Pellegrino Parmense

Castello Pallavicino
Pellegrino Parmense

Castello di Pellegrino Parmense, su gentile concessione di comuni-italiani.it
strada Careno
loc. Careno
Pellegrino Parmense (PR)
tel 0524 594665 (comune)
Nell’appennino parmense occidentale confinante con il territorio piacentino, a sud di Fidenza, il colle di Pellegrino domina l’alta valle del torrente Stirone, tra il Taro e l’Adda.

Un castello pallavicino
Sorto su un’altura già occupata in età longobarda, il castrum venne fortificato dall’obertengo Adalberto di Baden, signore di vasti possessi dalla Liguria al Po, che nel 981 lo ebbe in feudo con il marchesato dall’imperatore Ottone.
Pellegrino divenne così uno dei maggiori caposaldi della potente rete di presidi controllata da Adalberto e poi dai suoi discendenti Pallavicino, dislocata tra il Taro e l’Arda a controllo delle vie di comunicazione tra Emilia, Toscana e Liguria. Lo stesso nome della località appare collegato ai percorsi francigeni e alle pratiche devozionali rivolte alla Beata Vergine Assunta, patrona di un famoso santuario eretto a poca distanza dal castello nella prima metà del secolo XI.

Pellegrino tra Parma e Piacenza
Le dispute tra Parma e Piacenza per il controllo di questa area di confine videro i Pallavicino giocare un ruolo di primo piano tra le fila ghibelline, coinvolgendo a più riprese Pellegrino.
Già nel 1145 Oberto I aveva sostenuto la causa piacentina cedendo al comune i suoi beni nel territorio ecclesiastico di Parma posti sulla riva sinistra del Taro, compreso Pellegrino, che gli vennero ridati in feudo. Alla fine del secolo il ricco bottino di un’imboscata tesa nella valle all’inviato del papa, il cardinale Pietro Capuano, diretto a Borgo San Donnino per pacificare le fazioni in guerra, consentì a Guglielmo Pallavicino di ricostruire e fortificare il castello, facendone un presidio inespugnabile.
Infeudato nel 1249 con altre fortezze dell’area dall’imperatore Federico II al suo fedele alleato Oberto II Pallavicino, nel primo decennio del Trecento il castello resistette prima agli attacchi del signore di Parma Giberto da Correggio, poi – unico nell’area tra quelli pallavicini - all’assedio del signore piacentino Alberto Scotti, e nel 1323 ospitò i fuoriusciti ghibellini cacciati da Parma dopo l’elezione a vescovo di un membro del casato guelfo dei Rossi.

Dai Visconti agli Sforza
Verso la fine del Trecento i diritti dei Pallavicino su Pellegrino e i castelli limitrofi vennero riconosciuti dai Visconti, che da Milano avevano esteso la loro egemonia sulla pianura padana occidentale.
L’esigenza, strategica per Milano, di un controllo diretto sulle valli del Taro che davano accesso al territorio di Firenze indusse però Filippo Maria Visconti a impadronirsi nel 1428 dei presidi pallavicini nell’area. Persa la sua fama di imprendibilità, Pellegrino venne confiscato con l’accusa di tradimento a Manfredo Pallavicino, che venne qui torturato e ucciso. Infeudato dieci anni dopo come contea al condottiero Niccolò Piccinino e ai suoi figli, il castello venne fortificato con una nuova cinta muraria, ampliata fino a racchiudere una parte del borgo.
L’avvento degli Sforza mutò le sorti di Pellegrino, che nel 1472 venne dato con il marchesato a Corrado Fogliani, fratellastro di Francesco Sforza, che ottenne il diritto ad aggiungere al proprio il cognome dei duchi; il favore ducale si riflesse anche sul borgo, che conobbe allora un periodo di splendore economico grazie all’esenzione concessa al suo mercato dai dazi imposti da Parma e Piacenza.
Nel 1759 l’ultimo rappresentante del casato, il vicerè di Sicilia Giovanni Fogliani Sforza d'Aragona, adottò il nipote Federico Meli Lupi; i signori di Soragna mantennero i diritti su Pellegrino fino al 1805, data dei decreti napoleonici di abolizione dei feudi.

L’Otto e Il Novecento
Nel corso dell’Ottocento il castello passò successivamente a diversi privati; a partire dal 1827 il clamore suscitato dalle voci popolari sull’apparizione di un fantasma costrinse le autorità ad adottare severe misure repressive inviando a Pellegrino un distaccamento di Dragoni per evitare gli assembramenti.
Agli inizi del Novecento l’edificio venne spogliato di tutti gli arredi e rivenduto, per essere poi utilizzato come bottega di un falegname e di un fabbro. Negli ultimi anni della seconda guerra mondiale fu requisito dall’esercito tedesco che ne fece una torre d’osservazione e una base logistica per le truppe.
Vari passaggi di proprietà e l’avvio dei primi restauri segnarono la seconda metà del secolo. Nel 1990 il castello venne acquistato dagli attuali proprietari che hanno completato gli interventi di recupero dell’edificio per adibirlo a residenza, arredandolo con mobili di provenienza antiquaria e aprendolo al pubblico su prenotazione o in occasione di manifestazioni promosse dal comune.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Stirone (Taro),
via Romea Francigena | Cisa
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Pallavicino,
Fogliani Sforza d'Aragona,
Lupi poi Meli Lupi
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Fascismo Guerra Resistenza
Bibliografia
strada Careno
loc. Careno
Pellegrino Parmense (PR)
tel 0524 594665 (comune)
Nell’appennino parmense occidentale confinante con il territorio piacentino, a sud di Fidenza, il colle di Pellegrino domina l’alta valle del torrente Stirone, tra il Taro e l’Adda.

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Un castello pallavicino
Sorto su un’altura già occupata in età longobarda, il castrum venne fortificato dall’obertengo Adalberto di Baden, signore di vasti possessi dalla Liguria al Po, che nel 981 lo ebbe in feudo con il marchesato dall’imperatore Ottone.
Pellegrino divenne così uno dei maggiori caposaldi della potente rete di presidi controllata da Adalberto e poi dai suoi discendenti Pallavicino, dislocata tra il Taro e l’Arda a controllo delle vie di comunicazione tra Emilia, Toscana e Liguria. Lo stesso nome della località appare collegato ai percorsi francigeni e alle pratiche devozionali rivolte alla Beata Vergine Assunta, patrona di un famoso santuario eretto a poca distanza dal castello nella prima metà del secolo XI.

Pellegrino tra Parma e Piacenza
Le dispute tra Parma e Piacenza per il controllo di questa area di confine videro i Pallavicino giocare un ruolo di primo piano tra le fila ghibelline, coinvolgendo a più riprese Pellegrino.
Già nel 1145 Oberto I aveva sostenuto la causa piacentina cedendo al comune i suoi beni nel territorio ecclesiastico di Parma posti sulla riva sinistra del Taro, compreso Pellegrino, che gli vennero ridati in feudo. Alla fine del secolo il ricco bottino di un’imboscata tesa nella valle all’inviato del papa, il cardinale Pietro Capuano, diretto a Borgo San Donnino per pacificare le fazioni in guerra, consentì a Guglielmo Pallavicino di ricostruire e fortificare il castello, facendone un presidio inespugnabile.
Infeudato nel 1249 con altre fortezze dell’area dall’imperatore Federico II al suo fedele alleato Oberto II Pallavicino, nel primo decennio del Trecento il castello resistette prima agli attacchi del signore di Parma Giberto da Correggio, poi – unico nell’area tra quelli pallavicini - all’assedio del signore piacentino Alberto Scotti, e nel 1323 ospitò i fuoriusciti ghibellini cacciati da Parma dopo l’elezione a vescovo di un membro del casato guelfo dei Rossi.

Dai Visconti agli Sforza
Verso la fine del Trecento i diritti dei Pallavicino su Pellegrino e i castelli limitrofi vennero riconosciuti dai Visconti, che da Milano avevano esteso la loro egemonia sulla pianura padana occidentale.
L’esigenza, strategica per Milano, di un controllo diretto sulle valli del Taro che davano accesso al territorio di Firenze indusse però Filippo Maria Visconti a impadronirsi nel 1428 dei presidi pallavicini nell’area. Persa la sua fama di imprendibilità, Pellegrino venne confiscato con l’accusa di tradimento a Manfredo Pallavicino, che venne qui torturato e ucciso. Infeudato dieci anni dopo come contea al condottiero Niccolò Piccinino e ai suoi figli, il castello venne fortificato con una nuova cinta muraria, ampliata fino a racchiudere una parte del borgo.
L’avvento degli Sforza mutò le sorti di Pellegrino, che nel 1472 venne dato con il marchesato a Corrado Fogliani, fratellastro di Francesco Sforza, che ottenne il diritto ad aggiungere al proprio il cognome dei duchi; il favore ducale si riflesse anche sul borgo, che conobbe allora un periodo di splendore economico grazie all’esenzione concessa al suo mercato dai dazi imposti da Parma e Piacenza.
Nel 1759 l’ultimo rappresentante del casato, il vicerè di Sicilia Giovanni Fogliani Sforza d'Aragona, adottò il nipote Federico Meli Lupi; i signori di Soragna mantennero i diritti su Pellegrino fino al 1805, data dei decreti napoleonici di abolizione dei feudi.

L’Otto e Il Novecento
Nel corso dell’Ottocento il castello passò successivamente a diversi privati; a partire dal 1827 il clamore suscitato dalle voci popolari sull’apparizione di un fantasma costrinse le autorità ad adottare severe misure repressive inviando a Pellegrino un distaccamento di Dragoni per evitare gli assembramenti.
Agli inizi del Novecento l’edificio venne spogliato di tutti gli arredi e rivenduto, per essere poi utilizzato come bottega di un falegname e di un fabbro. Negli ultimi anni della seconda guerra mondiale fu requisito dall’esercito tedesco che ne fece una torre d’osservazione e una base logistica per le truppe.
Vari passaggi di proprietà e l’avvio dei primi restauri segnarono la seconda metà del secolo. Nel 1990 il castello venne acquistato dagli attuali proprietari che hanno completato gli interventi di recupero dell’edificio per adibirlo a residenza, arredandolo con mobili di provenienza antiquaria e aprendolo al pubblico su prenotazione o in occasione di manifestazioni promosse dal comune.


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