandola il titolo di città, e nel 1617 diede ai Pico –che da un secolo avevano il diritto di battere moneta - il titolo ducale.
Mentre la città si arricchiva di opere barocche, la rocca divenne allora una delle più fastose regge della pianura padana. Città nella città, il complesso era racchiuso in un quadrilatero collocato a un’estremità del centro urbano, circondato da un fossato e da mura munite di tre torri. Al suo interno un’ampia area era riservata alle residenze ducali, decorate da Jacopo Palma il Giovane e Sante Peranda e ampliate verso la fine del secolo con l’elegante loggiato della ‘galleria nuova’ che ospitava le preziose collezioni d’arte ducali. Alle spalle del palazzo, a fianco del Torrione, si stendevano i giardini a parterre, realizzati nel secolo precedente nella colmatura dei fossati.
Il territorio mirandolese vide in quegli anni un notevole sviluppo economico, imperniato sull’allevamento e il commercio del baco da seta, grazie anche alla realizzazione di un canale navigabile tra Mirandola e Concordia.

Il Settecento: la fine dei Pico, Mirandola estense
Dopo quattro secoli, il dominio dei Pico su Mirandola si concluse bruscamente all’inizio del Settecento quando il giovane duca Francesco Maria fu accusato dall’imperatore di alto tradimento per essersi alleato con la Francia durante la guerra di successione spagnola. Messo all’asta nel 1710, il ducato mirandolese venne acquistato dagli Este – ritiratisi da oltre un secolo nel loro ducato imperiale di Modena dopo la devoluzione di Ferrara al papa - che incamerarono anche il feudo vescovile di San Martino in Spino.
La perdita di autonomia politica e centralità territoriale aprì per Mirandola un lungo periodo di decadenza, che sembrò preannunciarsi simbolicamente nel 1714 con l’esplosione del Torrione, causata probabilmente da un fulmine che accese le artiglierie e le polveri da sparo lì custodite, distruggendo gran parte del castello e molti edifici del borgo.
Nello scoppio andarono perduti il prezioso archivio di stato ducale e molte opere d’arte della ‘galleria nuova’; tra le opere salvate le più celebri – come i ritratti dei Pico e i cicli delle età del mondo e delle storie di Psiche - furono trasferite nel palazzo ducale di Mantova, dove si trovano tuttora, e a Modena, dove sono oggi esposte presso la Galleria Estense.
Gran parte delle strutture superstiti del palazzo e delle fortificazioni cittadine – le mura, le torri, i fossati – furono poi distrutte alla fine del secolo per ordine prima degli Este poi del regime filonapoleonico.

L’Ottocento: la fine della funzione militare delle fortificazioni
Dopo l’Unità d’Italia fu formalizzata la cessazione della funzione difensiva delle fortificazioni di Mirandola e delle relative servitù militari sui terreni adiacenti, consentendo la privatizzazione delle aree interessate.
Quanto rimaneva di mura e bastioni venne completamente demolito nell’ultimo quarto dell’Ottocento dall’amministrazione comunale, anche con l’obiettivo di combattere la crescente disoccupazione.
Nel corso dei lavori vennero recuperati frammenti di ceramica rinascimentale da tavola di manifattura faentina, poi confluiti nelle civiche raccolte, mentre i materiali di scavo provenienti dalle demolizioni furono dispersi. Resta aperta l’indagine su numerosi elementi architettonici e urbanistici del castello e del borgo segnalati nella cartografia storica e oggi scomparsi.

Il Novecento: i progetti di recupero
Negli anni Trenta del Novecento, nell’intento di evocare l'antico Torrione, fu realizzato sulla attuale piazza un imponente edificio neogotico decorato da merlature ghibelline ‘filoimperiali’ a coda di rondine.
Nel dopoguerra gli ambienti del castello accolsero famiglie di sfollati e ospitarono feste e veglioni; negli anni seguenti un cinema a luci rosse trovò sede nel Teatro Nuovo, che nel 1905 aveva sostituito il settecentesco teatro Greco Corbelli dove nel 1896 – un anno dopo gli esperimenti dei Lumière - si era svolta la prima proiezione cinematografica in Italia, promossa dal fotografo e inventore mirandolese Italo Pacchioni.
Dopo decenni di abbandono, nel 2006 il complesso è stato restaurato e riaperto al pubblico, con l'allestimento del Museo civico e di spazi destinati ad attività culturali. Il terremoto che ha colpito l'Emilia nel 2012 lo ha reso di nuovo inagibile, causando gravi danni anche ad altri edifici cittadini e il temporaneo trasferimento delle collezioni; è in corso un importante progetto di recupero finanziato con fondi regionali.

VISITA
Del complesso originario rimangono i resti del palazzo residenziale affacciati sullo slargo, oggi piazza Costituente, che un tempo ospitava il mercato dei cavalli, storica specializzazione del territorio mirandolese nata dai famosi allevamenti dei Pico.
La facciata dell’edificio è caratterizzata da un elegante porticato su colonne di marmo rosa; da una porta ad arco si accede al cortile interno e agli spazi della ‘galleria nuova’, ora destinati a sale espositive e auditorium.
Il palazzo è oggi sede del museo civico, che conserva reperti legati ad archeologia e iconografia della città e del territorio, oltre a pezzi di numismatica, ritratti dei Pico, degli Este e di illustri mirandolesi, e una sezione dedicata al rapporto tra Mirandola e la musica. Accanto è la ricca collezione Costantini di stampe e mappe storiche della città, di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola.
Alle spalle del palazzo, un parco pubblico su un piano rialzato occupa l’area del giardino rinascimentale realizzato lungo i bastioni, mentre a ovest sono i resti del giardino cinquecentesco un tempo collegato alle mura a stella; ancora oggi la pianta ottagonale di Mirandola ricalca l’antico impianto della città-fortezza rinascimentale.
La città e del territorio sono ricchi di luoghi legati alla signoria dei Pico, come la chiesa di San Francesco, che conserva le sepolture di famiglia; la chiesa del Gesù, l’oratorio della Madonna della Porta e quello del Santissimo Sacramento. In frazione San Martino Spino, il palazzo Portovecchio e il Barchessone Vecchio testimoniano la grande tradizione di allevamento equino del casato, un tempo al centro di una vasta tenuta agricola e riserva di caccia.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Secchia,
via Romea Germanica Imperiale
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Pico,
Este
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Rinascimento e Manierismo,
Storicismo Eclettismo Liberty
Bibliografia
piazza Marconi, 23
Mirandola (MO)
tel 0535 609995 (Castello), 0535 21407 (UIT)
Nella bassa pianura modenese tra il Reggiano e il Mantovano, Mirandola è situata a poca distanza dal fiume Secchia, che più a nord confluisce nel Po.

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Da Nonantola ai Pico
Questa area paludosa e ricca di selve fu bonificata dai Romani, poi dai monaci nonantolani, divenendo nel corso del medioevo un importante snodo della via Romea Germanica Imperiale, il collegamento più rapido tra la Germania e Roma, che superava il Po a Ostiglia e passando per Concordia portava alla via Emilia.
Le prime notizie certe sulla presenza a Mirandola di un castrum risalgono solo al 1267, in occasione della sua distruzione da parte dei Modenesi. Il castello era parte degli ampi possedimenti detenuti tra la Secchia e il Po, in un’area storicamente sottoposta a Reggio che collegava la città a Ferrara e a Venezia, dai ‘figli di Manfredo’: un'articolata consorteria già legata ai Canossa, comprendente tra gli altri i rami dei Pio e dei Pico.
Nella prima metà del secolo XIV i Pico costruirono la loro signoria ottenendo l’infeudamento di terre da tempo in possesso del casato. Nel 1311 Francesco Pico, vicario dell’imperatore a Modena, ebbe in feudo imperiale diretto le corti di Quarantoli e di San Possidonio, che vennero scorporate dalla contea reggiana. A metà secolo i suoi discendenti ricevettero poi dal vescovo di Reggio la corte di San Martino in Spino, e ancora dall’imperatore la signoria di Mirandola e la corte di Rovereto; quest’ultima, situata sulla riva sinistra della Secchia verso Carpi, sarebbe stata poi ceduta dai Pico agli alleati Pio, signori di quell’area.
La nuova potenza dei Pico venne consolidata dall’elaborazione del celebre mito delle origini della famiglia, che si volle far discendere dal matrimonio tra il sassone Manfredo e una figlia dell’imperatore Costanzo, attestando così il legame diretto con l’impero del casato, svincolato dall’intermediazione dei Canossa o di Nonantola.
I Pico fecero di Mirandola il centro della signoria, provvedendo a ristrutturare e fortificare il castello, che nel 1321 era stato distrutto da Passerino Bonaccolsi signore di Mantova e Modena favorendo un breve dominio mantovano.
Articolata attorno ad un ampio recinto quadrato circondato da un fossato, a ridosso del quale si svilupparono i borghi ‘di sopra’ e ‘di sotto’, la rocca difese a lungo Mirandola dalle mire di Mantova, di Bologna e degli Este di Ferrara, divenuti nel 1336 vicari imperiali di Modena. I confini con il Mantovano, e i mulini natanti installati dai Pico lungo la Secchia, vennero ulteriormente protetti dalla rocca eretta nel nuovo borgo franco di Concordia - così denominato per celebrare l’accordo raggiunto tra i litigiosi coeredi del casato, o forse la collaborazione tra le signorie dell’area padana che nel 1360 consentì la bonifica del territorio.

Il Quattrocento: una rocca militare e una residenza signorile
Nel corso del Quattrocento la signoria dei Pico conobbe un periodo di grande splendore. Mentre Mirandola veniva arricchita da numerosi edifici pubblici, la rocca assunse i caratteri di una residenza signorile grazie all’intervento di artisti eccelsi come il pittore della corte estense Cosmé Tura.
Il castello mantenne però la sua predominante funzione militare, e nella seconda metà del secolo venne ulteriormente fortificato con torri e nuove mura, che inglobarono nel loro perimetro quadrangolare anche i borghi esterni. Tra il 1499 e il 1500 la sua fama di imprendibilità giunse all’apice con l’erezione del Torrione, un imponente mastio alto quasi cinquanta metri articolato su sei livelli sovrapposti, completamente isolato dal castello e accessibile solo attraverso un ponte levatoio collegato al terzo piano.
La magnificenza e le dimostrazioni di potenza si accompagnarono però alle continue lotte tra i vari membri del casato, che portarono prima alla temporanea separazione della contea di Concordia dalla signoria mirandolese, poi all’usurpazione del potere da parte di un ramo cadetto della famiglia propiziata dall’uccisione di Giovan Francesco II, grande signore rinascimentale nipote del celebre filosofo Pico.

Tra Cinque e Seicento: la città-fortezza, la reggia nella città
Nella prima metà del Cinquecento Mirandola fu coinvolta nei grandi conflitti tra potenze che si svolsero sul teatro italiano e venne messa più volte sotto attacco; celebri furono in particolare gli assedi posti dalle truppe papali nel 1510-1511 e nel 1551. La necessità di adeguare le sue difese alle nuove tecniche di guerra basate sull’artiglieria portò alla realizzazione di un sistema di possenti mura bastionate rinforzate da torri, dislocate su una pianta stellata a otto punte che rimodellò l’intera struttura urbana, facendone una vera città-fortezza.
Nel 1597 l’imperatore elevò la signoria a principato, concedendo a Mirandola il titolo di città, e nel 1617 diede ai Pico –che da un secolo avevano il diritto di battere moneta - il titolo ducale.
Mentre la città si arricchiva di opere barocche, la rocca divenne allora una delle più fastose regge della pianura padana. Città nella città, il complesso era racchiuso in un quadrilatero collocato a un’estremità del centro urbano, circondato da un fossato e da mura munite di tre torri. Al suo interno un’ampia area era riservata alle residenze ducali, decorate da Jacopo Palma il Giovane e Sante Peranda e ampliate verso la fine del secolo con l’elegante loggiato della ‘galleria nuova’ che ospitava le preziose collezioni d’arte ducali. Alle spalle del palazzo, a fianco del Torrione, si stendevano i giardini a parterre, realizzati nel secolo precedente nella colmatura dei fossati.
Il territorio mirandolese vide in quegli anni un notevole sviluppo economico, imperniato sull’allevamento e il commercio del baco da seta, grazie anche alla realizzazione di un canale navigabile tra Mirandola e Concordia.

Il Settecento: la fine dei Pico, Mirandola estense
Dopo quattro secoli, il dominio dei Pico su Mirandola si concluse bruscamente all’inizio del Settecento quando il giovane duca Francesco Maria fu accusato dall’imperatore di alto tradimento per essersi alleato con la Francia durante la guerra di successione spagnola. Messo all’asta nel 1710, il ducato mirandolese venne acquistato dagli Este – ritiratisi da oltre un secolo nel loro ducato imperiale di Modena dopo la devoluzione di Ferrara al papa - che incamerarono anche il feudo vescovile di San Martino in Spino.
La perdita di autonomia politica e centralità territoriale aprì per Mirandola un lungo periodo di decadenza, che sembrò preannunciarsi simbolicamente nel 1714 con l’esplosione del Torrione, causata probabilmente da un fulmine che accese le artiglierie e le polveri da sparo lì custodite, distruggendo gran parte del castello e molti edifici del borgo.
Nello scoppio andarono perduti il prezioso archivio di stato ducale e molte opere d’arte della ‘galleria nuova’; tra le opere salvate le più celebri – come i ritratti dei Pico e i cicli delle età del mondo e delle storie di Psiche - furono trasferite nel palazzo ducale di Mantova, dove si trovano tuttora, e a Modena, dove sono oggi esposte presso la Galleria Estense.
Gran parte delle strutture superstiti del palazzo e delle fortificazioni cittadine – le mura, le torri, i fossati – furono poi distrutte alla fine del secolo per ordine prima degli Este poi del regime filonapoleonico.

L’Ottocento: la fine della funzione militare delle fortificazioni
Dopo l’Unità d’Italia fu formalizzata la cessazione della funzione difensiva delle fortificazioni di Mirandola e delle relative servitù militari sui terreni adiacenti, consentendo la privatizzazione delle aree interessate.
Quanto rimaneva di mura e bastioni venne completamente demolito nell’ultimo quarto dell’Ottocento dall’amministrazione comunale, anche con l’obiettivo di combattere la crescente disoccupazione.
Nel corso dei lavori vennero recuperati frammenti di ceramica rinascimentale da tavola di manifattura faentina, poi confluiti nelle civiche raccolte, mentre i materiali di scavo provenienti dalle demolizioni furono dispersi. Resta aperta l’indagine su numerosi elementi architettonici e urbanistici del castello e del borgo segnalati nella cartografia storica e oggi scomparsi.

Il Novecento: i progetti di recupero
Negli anni Trenta del Novecento, nell’intento di evocare l'antico Torrione, fu realizzato sulla attuale piazza un imponente edificio neogotico decorato da merlature ghibelline ‘filoimperiali’ a coda di rondine.
Nel dopoguerra gli ambienti del castello accolsero famiglie di sfollati e ospitarono feste e veglioni; negli anni seguenti un cinema a luci rosse trovò sede nel Teatro Nuovo, che nel 1905 aveva sostituito il settecentesco teatro Greco Corbelli dove nel 1896 – un anno dopo gli esperimenti dei Lumière - si era svolta la prima proiezione cinematografica in Italia, promossa dal fotografo e inventore mirandolese Italo Pacchioni.
Dopo decenni di abbandono, nel 2006 il complesso è stato restaurato e riaperto al pubblico, con l'allestimento del Museo civico e di spazi destinati ad attività culturali. Il terremoto che ha colpito l'Emilia nel 2012 lo ha reso di nuovo inagibile, causando gravi danni anche ad altri edifici cittadini e il temporaneo trasferimento delle collezioni; è in corso un importante progetto di recupero finanziato con fondi regionali.

VISITA
Del complesso originario rimangono i resti del palazzo residenziale affacciati sullo slargo, oggi piazza Costituente, che un tempo ospitava il mercato dei cavalli, storica specializzazione del territorio mirandolese nata dai famosi allevamenti dei Pico.
La facciata dell’edificio è caratterizzata da un elegante porticato su colonne di marmo rosa; da una porta ad arco si accede al cortile interno e agli spazi della ‘galleria nuova’, ora destinati a sale espositive e auditorium.
Il palazzo è oggi sede del museo civico, che conserva reperti legati ad archeologia e iconografia della città e del territorio, oltre a pezzi di numismatica, ritratti dei Pico, degli Este e di illustri mirandolesi, e una sezione dedicata al rapporto tra Mirandola e la musica. Accanto è la ricca collezione Costantini di stampe e mappe storiche della città, di proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Mirandola.
Alle spalle del palazzo, un parco pubblico su un piano rialzato occupa l’area del giardino rinascimentale realizzato lungo i bastioni, mentre a ovest sono i resti del giardino cinquecentesco un tempo collegato alle mura a stella; ancora oggi la pianta ottagonale di Mirandola ricalca l’antico impianto della città-fortezza rinascimentale.
La città e del territorio sono ricchi di luoghi legati alla signoria dei Pico, come la chiesa di San Francesco, che conserva le sepolture di famiglia; la chiesa del Gesù, l’oratorio della Madonna della Porta e quello del Santissimo Sacramento. In frazione San Martino Spino, il palazzo Portovecchio e il Barchessone Vecchio testimoniano la grande tradizione di allevamento equino del casato, un tempo al centro di una vasta tenuta agricola e riserva di caccia.


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