Minerbio

Rocca Isolani
Minerbio

Rocca Isolani, Archivio Famiglia Cavazza Isolani
via Garibaldi, 1
Minerbio (BO)
tel 051 230579
Nella pianura bolognese nord-orientale che si apre fuori dalla porta cittadina di San Donato, Minerbio è situata a metà strada tra Bologna e Ferrara.

In un contesto territoriale instabile, caratterizzato per secoli da inondazioni e dalla presenza di zone acquitrinose miste a macchie boschive, questa area era un tempo attraversata dal fiume Savena proveniente dall’appennino, che con il torrente Zena costituiva probabilmente già in età romana un’importante rete navigabile di pianura. La colonizzazione romana – echeggiata dal toponimo, riferibile forse alla presenza di un tempio di Minerva - bonificò il territorio, consentendo l'impianto di aziende rurali e impianti produttivi.

Dal Comune di Bologna al dominio degli Isolani
Nel 1186 la selva Minervese, occupata senza titolo dagli abitanti di Lovoleto e San Marino forse sulla base di antiche consuetudini di uso comunitario delle aree ‘marginali’, venne restituita al comune di Bologna. Del 1231 – l’epoca dello sviluppo economico e territoriale di Bologna che consolidò la stretta integrazione tra la città e il suo contado - è l’atto di fondazione della comunità registrato nel De Pactis Altedi. Con questo accordo, sancito da una pubblica cerimonia in piazza Maggiore, il podestà cittadino cedeva le terre di Altedo (valle dei Conti) e Minerbio in affitto perpetuo ed esenzione fiscale trentennale a 150 famiglie mantovane, che si impegnavano a bonificarle e coltivarle. La nuova comunità si stabilì nel borgo a impianto ortogonale sulle rive del Savena, difeso da un fossato con spalto in terra battuta e accessibile da una porta con ponte levatoio.
Fra Due e Trecento molte terre del Minerbiese entrarono nel patrimonio della famiglia Isolani, giunta a Bologna da Cipro alla fine del secolo XII e forse legata al ceppo reale dei Lusignano, che aveva investito nell’acquisto di proprietà nel contado le grandi ricchezze accumulate con il commercio della seta, cardine della prospera economia manifatturiera cittadina.
A Minerbio gli Isolani instaurarono un dominio di carattere semi-signorile, simboleggiato dall’edificazione nel corso del Trecento di una rocca posta all’esterno del castrum, a ridosso del fossato difensivo e protetta da un’ansa del Savena, e di una chiesa ad uso della popolazione, poi dedicata a san Giovanni Battista.

Il Quattrocento: il feudo della Riva del Savena e il rafforzamento della rocca
Il casato ottenne formale riconoscimento del suo controllo su Minerbio all’inizio del Quattrocento, nel contesto delle lotte per il controllo di Bologna divampate tra il papa, i Visconti e i Bentivoglio, signori di fatto della città, sostenuti dalle contrapposte fazioni cittadine.
Nel 1403 i Visconti investirono così gli Isolani del feudo della Riva del Savena, comprendente decine di ‘fuochi’ di Minerbio, come riconoscimento per il decisivo aiuto portato un anno prima a Gian Galeazzo Visconti – che dopo la vittoria conseguita sui Bentivoglio nella battaglia di Casalecchio cercava di impadronirsi di Bologna - da Jacopo Isolani, che era riuscito a penetrare in città dalla porta San Donato alla testa di un piccolo esercito di Minerbiesi da lui armati.
Ricevuta l’investitura, gli Isolani provvidero a ricostruire la rocca che era stata distrutta da un incendio durante gli scontri tra le fazioni cittadine, ampliandola e fortificandola. Nel corso del secolo, però, le incessanti lotte per il potere su Bologna mantennero il contado nell’instabilità, coinvolgendo a più riprese anche Minerbio: nel 1438 rocca e borgo vennero distrutti dalle truppe viscontee; ma solo cinque anni dopo, a seguito della sconfitta subita dai Visconti a San Giorgio di Piano a opera di Annibale Bentivoglio, Minerbio tornava con il resto del territorio sotto Bologna, di nuovo governata dai suoi signori.

Il Cinquecento: la pace del papa e il palazzo del Vignola
Ristabilito all’inizio del Cinquecento il potere della Chiesa sulla città e sulla Romagna, gli Isolani rientrarono nelle grazie del papa: nel 1524 Minerbio venne assegnata in perpetuo al casato, con lo status di contea e una competenza territoriale ben più ampia di quella prevista dalla prima investitura viscontea. Solo tre anni dopo, nel 1527, la rocca fu semidistrutta dai Lanzichenecchi in marcia verso Roma; ma il clima di pacificazione creatosi poco dopo tra papa e imperatore sembrò rendere superate, qui come in tutto il territorio sottoposto allo Stato della Chiesa, le più strette esigenze difensive.
L’edificio venne così ricostruito in forma di palazzo secondo il progetto di Jacopo Barozzi detto il Vignola, teso soprattutto a valorizzarne le funzioni residenziali: intervento deciso forse anche in previsione della visita a Minerbio di Carlo V, in occasione della sua incoronazione a Bologna da parte del papa nel 1530. Una decina di anni più tardi, gli spazi interni della rocca venivano splendidamente decorati con scene mitologiche e astronomiche da Amico Aspertini, che a inizio secolo aveva realizzato con il Francia e il Costa alcuni dei maggiori cicli bentivoleschi a Bologna.

La deviazione del Savena e la fine del feudo
Nel 1561 - a seguito di alcune disastrose rotte del Po - il legato papale ordinò la deviazione dei corsi appenninici che confluivano nel Po di Primaro, interrandolo e provocandone lo straripamento: il Savena, che fino ad allora aveva attraversato il centro di Minerbio alimentandone i fossati difensivi e gli impianti molitori, venne regimentato in un alveo rettilineo passante più a occidente, in località Cà de’ Fabbri. Questi eventi ebbero un impatto decisivo sulla struttura economica e urbanistica di Minerbio: gli impianti attivi nel borgo furono chiusi mentre l'abitato si espandeva fuori dalle mura, lungo l’antico alveo del fiume.
Nel 1734 gli Isolani furono privati dei diritti feudali su Minerbio a seguito dei continui contrasti di giurisdizione con il Senato bolognese, e i loro territori sottoposti all'autorità della Comunità locale controllata da Bologna, che favorì l’ulteriore espansione dell’insediamento fuori dal borgo. A metà Ottocento i fossati dell’antico castrum, già privati d’acqua dalla deviazione cinquecentesca, furono colmati; del passaggio del fiume rimase memoria solo nei nomi di Savena inferiore e superiore attribuiti alle strade che dal borgo portano rispettivamente a Ferrara e a Bologna.

I restauri novecenteschi
Perso il feudo, gli Isolani mantennero però la proprietà della rocca, che conservano tuttora; negli anni Sessanta del Novecento un ampio programma di restauri permise il recupero di porticati, monofore e finestre che erano stati tamponati in epoche diverse, e nei due decenni successivi fu ripristinato il grande parco di alberi secolari.
Nuovi interventi hanno interessato il ripristino dei cortili e delle sale al piano terra e il restauro degli affreschi tardo-quattrocenteschi sotto il porticato della corte e dell’appartamento al piano terra, che presentano le armi delle famiglie imparentatesi nei secoli con gli Isolani incorniciate da foglie di quercia e di ulivo.
L’edificio è aperto al pubblico in occasioni di manifestazioni ed eventi particolari organizzati dalla famiglia.

VISITA
La rocca è insigne per gli spazi disegnati dal Vignola e per gli splendidi affreschi di Amico Aspertini, i cui cartoni preparatori sono conservati al British Museum.
Nella sala di Marte il dio è rappresentato al centro della volta, mentre le pareti sono scandite da erme a monocromo e peducci con figure maschili e femminili, che costituivano probabilmente la cornice di scene andate perdute. Nella sala dell'Astronomia sono rappresentate le muse e le arti liberali; un oculo sulla volta è delimitato da una balconata illusionistica retta da quattro talamoni. Nella sala di Ercole le imprese dell’eroe si distaccano sullo sfondo di ampie vedute paesistiche. Inglobato nella struttura cinquecentesca, il cortile del Quattrocento è caratterizzato da due logge sovrapposte e da un cornicione con originali fregi policromi in cotto bolognese.
Circondato da alberi imponenti e dal prato ‘delle fiere’, il complesso comprende un’elegante torre colombaia ottagonale, ritenuta anch’essa del Vignola, servita all’interno da un piano inclinato elicoidale che consente la manutenzione di migliaia di cellette. Il palazzo Nuovo a fianco della rocca, attribuito a Bartolomeo Triachini, è caratterizzato da una loggia, motivo innovativo poi divenuto ricorrente nelle ville bolognesi dell’epoca; in origine il piano nobile era raggiungibile solo dalla scala esterna, mentre quella interna è stata realizzata nell’Ottocento.
Il borgo medievale ha mantenuto il perimetro quadrato e l’impianto ortogonale delle strade; è ancora visibile la porta d'ingresso un tempo munita di ponte levatoio, ristrutturata nell’Ottocento con pesanti interpolazioni; nelle stradine porticate, la casa del governatore si distacca dalle altre per le più alte arcate. Gli antichi fossati hanno lasciato traccia solo nei toponimi stradali; ai lati della porta di ingresso al borgo sono però ancora visibili i punti nei quali le fosse si inalveavano tra le abitazioni per raggiungere la corte. Subito fuori dalle mura, in direzione di Bologna, l’area dove sorgeva un mulino, sostituito a metà Settecento da un’osteria, venne occupata negli anni Trenta del Novecento dalla casa del Fascio, che ospita oggi un cinema teatro.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Savena
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Comune di Bologna,
Isolani,
Bentivoglio
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

stili: Rinascimento e Manierismo
Notizie storiche
via Garibaldi, 1
Minerbio (BO)
tel 051 230579
Nella pianura bolognese nord-orientale che si apre fuori dalla porta cittadina di San Donato, Minerbio è situata a metà strada tra Bologna e Ferrara.

.
In un contesto territoriale instabile, caratterizzato per secoli da inondazioni e dalla presenza di zone acquitrinose miste a macchie boschive, questa area era un tempo attraversata dal fiume Savena proveniente dall’appennino, che con il torrente Zena costituiva probabilmente già in età romana un’importante rete navigabile di pianura. La colonizzazione romana – echeggiata dal toponimo, riferibile forse alla presenza di un tempio di Minerva - bonificò il territorio, consentendo l'impianto di aziende rurali e impianti produttivi.

Dal Comune di Bologna al dominio degli Isolani
Nel 1186 la selva Minervese, occupata senza titolo dagli abitanti di Lovoleto e San Marino forse sulla base di antiche consuetudini di uso comunitario delle aree ‘marginali’, venne restituita al comune di Bologna. Del 1231 – l’epoca dello sviluppo economico e territoriale di Bologna che consolidò la stretta integrazione tra la città e il suo contado - è l’atto di fondazione della comunità registrato nel De Pactis Altedi. Con questo accordo, sancito da una pubblica cerimonia in piazza Maggiore, il podestà cittadino cedeva le terre di Altedo (valle dei Conti) e Minerbio in affitto perpetuo ed esenzione fiscale trentennale a 150 famiglie mantovane, che si impegnavano a bonificarle e coltivarle. La nuova comunità si stabilì nel borgo a impianto ortogonale sulle rive del Savena, difeso da un fossato con spalto in terra battuta e accessibile da una porta con ponte levatoio.
Fra Due e Trecento molte terre del Minerbiese entrarono nel patrimonio della famiglia Isolani, giunta a Bologna da Cipro alla fine del secolo XII e forse legata al ceppo reale dei Lusignano, che aveva investito nell’acquisto di proprietà nel contado le grandi ricchezze accumulate con il commercio della seta, cardine della prospera economia manifatturiera cittadina.
A Minerbio gli Isolani instaurarono un dominio di carattere semi-signorile, simboleggiato dall’edificazione nel corso del Trecento di una rocca posta all’esterno del castrum, a ridosso del fossato difensivo e protetta da un’ansa del Savena, e di una chiesa ad uso della popolazione, poi dedicata a san Giovanni Battista.

Il Quattrocento: il feudo della Riva del Savena e il rafforzamento della rocca
Il casato ottenne formale riconoscimento del suo controllo su Minerbio all’inizio del Quattrocento, nel contesto delle lotte per il controllo di Bologna divampate tra il papa, i Visconti e i Bentivoglio, signori di fatto della città, sostenuti dalle contrapposte fazioni cittadine.
Nel 1403 i Visconti investirono così gli Isolani del feudo della Riva del Savena, comprendente decine di ‘fuochi’ di Minerbio, come riconoscimento per il decisivo aiuto portato un anno prima a Gian Galeazzo Visconti – che dopo la vittoria conseguita sui Bentivoglio nella battaglia di Casalecchio cercava di impadronirsi di Bologna - da Jacopo Isolani, che era riuscito a penetrare in città dalla porta San Donato alla testa di un piccolo esercito di Minerbiesi da lui armati.
Ricevuta l’investitura, gli Isolani provvidero a ricostruire la rocca che era stata distrutta da un incendio durante gli scontri tra le fazioni cittadine, ampliandola e fortificandola. Nel corso del secolo, però, le incessanti lotte per il potere su Bologna mantennero il contado nell’instabilità, coinvolgendo a più riprese anche Minerbio: nel 1438 rocca e borgo vennero distrutti dalle truppe viscontee; ma solo cinque anni dopo, a seguito della sconfitta subita dai Visconti a San Giorgio di Piano a opera di Annibale Bentivoglio, Minerbio tornava con il resto del territorio sotto Bologna, di nuovo governata dai suoi signori.

Il Cinquecento: la pace del papa e il palazzo del Vignola
Ristabilito all’inizio del Cinquecento il potere della Chiesa sulla città e sulla Romagna, gli Isolani rientrarono nelle grazie del papa: nel 1524 Minerbio venne assegnata in perpetuo al casato, con lo status di contea e una competenza territoriale ben più ampia di quella prevista dalla prima investitura viscontea. Solo tre anni dopo, nel 1527, la rocca fu semidistrutta dai Lanzichenecchi in marcia verso Roma; ma il clima di pacificazione creatosi poco dopo tra papa e imperatore sembrò rendere superate, qui come in tutto il territorio sottoposto allo Stato della Chiesa, le più strette esigenze difensive.
L’edificio venne così ricostruito in forma di palazzo secondo il progetto di Jacopo Barozzi detto il Vignola, teso soprattutto a valorizzarne le funzioni residenziali: intervento deciso forse anche in previsione della visita a Minerbio di Carlo V, in occasione della sua incoronazione a Bologna da parte del papa nel 1530. Una decina di anni più tardi, gli spazi interni della rocca venivano splendidamente decorati con scene mitologiche e astronomiche da Amico Aspertini, che a inizio secolo aveva realizzato con il Francia e il Costa alcuni dei maggiori cicli bentivoleschi a Bologna.

La deviazione del Savena e la fine del feudo
Nel 1561 - a seguito di alcune disastrose rotte del Po - il legato papale ordinò la deviazione dei corsi appenninici che confluivano nel Po di Primaro, interrandolo e provocandone lo straripamento: il Savena, che fino ad allora aveva attraversato il centro di Minerbio alimentandone i fossati difensivi e gli impianti molitori, venne regimentato in un alveo rettilineo passante più a occidente, in località Cà de’ Fabbri. Questi eventi ebbero un impatto decisivo sulla struttura economica e urbanistica di Minerbio: gli impianti attivi nel borgo furono chiusi mentre l'abitato si espandeva fuori dalle mura, lungo l’antico alveo del fiume.
Nel 1734 gli Isolani furono privati dei diritti feudali su Minerbio a seguito dei continui contrasti di giurisdizione con il Senato bolognese, e i loro territori sottoposti all'autorità della Comunità locale controllata da Bologna, che favorì l’ulteriore espansione dell’insediamento fuori dal borgo. A metà Ottocento i fossati dell’antico castrum, già privati d’acqua dalla deviazione cinquecentesca, furono colmati; del passaggio del fiume rimase memoria solo nei nomi di Savena inferiore e superiore attribuiti alle strade che dal borgo portano rispettivamente a Ferrara e a Bologna.

I restauri novecenteschi
Perso il feudo, gli Isolani mantennero però la proprietà della rocca, che conservano tuttora; negli anni Sessanta del Novecento un ampio programma di restauri permise il recupero di porticati, monofore e finestre che erano stati tamponati in epoche diverse, e nei due decenni successivi fu ripristinato il grande parco di alberi secolari.
Nuovi interventi hanno interessato il ripristino dei cortili e delle sale al piano terra e il restauro degli affreschi tardo-quattrocenteschi sotto il porticato della corte e dell’appartamento al piano terra, che presentano le armi delle famiglie imparentatesi nei secoli con gli Isolani incorniciate da foglie di quercia e di ulivo.
L’edificio è aperto al pubblico in occasioni di manifestazioni ed eventi particolari organizzati dalla famiglia.

VISITA
La rocca è insigne per gli spazi disegnati dal Vignola e per gli splendidi affreschi di Amico Aspertini, i cui cartoni preparatori sono conservati al British Museum.
Nella sala di Marte il dio è rappresentato al centro della volta, mentre le pareti sono scandite da erme a monocromo e peducci con figure maschili e femminili, che costituivano probabilmente la cornice di scene andate perdute. Nella sala dell'Astronomia sono rappresentate le muse e le arti liberali; un oculo sulla volta è delimitato da una balconata illusionistica retta da quattro talamoni. Nella sala di Ercole le imprese dell’eroe si distaccano sullo sfondo di ampie vedute paesistiche. Inglobato nella struttura cinquecentesca, il cortile del Quattrocento è caratterizzato da due logge sovrapposte e da un cornicione con originali fregi policromi in cotto bolognese.
Circondato da alberi imponenti e dal prato ‘delle fiere’, il complesso comprende un’elegante torre colombaia ottagonale, ritenuta anch’essa del Vignola, servita all’interno da un piano inclinato elicoidale che consente la manutenzione di migliaia di cellette. Il palazzo Nuovo a fianco della rocca, attribuito a Bartolomeo Triachini, è caratterizzato da una loggia, motivo innovativo poi divenuto ricorrente nelle ville bolognesi dell’epoca; in origine il piano nobile era raggiungibile solo dalla scala esterna, mentre quella interna è stata realizzata nell’Ottocento.
Il borgo medievale ha mantenuto il perimetro quadrato e l’impianto ortogonale delle strade; è ancora visibile la porta d'ingresso un tempo munita di ponte levatoio, ristrutturata nell’Ottocento con pesanti interpolazioni; nelle stradine porticate, la casa del governatore si distacca dalle altre per le più alte arcate. Gli antichi fossati hanno lasciato traccia solo nei toponimi stradali; ai lati della porta di ingresso al borgo sono però ancora visibili i punti nei quali le fosse si inalveavano tra le abitazioni per raggiungere la corte. Subito fuori dalle mura, in direzione di Bologna, l’area dove sorgeva un mulino, sostituito a metà Settecento da un’osteria, venne occupata negli anni Trenta del Novecento dalla casa del Fascio, che ospita oggi un cinema teatro.


Questo sito utilizza cookie tecnici e di profilazione, propri e di terze parti.
Proseguendo nella navigazione accetti l'utilizzo dei cookie.