Bardi

Castello di Bardi
Bardi

Castello di Bardi, su gentile concessione dell'Associazione Castelli del Ducato di Parma e Piacenza
piazza Castello, 1
Bardi (PR)
tel 0525 733021, 380 1088315 (onlus Diaspro Rosso)
Nell’appennino parmense occidentale, a sud di Fidenza, Bardi domina da seicento metri di altezza, alla confluenza con il torrente Noveglia, la valle del fiume Ceno, incuneata tra il piacentino e i rilievi liguri.

Dagli Abati a Piacenza
La posizione strategica di Bardi ne fece in età longobarda un’importante tappa lungo la via degli Abati, che - riprendendo in parte l’asse viario romano che passava per Luni - collegava il monastero bobbiese di San Colombano a Roma attraverso il Noveglia, Borgotaro e Pontremoli, consentendo il controllo dei vasti possedimenti monastici estesi tra Oltrepo pavese e Toscana e il transito lungo la vicina via Francigena.
Posto su uno sperone di diaspro rosso a controllo della valle, il castello, edificato in data incerta, venne acquistato nell’anno 898 dal vescovo di Piacenza, forse a difesa dalle invasioni ungare, e concesso in feudo alla fine del secolo XII dal comune cittadino ai ribelli conti di Bardi, in cambio del giuramento di fedeltà.

Il castello dei Landi
Nel 1251 il castello venne espugnato e distrutto da Oberto Pallavicino, grande alleato dell’imperatore Federico II nelle sue lotte contro il papato e le città guelfe. Fedelissimo della fazione ghibellina da lui guidata, Ubertino Landi, di insigne famiglia piacentina, sei anni dopo acquistò dal comune Bardi con Compiano, facendo del castello, da lui ricostruito e rafforzato, il centro dei suoi vasti dominii dislocati nelle alte valli del Taro e del Ceno.
Le continue lotte fazionarie a Piacenza che nei decenni successivi videro i Landi in prima fila coinvolsero a più riprese il castello di Bardi, che nel 1269 dovette arrendersi dopo un lungo assedio alle truppe cittadine, e nel 1307 venne occupato per qualche tempo con Borgotaro dal fuoriuscito guelfo Alberto Scotti, tornando però sempre ai suoi signori.
Risalente ai primi del Trecento, l’investitura imperiale ai Landi dei feudi di Borgotaro, Bardi e Compiano venne riconosciuta nel 1381 dai Visconti, che all’inizio del secolo successivo li insignirono della contea di Bardi, separata da Piacenza, al fine di consolidare il proprio controllo delle valli limitrofe al Taro, importanti vie di accesso alla Toscana e a Firenze. Nel corso del Quattrocento il castello venne adeguato alle nuove tecniche militari imposte dall’avvento dell’artiglieria, attraverso una serie di interventi che gli conferirono la conformazione difensiva che ancor oggi lo caratterizza.

Lo ‘stato’ Landi
Nel 1551 Agostino Landi ottenne dall’imperatore - con il marchesato di Bardi, la contea e baronia di Compiano e il principato di Borgotaro, da poco tolta a Fieschi - la dignità, primo in Italia, di principe sovrano del Sacro Romano Impero, con privilegio di battere moneta. L’atto formalizzava la semi-autonomia del cosiddetto ‘stato Landi’ dal neonato ducato di Parma e Piacenza, aspramente combattuto da Agostino, tra i principali promotori dell’assassinio di Pier Luigi Farnese nel 1547.
La lotta contro la politica accentratrice dei Farnese – e la dura repressione della ribelle Borgotaro - proseguì con il figlio di Agostino, Claudio: a lui si deve l’ulteriore rafforzamento delle difese di Bardi e Compiano contro i tentativi di annessione dei duchi di Parma e Piacenza che già avevano confiscato parte dei suoi beni allodiali nel piacentino.
La sostanziale perdita delle funzioni militari delle fortezze emiliane dopo Cateau Cambresis si riflesse però - insieme al nuovo status del casato - negli interventi promossi tra gli ultimi decenni del secolo e i primi di quello successivo, che fecero del castello, già arricchito da Agostino con eleganti decorazioni tardo-rinascimentali, una residenza principesca dotata di pinacoteca, biblioteca, archivio di famiglia e armeria. Anche il borgo vide l’edificazione di importanti edifici, tra cui la vicina chiesa di San Francesco sorta negli anni Settanta quale cappella funeraria della famiglia.
Estinto il ramo maschile del casato, nel 1627 Bardi passò con gli altri possedimenti famigliari a Polissena Landi e da questa, per matrimonio, alla famiglia Doria, finché nel 1682 il figlio Andrea li vendette alla camera ducale farnesiana, che li inglobò direttamente nel territorio del ducato.

L’Otto e il Novecento
Nel corso dell’Ottocento il castello fu adibito a prigione militare e dopo l'Unità d'Italia venne acquisito dal comune che ne fece la propria sede. Durante la seconda guerra mondiale le montagne circostanti Bardi furono teatro di aspri scontri tra le brigate partigiane e le truppe tedesche, che nel luglio del 1944 lanciarono sul borgo un bombardamento di Stukas che provocò ingenti danni.
A partire dagli anni Sessanta l’amministrazione comunale ha avviato il recupero del complesso, aprendolo al pubblico. Destinato a sede di eventi, il castello ospita inoltre il museo della Civiltà valligiana allestito dal Centro Studi della val Ceno, il museo della Fauna e il museo Archeologico della valle del Ceno. Nel 2014 è stato aperto al pubblico, dopo i restauri, il bastione di artiglieria.
Nell’anno 2003 la fortezza fu il set si alcune scene dello sceneggiato televisivo 'Renzo e Lucia' di Francesca Archibugi.


VISITA
Tra i massimi esempi di architettura militare in Italia, l’imponente edificio in pietra, dominante sull’abitato e la valle, è completamente circondato da grandiose mura scarpate di forma irregolare scandite da torri angolari, modellate sulla conformazione dello sperone di diaspro ofiolitico rosso. L’antico mastio a pianta quadrata è coronato da beccatelli squadrati in pietra, che sostenevano i ponti mobili in legno per le sentinelle.
I diversi edifici in cui si articola il complesso – la residenza, la cappella e gli alloggi delle milizie – sono dislocati su vari livelli e collegati tra di loro, alla corte interna e alla piazza d'armi da una serie di scale tortuose e strette che, come espediente difensivo, girano tutte verso destra.
La visita comprende anche i camminamenti lungo le mura, percorribili per la loro intera lunghezza, le torri, il bastione di artiglieria restaurato, la suggestiva piazza d’armi, il pozzo, la ghiacciaia, i granai, le prigioni e le sale di tortura.
La sezione residenziale del complesso, da cui si distacca una torre rotonda, si articola attorno al cortile d’onore porticato. All’interno sono numerosi i saloni affrescati, compreso il salone dei Principi recentemente restaurato; alcuni sono ornati da fregi monocromi con giochi di putti e putti entro girali d'acanto del 1544, attribuiti al bolognese Girolamo Baroni, risalenti all’epoca di Agostino e della moglie Giulia.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Ceno (Taro),
via Romea Francigena | degli Abati
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Landi
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Barocco e Rococò
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Le rocche al cinema
Bibliografia
piazza Castello, 1
Bardi (PR)
tel 0525 733021, 380 1088315 (onlus Diaspro Rosso)
Nell’appennino parmense occidentale, a sud di Fidenza, Bardi domina da seicento metri di altezza, alla confluenza con il torrente Noveglia, la valle del fiume Ceno, incuneata tra il piacentino e i rilievi liguri.

.
Dagli Abati a Piacenza
La posizione strategica di Bardi ne fece in età longobarda un’importante tappa lungo la via degli Abati, che - riprendendo in parte l’asse viario romano che passava per Luni - collegava il monastero bobbiese di San Colombano a Roma attraverso il Noveglia, Borgotaro e Pontremoli, consentendo il controllo dei vasti possedimenti monastici estesi tra Oltrepo pavese e Toscana e il transito lungo la vicina via Francigena.
Posto su uno sperone di diaspro rosso a controllo della valle, il castello, edificato in data incerta, venne acquistato nell’anno 898 dal vescovo di Piacenza, forse a difesa dalle invasioni ungare, e concesso in feudo alla fine del secolo XII dal comune cittadino ai ribelli conti di Bardi, in cambio del giuramento di fedeltà.

Il castello dei Landi
Nel 1251 il castello venne espugnato e distrutto da Oberto Pallavicino, grande alleato dell’imperatore Federico II nelle sue lotte contro il papato e le città guelfe. Fedelissimo della fazione ghibellina da lui guidata, Ubertino Landi, di insigne famiglia piacentina, sei anni dopo acquistò dal comune Bardi con Compiano, facendo del castello, da lui ricostruito e rafforzato, il centro dei suoi vasti dominii dislocati nelle alte valli del Taro e del Ceno.
Le continue lotte fazionarie a Piacenza che nei decenni successivi videro i Landi in prima fila coinvolsero a più riprese il castello di Bardi, che nel 1269 dovette arrendersi dopo un lungo assedio alle truppe cittadine, e nel 1307 venne occupato per qualche tempo con Borgotaro dal fuoriuscito guelfo Alberto Scotti, tornando però sempre ai suoi signori.
Risalente ai primi del Trecento, l’investitura imperiale ai Landi dei feudi di Borgotaro, Bardi e Compiano venne riconosciuta nel 1381 dai Visconti, che all’inizio del secolo successivo li insignirono della contea di Bardi, separata da Piacenza, al fine di consolidare il proprio controllo delle valli limitrofe al Taro, importanti vie di accesso alla Toscana e a Firenze. Nel corso del Quattrocento il castello venne adeguato alle nuove tecniche militari imposte dall’avvento dell’artiglieria, attraverso una serie di interventi che gli conferirono la conformazione difensiva che ancor oggi lo caratterizza.

Lo ‘stato’ Landi
Nel 1551 Agostino Landi ottenne dall’imperatore - con il marchesato di Bardi, la contea e baronia di Compiano e il principato di Borgotaro, da poco tolta a Fieschi - la dignità, primo in Italia, di principe sovrano del Sacro Romano Impero, con privilegio di battere moneta. L’atto formalizzava la semi-autonomia del cosiddetto ‘stato Landi’ dal neonato ducato di Parma e Piacenza, aspramente combattuto da Agostino, tra i principali promotori dell’assassinio di Pier Luigi Farnese nel 1547.
La lotta contro la politica accentratrice dei Farnese – e la dura repressione della ribelle Borgotaro - proseguì con il figlio di Agostino, Claudio: a lui si deve l’ulteriore rafforzamento delle difese di Bardi e Compiano contro i tentativi di annessione dei duchi di Parma e Piacenza che già avevano confiscato parte dei suoi beni allodiali nel piacentino.
La sostanziale perdita delle funzioni militari delle fortezze emiliane dopo Cateau Cambresis si riflesse però - insieme al nuovo status del casato - negli interventi promossi tra gli ultimi decenni del secolo e i primi di quello successivo, che fecero del castello, già arricchito da Agostino con eleganti decorazioni tardo-rinascimentali, una residenza principesca dotata di pinacoteca, biblioteca, archivio di famiglia e armeria. Anche il borgo vide l’edificazione di importanti edifici, tra cui la vicina chiesa di San Francesco sorta negli anni Settanta quale cappella funeraria della famiglia.
Estinto il ramo maschile del casato, nel 1627 Bardi passò con gli altri possedimenti famigliari a Polissena Landi e da questa, per matrimonio, alla famiglia Doria, finché nel 1682 il figlio Andrea li vendette alla camera ducale farnesiana, che li inglobò direttamente nel territorio del ducato.

L’Otto e il Novecento
Nel corso dell’Ottocento il castello fu adibito a prigione militare e dopo l'Unità d'Italia venne acquisito dal comune che ne fece la propria sede. Durante la seconda guerra mondiale le montagne circostanti Bardi furono teatro di aspri scontri tra le brigate partigiane e le truppe tedesche, che nel luglio del 1944 lanciarono sul borgo un bombardamento di Stukas che provocò ingenti danni.
A partire dagli anni Sessanta l’amministrazione comunale ha avviato il recupero del complesso, aprendolo al pubblico. Destinato a sede di eventi, il castello ospita inoltre il museo della Civiltà valligiana allestito dal Centro Studi della val Ceno, il museo della Fauna e il museo Archeologico della valle del Ceno. Nel 2014 è stato aperto al pubblico, dopo i restauri, il bastione di artiglieria.
Nell’anno 2003 la fortezza fu il set si alcune scene dello sceneggiato televisivo 'Renzo e Lucia' di Francesca Archibugi.


VISITA
Tra i massimi esempi di architettura militare in Italia, l’imponente edificio in pietra, dominante sull’abitato e la valle, è completamente circondato da grandiose mura scarpate di forma irregolare scandite da torri angolari, modellate sulla conformazione dello sperone di diaspro ofiolitico rosso. L’antico mastio a pianta quadrata è coronato da beccatelli squadrati in pietra, che sostenevano i ponti mobili in legno per le sentinelle.
I diversi edifici in cui si articola il complesso – la residenza, la cappella e gli alloggi delle milizie – sono dislocati su vari livelli e collegati tra di loro, alla corte interna e alla piazza d'armi da una serie di scale tortuose e strette che, come espediente difensivo, girano tutte verso destra.
La visita comprende anche i camminamenti lungo le mura, percorribili per la loro intera lunghezza, le torri, il bastione di artiglieria restaurato, la suggestiva piazza d’armi, il pozzo, la ghiacciaia, i granai, le prigioni e le sale di tortura.
La sezione residenziale del complesso, da cui si distacca una torre rotonda, si articola attorno al cortile d’onore porticato. All’interno sono numerosi i saloni affrescati, compreso il salone dei Principi recentemente restaurato; alcuni sono ornati da fregi monocromi con giochi di putti e putti entro girali d'acanto del 1544, attribuiti al bolognese Girolamo Baroni, risalenti all’epoca di Agostino e della moglie Giulia.


Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione, propri e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.