Pieve di Cento

Rocca di Pieve di Cento
Pieve di Cento

Rocca di Pieve di Cento
piazza della Rocca, 1
Pieve di Cento (BO)
tel 051 8904821
Nella sezione nord-occidentale della pianura bolognese che dalla porta cittadina delle Lame si incunea tra i territori di Modena e Ferrara, Pieve si stende sulla riva destra del Reno, di fronte alla ‘gemella’ Cento situata sulla sponda opposto del fiume, che qui segna il confine con il Ferrarese.

In un territorio caratterizzato da una forte instabilità idrografica, il fiume, un tempo inalveato più a ovest, non ha sempre separato i due insediamenti. A partire dai secoli VIII-IX in questa vasta area dove la bonifica romana era stata sopravanzata da ampi tratti di paludi, boschi e valli si erano così formati due nuclei abitati contigui: dapprima un piccolo centro plebano posto su un dosso alluvionale nei pressi dell'attuale Collegiata di Pieve, poi, verso il Mille, un borgo nell’area più a valle, attorno all’oratorio dedicato a San Biagio, oggi Collegiata di Cento. I due insediamenti col tempo vennero fortificati e, seppur fisicamente separati dalle loro difese, uniti in un'unica comunità amministrativa ed ecclesiastica.

La bonifica dei vescovi di Bologna
Dalla fine del XII secolo è attestata la giurisdizione sul Centopievese dei vescovi di Bologna, che avviarono in questa zona dove vantavano diritti secolari - come gli abati di Nonantola nell’area limitrofa - un ampio programma di riassetto idrografico, messa a coltura e ripopolamento delle terre ‘basse’ soggette a inondazione.
L’intervento fu fondato inizialmente sulle concessioni in enfiteusi, all’origine dell’istituto della Partecipanza ancora oggi in vigore qui come in pochi altri centri della bassa emiliana: l’assegnazione cioè ai membri della comunità, in forma collettiva, di vasti terreni paludosi e boschivi sotto le clausole ad meliorandum - l’impegno a bonificarli e coltivarli - e ad incolandum - l’obbligo di risiedervi dietro versamento di un canone.
In seguito trasformate in affitto, le concessioni furono accompagnate dal riconoscimento della Comunità locale e da un piano territoriale che strutturò l’insediamento lungo tracciati geometrici e suddivise le terre in appezzamenti regolari, sovrapponendone le maglie a quelle della centuriazione romana.

Bologna e il controllo sul contado
La posizione strategica del Centopievese ne fece ben presto una punta avanzata delle politiche di controllo di Bologna sul suo contado, innescando già nel Duecento - gli anni della rinascita economica della città e dell’espansione a nord della sua area di influenza, fino quasi a Ferrara - frequenti dissidi tra il vescovo e il comune cittadino per la giurisdizione su questo territorio.
Gli interessi bolognesi trovarono però un forte ostacolo nella contrastante spinta espansionistica degli Este, che dalla loro sede ferrarese si stavano proiettando a ovest, verso i territori modenesi e reggiani, e che nel 1334 occuparono il castello pievino.
Da metà Trecento la grave crisi economica e sociale che colpì la città e il suo contado e una serie di rivolte popolari fecero riemergere a livello locale le ambizioni di autonomia da Bologna e le contese tra i due insediamenti per il controllo del territorio. Nel 1376 l’antica unità amministrativa e politica tra Pieve e Cento si rompeva con l'istituzione di due comunità autonome, anche se Pieve avrebbe mantenuto ancora a lungo la primazia ecclesiastica su tutta l'area.

La rocca di Pieve
In questo turbolento contesto, il Comune bolognese avviò un piano di rafforzamento delle strutture fortificate del contado, nel quadro del rilancio dell’economia e delle istituzioni cittadine favorito dall’accordo raggiunto con il papa nel 1377 dopo un lungo periodo di contrasti.
Risale agli anni Ottanta del Trecento l’edificazione - probabilmente su strutture del secolo precedente - della rocca di Pieve, che seguì di poco quella edificata ex novo a Cento, con funzioni di difesa non solo dagli attacchi esterni ma anche da possibili rivolte interne.
Atta a ospitare una guarnigione permanente, la struttura a pianta quadrata - progettata dall'architetto della basilica bolognese di San Petronio, Antonio di Vincenzo - venne innalzata in posizione isolata sul confine meridionale dell’abitato, in prossimità della porta Bologna, lungo il vecchio circuito fortificato formato da un fossato e da un terrapieno a palizzata. Il nuovo sistema difensivo integrava anche le torri armate, in origine di legno, poste a presidio degli accessi al borgo sui quattro punti cardinali del circuito, che erano state ricostruite in muratura nei decenni precedenti.

Il Quattrocento: la rotta del Reno, due comunità, due Partecipanze
Per tutto il Quattrocento Pieve e Cento rimasero legate a Bologna, venendo coinvolte nelle dispute per il suo controllo sorte tra i Bentivoglio, signori di fatto della città, il papa e i signori di Milano, sostenuti dalle fazioni cittadine loro alleate; la rocca di Pieve venne così a più riprese occupata e saccheggiata.
La grande rotta del Reno del 1459 – che deviò l’alveo facendolo scorrere tra i due insediamenti - aveva intanto reso definitiva, marcandola anche fisicamente, la separazione tra i due borghi. La difesa dell'istituto della Partecipanza contro i tentativi dei vescovi di privatizzare le terre bonificate mantenne però un forte legame di interessi tra le due comunità, che nel 1460 acquistarono i terreni ripartendoli tra di loro.
Il ‘lodo’ del cardinale della Rovere, futuro papa Giulio II, convalidò nel 1484 la presenza di due diversi enti di gestione, riconoscendo il principio della gestione collettiva del patrimonio comune e il meccanismo, rimasto da allora inalterato, dell’assegnazione a rotazione degli appezzamenti a un ristretto numero di famiglie ‘originarie’ di coloni.

Il Cinquecento: dagli Este allo Stato della Chiesa
Nel 1502 Pieve passò insieme a Cento agli Este, come dono di nozze del papa Borgia alla figlia Lucrezia andata in sposa ad Alfonso I duca di Ferrara. Meno di cento anni dopo, nel 1598, l’estinzione del casato estense portò alla ‘devoluzione’ allo Stato della Chiesa di Ferrara e dei suoi domini, che rimasero amministrativamente uniti anche sotto il nuovo regime. Il legame di Pieve con Ferrara venne confermato dopo l’Unità d’Italia, spezzandosi solo nel 1929, quando Pieve rientrò nell’ambito provinciale di Bologna.
Resa presto obsoleta, come tante altre rocche dell’area, dagli sviluppi delle tecniche militari e dalla relativa stabilità politica consolidatasi nei secoli di governo papale, a fine Ottocento la rocca fu ridotta quasi a un rudere a seguito dello smantellamento di fossati, terrapieni e ponti levatoi innescato dalle spinte ‘modernizzatrici’ dell’epoca, e gravata da superfetazioni con la sua destinazione a caserma e ad abitazione.

Dal degrado alla valorizzazione
Nei primi anni Ottanta del Novecento il complesso è stato oggetto di un progetto di restauro finalizzato a farne la sede del Museo cittadino, aperto al pubblico all’inizio del decennio successivo.
I lavori resi necessari dai danni provocati dal terremoto del 2012 sono stati l’occasione per un nuovo disegno dell’allestimento museale, che ha portato nel 2015 all’inaugurazione del Museo delle Storie di Pieve focalizzato sulla comunità e i suoi protagonisti, i caratteri produttivi e culturali e le trasformazioni del territorio.
Anche le antiche porte della cerchia difensiva, sopravvissute alle distruzioni tardo-ottocentesche e restaurate, sono state destinate a sede delle raccolte e delle attività culturali cittadine. Porta Bologna ospita, oltre a esposizioni artistiche e multimediali, l’archivio fotografico digitale, che conserva migliaia di foto, video e informazioni sulla storia locale dai primi del Novecento a oggi; a Porta Asìa è il museo dedicato alla canapa e alle sue tecniche e strumenti di lavorazione. Visitabili sono anche Porta Ferrara - sede insieme all’ex macello delle attività connesse alla tradizione liutaia e artigianale di Pieve - e Porta Cento.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Reno
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Comune di Bologna,
Este
Notizie storiche
piazza della Rocca, 1
Pieve di Cento (BO)
tel 051 8904821
Nella sezione nord-occidentale della pianura bolognese che dalla porta cittadina delle Lame si incunea tra i territori di Modena e Ferrara, Pieve si stende sulla riva destra del Reno, di fronte alla ‘gemella’ Cento situata sulla sponda opposto del fiume, che qui segna il confine con il Ferrarese.

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In un territorio caratterizzato da una forte instabilità idrografica, il fiume, un tempo inalveato più a ovest, non ha sempre separato i due insediamenti. A partire dai secoli VIII-IX in questa vasta area dove la bonifica romana era stata sopravanzata da ampi tratti di paludi, boschi e valli si erano così formati due nuclei abitati contigui: dapprima un piccolo centro plebano posto su un dosso alluvionale nei pressi dell'attuale Collegiata di Pieve, poi, verso il Mille, un borgo nell’area più a valle, attorno all’oratorio dedicato a San Biagio, oggi Collegiata di Cento. I due insediamenti col tempo vennero fortificati e, seppur fisicamente separati dalle loro difese, uniti in un'unica comunità amministrativa ed ecclesiastica.

La bonifica dei vescovi di Bologna
Dalla fine del XII secolo è attestata la giurisdizione sul Centopievese dei vescovi di Bologna, che avviarono in questa zona dove vantavano diritti secolari - come gli abati di Nonantola nell’area limitrofa - un ampio programma di riassetto idrografico, messa a coltura e ripopolamento delle terre ‘basse’ soggette a inondazione.
L’intervento fu fondato inizialmente sulle concessioni in enfiteusi, all’origine dell’istituto della Partecipanza ancora oggi in vigore qui come in pochi altri centri della bassa emiliana: l’assegnazione cioè ai membri della comunità, in forma collettiva, di vasti terreni paludosi e boschivi sotto le clausole ad meliorandum - l’impegno a bonificarli e coltivarli - e ad incolandum - l’obbligo di risiedervi dietro versamento di un canone.
In seguito trasformate in affitto, le concessioni furono accompagnate dal riconoscimento della Comunità locale e da un piano territoriale che strutturò l’insediamento lungo tracciati geometrici e suddivise le terre in appezzamenti regolari, sovrapponendone le maglie a quelle della centuriazione romana.

Bologna e il controllo sul contado
La posizione strategica del Centopievese ne fece ben presto una punta avanzata delle politiche di controllo di Bologna sul suo contado, innescando già nel Duecento - gli anni della rinascita economica della città e dell’espansione a nord della sua area di influenza, fino quasi a Ferrara - frequenti dissidi tra il vescovo e il comune cittadino per la giurisdizione su questo territorio.
Gli interessi bolognesi trovarono però un forte ostacolo nella contrastante spinta espansionistica degli Este, che dalla loro sede ferrarese si stavano proiettando a ovest, verso i territori modenesi e reggiani, e che nel 1334 occuparono il castello pievino.
Da metà Trecento la grave crisi economica e sociale che colpì la città e il suo contado e una serie di rivolte popolari fecero riemergere a livello locale le ambizioni di autonomia da Bologna e le contese tra i due insediamenti per il controllo del territorio. Nel 1376 l’antica unità amministrativa e politica tra Pieve e Cento si rompeva con l'istituzione di due comunità autonome, anche se Pieve avrebbe mantenuto ancora a lungo la primazia ecclesiastica su tutta l'area.

La rocca di Pieve
In questo turbolento contesto, il Comune bolognese avviò un piano di rafforzamento delle strutture fortificate del contado, nel quadro del rilancio dell’economia e delle istituzioni cittadine favorito dall’accordo raggiunto con il papa nel 1377 dopo un lungo periodo di contrasti.
Risale agli anni Ottanta del Trecento l’edificazione - probabilmente su strutture del secolo precedente - della rocca di Pieve, che seguì di poco quella edificata ex novo a Cento, con funzioni di difesa non solo dagli attacchi esterni ma anche da possibili rivolte interne.
Atta a ospitare una guarnigione permanente, la struttura a pianta quadrata - progettata dall'architetto della basilica bolognese di San Petronio, Antonio di Vincenzo - venne innalzata in posizione isolata sul confine meridionale dell’abitato, in prossimità della porta Bologna, lungo il vecchio circuito fortificato formato da un fossato e da un terrapieno a palizzata. Il nuovo sistema difensivo integrava anche le torri armate, in origine di legno, poste a presidio degli accessi al borgo sui quattro punti cardinali del circuito, che erano state ricostruite in muratura nei decenni precedenti.

Il Quattrocento: la rotta del Reno, due comunità, due Partecipanze
Per tutto il Quattrocento Pieve e Cento rimasero legate a Bologna, venendo coinvolte nelle dispute per il suo controllo sorte tra i Bentivoglio, signori di fatto della città, il papa e i signori di Milano, sostenuti dalle fazioni cittadine loro alleate; la rocca di Pieve venne così a più riprese occupata e saccheggiata.
La grande rotta del Reno del 1459 – che deviò l’alveo facendolo scorrere tra i due insediamenti - aveva intanto reso definitiva, marcandola anche fisicamente, la separazione tra i due borghi. La difesa dell'istituto della Partecipanza contro i tentativi dei vescovi di privatizzare le terre bonificate mantenne però un forte legame di interessi tra le due comunità, che nel 1460 acquistarono i terreni ripartendoli tra di loro.
Il ‘lodo’ del cardinale della Rovere, futuro papa Giulio II, convalidò nel 1484 la presenza di due diversi enti di gestione, riconoscendo il principio della gestione collettiva del patrimonio comune e il meccanismo, rimasto da allora inalterato, dell’assegnazione a rotazione degli appezzamenti a un ristretto numero di famiglie ‘originarie’ di coloni.

Il Cinquecento: dagli Este allo Stato della Chiesa
Nel 1502 Pieve passò insieme a Cento agli Este, come dono di nozze del papa Borgia alla figlia Lucrezia andata in sposa ad Alfonso I duca di Ferrara. Meno di cento anni dopo, nel 1598, l’estinzione del casato estense portò alla ‘devoluzione’ allo Stato della Chiesa di Ferrara e dei suoi domini, che rimasero amministrativamente uniti anche sotto il nuovo regime. Il legame di Pieve con Ferrara venne confermato dopo l’Unità d’Italia, spezzandosi solo nel 1929, quando Pieve rientrò nell’ambito provinciale di Bologna.
Resa presto obsoleta, come tante altre rocche dell’area, dagli sviluppi delle tecniche militari e dalla relativa stabilità politica consolidatasi nei secoli di governo papale, a fine Ottocento la rocca fu ridotta quasi a un rudere a seguito dello smantellamento di fossati, terrapieni e ponti levatoi innescato dalle spinte ‘modernizzatrici’ dell’epoca, e gravata da superfetazioni con la sua destinazione a caserma e ad abitazione.

Dal degrado alla valorizzazione
Nei primi anni Ottanta del Novecento il complesso è stato oggetto di un progetto di restauro finalizzato a farne la sede del Museo cittadino, aperto al pubblico all’inizio del decennio successivo.
I lavori resi necessari dai danni provocati dal terremoto del 2012 sono stati l’occasione per un nuovo disegno dell’allestimento museale, che ha portato nel 2015 all’inaugurazione del Museo delle Storie di Pieve focalizzato sulla comunità e i suoi protagonisti, i caratteri produttivi e culturali e le trasformazioni del territorio.
Anche le antiche porte della cerchia difensiva, sopravvissute alle distruzioni tardo-ottocentesche e restaurate, sono state destinate a sede delle raccolte e delle attività culturali cittadine. Porta Bologna ospita, oltre a esposizioni artistiche e multimediali, l’archivio fotografico digitale, che conserva migliaia di foto, video e informazioni sulla storia locale dai primi del Novecento a oggi; a Porta Asìa è il museo dedicato alla canapa e alle sue tecniche e strumenti di lavorazione. Visitabili sono anche Porta Ferrara - sede insieme all’ex macello delle attività connesse alla tradizione liutaia e artigianale di Pieve - e Porta Cento.


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