Ravenna

Rocca Brancaleone
Ravenna

Rocca Brancaleone, Archivio IBC
via Rocca Brancaleone
Ravenna (RA)
tel 388 8386695
All’estremità orientale della pianura romagnola che si affaccia sull’Adriatico, Ravenna è situata tra il delta del Po a nord, al confine con le terre venete, e Rimini a sud, e collegata alla Toscana dalle vallate appenniniche alle spalle della via Emilia.

Il fulcro del potere altoadriatico, da Roma a Bisanzio alla Chiesa di Ravenna
Al centro di una rete di isolotti lagunari protetti sul mare da un cordone dunoso e verso la terraferma da immense valli – che nel IV secolo a.C. avevano dato rifugio ai popoli di pianura in fuga dalle invasioni celte - il sito venne fortificato in età romana con una cinta muraria circondata da un anello fluviale, confluente poco più a nord nel Primaro, allora il ramo principale del Po.
Posizione e difese naturali fecero per secoli di Ravenna il più importante centro economico dell'alto Adriatico, snodo tra area appenninica, padana e veneto-friulana attraverso plurimi percorsi d’acqua, marini e infralagunari, e di terra come la via Popilia; la realizzazione del porto imperiale di Classe ne fece anche il maggior centro strategico della marina militare a presidio del Mediterraneo orientale.
Il crollo di Roma accrebbe il peso politico-militare di Ravenna, tra V e VI secolo capitale dell'impero romano d'Occidente, del regno ostrogoto e infine dell'esarcato bizantino. La sconfitta di quest’ultimo e il passaggio con la ‘romanìola’ al papa nell’VIII secolo grazie alle donazioni dei re franchi ne ridimensionarono il ruolo politico. Ma il dominio della sua Chiesa su diversi territori ex esarcali, riconosciuto dall'Impero alla fine del primo millennio, consolidò l'egemonia ravennate dalla Romagna all’Istria, suscitando la reazione dei signori locali ed esacerbando lo scontro tra papato e impero.

La crisi: i conflitti con Ferrara e Venezia
Culmine di un secolare dissesto idrogeologico che aveva interrato lagune e porti e impaludato i terreni, nel XII secolo le disastrose rotte del Po a Ficarolo spostarono a nord di Ferrara il corso principale del fiume, condannando i commerci ravennati a vantaggio della stessa Ferrara e di Venezia. Il comune e dal 1275 la signoria guelfa da Polenta avviarono interventi di bonifica e riassetto territoriale, portando tra l’altro Montone e Ronco a circondare le mura cittadine per riattivare i fossati difensivi e i canali interni interrati dalla diversione del Lamone ordinata nel 1241 da Federico II contro la città ribelle.
Le difficoltà di Ravenna stimolarono le spinte espansionistiche di Ferrara e Venezia, volte a occuparne l’antico ruolo nello spazio padano-adriatico. Per contrastare la pressione degli Este sul Primaro, che da metà Trecento li spinse ad acquisire vasti possessi attorno a Lugo, i da Polenta si assicurarono il controllo di alcune valli sulla destra fiume, e sull’altra riva si spinsero fino a san Biagio di Argenta, erigendovi il forte della Bastia a guardia dei traffici tra Primaro, Santerno e canale dello Zaniolo.
I signori di Ravenna non riuscirono invece a contrastare a lungo il progetto di Venezia teso a estendere, con quello economico, il proprio dominio politico e militare sulla Romagna e l’intero nord-est. L’imposizione del controllo della Serenissima sul sale cervese, esito di una lotta secolare che aveva coinvolto l’intera Romagna, fu accompagnato da continui atti ostili lungo il Primaro e la costa: l’erezione nel 1260 a valle di Sant'Alberto del castello di Marcabò poi distrutto dai Polentani, il pattugliamento armato delle acque navigabili, l’attacco alle infrastrutture ravennati.
Satellite di Venezia dall’inizio del Quattrocento, Ravenna passò nel 1441 sotto il suo controllo di fatto, propiziato dal testamento dell’ultimo signore e dal partito interno filo-veneziano, mentre si rinsaldava l’influenza della Repubblica su città vicine come Faenza e Rimini, rette da vicariati ancora formalmente sottoposti al papa.

Ravenna veneziana: la rocca Brancaleone
Il governo veneziano provvide subito a rafforzare e adeguare alle nuove tecniche militari l’apparato difensivo cittadino, ricostruendo il circuito murario lungo il tracciato del V secolo e dotandolo di nuovi bastioni come la Torre Zancana. Perno del nuovo sistema fu un aggiornatissimo complesso fortificato destinato a ospitare una consistente guarnigione, eretto sul lato nord-est delle mura costeggiate dal Montone, sulla strada per il Po e Venezia, presso un varco denominato Porta Nova dei Veneziani.
Circondato da un fossato, il complesso era articolato in due corpi principali. Al centro dell’area era la ‘munitissima’ rocca a pianta quadrata detta Brancaleone, realizzata su progetto di Giacomo Corner e Vitale Lando sotto la direzione di Giovanni Francesco da Massa; circondata a sua volta da un fossato, era dotata di quattro imponenti torrioni circolari, posti a raccordo delle possenti cortine murarie e attrezzati per il tiro delle moderne bombarde. Separata dalla rocca da ampi spazi aperti, la cittadella – anch’essa protetta da mura con torrioni angolari e da una porta fortificata - ospitava le strutture di servizio alla fortezza: alloggi, depositi, fabbriche di munizioni, oltre a mulini, stalle e una cisterna.
Avviati nel 1456-57 e durati due decenni, gli imponenti lavori furono finanziati con i proventi del dazio sul sale e il contributo obbligato delle quattro maggiori abbazie cittadine, e realizzati utilizzando le macerie della chiesa teodoriciana di sant'Andrea dei Goti insieme a materiali provenienti da un palazzo dei da Polenta e da altri edifici cittadini. La prima pietra venne posata dall'arcivescovo di Ravenna.
Venezia riprese gli scontri con gli Este nell’area attorno al Primaro - divenuta la cerniera strategica tra lo stato ferrarese e la Romagna 'estense' consolidatasi in quei decenni - culminati nel 1482 in una grande battaglia alla Bastia, ora degli Este, e con il ritorno a Ferrara di quelle terre. Alcune grandi valli sulla destra fiume, passate a Ravenna sotto i da Polenta ma acquistate e bonificate dai Calcagnini, vassalli estensi di Fusignano, e dette ora Alfonsine, furono invece assegnate a Ravenna dal trattato del 1506 che fissava lungo la via Reale il confine tra i due stati - ma infine ridate ai Calcagnini dopo il ritorno di Ravenna al papa. Il nuovo governo promosse inoltre la bonifica delle valli, a partire da Sant’Alberto, e la loro coltivazione a canapa, molto richiesta dall’Arsenale veneziano, lo scavo del naviglio che collegava la città al Primaro e la riattivazione dell’antico porto Candiano a sud della città per farne un grande scalo atto al commercio marittimo.

Il declino della rocca, dallo Stato della Chiesa al Regno d’Italia
Dopo quasi settant’anni di dominio veneziano, nel 1509 – sconfitta la Serenissima a Agnadello - Ravenna tornò con altre terre occupate allo Stato della Chiesa. Il nuovo papa Giulio II promosse l’annessione diretta della Romagna nella compagine statale sotto un governo legatizio dipendente da Roma, cancellando per sempre il sistema del vicariato signorile.
L’indagine sullo stato delle rocche romagnole effettuata nel 1526 da Antonio da Sangallo il Giovane e Michele Sanmicheli su incarico di Clemente VII evidenziò le precarie condizioni della Brancaleone, che aveva subito due poderosi attacchi nell’anno di Agnadello, a opera delle truppe papali, e nel 1512 durante il sacco francese della città seguito alla memorabile battaglia contro la Lega Santa svoltasi lungo il Ronco poco lontano dalle mura.
La progressiva stabilizzazione politica e le nuove tecniche militari resero peraltro ben presto obsoleta questa come tante altre fortificazioni romagnole. A partire dal secolo XVII la Brancaleone venne così abbandonata e spogliata degli armamenti e dei suoi stessi materiali costruttivi, che furono probabilmente reimpiegati nelle infrastrutture del grande progetto di riordino territoriale promosso nel 1735-39 dal cardinal Legato Alberoni.
Responsabili di disastrose inondazioni, i due fiumi che scorrevano lungo le mura cittadine – il Montone a ridosso della rocca e il Ronco a sud - furono deviati nel canale dei Fiumi Uniti, portato a sfociare a sud della città; l’antico letto del Montone divenne un canale navigabile, detto Corsini dal casato di papa Clemente XII, che dalla darsena situata nei pressi della rocca giungeva al mare nel nuovo porto aperto a nord alla Bajona, un vecchio approdo di pesca, in sostituzione del Candiano divenuto ormai un piccolo scalo locale. L’intervento intaccò definitivamente le potenzialità difensive e l’aspetto stesso della rocca: il suo fronte nord, che affacciava appunto sul Montone, venne infatti a trovarsi a ridosso della circonvallazione cittadina, mentre la sua mole fu sensibilmente ridotta, specie in altezza, dal prelievo di materiali.
La trasformazione dell’area, e il degrado delle strutture difensive, continuò anche nell’Ottocento sotto la spinta dello sviluppo industriale, che favorì il consolidamento di un polo d'attività nell’area del canale e del porto Corsini, sempre più adeguati ai grandi trasporti. La realizzazione della stazione ferroviaria sul lato orientale della città, in prossimità della darsena, per favorirne l'interscambio con il porto, comportò infatti l’abbattimento delle mura erette in quel punto, mentre i binari si trovarono a correre proprio di fianco alla rocca. Nei tardi anni Settanta dell’Ottocento, infine, l’edificio fu venduto a privati, che destinarono a orto gli spazi aperti.

Dai restauri alla valorizzazione
Acquistata dal Comune nel 1965, tra il 1972 e il 1980 la rocca venne sottoposta a un ampio programma di restauri diretto dalla Soprintendenza, finalizzato al recupero dell’edificio e alla sua valorizzazione e destinazione ad uso pubblico. Negli spazi esterni vennero così creati un parco e un teatro all'aperto, e nel 1988 si procedette a una riqualificazione dell'arredo urbano circostante per facilitare l'accesso all’area.
Nel 2017 il Comune ha promosso il consolidamento e il restauro dei paramenti murari della rocca e della cittadella, con la creazione di un percorso di visita protetto dei torrioni interni e delle mura delle due strutture, insieme a diversi interventi sull'area esterna circostante.

VISITA
L’area occupata dalla rocca e dalla cittadella si sviluppa a nord-est della città, lungo la linea ferroviaria e a poca distanza dall’attuale stazione. Sulla torre di ingresso della rocca sono presenti due bassorilievi, raffiguranti il leone di San Marco e una Madonna con Bambino; gli elementi principali della fortificazione sono i torrioni, insieme alla torre detta della Fiorentina o della Ghiacciaia.
Al centro del parco pubblico è la vecchia casa rurale; negli spazi verdi è allestito un percorso didattico a pannelli – realizzato nell’ambito del progetto europeo AdriFort, dedicato alle fortezze e alle aree militari delle regioni adriatiche - che illustra storia e architettura dell’edificio, fornendo informazioni anche sulle varie tipologie arboree presenti. La rocca è sede di importanti eventi culturali come il Ravenna Jazz festival.






Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

delta e valle Po,
valle Montone e Rabbi,
via Popilia,
via Romea Germanica
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Polenta (da),
Repubblica di Venezia
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

La Romagna veneziana
Bibliografia
via Rocca Brancaleone
Ravenna (RA)
tel 388 8386695
All’estremità orientale della pianura romagnola che si affaccia sull’Adriatico, Ravenna è situata tra il delta del Po a nord, al confine con le terre venete, e Rimini a sud, e collegata alla Toscana dalle vallate appenniniche alle spalle della via Emilia.

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Il fulcro del potere altoadriatico, da Roma a Bisanzio alla Chiesa di Ravenna
Al centro di una rete di isolotti lagunari protetti sul mare da un cordone dunoso e verso la terraferma da immense valli – che nel IV secolo a.C. avevano dato rifugio ai popoli di pianura in fuga dalle invasioni celte - il sito venne fortificato in età romana con una cinta muraria circondata da un anello fluviale, confluente poco più a nord nel Primaro, allora il ramo principale del Po.
Posizione e difese naturali fecero per secoli di Ravenna il più importante centro economico dell'alto Adriatico, snodo tra area appenninica, padana e veneto-friulana attraverso plurimi percorsi d’acqua, marini e infralagunari, e di terra come la via Popilia; la realizzazione del porto imperiale di Classe ne fece anche il maggior centro strategico della marina militare a presidio del Mediterraneo orientale.
Il crollo di Roma accrebbe il peso politico-militare di Ravenna, tra V e VI secolo capitale dell'impero romano d'Occidente, del regno ostrogoto e infine dell'esarcato bizantino. La sconfitta di quest’ultimo e il passaggio con la ‘romanìola’ al papa nell’VIII secolo grazie alle donazioni dei re franchi ne ridimensionarono il ruolo politico. Ma il dominio della sua Chiesa su diversi territori ex esarcali, riconosciuto dall'Impero alla fine del primo millennio, consolidò l'egemonia ravennate dalla Romagna all’Istria, suscitando la reazione dei signori locali ed esacerbando lo scontro tra papato e impero.

La crisi: i conflitti con Ferrara e Venezia
Culmine di un secolare dissesto idrogeologico che aveva interrato lagune e porti e impaludato i terreni, nel XII secolo le disastrose rotte del Po a Ficarolo spostarono a nord di Ferrara il corso principale del fiume, condannando i commerci ravennati a vantaggio della stessa Ferrara e di Venezia. Il comune e dal 1275 la signoria guelfa da Polenta avviarono interventi di bonifica e riassetto territoriale, portando tra l’altro Montone e Ronco a circondare le mura cittadine per riattivare i fossati difensivi e i canali interni interrati dalla diversione del Lamone ordinata nel 1241 da Federico II contro la città ribelle.
Le difficoltà di Ravenna stimolarono le spinte espansionistiche di Ferrara e Venezia, volte a occuparne l’antico ruolo nello spazio padano-adriatico. Per contrastare la pressione degli Este sul Primaro, che da metà Trecento li spinse ad acquisire vasti possessi attorno a Lugo, i da Polenta si assicurarono il controllo di alcune valli sulla destra fiume, e sull’altra riva si spinsero fino a san Biagio di Argenta, erigendovi il forte della Bastia a guardia dei traffici tra Primaro, Santerno e canale dello Zaniolo.
I signori di Ravenna non riuscirono invece a contrastare a lungo il progetto di Venezia teso a estendere, con quello economico, il proprio dominio politico e militare sulla Romagna e l’intero nord-est. L’imposizione del controllo della Serenissima sul sale cervese, esito di una lotta secolare che aveva coinvolto l’intera Romagna, fu accompagnato da continui atti ostili lungo il Primaro e la costa: l’erezione nel 1260 a valle di Sant'Alberto del castello di Marcabò poi distrutto dai Polentani, il pattugliamento armato delle acque navigabili, l’attacco alle infrastrutture ravennati.
Satellite di Venezia dall’inizio del Quattrocento, Ravenna passò nel 1441 sotto il suo controllo di fatto, propiziato dal testamento dell’ultimo signore e dal partito interno filo-veneziano, mentre si rinsaldava l’influenza della Repubblica su città vicine come Faenza e Rimini, rette da vicariati ancora formalmente sottoposti al papa.

Ravenna veneziana: la rocca Brancaleone
Il governo veneziano provvide subito a rafforzare e adeguare alle nuove tecniche militari l’apparato difensivo cittadino, ricostruendo il circuito murario lungo il tracciato del V secolo e dotandolo di nuovi bastioni come la Torre Zancana. Perno del nuovo sistema fu un aggiornatissimo complesso fortificato destinato a ospitare una consistente guarnigione, eretto sul lato nord-est delle mura costeggiate dal Montone, sulla strada per il Po e Venezia, presso un varco denominato Porta Nova dei Veneziani.
Circondato da un fossato, il complesso era articolato in due corpi principali. Al centro dell’area era la ‘munitissima’ rocca a pianta quadrata detta Brancaleone, realizzata su progetto di Giacomo Corner e Vitale Lando sotto la direzione di Giovanni Francesco da Massa; circondata a sua volta da un fossato, era dotata di quattro imponenti torrioni circolari, posti a raccordo delle possenti cortine murarie e attrezzati per il tiro delle moderne bombarde. Separata dalla rocca da ampi spazi aperti, la cittadella – anch’essa protetta da mura con torrioni angolari e da una porta fortificata - ospitava le strutture di servizio alla fortezza: alloggi, depositi, fabbriche di munizioni, oltre a mulini, stalle e una cisterna.
Avviati nel 1456-57 e durati due decenni, gli imponenti lavori furono finanziati con i proventi del dazio sul sale e il contributo obbligato delle quattro maggiori abbazie cittadine, e realizzati utilizzando le macerie della chiesa teodoriciana di sant'Andrea dei Goti insieme a materiali provenienti da un palazzo dei da Polenta e da altri edifici cittadini. La prima pietra venne posata dall'arcivescovo di Ravenna.
Venezia riprese gli scontri con gli Este nell’area attorno al Primaro - divenuta la cerniera strategica tra lo stato ferrarese e la Romagna 'estense' consolidatasi in quei decenni - culminati nel 1482 in una grande battaglia alla Bastia, ora degli Este, e con il ritorno a Ferrara di quelle terre. Alcune grandi valli sulla destra fiume, passate a Ravenna sotto i da Polenta ma acquistate e bonificate dai Calcagnini, vassalli estensi di Fusignano, e dette ora Alfonsine, furono invece assegnate a Ravenna dal trattato del 1506 che fissava lungo la via Reale il confine tra i due stati - ma infine ridate ai Calcagnini dopo il ritorno di Ravenna al papa. Il nuovo governo promosse inoltre la bonifica delle valli, a partire da Sant’Alberto, e la loro coltivazione a canapa, molto richiesta dall’Arsenale veneziano, lo scavo del naviglio che collegava la città al Primaro e la riattivazione dell’antico porto Candiano a sud della città per farne un grande scalo atto al commercio marittimo.

Il declino della rocca, dallo Stato della Chiesa al Regno d’Italia
Dopo quasi settant’anni di dominio veneziano, nel 1509 – sconfitta la Serenissima a Agnadello - Ravenna tornò con altre terre occupate allo Stato della Chiesa. Il nuovo papa Giulio II promosse l’annessione diretta della Romagna nella compagine statale sotto un governo legatizio dipendente da Roma, cancellando per sempre il sistema del vicariato signorile.
L’indagine sullo stato delle rocche romagnole effettuata nel 1526 da Antonio da Sangallo il Giovane e Michele Sanmicheli su incarico di Clemente VII evidenziò le precarie condizioni della Brancaleone, che aveva subito due poderosi attacchi nell’anno di Agnadello, a opera delle truppe papali, e nel 1512 durante il sacco francese della città seguito alla memorabile battaglia contro la Lega Santa svoltasi lungo il Ronco poco lontano dalle mura.
La progressiva stabilizzazione politica e le nuove tecniche militari resero peraltro ben presto obsoleta questa come tante altre fortificazioni romagnole. A partire dal secolo XVII la Brancaleone venne così abbandonata e spogliata degli armamenti e dei suoi stessi materiali costruttivi, che furono probabilmente reimpiegati nelle infrastrutture del grande progetto di riordino territoriale promosso nel 1735-39 dal cardinal Legato Alberoni.
Responsabili di disastrose inondazioni, i due fiumi che scorrevano lungo le mura cittadine – il Montone a ridosso della rocca e il Ronco a sud - furono deviati nel canale dei Fiumi Uniti, portato a sfociare a sud della città; l’antico letto del Montone divenne un canale navigabile, detto Corsini dal casato di papa Clemente XII, che dalla darsena situata nei pressi della rocca giungeva al mare nel nuovo porto aperto a nord alla Bajona, un vecchio approdo di pesca, in sostituzione del Candiano divenuto ormai un piccolo scalo locale. L’intervento intaccò definitivamente le potenzialità difensive e l’aspetto stesso della rocca: il suo fronte nord, che affacciava appunto sul Montone, venne infatti a trovarsi a ridosso della circonvallazione cittadina, mentre la sua mole fu sensibilmente ridotta, specie in altezza, dal prelievo di materiali.
La trasformazione dell’area, e il degrado delle strutture difensive, continuò anche nell’Ottocento sotto la spinta dello sviluppo industriale, che favorì il consolidamento di un polo d'attività nell’area del canale e del porto Corsini, sempre più adeguati ai grandi trasporti. La realizzazione della stazione ferroviaria sul lato orientale della città, in prossimità della darsena, per favorirne l'interscambio con il porto, comportò infatti l’abbattimento delle mura erette in quel punto, mentre i binari si trovarono a correre proprio di fianco alla rocca. Nei tardi anni Settanta dell’Ottocento, infine, l’edificio fu venduto a privati, che destinarono a orto gli spazi aperti.

Dai restauri alla valorizzazione
Acquistata dal Comune nel 1965, tra il 1972 e il 1980 la rocca venne sottoposta a un ampio programma di restauri diretto dalla Soprintendenza, finalizzato al recupero dell’edificio e alla sua valorizzazione e destinazione ad uso pubblico. Negli spazi esterni vennero così creati un parco e un teatro all'aperto, e nel 1988 si procedette a una riqualificazione dell'arredo urbano circostante per facilitare l'accesso all’area.
Nel 2017 il Comune ha promosso il consolidamento e il restauro dei paramenti murari della rocca e della cittadella, con la creazione di un percorso di visita protetto dei torrioni interni e delle mura delle due strutture, insieme a diversi interventi sull'area esterna circostante.

VISITA
L’area occupata dalla rocca e dalla cittadella si sviluppa a nord-est della città, lungo la linea ferroviaria e a poca distanza dall’attuale stazione. Sulla torre di ingresso della rocca sono presenti due bassorilievi, raffiguranti il leone di San Marco e una Madonna con Bambino; gli elementi principali della fortificazione sono i torrioni, insieme alla torre detta della Fiorentina o della Ghiacciaia.
Al centro del parco pubblico è la vecchia casa rurale; negli spazi verdi è allestito un percorso didattico a pannelli – realizzato nell’ambito del progetto europeo AdriFort, dedicato alle fortezze e alle aree militari delle regioni adriatiche - che illustra storia e architettura dell’edificio, fornendo informazioni anche sulle varie tipologie arboree presenti. La rocca è sede di importanti eventi culturali come il Ravenna Jazz festival.






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