Varano de' Melegari

Castello Pallavicino
Varano de' Melegari

Castello di Varano de' Melegari,
Castello di Varano de' Melegari,
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Castello di Varano de' Melegari,
Castello di Varano de' Melegari
strada della Rocca, 10
Varano de' Melegari (PR)
tel +39 327 3797253
Sulle colline occidentali del parmense, a sud di Fidenza, Varano de’ Melegari domina la valle del torrente Ceno, nei pressi della sua immissione nel Taro.

Un castello pallavicino, tra Parma e Piacenza
Edificato in epoca incerta, forse sul sito di un castrum romano, il castello di Varano è citato fin dal secolo XI come possesso del ramo del casato ‘obertengo’ poi denominato Pallavicino, cui faceva capo una potente rete fortificata posta tra le valli del Taro e dell’Arda, dal Po ai preappennini, a controllo delle principali vie di comunicazione, commercio e pellegrinaggio tra Emilia, Toscana e Liguria.
La posizione dominante sulla valle fece di Varano una pedina strategica anche nel quadro della lotta ingaggiata tra Parma e Piacenza per l’egemonia sulla fascia di confine tra Borgo San Donnino e Fiorenzuola. Nel 1145 Oberto I Pallavicino, avuta conferma dei suoi possedimenti da Federico Barbarossa, cedette al comune piacentino - riottenendoli in feudo - tutti i suoi beni allodiali e feudali ubicati nel territorio ecclesiastico di Parma sulla riva sinistra del Taro, compreso Varano.
Nel 1208 fu il comune di Parma a fortificare il castello con una torre, ordinandone poi alla fine del secolo la distruzione e lo smantellamento definitivo, insieme a diversi altri castelli appenninici che avevano dato rifugio ai fuoriusciti alleati di Azzo d’Este.

L'egemonia viscontea: la rocca di Niccolò
Nuovi privilegi sull’area vennero riconosciuti nel 1249 dall’imperatore Federico II a Oberto II Pallavicino, capo del partito ghibellino in Lombardia ed Emilia e suo fedele alleato. Reiterati dai suoi successori, i privilegi pallavicini furono riconosciuti anche dai Visconti, che nel corso del Trecento avevano esteso la loro egemonia alla pianura padana occidentale.
L’alleanza con Gian Galeazzo Visconti consentì a Niccolò Pallavicino, marchese di Busseto, di avviare alla fine di quel secolo la ricostruzione di Varano. L’intervento fece del castello una struttura pressoché imprendibile, saldando alla roccia a strapiombo sul Ceno la potente massa muraria, che si avvantaggiò a fini difensivi anche del forte dislivello naturale del terreno delimitato da due corsi d’acqua e dell’invalicabile sistema difensivo in ingresso, basato sull’allineamento di tre massicce torri, con l’accesso in posizione centrale e arretrata.

Lo 'stato' di Rolando
Le aspre lotte per il controllo di Parma e del territorio che per decenni opposero i Pallavicino alle famiglie nemiche dei Terzi e dei Rossi continuarono con il figlio di Niccolò, Rolando ‘il Magnifico’, coinvolgendo all’inizio del Quattrocento anche Varano e il vicino castello di Roccalanzona.
Con l’investitura imperiale del marchionatu Palavicino ac Burgo Sancto Donino, Rolando vide riconosciuta nel 1413 la semi-autonomia giuridica e politica del suo ‘stato’, ottenendo vent’anni dopo conferma dei suoi possessi, compreso Varano de’ Melegari, anche da Filippo Maria Visconti.
La sua ribellione al duca di Milano e l’avversione del condottiero visconteo Niccolò Piccinino gli costarono però nel 1441 la confisca dei beni, che gli vennero poi restituiti nel 1445: Varano fu in quegli anni prigione di Annibale Bentivoglio, che si era sollevato contro i Visconti, e che riuscì poi avventurosamente a fuggire dall’inaccessibile fortezza e a recuperare la signoria di Bologna. Risalgono a metà secolo ulteriori interventi che integrarono il castello con una nuova ala, adeguandone inoltre le difese alle nuove tecniche belliche.

Dopo lo stato pallavicino
Nonostante l’appoggio fornito agli Sforza, nuovi signori di Milano, la stabilità politica seguita alla pace di Lodi del 1454 ridusse gli spazi di autonomia dello ‘stato’ di Rolando. La disputa sulla sua eredità consentì così quattro anni dopo alla camera ducale milanese di assorbire i beni del marchesato, che vennero suddivisi in quote, poi reinfeudate ai figli.
Al nuovo ramo di Zibello, con Gianfrancesco, andò anche l’area appenninica comprendente Varano de’ Melegari, che passò in seguito, separata da Zibello, al figlio Bernardino, subendo un ulteriore frazionamento dopo la morte di questi nel 1526 a seguito, ancora una volta, di una contesa tra i suoi eredi.
Nel 1551 Varano venne posto sotto assedio nel 1551 durante la guerra di Parma che oppose il nuovo ducato Farnese al papato e all’impero. Le liti patrimoniali sorte dopo l’estinzione nel 1585 dei rami di Busseto e Cortemaggiore si conclusero con l’annessione alla camera parmense dei beni pallavicini, compreso il feudo di Varano, lasciando però agli eredi il possesso del castello e alcuni privilegi sul territorio.
Incendiato dalle truppe spagnole nel 1636, il castello venne ristrutturato e restaurato nel 1720 dagli eredi Pallavicino con la realizzazione dello scalone e del salone d'Onore affrescato al piano nobile, assumendo i connotati di una dimora signorile.

L'Otto e il Novecento
Aboliti i feudi a inizio Ottocento dai decreti napoleonici, con la Restaurazione Varano entrò pienamente a far parte del ducato di Parma e Piacenza, venendo posto alle dipendenze di Borgo San Donnino.
Nel 1828 il castello venne acquistato dalla famiglia Grossardi, celebre per l’attività carbonara dei suoi membri. All’inizio del Novecento passò poi all’architetto-ingegnere Rolando Levacher, aderente alla corrente storicistica, che lo restaurò in parte, e nel 1965 agli industriali Tanzi.
Nel 2001 l’edificio venne acquistato dal comune, che lo aprì al pubblico facendone inoltre la sede di attività culturali e di eventi per la comunità.

VISITA
Posto su uno scoglio di arenaria a guardia della valle, il fortilizio a pianta quadrangolare conserva in gran parte l’impianto tardo-trecentesco, con le alte mura spesse fino a quattro metri che seguono il dislivello del terreno, i camminamenti di ronda e le tre possenti torri frontali che proteggono l’ingresso arretrato posto alla base della torre centrale.
Gli spazi interni si articolano attorno alla corte quadrata. Negli ambienti palaziali, risalgono agli interventi settecenteschi la scalinata che conduce al piano nobile e lo splendido salone d'onore affrescato, mentre il mastio di inizio Duecento ospita la prigione dove venne rinchiuso Annibale Bentivoglio.
Superati il giardino e la corte, la visita si snoda attraverso l'antico mastio, l'ala quattrocentesca, la sala delle armi, i camminamenti di ronda, la terrazza, le cucine, l'elegante scalone settecentesco, lo studio ed il salone d'Onore affrescato. In particolari occasioni vengono aperti al pubblico i sotterranei della fortezza.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Ceno (Taro)
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Pallavicino
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Barocco e Rococò,
Storicismo Eclettismo Liberty
Bibliografia
strada della Rocca, 10
Varano de' Melegari (PR)
tel +39 327 3797253
Sulle colline occidentali del parmense, a sud di Fidenza, Varano de’ Melegari domina la valle del torrente Ceno, nei pressi della sua immissione nel Taro.

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Un castello pallavicino, tra Parma e Piacenza
Edificato in epoca incerta, forse sul sito di un castrum romano, il castello di Varano è citato fin dal secolo XI come possesso del ramo del casato ‘obertengo’ poi denominato Pallavicino, cui faceva capo una potente rete fortificata posta tra le valli del Taro e dell’Arda, dal Po ai preappennini, a controllo delle principali vie di comunicazione, commercio e pellegrinaggio tra Emilia, Toscana e Liguria.
La posizione dominante sulla valle fece di Varano una pedina strategica anche nel quadro della lotta ingaggiata tra Parma e Piacenza per l’egemonia sulla fascia di confine tra Borgo San Donnino e Fiorenzuola. Nel 1145 Oberto I Pallavicino, avuta conferma dei suoi possedimenti da Federico Barbarossa, cedette al comune piacentino - riottenendoli in feudo - tutti i suoi beni allodiali e feudali ubicati nel territorio ecclesiastico di Parma sulla riva sinistra del Taro, compreso Varano.
Nel 1208 fu il comune di Parma a fortificare il castello con una torre, ordinandone poi alla fine del secolo la distruzione e lo smantellamento definitivo, insieme a diversi altri castelli appenninici che avevano dato rifugio ai fuoriusciti alleati di Azzo d’Este.

L'egemonia viscontea: la rocca di Niccolò
Nuovi privilegi sull’area vennero riconosciuti nel 1249 dall’imperatore Federico II a Oberto II Pallavicino, capo del partito ghibellino in Lombardia ed Emilia e suo fedele alleato. Reiterati dai suoi successori, i privilegi pallavicini furono riconosciuti anche dai Visconti, che nel corso del Trecento avevano esteso la loro egemonia alla pianura padana occidentale.
L’alleanza con Gian Galeazzo Visconti consentì a Niccolò Pallavicino, marchese di Busseto, di avviare alla fine di quel secolo la ricostruzione di Varano. L’intervento fece del castello una struttura pressoché imprendibile, saldando alla roccia a strapiombo sul Ceno la potente massa muraria, che si avvantaggiò a fini difensivi anche del forte dislivello naturale del terreno delimitato da due corsi d’acqua e dell’invalicabile sistema difensivo in ingresso, basato sull’allineamento di tre massicce torri, con l’accesso in posizione centrale e arretrata.

Lo 'stato' di Rolando
Le aspre lotte per il controllo di Parma e del territorio che per decenni opposero i Pallavicino alle famiglie nemiche dei Terzi e dei Rossi continuarono con il figlio di Niccolò, Rolando ‘il Magnifico’, coinvolgendo all’inizio del Quattrocento anche Varano e il vicino castello di Roccalanzona.
Con l’investitura imperiale del marchionatu Palavicino ac Burgo Sancto Donino, Rolando vide riconosciuta nel 1413 la semi-autonomia giuridica e politica del suo ‘stato’, ottenendo vent’anni dopo conferma dei suoi possessi, compreso Varano de’ Melegari, anche da Filippo Maria Visconti.
La sua ribellione al duca di Milano e l’avversione del condottiero visconteo Niccolò Piccinino gli costarono però nel 1441 la confisca dei beni, che gli vennero poi restituiti nel 1445: Varano fu in quegli anni prigione di Annibale Bentivoglio, che si era sollevato contro i Visconti, e che riuscì poi avventurosamente a fuggire dall’inaccessibile fortezza e a recuperare la signoria di Bologna. Risalgono a metà secolo ulteriori interventi che integrarono il castello con una nuova ala, adeguandone inoltre le difese alle nuove tecniche belliche.

Dopo lo stato pallavicino
Nonostante l’appoggio fornito agli Sforza, nuovi signori di Milano, la stabilità politica seguita alla pace di Lodi del 1454 ridusse gli spazi di autonomia dello ‘stato’ di Rolando. La disputa sulla sua eredità consentì così quattro anni dopo alla camera ducale milanese di assorbire i beni del marchesato, che vennero suddivisi in quote, poi reinfeudate ai figli.
Al nuovo ramo di Zibello, con Gianfrancesco, andò anche l’area appenninica comprendente Varano de’ Melegari, che passò in seguito, separata da Zibello, al figlio Bernardino, subendo un ulteriore frazionamento dopo la morte di questi nel 1526 a seguito, ancora una volta, di una contesa tra i suoi eredi.
Nel 1551 Varano venne posto sotto assedio nel 1551 durante la guerra di Parma che oppose il nuovo ducato Farnese al papato e all’impero. Le liti patrimoniali sorte dopo l’estinzione nel 1585 dei rami di Busseto e Cortemaggiore si conclusero con l’annessione alla camera parmense dei beni pallavicini, compreso il feudo di Varano, lasciando però agli eredi il possesso del castello e alcuni privilegi sul territorio.
Incendiato dalle truppe spagnole nel 1636, il castello venne ristrutturato e restaurato nel 1720 dagli eredi Pallavicino con la realizzazione dello scalone e del salone d'Onore affrescato al piano nobile, assumendo i connotati di una dimora signorile.

L'Otto e il Novecento
Aboliti i feudi a inizio Ottocento dai decreti napoleonici, con la Restaurazione Varano entrò pienamente a far parte del ducato di Parma e Piacenza, venendo posto alle dipendenze di Borgo San Donnino.
Nel 1828 il castello venne acquistato dalla famiglia Grossardi, celebre per l’attività carbonara dei suoi membri. All’inizio del Novecento passò poi all’architetto-ingegnere Rolando Levacher, aderente alla corrente storicistica, che lo restaurò in parte, e nel 1965 agli industriali Tanzi.
Nel 2001 l’edificio venne acquistato dal comune, che lo aprì al pubblico facendone inoltre la sede di attività culturali e di eventi per la comunità.

VISITA
Posto su uno scoglio di arenaria a guardia della valle, il fortilizio a pianta quadrangolare conserva in gran parte l’impianto tardo-trecentesco, con le alte mura spesse fino a quattro metri che seguono il dislivello del terreno, i camminamenti di ronda e le tre possenti torri frontali che proteggono l’ingresso arretrato posto alla base della torre centrale.
Gli spazi interni si articolano attorno alla corte quadrata. Negli ambienti palaziali, risalgono agli interventi settecenteschi la scalinata che conduce al piano nobile e lo splendido salone d'onore affrescato, mentre il mastio di inizio Duecento ospita la prigione dove venne rinchiuso Annibale Bentivoglio.
Superati il giardino e la corte, la visita si snoda attraverso l'antico mastio, l'ala quattrocentesca, la sala delle armi, i camminamenti di ronda, la terrazza, le cucine, l'elegante scalone settecentesco, lo studio ed il salone d'Onore affrescato. In particolari occasioni vengono aperti al pubblico i sotterranei della fortezza.


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