Langhirano

Castello di Torrechiara
Langhirano

Castello di Torrechiara, su gentile concessione dell'Associazione Castelli del Ducato di Parma e Piacenza
strada del Castello, 1
loc. Torrechiara
Langhirano (PR)
tel 0521 355009 (IAT Torrechiara)
Sulle prime colline dell’appennino parmense, il colle di Torrechiara domina la sponda sinistra del torrente Parma e la pianura padana.

Un rifugio per i ribelli parmensi
Situata lungo una delle principali vie di comunicazione tra pianura padana e Liguria e a ridosso dell’antica pedemontana Claudia che congiungeva il modenese al parmense, la località è attestata nei primi decenni del secolo XI. Il suo castello viene citato solo da metà Duecento, quando il comune cittadino ne ordinò due volte la distruzione per punire i suoi signori ribelli, gli Scorza del casato genovese dei Fieschi.
A inizio Trecento Torrechiara venne di nuovo coinvolto nelle lotte fazionarie cittadine: avendo dato rifugio dei membri delle famiglie Lupi e Rossi cacciati da Parma, nel 1308 il castello venne assediato e occupato da Giberto da Correggio, signore della città, per essere riconquistato e distrutto cinque anni dopo dai Rossi alleati agli Scorza.

Torrechiara nello 'stato' dei Rossi
A metà Quattrocento Torrechiara era parte degli amplissimi territori del celebre condottiero Pier Maria II de' Rossi conte di Berceto, estesi nel parmense e in parte dell’Oltrepo cremonese tra le valli del Parma e del Taro, dal Po agli appennini, e difesi da un poderoso reticolo di castelli, di grande importanza strategica per il controllo della città e degli accessi alla Liguria e alla Toscana tramite il passo della Cisa.
Cresciuti nel secolo precedente a spese di altri poteri signorili e soprattutto della diocesi parmense, grazie alla parentela con il vescovo Ugolino, i beni del casato erano stati ampliati da Pier Maria fra gli anni Trenta e Quaranta attraverso ripetute ‘guerricciole’ contro i Sanvitale, i Pallavicino e i da Correggio, capi delle fazioni cittadine rivali.
Basato anche su un’ampia rete di clientele cittadine e rurali, il suo potere venne consolidato dall’alleanza con i duchi di Milano, i Visconti prima e gli Sforza poi, interessati a rafforzare il loro controllo sul parmense nel contesto della guerra con Venezia; controllo poi confermato dalla pace di Lodi del 1454, che con l’assorbimento dell’area nel Ducato di Milano avrebbe però compresso ogni velleità di autonomia politica dello ’stato’ rossiano.

Il castello di Pier Maria
Tra il 1448 e il 1460 Pier Maria costruì sulle rovine di Torrechiara un imponente castello, per farne una potente struttura difensiva e insieme una sontuosa dimora per sé e l’amata Bianca Pellegrini.
Progettati dallo stesso conte, gli interventi mirarono a esaltare il potere del casato, valorizzando l’eccezionale visibilità del castello lungo tutta la vallata e le sue potenzialità di controllo dello sbocco in pianura del Parma. Dotato di un mastio e di quattro massicci torrioni angolari e circondato da tre cerchia di mura che circondavano la collina, il borgo e la fortificazione e da un doppio fossato asciutto con ponti levatoi, il complesso venne realizzato su due scarpate artificiali, realizzate sopraelevando i fianchi est e sud della collina.
Integrate nel progetto fin dalla sua concezione, le funzioni residenziali e signorili del complesso - divenuto sede della corte rossiana, anche se il centro amministrativo della signoria rimase incardinato a Felino - furono esaltate dalle splendide decorazioni interne culminanti nella celebrazione dell’amore cortese della celebre Camera d’Oro terminata nel 1475. I lavori comportarono anche la riedificazione dell’antica chiesa di San Lorenzo adiacente al castello, e la costruzione, tra il 1471 e il 1479, della badia di Santa Maria della Neve sulla sponda del Parma.
Nel 1482 Pier Maria morì a Torrechiara mentre era in corso la guerra ‘dei Rossi’ che lo aveva ora opposto, in raccordo con Venezia, al nuovo duca di Milano Ludovico il Moro e ai suoi alleati parmensi Pallavicino, Sanvitale e da Correggio. Torrechiara era stata destinata inizialmente da Pier Maria al figlio di Bianca, Ottaviano, che morì però prima di lui; il castello passò quindi a uno dei suoi eredi legittimi, Guido, che sconfitto dalle truppe di Gian Giacomo Trivulzio dovette cedere pochi mesi dopo al duca di Milano il feudo di Torrechiara insieme a quelli di Felino e San Secondo.

Dai Pallavicino agli Sforza di Santa Fiora ai Torlonia
Le guerre d’Italia segnarono i destini di quanto rimaneva della costruzione territoriale di Pier Maria: nel 1499 il re di Francia Luigi XII, conseguita la vittoria sul ducato milanese, assegnò i tre feudi al fedele Troilo de' Rossi – figlio di un figlio diseredato da Pier Maria – scavalcando le pretese sull’intero ‘stato’ dei Rossi avanzate da Filippo, erede di Guido legato alla nemica Venezia. La resistenza dei borghigiani di Torrechiara e Felino consentì però a Troilo di occupare solo San Secondo - integrato in seguito dall'acquisto di molti altri beni rossiani - tanto che il re si risolse a riassegnare gli altri due feudi a Pietro di Rohan, che nel 1502 li vendette ai Pallavicino di Busseto, discendenti degli acerrimi nemici di Pier Maria.
Nel 1545 i due feudi passarono, grazie al matrimonio con una Pallavicino, al conte Sforza di Santa Fiora, nipote di papa Paolo III e cugino del duca di Parma Ottavio Farnese. Sei anni dopo questi gli restituì Torrechiara, strappandola alle truppe imperiali che avevano occupato il castello nel corso della guerra di Parma, e nel 1567 eresse a marchesato i feudi di Torrechiara, Felino e Castell’Arquato.
Nel contesto di relativa stabilità politica innescato dalla pace di Cateau Cambresis, il nuovo signore avviò una serie di interventi volti a valorizzare la funzione residenziale del castello. I lavori comportarono la creazione di due grandi logge panoramiche aperte verso la valle - realizzate sopraelevando i bastioni orientali della cerchia muraria interna - l’abbassamento delle mura di cinta del borgo e la parziale demolizione della terza cerchia muraria attorno alla collina, i cui spalti vennero trasformati in frutteti e giardini pensili. Le decorazioni degli ambienti interni, promosse dallo stesso Sforza e poi dal figlio, vennero affidate ad importanti artisti come Cesare Baglione, pittore della corte farnesiana specializzato in paesaggi, attivo anche a Spezzano e Sala Baganza.
Nel 1707 il titolo comitale di Santa Fiora fu ereditato con i feudi di famiglia da Federico III Sforza duca di Onano, divenuto Sforza Cesarini con l’assunzione del cognome della moglie. Dopo l’abolizione dei feudi sancita dal governo filofrancese, la proprietà del castello passò nel 1821 a Marino Torlonia, ricchissimo erede della famiglia di banchieri e imprenditori romani nobilitatasi a inizio secolo con l’acquisto di diversi titoli, sposato a una Sforza Cesarini.

Dal Novecento agli anni Duemila: un monumento nazionale
Nel 1909 il castello venne venduto alla famiglia Cacciaguerra; risale a questa epoca la spogliazione delle decorazioni in foglia d'oro zecchino della Camera d’Oro e di tutti gli arredi, compresi quelli dello studiolo, questi ultimi poi confluiti attraverso il mercato antiquario ai Musei del Castello Sforzesco di Milano – come accadde nella stessa epoca ai dipinti del ciclo di Griselda di Roccabianca.
Dichiarato due anni dopo monumento nazionale, il complesso ormai vuoto venne acquistato nel 1912 dal Demanio, che lo aprì al pubblico. Nel 1937 Luis Trenker vi realizzò il film 'I condottieri. Giovanni dalle Bande Nere', prima opera cinematografica ad utilizzare il grande impatto scenografico del castello come i più recenti 'Addio fratello crudele', 'Donne e soldati' e 'Ladyhawke'.
Dopo gli importanti interventi conclusi nel 2006 che avevano consentito anche il recupero delle strutture sotterranee della piattaforma in parte artificiale su cui era stato edificato il castello, la struttura venne gravemente danneggiata dal terremoto del 2008. I lavori di consolidamento, conclusi nel 2014, hanno compreso la ristrutturazione dell’oratorio di San Nicomede, la cui copertura era crollata all’inizio dell’Ottocento, e il recupero della sala della Sera, che al piano nobile conclude l'infilata delle sale dell'Aurora, del Meriggio e del Vespro.
Dal 2015 il Polo Museale dell'Emilia Romagna del MiBACT è responsabile della gestione del castello, che ospita spettacoli estivi, tra i quali il Festival di Torrechiara ‘Renata Tebaldi’.

VISITA
Posto in cima a una collina terrazzata, il castello con il piccolo borgo, tra i maggiori esempi in Italia di architettura fortificata, domina la vallata da quasi trecento metri di altezza.
Della triplice cerchia di mura rimangono quella intermedia che attornia il borgo a nord, ribassata nel Cinquecento, e quella interna sopraelevata; colmato il fossato attorno al borgo, si conserva quello che attornia le mura della fortificazione.
L’edificio riflette i modelli dei castelli sforzeschi-viscontei; a pianta rettangolare, è protetto alle estremità da quattro imponenti torrioni quadrangolari, uniti da una doppia cortina muraria.
Il torrione di accesso è collocato a ridosso della seconda cerchia muraria. Un lungo androne coperto conduce al cortile d'onore, con un lato porticato, attorno al quale si articola l’intera struttura. Dal cortile si accede all’oratorio di San Nicomede, alla base della torre di nord-est, il cui massiccio portone è trafitto da borchie con incisi i monogrammi intrecciati di Bianca e Pier Maria, che secondo la tradizione sarebbero qui sepolti. A nord, in direzione dell’originario accesso del castello, è l’antico mastio, la torre del Leone, così detto dallo stemma dei Rossi raffigurante un leone rampante, sopraelevato rispetto agli altri torrioni dal dongione merlato.
Gli interni sono splendidamente affrescati con raffigurazioni allegoriche, fantastiche e paesaggistiche, risalenti per lo più agli interventi di fine Cinquecento. Tra i numerosi ambienti decorati da Cesare Baglione e dalla sua scuola sono le stanze, recentemente restaurate, dell'Aurora, del Meriggio, del Vespro e della Sera, affrescate con splendidi panorami. Altre sale portano le insegne degli Sforza di Santa Fiora e dei loro cugini Farnese.
Risale invece alla costruzione del castello la Camera d'Oro – così detta dalle foglie d’oro che un tempo rivestivano le formelle alle pareti - affacciata su un ampio loggiato al piano superiore. Il celeberrimo ciclo di affreschi in stile tardogotico che la decora, attribuito a Benedetto Bembo o al fratello Gerolamo, esalta, esempio unico in Italia, il legame d’amor cortese, e insieme il potere del casato: nelle lunette sono raffigurati i due amanti colpiti dagli strali di Amore Bendato e i rituali del corteggiamento cavalleresco, mentre le vele illustrano con gran cura dei dettagli i castelli di Pier Maria, tappe del pellegrinaggio di Bianca in cerca del suo amato. Spiccano nella decorazione due cuori con i motti ‘Digne et in aeternum’ e ‘Nunc et semper’ , le formelle in terracotta con gli stemmi dei due amanti e gli stucchi in bassorilievo.
Una sala conserva la ricostruzione della Camera d'Oro realizzata con il concorso di importanti artisti dall’architetto parmense Lamberto Cusani, allievo del Collamarini, per la mostra regionale ed etnografica organizzata nell’ambito dell'esposizione universale di Roma del 1911, in occasione del cinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia; nel 2004 un nuovo allestimento ha ricostruito filologicamente la disposizione dell’ambiente con gli arredi superstiti.
Dalle due grandi logge coperte innestate alla fine del Cinquecento sulle torri del lato orientale si apre uno splendido panorama verso la valle.
La visita è completata da un’esposizione di armature cinquecentesche appartenute ai Farnese, di recente acquisizione, e da una grande piramide olografica al cui interno si visualizza il modello animato dell’edificio. Sono oggi visitabili anche i sotterranei dei bastioni del primo giro di mura, che attestano la natura artificiale dei lati sud ed est della piattaforma sulla quale è stato costruito il castello.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Parma,
via Romea Francigena | Cisa,
via Pedemontana occidentale (Claudia o Pedrosa)
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Scorza Fieschi,
Rossi,
Pallavicino,
Sforza di Santa Fiora,
Torlonia
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Tardogotico,
Rinascimento e Manierismo,
Storicismo Eclettismo Liberty
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Le rocche al cinema
Bibliografia
strada del Castello, 1
loc. Torrechiara
Langhirano (PR)
tel 0521 355009 (IAT Torrechiara)
Sulle prime colline dell’appennino parmense, il colle di Torrechiara domina la sponda sinistra del torrente Parma e la pianura padana.

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Un rifugio per i ribelli parmensi
Situata lungo una delle principali vie di comunicazione tra pianura padana e Liguria e a ridosso dell’antica pedemontana Claudia che congiungeva il modenese al parmense, la località è attestata nei primi decenni del secolo XI. Il suo castello viene citato solo da metà Duecento, quando il comune cittadino ne ordinò due volte la distruzione per punire i suoi signori ribelli, gli Scorza del casato genovese dei Fieschi.
A inizio Trecento Torrechiara venne di nuovo coinvolto nelle lotte fazionarie cittadine: avendo dato rifugio dei membri delle famiglie Lupi e Rossi cacciati da Parma, nel 1308 il castello venne assediato e occupato da Giberto da Correggio, signore della città, per essere riconquistato e distrutto cinque anni dopo dai Rossi alleati agli Scorza.

Torrechiara nello 'stato' dei Rossi
A metà Quattrocento Torrechiara era parte degli amplissimi territori del celebre condottiero Pier Maria II de' Rossi conte di Berceto, estesi nel parmense e in parte dell’Oltrepo cremonese tra le valli del Parma e del Taro, dal Po agli appennini, e difesi da un poderoso reticolo di castelli, di grande importanza strategica per il controllo della città e degli accessi alla Liguria e alla Toscana tramite il passo della Cisa.
Cresciuti nel secolo precedente a spese di altri poteri signorili e soprattutto della diocesi parmense, grazie alla parentela con il vescovo Ugolino, i beni del casato erano stati ampliati da Pier Maria fra gli anni Trenta e Quaranta attraverso ripetute ‘guerricciole’ contro i Sanvitale, i Pallavicino e i da Correggio, capi delle fazioni cittadine rivali.
Basato anche su un’ampia rete di clientele cittadine e rurali, il suo potere venne consolidato dall’alleanza con i duchi di Milano, i Visconti prima e gli Sforza poi, interessati a rafforzare il loro controllo sul parmense nel contesto della guerra con Venezia; controllo poi confermato dalla pace di Lodi del 1454, che con l’assorbimento dell’area nel Ducato di Milano avrebbe però compresso ogni velleità di autonomia politica dello ’stato’ rossiano.

Il castello di Pier Maria
Tra il 1448 e il 1460 Pier Maria costruì sulle rovine di Torrechiara un imponente castello, per farne una potente struttura difensiva e insieme una sontuosa dimora per sé e l’amata Bianca Pellegrini.
Progettati dallo stesso conte, gli interventi mirarono a esaltare il potere del casato, valorizzando l’eccezionale visibilità del castello lungo tutta la vallata e le sue potenzialità di controllo dello sbocco in pianura del Parma. Dotato di un mastio e di quattro massicci torrioni angolari e circondato da tre cerchia di mura che circondavano la collina, il borgo e la fortificazione e da un doppio fossato asciutto con ponti levatoi, il complesso venne realizzato su due scarpate artificiali, realizzate sopraelevando i fianchi est e sud della collina.
Integrate nel progetto fin dalla sua concezione, le funzioni residenziali e signorili del complesso - divenuto sede della corte rossiana, anche se il centro amministrativo della signoria rimase incardinato a Felino - furono esaltate dalle splendide decorazioni interne culminanti nella celebrazione dell’amore cortese della celebre Camera d’Oro terminata nel 1475. I lavori comportarono anche la riedificazione dell’antica chiesa di San Lorenzo adiacente al castello, e la costruzione, tra il 1471 e il 1479, della badia di Santa Maria della Neve sulla sponda del Parma.
Nel 1482 Pier Maria morì a Torrechiara mentre era in corso la guerra ‘dei Rossi’ che lo aveva ora opposto, in raccordo con Venezia, al nuovo duca di Milano Ludovico il Moro e ai suoi alleati parmensi Pallavicino, Sanvitale e da Correggio. Torrechiara era stata destinata inizialmente da Pier Maria al figlio di Bianca, Ottaviano, che morì però prima di lui; il castello passò quindi a uno dei suoi eredi legittimi, Guido, che sconfitto dalle truppe di Gian Giacomo Trivulzio dovette cedere pochi mesi dopo al duca di Milano il feudo di Torrechiara insieme a quelli di Felino e San Secondo.

Dai Pallavicino agli Sforza di Santa Fiora ai Torlonia
Le guerre d’Italia segnarono i destini di quanto rimaneva della costruzione territoriale di Pier Maria: nel 1499 il re di Francia Luigi XII, conseguita la vittoria sul ducato milanese, assegnò i tre feudi al fedele Troilo de' Rossi – figlio di un figlio diseredato da Pier Maria – scavalcando le pretese sull’intero ‘stato’ dei Rossi avanzate da Filippo, erede di Guido legato alla nemica Venezia. La resistenza dei borghigiani di Torrechiara e Felino consentì però a Troilo di occupare solo San Secondo - integrato in seguito dall'acquisto di molti altri beni rossiani - tanto che il re si risolse a riassegnare gli altri due feudi a Pietro di Rohan, che nel 1502 li vendette ai Pallavicino di Busseto, discendenti degli acerrimi nemici di Pier Maria.
Nel 1545 i due feudi passarono, grazie al matrimonio con una Pallavicino, al conte Sforza di Santa Fiora, nipote di papa Paolo III e cugino del duca di Parma Ottavio Farnese. Sei anni dopo questi gli restituì Torrechiara, strappandola alle truppe imperiali che avevano occupato il castello nel corso della guerra di Parma, e nel 1567 eresse a marchesato i feudi di Torrechiara, Felino e Castell’Arquato.
Nel contesto di relativa stabilità politica innescato dalla pace di Cateau Cambresis, il nuovo signore avviò una serie di interventi volti a valorizzare la funzione residenziale del castello. I lavori comportarono la creazione di due grandi logge panoramiche aperte verso la valle - realizzate sopraelevando i bastioni orientali della cerchia muraria interna - l’abbassamento delle mura di cinta del borgo e la parziale demolizione della terza cerchia muraria attorno alla collina, i cui spalti vennero trasformati in frutteti e giardini pensili. Le decorazioni degli ambienti interni, promosse dallo stesso Sforza e poi dal figlio, vennero affidate ad importanti artisti come Cesare Baglione, pittore della corte farnesiana specializzato in paesaggi, attivo anche a Spezzano e Sala Baganza.
Nel 1707 il titolo comitale di Santa Fiora fu ereditato con i feudi di famiglia da Federico III Sforza duca di Onano, divenuto Sforza Cesarini con l’assunzione del cognome della moglie. Dopo l’abolizione dei feudi sancita dal governo filofrancese, la proprietà del castello passò nel 1821 a Marino Torlonia, ricchissimo erede della famiglia di banchieri e imprenditori romani nobilitatasi a inizio secolo con l’acquisto di diversi titoli, sposato a una Sforza Cesarini.

Dal Novecento agli anni Duemila: un monumento nazionale
Nel 1909 il castello venne venduto alla famiglia Cacciaguerra; risale a questa epoca la spogliazione delle decorazioni in foglia d'oro zecchino della Camera d’Oro e di tutti gli arredi, compresi quelli dello studiolo, questi ultimi poi confluiti attraverso il mercato antiquario ai Musei del Castello Sforzesco di Milano – come accadde nella stessa epoca ai dipinti del ciclo di Griselda di Roccabianca.
Dichiarato due anni dopo monumento nazionale, il complesso ormai vuoto venne acquistato nel 1912 dal Demanio, che lo aprì al pubblico. Nel 1937 Luis Trenker vi realizzò il film 'I condottieri. Giovanni dalle Bande Nere', prima opera cinematografica ad utilizzare il grande impatto scenografico del castello come i più recenti 'Addio fratello crudele', 'Donne e soldati' e 'Ladyhawke'.
Dopo gli importanti interventi conclusi nel 2006 che avevano consentito anche il recupero delle strutture sotterranee della piattaforma in parte artificiale su cui era stato edificato il castello, la struttura venne gravemente danneggiata dal terremoto del 2008. I lavori di consolidamento, conclusi nel 2014, hanno compreso la ristrutturazione dell’oratorio di San Nicomede, la cui copertura era crollata all’inizio dell’Ottocento, e il recupero della sala della Sera, che al piano nobile conclude l'infilata delle sale dell'Aurora, del Meriggio e del Vespro.
Dal 2015 il Polo Museale dell'Emilia Romagna del MiBACT è responsabile della gestione del castello, che ospita spettacoli estivi, tra i quali il Festival di Torrechiara ‘Renata Tebaldi’.

VISITA
Posto in cima a una collina terrazzata, il castello con il piccolo borgo, tra i maggiori esempi in Italia di architettura fortificata, domina la vallata da quasi trecento metri di altezza.
Della triplice cerchia di mura rimangono quella intermedia che attornia il borgo a nord, ribassata nel Cinquecento, e quella interna sopraelevata; colmato il fossato attorno al borgo, si conserva quello che attornia le mura della fortificazione.
L’edificio riflette i modelli dei castelli sforzeschi-viscontei; a pianta rettangolare, è protetto alle estremità da quattro imponenti torrioni quadrangolari, uniti da una doppia cortina muraria.
Il torrione di accesso è collocato a ridosso della seconda cerchia muraria. Un lungo androne coperto conduce al cortile d'onore, con un lato porticato, attorno al quale si articola l’intera struttura. Dal cortile si accede all’oratorio di San Nicomede, alla base della torre di nord-est, il cui massiccio portone è trafitto da borchie con incisi i monogrammi intrecciati di Bianca e Pier Maria, che secondo la tradizione sarebbero qui sepolti. A nord, in direzione dell’originario accesso del castello, è l’antico mastio, la torre del Leone, così detto dallo stemma dei Rossi raffigurante un leone rampante, sopraelevato rispetto agli altri torrioni dal dongione merlato.
Gli interni sono splendidamente affrescati con raffigurazioni allegoriche, fantastiche e paesaggistiche, risalenti per lo più agli interventi di fine Cinquecento. Tra i numerosi ambienti decorati da Cesare Baglione e dalla sua scuola sono le stanze, recentemente restaurate, dell'Aurora, del Meriggio, del Vespro e della Sera, affrescate con splendidi panorami. Altre sale portano le insegne degli Sforza di Santa Fiora e dei loro cugini Farnese.
Risale invece alla costruzione del castello la Camera d'Oro – così detta dalle foglie d’oro che un tempo rivestivano le formelle alle pareti - affacciata su un ampio loggiato al piano superiore. Il celeberrimo ciclo di affreschi in stile tardogotico che la decora, attribuito a Benedetto Bembo o al fratello Gerolamo, esalta, esempio unico in Italia, il legame d’amor cortese, e insieme il potere del casato: nelle lunette sono raffigurati i due amanti colpiti dagli strali di Amore Bendato e i rituali del corteggiamento cavalleresco, mentre le vele illustrano con gran cura dei dettagli i castelli di Pier Maria, tappe del pellegrinaggio di Bianca in cerca del suo amato. Spiccano nella decorazione due cuori con i motti ‘Digne et in aeternum’ e ‘Nunc et semper’ , le formelle in terracotta con gli stemmi dei due amanti e gli stucchi in bassorilievo.
Una sala conserva la ricostruzione della Camera d'Oro realizzata con il concorso di importanti artisti dall’architetto parmense Lamberto Cusani, allievo del Collamarini, per la mostra regionale ed etnografica organizzata nell’ambito dell'esposizione universale di Roma del 1911, in occasione del cinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia; nel 2004 un nuovo allestimento ha ricostruito filologicamente la disposizione dell’ambiente con gli arredi superstiti.
Dalle due grandi logge coperte innestate alla fine del Cinquecento sulle torri del lato orientale si apre uno splendido panorama verso la valle.
La visita è completata da un’esposizione di armature cinquecentesche appartenute ai Farnese, di recente acquisizione, e da una grande piramide olografica al cui interno si visualizza il modello animato dell’edificio. Sono oggi visitabili anche i sotterranei dei bastioni del primo giro di mura, che attestano la natura artificiale dei lati sud ed est della piattaforma sulla quale è stato costruito il castello.


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