San Felice sul Panaro

Rocca Estense
San Felice sul Panaro

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La Rocca di San felice sul Panaro prima del terremoto del 2012, su gentile concessione di comuni-italiani.it
viale Campi, 31
San Felice sul Panaro (MO)
tel 0535 86320, 0535 86320 (Comune)
Nella bassa pianura modenese, San Felice è situata a poca distanza dal Po e dal Panaro, al centro di una vasta area confinante con i territori di Bologna, Ferrara e Mantova.

Dall'abbazia di Nonantola al comune di Modena
Occupate fin dall'antichità da ampie distese di paludi e boschi, queste terre furono oggetto in età romana di importanti interventi di bonifica e riassetto territoriale, ripresi dal secolo VIII dai monaci nonantolani.
Si è ipotizzata, senza il supporto di prove certe, la presenza a San Felice di una struttura difensiva già all'epoca delle guerre tra bizantini e longobardi; risale però solo al 927 la prima citazione - in occasione di una donazione di terre al vescovo modenese - di un sito fortificato dotato di strutture in terra e legno, forse eretto a difesa dalle incursioni ungare.
Già parte dei domini canossiani, all’inizio del Duecento l’area a ridosso del Po acquisì un’importanza strategica per Modena, per la vicinanza alle terre bolognesi e mantovane e come cuscinetto contro gli attacchi provenienti da Ferrara. Nel 1227 il vescovo della città cedette così al comune la giurisdizione su una serie di corti e castelli, compresi quelli di San Felice e di Finale.

La rocca degli Este
Nel 1336, dopo decenni di scontri con le fazioni loro avverse e le altre potenze padane, gli Este ottennero il vicariato imperiale di Modena, strappato ai Pio - un ramo dell’ampia consorteria canossiana dei ‘figli di Manfredo’ radicata tra Reggio e Modena - in cambio del riconoscimento del loro dominio su Carpi, per Manfredo, e su San Felice, per il cugino Guido.
La morte di quest’ultimo ridiede però subito San Felice a Obizzo d'Este, che nel 1339 eresse il primo nucleo della rocca in muratura, costituita probabilmente solo da un mastio circondato da un giro di mura, protetto a sua volta da un fossato alimentato dalle acque del Panaro che vennero appositamente deviate all'altezza di Solara.
I contrasti con i Pio per il controllo della bassa pianura continuarono però a lungo: sedici anni dopo la sua costruzione, la rocca venne presa dai signori di Carpi e dai Pico, loro alleati mirandolesi, e restituita agli Este solo in cambio di una forte somma di denaro. Riaffermato il proprio controllo, dalla fine del Trecento gli Este adottarono diversi provvedimenti di esenzioni fiscale tesi a favorire il popolamento del borgo, che in precedenza aveva già ottenuto dal governo modenese il diritto a tenere mercato.

Una macchina da guerra per lo stato estense
All'inizio del Quattrocento la rocca – minacciata dal signore di Parma e Reggio Ottobuono Terzi - fu sottoposta a importanti interventi di restauro e fortificazione attribuiti al famoso architetto militare Bartolino Ploti da Novara, progettista anche dei castelli di Ferrara, Mantova e Finale.
I lavori proseguirono nei decenni successivi, facendo del complesso fortificato formato dal borgo e dalla rocca, ora dotata di quattro torrioni angolari, una vera e propria macchina da guerra, tra i maggiori baluardi del potere estense nell’area padana. A differenza di altri castelli degli Este, il complesso mantenne a lungo funzioni esclusivamente militari e di gestione territoriale, e non venne utilizzato come residenza signorile.
All'inizio del Cinquecento San Felice fu occupata dalle truppe di Giulio II dirette all'assedio di Mirandola, e in seguito assegnata in vicariato ai Pio - prima dall'imperatore poi dal papa - tornando agli Este solo negli anni Venti. Gravemente danneggiate, la rocca e le sue mura furono sottoposte a metà secolo a importanti interventi di restauro.

Nel Ducato di Modena: ridimensionamento militare della rocca
Costretti a restituire Ferrara al papa nel 1598, gli Este si ritirarono nel loro ducato imperiale di Modena e Reggio, mantenendo San Felice quasi ininterrottamente, tranne brevi parentesi, fino all’Unità d’Italia.
Le innovazioni delle tecniche militari e il nuovo contesto politico del teatro italiano ridimensionarono però progressivamente l’importanza strategica della rocca, le cui mura erano già in rovina all'inizio del Seicento. Nel corso del secolo, che vide il feudo assegnato per breve tempo di nuovo ai Pio, l'edificio fu in parte destinato a residenza, e fu anche sede delle prigioni. Il ridimensionamento delle funzioni militari della rocca divenne pressoché irreversibile a inizio Settecento, quando l’acquisizione del territorio di Mirandola al Ducato modenese allontanò San Felice dai confini immediati dello stato estense.
Tornata temporaneamente alla ribalta militare in occasione delle guerre di successione spagnola e austriaca, la rocca mutò poi più volte funzione, confermandosi sede del carcere nel corso dell’Ottocento.

Il Novecento: un monumento nazionale e i progetti di restauro e recupero
Su iniziativa del Comune che ne aveva acquisito la proprietà nel 1870, all’inizio del Novecento la rocca fu riconosciuta monumento nazionale.
Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Duemila è stata avviata una serie di indagini archeologiche sia all’interno che all’esterno del complesso, propedeutiche a importanti interventi di restauro e consolidamento dell'edificio e di riqualificazione urbanistica dell’antico borgo fortificato, che hanno consentito tra l'altro il rilievo dei resti delle strutture difensive esterne.
Il sisma emiliano del 2012 ha danneggiato gravemente l’edificio, senza distruggerlo, facendone un caso di studio unico al mondo e l’oggetto di un innovativo progetto multidisciplinare di ricostruzione, restauro e miglioramento sismico coordinato dall’Università di Bologna in collaborazione con quelle di Parma, Ferrara, Modena-Reggio Emilia e Genova.
Nel complesso hanno sede la mostra archeologica permanente ‘Giuseppe Venturini’, l’archivio storico e la biblioteca comunale, istituita nel 1873; qui si svolge inoltre da vari decenni la nota Biennale d’arte contemporanea ‘Aldo Roncaglia’.

VISITA
La struttura a pianta quadrata è caratterizzata dalle torri angolari e dal poderoso mastio sul lato sud-est; sono invece scomparsi il fossato e le mura che circondavano il complesso difensivo del borgo.
All’interno è possibile visitare, oltre agli spazi espositivi, la stanza detta di Giulio II, con un affresco raffigurante San Francesco, e le prigioni. La stanza in cima al mastio è decorata da affreschi quattrocenteschi con l’aquila bianca estense su fondo blu.
A poca distanza dalla Rocca, il neoclassico Casino del Duca, oggi villa Ferri, fu realizzato su incarico degli Este tra il 1838 e il 1847, su un impianto cinquecentesco, dall'ingegnere Giacomo Parisi quale sede delle partite di caccia ducali nel Bosco della Saliceta: l'ultimo lembo dell'immensa selva di Lovoleto appartenuta ai monaci nonantolani e un tempo estesa fino a Finale, poi del tutto disboscata e ora oggetto di un progetto di rinaturalizzazione e riqualificazione.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Panaro
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Canossa,
Este,
Pio,
Comune di Modena
Bibliografia
viale Campi, 31
San Felice sul Panaro (MO)
tel 0535 86320, 0535 86320 (Comune)
Nella bassa pianura modenese, San Felice è situata a poca distanza dal Po e dal Panaro, al centro di una vasta area confinante con i territori di Bologna, Ferrara e Mantova.

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Dall'abbazia di Nonantola al comune di Modena
Occupate fin dall'antichità da ampie distese di paludi e boschi, queste terre furono oggetto in età romana di importanti interventi di bonifica e riassetto territoriale, ripresi dal secolo VIII dai monaci nonantolani.
Si è ipotizzata, senza il supporto di prove certe, la presenza a San Felice di una struttura difensiva già all'epoca delle guerre tra bizantini e longobardi; risale però solo al 927 la prima citazione - in occasione di una donazione di terre al vescovo modenese - di un sito fortificato dotato di strutture in terra e legno, forse eretto a difesa dalle incursioni ungare.
Già parte dei domini canossiani, all’inizio del Duecento l’area a ridosso del Po acquisì un’importanza strategica per Modena, per la vicinanza alle terre bolognesi e mantovane e come cuscinetto contro gli attacchi provenienti da Ferrara. Nel 1227 il vescovo della città cedette così al comune la giurisdizione su una serie di corti e castelli, compresi quelli di San Felice e di Finale.

La rocca degli Este
Nel 1336, dopo decenni di scontri con le fazioni loro avverse e le altre potenze padane, gli Este ottennero il vicariato imperiale di Modena, strappato ai Pio - un ramo dell’ampia consorteria canossiana dei ‘figli di Manfredo’ radicata tra Reggio e Modena - in cambio del riconoscimento del loro dominio su Carpi, per Manfredo, e su San Felice, per il cugino Guido.
La morte di quest’ultimo ridiede però subito San Felice a Obizzo d'Este, che nel 1339 eresse il primo nucleo della rocca in muratura, costituita probabilmente solo da un mastio circondato da un giro di mura, protetto a sua volta da un fossato alimentato dalle acque del Panaro che vennero appositamente deviate all'altezza di Solara.
I contrasti con i Pio per il controllo della bassa pianura continuarono però a lungo: sedici anni dopo la sua costruzione, la rocca venne presa dai signori di Carpi e dai Pico, loro alleati mirandolesi, e restituita agli Este solo in cambio di una forte somma di denaro. Riaffermato il proprio controllo, dalla fine del Trecento gli Este adottarono diversi provvedimenti di esenzioni fiscale tesi a favorire il popolamento del borgo, che in precedenza aveva già ottenuto dal governo modenese il diritto a tenere mercato.

Una macchina da guerra per lo stato estense
All'inizio del Quattrocento la rocca – minacciata dal signore di Parma e Reggio Ottobuono Terzi - fu sottoposta a importanti interventi di restauro e fortificazione attribuiti al famoso architetto militare Bartolino Ploti da Novara, progettista anche dei castelli di Ferrara, Mantova e Finale.
I lavori proseguirono nei decenni successivi, facendo del complesso fortificato formato dal borgo e dalla rocca, ora dotata di quattro torrioni angolari, una vera e propria macchina da guerra, tra i maggiori baluardi del potere estense nell’area padana. A differenza di altri castelli degli Este, il complesso mantenne a lungo funzioni esclusivamente militari e di gestione territoriale, e non venne utilizzato come residenza signorile.
All'inizio del Cinquecento San Felice fu occupata dalle truppe di Giulio II dirette all'assedio di Mirandola, e in seguito assegnata in vicariato ai Pio - prima dall'imperatore poi dal papa - tornando agli Este solo negli anni Venti. Gravemente danneggiate, la rocca e le sue mura furono sottoposte a metà secolo a importanti interventi di restauro.

Nel Ducato di Modena: ridimensionamento militare della rocca
Costretti a restituire Ferrara al papa nel 1598, gli Este si ritirarono nel loro ducato imperiale di Modena e Reggio, mantenendo San Felice quasi ininterrottamente, tranne brevi parentesi, fino all’Unità d’Italia.
Le innovazioni delle tecniche militari e il nuovo contesto politico del teatro italiano ridimensionarono però progressivamente l’importanza strategica della rocca, le cui mura erano già in rovina all'inizio del Seicento. Nel corso del secolo, che vide il feudo assegnato per breve tempo di nuovo ai Pio, l'edificio fu in parte destinato a residenza, e fu anche sede delle prigioni. Il ridimensionamento delle funzioni militari della rocca divenne pressoché irreversibile a inizio Settecento, quando l’acquisizione del territorio di Mirandola al Ducato modenese allontanò San Felice dai confini immediati dello stato estense.
Tornata temporaneamente alla ribalta militare in occasione delle guerre di successione spagnola e austriaca, la rocca mutò poi più volte funzione, confermandosi sede del carcere nel corso dell’Ottocento.

Il Novecento: un monumento nazionale e i progetti di restauro e recupero
Su iniziativa del Comune che ne aveva acquisito la proprietà nel 1870, all’inizio del Novecento la rocca fu riconosciuta monumento nazionale.
Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Duemila è stata avviata una serie di indagini archeologiche sia all’interno che all’esterno del complesso, propedeutiche a importanti interventi di restauro e consolidamento dell'edificio e di riqualificazione urbanistica dell’antico borgo fortificato, che hanno consentito tra l'altro il rilievo dei resti delle strutture difensive esterne.
Il sisma emiliano del 2012 ha danneggiato gravemente l’edificio, senza distruggerlo, facendone un caso di studio unico al mondo e l’oggetto di un innovativo progetto multidisciplinare di ricostruzione, restauro e miglioramento sismico coordinato dall’Università di Bologna in collaborazione con quelle di Parma, Ferrara, Modena-Reggio Emilia e Genova.
Nel complesso hanno sede la mostra archeologica permanente ‘Giuseppe Venturini’, l’archivio storico e la biblioteca comunale, istituita nel 1873; qui si svolge inoltre da vari decenni la nota Biennale d’arte contemporanea ‘Aldo Roncaglia’.

VISITA
La struttura a pianta quadrata è caratterizzata dalle torri angolari e dal poderoso mastio sul lato sud-est; sono invece scomparsi il fossato e le mura che circondavano il complesso difensivo del borgo.
All’interno è possibile visitare, oltre agli spazi espositivi, la stanza detta di Giulio II, con un affresco raffigurante San Francesco, e le prigioni. La stanza in cima al mastio è decorata da affreschi quattrocenteschi con l’aquila bianca estense su fondo blu.
A poca distanza dalla Rocca, il neoclassico Casino del Duca, oggi villa Ferri, fu realizzato su incarico degli Este tra il 1838 e il 1847, su un impianto cinquecentesco, dall'ingegnere Giacomo Parisi quale sede delle partite di caccia ducali nel Bosco della Saliceta: l'ultimo lembo dell'immensa selva di Lovoleto appartenuta ai monaci nonantolani e un tempo estesa fino a Finale, poi del tutto disboscata e ora oggetto di un progetto di rinaturalizzazione e riqualificazione.


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