San Secondo Parmense

Rocca dei Rossi
San Secondo Parmense

Rocca dei Rossi, su gentile concessione dell'Associazione Castelli del Ducato di Parma e Piacenza
piazza Mazzini, 12
San Secondo Parmense (PR)
tel 0521 873214, 0521 871500
Nella bassa pianura parmense che si stende a nord della via Emilia tra il capoluogo e Fidenza, San Secondo è situato sulla sponda sinistra del Taro, a una decina di chilometri dal Po.

I due castra di San Secondo
In un territorio ricco di acque, attraversato dall’antica direttrice romana tra Parma e Cremona, il ‘lacum’ di San Secondo - probabilmente una palude formata dall’interramento del Taro - è citato nell’anno 894 tra i possessi del capitolo della cattedrale cittadina.
Un dosso difeso dalle acque a nord dell’odierno abitato ospitava la pieve di san Secondo, la maggiore della zona con quella di san Genesio, attorno alla quale venne costituendosi una importante corte fortificata che verso la fine del IX secolo assorbì parte delle terre meridionali dell'antica corte regia di Palasone. Nella seconda metà del secolo XII parte dei diritti sulla corte già esercitati dai Canossa passarono ai Rossi, legati in precedenza ai canonici e titolari di alcuni possedimenti nel vicino Castell’Aicardi.
All’inizio del Duecento i Rossi consolidarono la loro presa sull’area con la costruzione di un secondo castrum, probabilmente nel sito fino ad allora disabitato della futura rocca, in posizione strategica lungo il Taro morto che consentiva il controllo della via per Cremona. Fra Due e Trecento, nel corso delle guerre fazionarie a Parma, la nuova fortificazione offrì un rifugio sicuro ai membri del casato, guelfi attivissimi sulla scena politica parmense, banditi dalla città nel 1308 da Giberto da Correggio e nel 1336 da Mastino della Scala.

Lo ‘stato’ dei Rossi
Nei decenni centrali del Trecento i Rossi, dal 1331 conti di Berceto per volere del re di Boemia, accrebbero la loro influenza nel parmense a spese di altri poteri signorili e soprattutto della diocesi, acquisendone a vario titolo molti beni grazie alla parentela con il vescovo Ugolino; castello e terre di San Secondo furono loro ceduti nel 1365 dal Capitolo cittadino insieme a parte della villa del Pizzo più a nord.
In un quadro condizionato dall’egemonia milanese imposta su Parma dal 1346 a spese degli Este, i Rossi posero così le basi di un amplissimo dominio con centro a Felino, difeso da un poderoso reticolo di castelli, che si estendeva tra le valli del Parma e del Taro, dal Po agli appennini, a controllo delle direttrici tra la Lombardia, la Toscana e la Liguria.
San Secondo costituì il centro principale dei loro possedimenti di pianura, caposaldo difensivo e snodo di scambi, mentre l’antico insediamento presso la pieve, che la bonifica delle paludi e la mutazione del sistema idrico aveva isolato nella campagna, conservava solo le funzioni di centro religioso del territorio.

Il Quattrocento: la rocca di Pier Maria
Dopo le devastazioni subite dal castello a inizio Quattrocento nel corso delle contese con Ottobuono Terzi per il controllo di Parma, attorno al 1415, durante la breve ripresa del dominio estense nel parmense, i Rossi provvidero a edificarvi una rocca su un dosso circondato da un fossato, sulla riva opposta del Taro Morto rispetto al borgo che era sorto nel frattempo, fortificato a sua volta con mura e fossati.
A metà secolo San Secondo fu coinvolto nel progetto di consolidamento territoriale dei suoi domini promosso dal grande condottiero Pier Maria II, che nei due decenni precedenti aveva accresciuto il suo potere, basato su un’ampia rete di clientele cittadine e rurali, attraverso ripetute ‘guerricciole’ contro le famiglie rivali dei Sanvitale, Pallavicino e da Correggio, e grazie all’alleanza con i duchi di Milano, i Visconti poi gli Sforza, interessati a rafforzare il loro controllo sul parmense nel contesto della guerra con Venezia.
A San Secondo Pier Maria provvide a migliorare le funzioni difensive della rocca, che venne rifondata su pianta quadrata e rafforzata con quattro torri angolari sporgenti e un possente mastio protetto da un ispessimento delle massicce mura, e così rappresentata negli affreschi della camera d’Oro del castello di Torrechiara, splendido catasto visivo dei suoi possedimenti.
Sede di una delle podesterie dello ‘stato’ rossiano, il borgo divenne anche il nuovo centro religioso del contado grazie alla Collegiata sorta lungo la strada per Cremona ed eretta a parrocchia nel 1470. Con la caduta in disuso dell’antica pieve, inglobata in un convento francescano, l’originario insediamento della ‘villa’ di San Secondo venne definitivamente abbandonato.

Un marchesato per Troilo
Nei primi anni ’80 del Quattrocento la breve e devastante guerra che oppose Pier Maria al nuovo duca di Milano Ludovico il Moro e ai suoi alleati parmensi – gli eterni nemici dei Rossi – si concluse con la distruzione e la presa con molte altre della rocca a metà del 1483, a quasi un anno dalla morte di Pier Maria. Sconfitto, il figlio Guido, erede testamentario con un fratello dei suoi beni, dovette cedere al duca di Milano San Secondo, Felino e Torrechiara.
La prima guerra d’Italia decise diversamente i destini di questi possessi rossiani. Nel 1499, dopo la vittoria sul Moro, il re di Francia Luigi XII assegnò infatti i tre feudi al fedele Troilo Rossi – figlio di un figlio diseredato da Pier Maria – scavalcando le rivendicazioni sull’intero ‘stato’ dei Rossi avanzate dal figlio di Guido, Filippo, legato alla Repubblica veneziana nemica della Francia.
Respinto dai borghigiani di Torrechiara e Felino, Troilo poté però insediarsi solo a San Secondo, ottenendone dal re il marchesato; la dote e le entrature della moglie, una Riario, nipote del papa, gli consentirono poi di acquisire molti altri beni già dei Rossi, diventando il maggiore feudatario del parmense.
Il nuovo signore fece di San Secondo la sua residenza principale, promuovendovi importanti interventi: la precarietà del suo possesso lo indusse innanzitutto a ripristinarne le difese, intaccate dalle distruzioni belliche e da venti anni di abbandono, restaurando i bastioni e ristrutturando le cinte murarie. Al contempo Troilo valorizzò le funzioni residenziali della rocca, che venne integrata con una nuova ala nord, che al piano nobile si articolava attorno ad una galleria con ambienti splendidamente affrescati affacciata sul loggiato, mentre un portico al piano terra separava gli spazi pubblici da quelli della famiglia.
I timori di Troilo erano ben fondati: alla sua morte nel 1521 il castello venne occupato dagli eredi di Guido, che l’anno successivo vennero però sconfitti nella battaglia di San Secondo da Giovanni de Medici ‘delle bande nere’, cognato di Troilo, potendo da allora conservare il solo feudo di Corniglio.

Tra Cinque e Seicento
Gli incerti diritti su San Secondo del ramo di Troilo furono sanati tra gli anni Venti e Trenta sotto Pier Maria III, condottiero di Carlo V e di Francesco I, prima dall’investitura pontificia, che trasformò il marchesato in contea, poi da quella imperiale che sancì l’autonomia della signoria da Parma.
Su impulso del nuovo Pier Maria la rocca divenne tra il 1528 e il 1534 un palazzo sontuoso; risalgono probabilmente a questa epoca l'oratorio di Santa Caterina, la sala dell'Asino d'Oro, camera nuziale del signore, quella dei Cesari destinata all’archivio, e la grande sala delle Gesta rossiane, a fianco della quale sorse un imponente scalone in marmo di Verona.
La rottura con il papa, generata dai rapporti con Firenze e dalla scandalosa condotta del fratello minore di Pier Maria, innescò ripetute indagini su questi lavori, giudicati eccessivamente sfarzosi; il minacciato abbattimento della rocca venne sventato dall’intervento dei Gonzaga, con cui Pier Maria si era imparentato grazie al matrimonio con Camilla.
Dopo l’avvento del ducato farnesiano nel 1545, a cui si sottomise non senza resistenza, Troilo II riprese i lavori commissionando l’ala orientale, il loggiato est e la decorazione delle sale di rappresentanza. Nei primi decenni del Seicento il nipote Federico I completò la rocca, promuovendo inoltre la fondazione dell’ospedale della Misericordia per le vittime della peste e quella del convento dei Cappuccini lungo la strada per Cremona.

Il declino della rocca
Nel 1666 Scipione Rossi fu costretto dai debiti, contratti per recuperare i beni di famiglia confiscati al fratello Troilo IV dai Farnese, a vendere i suoi feudi appenninici alla Camera ducale parmense. Rimasto l’unico possesso emiliano di questo ramo dei Rossi, San Secondo perse però la sua centralità a seguito dello spostamento nel cremonese degli interessi e della residenza principale della famiglia. Utilizzata da allora come palazzo di campagna, la rocca venne però arricchita nel Settecento con un teatro di corte e un nuovo appartamento, detto poi ‘dei guasti’ perché mai terminato a causa dell’arrivo dei francesi.
Cancellati i feudi dal governo filonapoleonico – che soppresse anche il convento della villa di San Secondo, portando nel 1820 alla distruzione dell’antica pieve – l’estinzione nel 1802 dei Rossi di San Secondo poi di un ramo secondario della famiglia nel 1813 lasciò la rocca in eredità al conte padovano Fernando Vaini, che poté però entrarne in possesso solo nel 1832 dopo una lunga battaglia giudiziaria contro la camera ducale.
Nella seconda metà dell’Ottocento i Minghelli Vaini condussero pesanti interventi che cancellarono l’oratorio di Santa Caterina con le tombe dei Rossi, il teatro di corte, il loggiato verso il borgo e diversi ambienti di servizio, ma risparmiarono quasi tutti gli ambienti di maggior rilievo artistico.
Fra la fine dell’Otto e l’inizio del Novecento gli interventi di miglioramento igienico ed espansione del borgo comportarono poi l'interramento dei canali che correvano lungo l’antico percorso delle mura, sostituiti dalla circonvallazione, e la loro deviazione fuori dal centro urbano.

Il recupero e la valorizzazione
Nel 1919 il Comune acquistò dai proprietari la rocca per farne la residenza municipale.
Nel 2002, dopo importanti lavori di riqualificazione della piazza antistante, gli ambienti liberati dagli uffici sono stati aperti alle visite; tra il 2003 e il 2005 sono state restaurate le ex scuderie ottocentesche e la sala delle cannoniere.
Nuovi restauri resi necessari dal terremoto del 2012 si sono conclusi nel 2015 con la riapertura di quasi tutti gli ambienti, compresa la sala delle Gesta rossiane.
Nella piazza antistante la rocca si svolge ogni anno il palio delle contrade, rievocazione del matrimonio Rossi-Gonzaga del 1523.

VISITA
Collegata al borgo da uno spazio a verde sull’antico fossato, la rocca conserva molti elementi non intaccati dalle demolizioni ottocentesche: l’ingresso, il mastio e l'ala cinquecentesca un tempo riservata a residenza e spazio di rappresentanza.
In fondo al cortile d'onore, l’imponente scalone conduce al piano nobile con ambienti splendidamente decorati: la sala di Bellerofonte, originariamente adibita a ricevimento, con affreschi di Cesare Baglione e scuola, la Galleria di Esopo con la rappresentazione di favole classiche, paesaggi fantastici e un bestiario e la sala di Momo.
A seguire, la sala dei Cesari, lo studio del signore decorato con un'allegoria del potere imperiale forse di allievi di Giulio Romano, e quella dell'Asino d'Oro, camera nuziale di Pier Maria III e Camilla Gonzaga, con riquadri tratti dalle ‘Metamorfosi’ di Apuleio.
Altri ambienti affrescati introducono alla maestosa Sala delle Gesta Rossiane, realizzata da Troilo II con tredici grandi quadri che illustrano importanti episodi della casata; quattro cariatidi rappresentanti le stagioni sorreggono la volta; su un imponente camino in marmo rosso e bianco è lo stemma di famiglia. Sono visitabili anche le scuderie ottocentesche.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Taro,
via Cremonese-Parmense
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Rossi,
Vaini
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Rinascimento e Manierismo
Bibliografia
piazza Mazzini, 12
San Secondo Parmense (PR)
tel 0521 873214, 0521 871500
Nella bassa pianura parmense che si stende a nord della via Emilia tra il capoluogo e Fidenza, San Secondo è situato sulla sponda sinistra del Taro, a una decina di chilometri dal Po.

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I due castra di San Secondo
In un territorio ricco di acque, attraversato dall’antica direttrice romana tra Parma e Cremona, il ‘lacum’ di San Secondo - probabilmente una palude formata dall’interramento del Taro - è citato nell’anno 894 tra i possessi del capitolo della cattedrale cittadina.
Un dosso difeso dalle acque a nord dell’odierno abitato ospitava la pieve di san Secondo, la maggiore della zona con quella di san Genesio, attorno alla quale venne costituendosi una importante corte fortificata che verso la fine del IX secolo assorbì parte delle terre meridionali dell'antica corte regia di Palasone. Nella seconda metà del secolo XII parte dei diritti sulla corte già esercitati dai Canossa passarono ai Rossi, legati in precedenza ai canonici e titolari di alcuni possedimenti nel vicino Castell’Aicardi.
All’inizio del Duecento i Rossi consolidarono la loro presa sull’area con la costruzione di un secondo castrum, probabilmente nel sito fino ad allora disabitato della futura rocca, in posizione strategica lungo il Taro morto che consentiva il controllo della via per Cremona. Fra Due e Trecento, nel corso delle guerre fazionarie a Parma, la nuova fortificazione offrì un rifugio sicuro ai membri del casato, guelfi attivissimi sulla scena politica parmense, banditi dalla città nel 1308 da Giberto da Correggio e nel 1336 da Mastino della Scala.

Lo ‘stato’ dei Rossi
Nei decenni centrali del Trecento i Rossi, dal 1331 conti di Berceto per volere del re di Boemia, accrebbero la loro influenza nel parmense a spese di altri poteri signorili e soprattutto della diocesi, acquisendone a vario titolo molti beni grazie alla parentela con il vescovo Ugolino; castello e terre di San Secondo furono loro ceduti nel 1365 dal Capitolo cittadino insieme a parte della villa del Pizzo più a nord.
In un quadro condizionato dall’egemonia milanese imposta su Parma dal 1346 a spese degli Este, i Rossi posero così le basi di un amplissimo dominio con centro a Felino, difeso da un poderoso reticolo di castelli, che si estendeva tra le valli del Parma e del Taro, dal Po agli appennini, a controllo delle direttrici tra la Lombardia, la Toscana e la Liguria.
San Secondo costituì il centro principale dei loro possedimenti di pianura, caposaldo difensivo e snodo di scambi, mentre l’antico insediamento presso la pieve, che la bonifica delle paludi e la mutazione del sistema idrico aveva isolato nella campagna, conservava solo le funzioni di centro religioso del territorio.

Il Quattrocento: la rocca di Pier Maria
Dopo le devastazioni subite dal castello a inizio Quattrocento nel corso delle contese con Ottobuono Terzi per il controllo di Parma, attorno al 1415, durante la breve ripresa del dominio estense nel parmense, i Rossi provvidero a edificarvi una rocca su un dosso circondato da un fossato, sulla riva opposta del Taro Morto rispetto al borgo che era sorto nel frattempo, fortificato a sua volta con mura e fossati.
A metà secolo San Secondo fu coinvolto nel progetto di consolidamento territoriale dei suoi domini promosso dal grande condottiero Pier Maria II, che nei due decenni precedenti aveva accresciuto il suo potere, basato su un’ampia rete di clientele cittadine e rurali, attraverso ripetute ‘guerricciole’ contro le famiglie rivali dei Sanvitale, Pallavicino e da Correggio, e grazie all’alleanza con i duchi di Milano, i Visconti poi gli Sforza, interessati a rafforzare il loro controllo sul parmense nel contesto della guerra con Venezia.
A San Secondo Pier Maria provvide a migliorare le funzioni difensive della rocca, che venne rifondata su pianta quadrata e rafforzata con quattro torri angolari sporgenti e un possente mastio protetto da un ispessimento delle massicce mura, e così rappresentata negli affreschi della camera d’Oro del castello di Torrechiara, splendido catasto visivo dei suoi possedimenti.
Sede di una delle podesterie dello ‘stato’ rossiano, il borgo divenne anche il nuovo centro religioso del contado grazie alla Collegiata sorta lungo la strada per Cremona ed eretta a parrocchia nel 1470. Con la caduta in disuso dell’antica pieve, inglobata in un convento francescano, l’originario insediamento della ‘villa’ di San Secondo venne definitivamente abbandonato.

Un marchesato per Troilo
Nei primi anni ’80 del Quattrocento la breve e devastante guerra che oppose Pier Maria al nuovo duca di Milano Ludovico il Moro e ai suoi alleati parmensi – gli eterni nemici dei Rossi – si concluse con la distruzione e la presa con molte altre della rocca a metà del 1483, a quasi un anno dalla morte di Pier Maria. Sconfitto, il figlio Guido, erede testamentario con un fratello dei suoi beni, dovette cedere al duca di Milano San Secondo, Felino e Torrechiara.
La prima guerra d’Italia decise diversamente i destini di questi possessi rossiani. Nel 1499, dopo la vittoria sul Moro, il re di Francia Luigi XII assegnò infatti i tre feudi al fedele Troilo Rossi – figlio di un figlio diseredato da Pier Maria – scavalcando le rivendicazioni sull’intero ‘stato’ dei Rossi avanzate dal figlio di Guido, Filippo, legato alla Repubblica veneziana nemica della Francia.
Respinto dai borghigiani di Torrechiara e Felino, Troilo poté però insediarsi solo a San Secondo, ottenendone dal re il marchesato; la dote e le entrature della moglie, una Riario, nipote del papa, gli consentirono poi di acquisire molti altri beni già dei Rossi, diventando il maggiore feudatario del parmense.
Il nuovo signore fece di San Secondo la sua residenza principale, promuovendovi importanti interventi: la precarietà del suo possesso lo indusse innanzitutto a ripristinarne le difese, intaccate dalle distruzioni belliche e da venti anni di abbandono, restaurando i bastioni e ristrutturando le cinte murarie. Al contempo Troilo valorizzò le funzioni residenziali della rocca, che venne integrata con una nuova ala nord, che al piano nobile si articolava attorno ad una galleria con ambienti splendidamente affrescati affacciata sul loggiato, mentre un portico al piano terra separava gli spazi pubblici da quelli della famiglia.
I timori di Troilo erano ben fondati: alla sua morte nel 1521 il castello venne occupato dagli eredi di Guido, che l’anno successivo vennero però sconfitti nella battaglia di San Secondo da Giovanni de Medici ‘delle bande nere’, cognato di Troilo, potendo da allora conservare il solo feudo di Corniglio.

Tra Cinque e Seicento
Gli incerti diritti su San Secondo del ramo di Troilo furono sanati tra gli anni Venti e Trenta sotto Pier Maria III, condottiero di Carlo V e di Francesco I, prima dall’investitura pontificia, che trasformò il marchesato in contea, poi da quella imperiale che sancì l’autonomia della signoria da Parma.
Su impulso del nuovo Pier Maria la rocca divenne tra il 1528 e il 1534 un palazzo sontuoso; risalgono probabilmente a questa epoca l'oratorio di Santa Caterina, la sala dell'Asino d'Oro, camera nuziale del signore, quella dei Cesari destinata all’archivio, e la grande sala delle Gesta rossiane, a fianco della quale sorse un imponente scalone in marmo di Verona.
La rottura con il papa, generata dai rapporti con Firenze e dalla scandalosa condotta del fratello minore di Pier Maria, innescò ripetute indagini su questi lavori, giudicati eccessivamente sfarzosi; il minacciato abbattimento della rocca venne sventato dall’intervento dei Gonzaga, con cui Pier Maria si era imparentato grazie al matrimonio con Camilla.
Dopo l’avvento del ducato farnesiano nel 1545, a cui si sottomise non senza resistenza, Troilo II riprese i lavori commissionando l’ala orientale, il loggiato est e la decorazione delle sale di rappresentanza. Nei primi decenni del Seicento il nipote Federico I completò la rocca, promuovendo inoltre la fondazione dell’ospedale della Misericordia per le vittime della peste e quella del convento dei Cappuccini lungo la strada per Cremona.

Il declino della rocca
Nel 1666 Scipione Rossi fu costretto dai debiti, contratti per recuperare i beni di famiglia confiscati al fratello Troilo IV dai Farnese, a vendere i suoi feudi appenninici alla Camera ducale parmense. Rimasto l’unico possesso emiliano di questo ramo dei Rossi, San Secondo perse però la sua centralità a seguito dello spostamento nel cremonese degli interessi e della residenza principale della famiglia. Utilizzata da allora come palazzo di campagna, la rocca venne però arricchita nel Settecento con un teatro di corte e un nuovo appartamento, detto poi ‘dei guasti’ perché mai terminato a causa dell’arrivo dei francesi.
Cancellati i feudi dal governo filonapoleonico – che soppresse anche il convento della villa di San Secondo, portando nel 1820 alla distruzione dell’antica pieve – l’estinzione nel 1802 dei Rossi di San Secondo poi di un ramo secondario della famiglia nel 1813 lasciò la rocca in eredità al conte padovano Fernando Vaini, che poté però entrarne in possesso solo nel 1832 dopo una lunga battaglia giudiziaria contro la camera ducale.
Nella seconda metà dell’Ottocento i Minghelli Vaini condussero pesanti interventi che cancellarono l’oratorio di Santa Caterina con le tombe dei Rossi, il teatro di corte, il loggiato verso il borgo e diversi ambienti di servizio, ma risparmiarono quasi tutti gli ambienti di maggior rilievo artistico.
Fra la fine dell’Otto e l’inizio del Novecento gli interventi di miglioramento igienico ed espansione del borgo comportarono poi l'interramento dei canali che correvano lungo l’antico percorso delle mura, sostituiti dalla circonvallazione, e la loro deviazione fuori dal centro urbano.

Il recupero e la valorizzazione
Nel 1919 il Comune acquistò dai proprietari la rocca per farne la residenza municipale.
Nel 2002, dopo importanti lavori di riqualificazione della piazza antistante, gli ambienti liberati dagli uffici sono stati aperti alle visite; tra il 2003 e il 2005 sono state restaurate le ex scuderie ottocentesche e la sala delle cannoniere.
Nuovi restauri resi necessari dal terremoto del 2012 si sono conclusi nel 2015 con la riapertura di quasi tutti gli ambienti, compresa la sala delle Gesta rossiane.
Nella piazza antistante la rocca si svolge ogni anno il palio delle contrade, rievocazione del matrimonio Rossi-Gonzaga del 1523.

VISITA
Collegata al borgo da uno spazio a verde sull’antico fossato, la rocca conserva molti elementi non intaccati dalle demolizioni ottocentesche: l’ingresso, il mastio e l'ala cinquecentesca un tempo riservata a residenza e spazio di rappresentanza.
In fondo al cortile d'onore, l’imponente scalone conduce al piano nobile con ambienti splendidamente decorati: la sala di Bellerofonte, originariamente adibita a ricevimento, con affreschi di Cesare Baglione e scuola, la Galleria di Esopo con la rappresentazione di favole classiche, paesaggi fantastici e un bestiario e la sala di Momo.
A seguire, la sala dei Cesari, lo studio del signore decorato con un'allegoria del potere imperiale forse di allievi di Giulio Romano, e quella dell'Asino d'Oro, camera nuziale di Pier Maria III e Camilla Gonzaga, con riquadri tratti dalle ‘Metamorfosi’ di Apuleio.
Altri ambienti affrescati introducono alla maestosa Sala delle Gesta Rossiane, realizzata da Troilo II con tredici grandi quadri che illustrano importanti episodi della casata; quattro cariatidi rappresentanti le stagioni sorreggono la volta; su un imponente camino in marmo rosso e bianco è lo stemma di famiglia. Sono visitabili anche le scuderie ottocentesche.


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