Imola

Rocca Sforzesca
Imola

Rocca Sforzesca di Imola, Archivio IBC,
Rocca Sforzesca di Imola, Archivio IBC
piazzale Giovanni dalle Bande Nere, 1
Imola (BO)
tel 0542 602608
Lungo la via Emilia, Imola occupa l'estrema fascia orientale del Bolognese confinante con i territori di Ravenna e Forlì.

Un centro strategico
La romana Forum Cornelii sorse in posizione favorevole ai commerci, all’innesto tra la via Emilia e lo sbocco in pianura del Santerno, che correva allora fino a Ravenna. La città era collegata al Po e all’Adriatico anche attraverso le valli, grazie a un canale navigabile, doppiato dalla via Selice, che terminava al porto vallivo di caput Silicis, l’odierna Conselice.
Pesantemente colpita dalle scorrerie barbariche e dalla guerra gotica, nel corso della guerra bizantino-longobarda l’area imolese divenne, grazie alla posizione strategica tra Bologna e la capitale esarcale, la fascia di confine tra i contendenti contesa fino alla caduta di Ravenna, andando in seguito a far parte della ‘romaniola’ donata dai re franchi al papa.
Nuovi insediamenti difesi erano nel frattempo sorti all’esterno del nucleo urbano gravitante attorno alla pieve di san Lorenzo, costituendo ben presto il riferimento di poteri in conflitto: l’antico castrum imolas, rinforzato durante la guerra bizantino-longobarda e poi forse sede della feudalità laica, sulla collina del Castellaccio che dominava a sud-est la città e il fiume; e il centro di san Cassiano, sorto attorno alla sede vescovile nella piana a nord-ovest – senza dimenticare i centri contermini di Bergullo, Dozza, Gallisterna, San Prospero e Linaro.

Le difese e la rocca in età comunale
Tra i secoli XII e XIII la lotta per l’egemonia cittadina tra il vescovo, il Comune ghibellino e le fazioni locali si intrecciò allo scontro con le guelfe Bologna e Faenza per il controllo del territorio, sullo sfondo del confronto tra papato e impero per il dominio sulla Romagna, primario asse delle comunicazioni tra Italia centrale e nord-orientale.
Esigenze militari ed economiche stimolarono allora al contempo l’espansione territoriale di Imola e la concentrazione dei suoi dispersi centri di potere: dalla fine del secolo XII il comune cittadino installato nella città antica poté così annettersi manu militari prima San Cassiano, trasferendo la sede vescovile, poi i centri di Bergullo, Dozza e Gallisterna, e infine, nel 1221, il Castellaccio.
L’espansione del centro urbano fu accompagnato dal rafforzamento delle sue difese, articolate all’interno di una cinta muraria dotata di un fossato e di sette porte d’accesso.
Al castello ‘dell’imperatore’ volto verso Faenza si aggiunse attorno al 1260 una rocca eretta a nord-ovest del centro romano in direzione di Bologna, a pianta quadrata e dotata di nove torri innestate sui muri perimetrali e di un mastio centrale, realizzato forse sui resti di un torrione preesistente. Questa rocca che venne distrutta pochi anni dopo nel corso dell’ennesimo assalto dei Bolognesi, che poterono così annettere per qualche tempo Imola al proprio territorio, finché il papa non intervenne a ripristinare l’autonomia cittadina.

Tre e Quattrocento: tra Alidosi e Manfredi
Ottenuto nel 1278 il riconoscimento imperiale dei suoi diritti sulla Romagna, il papa dovette fronteggiare le perduranti pretese di autonomia dei signori locali, contenendole solo in parte grazie alla concessione di vicariati sulle aree contese, che finirono spesso per trasformarsi in signorie di fatto.
A Imola furono gli Alidosi, signori della valle del Santerno legati in origine all’Impero poi alla sede vescovile cittadina, a ottenere nel 1341, dopo decenni di aspre lotte con le famiglie rivali, il vicariato cittadino, ereditario dal 1384, promuovendo una serie di interventi di fortificazione della rocca.
Fino a tutto il secolo successivo l’intera Romagna - frontiera strategica dei dominii della Chiesa, e porta d’accesso alle valli e al mare Adriatico - fu dominata dallo scontro di interessi e dai variabili rapporti tra il papa e gli stati vicini, in particolare Milano, Venezia e Firenze.
Nel 1424 i Visconti - espugnata la rocca, da loro subito riconsegnata al papa per evitare che finisse nelle mani dei Veneziani - cacciarono gli Alidosi dalla città, affidandone poi il governo nel corso del decennio successivo, durante la guerra con la Serenissima, agli alleati Manfredi, signori di Faenza.
Sotto il dominio dei Manfredi, durato oltre tre decenni, e in particolare di Taddeo, Imola conobbe un nuovo slancio economico e urbanistico; anche il sistema difensivo cittadino venne ridisegnato e rafforzato con la ristrutturazione della rocca e la costruzione di una nuova cinta in mattoni dotata di quattro porte fortificate al posto del precedente steccato ligneo.

La rocca dei Riario Sforza
Nel 1473 il nuovo signore di Milano Galeazzo Maria Sforza, per consolidare la sua alleanza con la Chiesa, sottrasse ai Manfredi Imola con il suo contado dandola in dote alla figlia Caterina in occasione delle nozze con Girolamo Riario, il nipote di papa Sisto IV fatto vicario della città.
Il possesso di Imola entrò così nella contesa tra Roma e Firenze, che aveva da tempo consolidato la sua occupazione di parte del territorio romagnolo per assicurarsi accesso all’Adriatico, e fu tra le cause della congiura antimedicea dei Pazzi del 1477, che ebbe Girolamo tra i protagonisti.
Ottenuto nel 1480 anche il vicariato di Forlì, Girolamo e Caterina – reggente dal 1488 dopo l’assassinio del marito - promossero nelle due città e nell’intero territorio un importante programma di rinnovamento urbanistico e di adeguamento delle strutture fortificate alle nuove tecniche belliche introdotte dall’artiglieria.
Anche la rocca imolese venne sottoposta a imponenti lavori, avviati dall’architetto militare degli Sforza Dainesio Maineri e portati a termine da Gian Lodovico Menghi e Giorgio Marchesi detto il Fiorentino. Gli interventi compresero l'ampliamento di mura e fossati, la riduzione del mastio e l'inglobamento delle torri angolari quadrate entro nuovi e più spessi torrioni circolari capaci di resistere ai colpi di bombarda. Anche il palazzetto del Paradiso nel cortile del Soccorso venne ristrutturato e destinato a residenza: i progetti erano infatti finalizzati anche a valorizzare le funzioni residenziali e di rappresentanza delle principali fortificazioni, divenuti rilevanti dopo l’allontanamento dei Riario Sforza da Roma e il loro trasferimento in Romagna.

Dallo 'stato' del Valentino allo Stato della Chiesa
Alla fine del Quattrocento la campagna lampo condotta contro i signori romagnoli da Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro, con il fine dichiarato di restaurare l’autorità della Chiesa - e quello occulto di crearsi un dominio personale in Italia centrale - portò in rapida successione alla caduta delle rocche del territorio, compresa quella di Imola che si arrese però solo dopo diversi giorni di assedio. Il nuovo duca di Romagna affidò una approfondita verifica dello stato delle strutture difensive del territorio a Leonardo da Vinci, che produsse a questo fine anche il rilievo topografico delle mura imolesi.
All’inizio del Cinquecento, esaurito il tentativo del Borgia e sconfitte le ambizioni veneziane ad Agnadello, il nuovo papa Giulio II instaurò sulla Romagna il dominio diretto della Chiesa, cancellando il sistema dei vicariati signorili.
Esaurite le ulteriori turbolenze culminate nel 1512 nella grande battaglia di Ravenna tra francesi e ispano-pontifici, a partire da metà secolo la progressiva stabilizzazione della situazione politica europea rese marginali le funzioni militari delle ormai obsolete fortificazioni romagnole. Come tante altre, anche la rocca imolese venne disarmata e destinata all’uso prevalentemente carcerario che avrebbe mantenuto per oltre quattro secoli.

Dalla distruzione delle difese imolesi alla valorizzazione della rocca
Tra fine Ottocento e inizio Novecento le spinte ‘modernizzatrici’ portarono al quasi completo abbattimento delle mura quattrocentesche della città, ad esclusione della porta Montanara e dei bastioni di Porta Appia. Solo la rocca venne risparmiata grazie al mantenimento della sua funzione carceraria, continuato fino al secondo conflitto mondiale quando vi vennero rinchiusi, specie dopo l'8 settembre, gli oppositori del regime.
Nel 1958 furono avviati i restauri per la destinazione dell’edificio a fini museali, e nel 1973 la rocca venne riaperta al pubblico con un allestimento incentrato su due collezioni civiche. La collezione di armi è il risultato dell'acquisto di una raccolta privata in vista dell'apertura al pubblico della rocca, mentre quella di ceramiche, strettamente legata alla storia della rocca e della città, raccoglie gli oggetti rinvenuti durante gli interventi di recupero degli ambienti, fornendo uno spaccato della vita quotidiana nell’edificio fortificato nel corso di circa seicento anni.

VISITA
L’imponente edificio conserva il portale con arco a sesto acuto, il mastio con le segrete, gli ambienti residenziali a piano terra e il terrazzo che offre un ampio panorama sulla città e le vicine colline. Delle nove torri perimetrali a pianta rettangolare presenti in origine è ancora riconoscibile solo quella inglobata nel torrione angolare di sud-est.
Il percorso comprende la visita ai due musei. Nei locali d’accesso alla sede dell’Accademia pianistica, ospitata nella rocca, sono esposte lastre e lapidi provenienti dalle necropoli extra-urbane di epoca romana.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Santerno,
via Emilia,
via Selice o Montanara Imolese
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Alidosi,
Manfredi,
Riario Sforza,
Borgia
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Leonardo e le rocche romagnole
Bibliografia
piazzale Giovanni dalle Bande Nere, 1
Imola (BO)
tel 0542 602608
Lungo la via Emilia, Imola occupa l'estrema fascia orientale del Bolognese confinante con i territori di Ravenna e Forlì.

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Un centro strategico
La romana Forum Cornelii sorse in posizione favorevole ai commerci, all’innesto tra la via Emilia e lo sbocco in pianura del Santerno, che correva allora fino a Ravenna. La città era collegata al Po e all’Adriatico anche attraverso le valli, grazie a un canale navigabile, doppiato dalla via Selice, che terminava al porto vallivo di caput Silicis, l’odierna Conselice.
Pesantemente colpita dalle scorrerie barbariche e dalla guerra gotica, nel corso della guerra bizantino-longobarda l’area imolese divenne, grazie alla posizione strategica tra Bologna e la capitale esarcale, la fascia di confine tra i contendenti contesa fino alla caduta di Ravenna, andando in seguito a far parte della ‘romaniola’ donata dai re franchi al papa.
Nuovi insediamenti difesi erano nel frattempo sorti all’esterno del nucleo urbano gravitante attorno alla pieve di san Lorenzo, costituendo ben presto il riferimento di poteri in conflitto: l’antico castrum imolas, rinforzato durante la guerra bizantino-longobarda e poi forse sede della feudalità laica, sulla collina del Castellaccio che dominava a sud-est la città e il fiume; e il centro di san Cassiano, sorto attorno alla sede vescovile nella piana a nord-ovest – senza dimenticare i centri contermini di Bergullo, Dozza, Gallisterna, San Prospero e Linaro.

Le difese e la rocca in età comunale
Tra i secoli XII e XIII la lotta per l’egemonia cittadina tra il vescovo, il Comune ghibellino e le fazioni locali si intrecciò allo scontro con le guelfe Bologna e Faenza per il controllo del territorio, sullo sfondo del confronto tra papato e impero per il dominio sulla Romagna, primario asse delle comunicazioni tra Italia centrale e nord-orientale.
Esigenze militari ed economiche stimolarono allora al contempo l’espansione territoriale di Imola e la concentrazione dei suoi dispersi centri di potere: dalla fine del secolo XII il comune cittadino installato nella città antica poté così annettersi manu militari prima San Cassiano, trasferendo la sede vescovile, poi i centri di Bergullo, Dozza e Gallisterna, e infine, nel 1221, il Castellaccio.
L’espansione del centro urbano fu accompagnato dal rafforzamento delle sue difese, articolate all’interno di una cinta muraria dotata di un fossato e di sette porte d’accesso.
Al castello ‘dell’imperatore’ volto verso Faenza si aggiunse attorno al 1260 una rocca eretta a nord-ovest del centro romano in direzione di Bologna, a pianta quadrata e dotata di nove torri innestate sui muri perimetrali e di un mastio centrale, realizzato forse sui resti di un torrione preesistente. Questa rocca che venne distrutta pochi anni dopo nel corso dell’ennesimo assalto dei Bolognesi, che poterono così annettere per qualche tempo Imola al proprio territorio, finché il papa non intervenne a ripristinare l’autonomia cittadina.

Tre e Quattrocento: tra Alidosi e Manfredi
Ottenuto nel 1278 il riconoscimento imperiale dei suoi diritti sulla Romagna, il papa dovette fronteggiare le perduranti pretese di autonomia dei signori locali, contenendole solo in parte grazie alla concessione di vicariati sulle aree contese, che finirono spesso per trasformarsi in signorie di fatto.
A Imola furono gli Alidosi, signori della valle del Santerno legati in origine all’Impero poi alla sede vescovile cittadina, a ottenere nel 1341, dopo decenni di aspre lotte con le famiglie rivali, il vicariato cittadino, ereditario dal 1384, promuovendo una serie di interventi di fortificazione della rocca.
Fino a tutto il secolo successivo l’intera Romagna - frontiera strategica dei dominii della Chiesa, e porta d’accesso alle valli e al mare Adriatico - fu dominata dallo scontro di interessi e dai variabili rapporti tra il papa e gli stati vicini, in particolare Milano, Venezia e Firenze.
Nel 1424 i Visconti - espugnata la rocca, da loro subito riconsegnata al papa per evitare che finisse nelle mani dei Veneziani - cacciarono gli Alidosi dalla città, affidandone poi il governo nel corso del decennio successivo, durante la guerra con la Serenissima, agli alleati Manfredi, signori di Faenza.
Sotto il dominio dei Manfredi, durato oltre tre decenni, e in particolare di Taddeo, Imola conobbe un nuovo slancio economico e urbanistico; anche il sistema difensivo cittadino venne ridisegnato e rafforzato con la ristrutturazione della rocca e la costruzione di una nuova cinta in mattoni dotata di quattro porte fortificate al posto del precedente steccato ligneo.

La rocca dei Riario Sforza
Nel 1473 il nuovo signore di Milano Galeazzo Maria Sforza, per consolidare la sua alleanza con la Chiesa, sottrasse ai Manfredi Imola con il suo contado dandola in dote alla figlia Caterina in occasione delle nozze con Girolamo Riario, il nipote di papa Sisto IV fatto vicario della città.
Il possesso di Imola entrò così nella contesa tra Roma e Firenze, che aveva da tempo consolidato la sua occupazione di parte del territorio romagnolo per assicurarsi accesso all’Adriatico, e fu tra le cause della congiura antimedicea dei Pazzi del 1477, che ebbe Girolamo tra i protagonisti.
Ottenuto nel 1480 anche il vicariato di Forlì, Girolamo e Caterina – reggente dal 1488 dopo l’assassinio del marito - promossero nelle due città e nell’intero territorio un importante programma di rinnovamento urbanistico e di adeguamento delle strutture fortificate alle nuove tecniche belliche introdotte dall’artiglieria.
Anche la rocca imolese venne sottoposta a imponenti lavori, avviati dall’architetto militare degli Sforza Dainesio Maineri e portati a termine da Gian Lodovico Menghi e Giorgio Marchesi detto il Fiorentino. Gli interventi compresero l'ampliamento di mura e fossati, la riduzione del mastio e l'inglobamento delle torri angolari quadrate entro nuovi e più spessi torrioni circolari capaci di resistere ai colpi di bombarda. Anche il palazzetto del Paradiso nel cortile del Soccorso venne ristrutturato e destinato a residenza: i progetti erano infatti finalizzati anche a valorizzare le funzioni residenziali e di rappresentanza delle principali fortificazioni, divenuti rilevanti dopo l’allontanamento dei Riario Sforza da Roma e il loro trasferimento in Romagna.

Dallo 'stato' del Valentino allo Stato della Chiesa
Alla fine del Quattrocento la campagna lampo condotta contro i signori romagnoli da Cesare Borgia, figlio di papa Alessandro, con il fine dichiarato di restaurare l’autorità della Chiesa - e quello occulto di crearsi un dominio personale in Italia centrale - portò in rapida successione alla caduta delle rocche del territorio, compresa quella di Imola che si arrese però solo dopo diversi giorni di assedio. Il nuovo duca di Romagna affidò una approfondita verifica dello stato delle strutture difensive del territorio a Leonardo da Vinci, che produsse a questo fine anche il rilievo topografico delle mura imolesi.
All’inizio del Cinquecento, esaurito il tentativo del Borgia e sconfitte le ambizioni veneziane ad Agnadello, il nuovo papa Giulio II instaurò sulla Romagna il dominio diretto della Chiesa, cancellando il sistema dei vicariati signorili.
Esaurite le ulteriori turbolenze culminate nel 1512 nella grande battaglia di Ravenna tra francesi e ispano-pontifici, a partire da metà secolo la progressiva stabilizzazione della situazione politica europea rese marginali le funzioni militari delle ormai obsolete fortificazioni romagnole. Come tante altre, anche la rocca imolese venne disarmata e destinata all’uso prevalentemente carcerario che avrebbe mantenuto per oltre quattro secoli.

Dalla distruzione delle difese imolesi alla valorizzazione della rocca
Tra fine Ottocento e inizio Novecento le spinte ‘modernizzatrici’ portarono al quasi completo abbattimento delle mura quattrocentesche della città, ad esclusione della porta Montanara e dei bastioni di Porta Appia. Solo la rocca venne risparmiata grazie al mantenimento della sua funzione carceraria, continuato fino al secondo conflitto mondiale quando vi vennero rinchiusi, specie dopo l'8 settembre, gli oppositori del regime.
Nel 1958 furono avviati i restauri per la destinazione dell’edificio a fini museali, e nel 1973 la rocca venne riaperta al pubblico con un allestimento incentrato su due collezioni civiche. La collezione di armi è il risultato dell'acquisto di una raccolta privata in vista dell'apertura al pubblico della rocca, mentre quella di ceramiche, strettamente legata alla storia della rocca e della città, raccoglie gli oggetti rinvenuti durante gli interventi di recupero degli ambienti, fornendo uno spaccato della vita quotidiana nell’edificio fortificato nel corso di circa seicento anni.

VISITA
L’imponente edificio conserva il portale con arco a sesto acuto, il mastio con le segrete, gli ambienti residenziali a piano terra e il terrazzo che offre un ampio panorama sulla città e le vicine colline. Delle nove torri perimetrali a pianta rettangolare presenti in origine è ancora riconoscibile solo quella inglobata nel torrione angolare di sud-est.
Il percorso comprende la visita ai due musei. Nei locali d’accesso alla sede dell’Accademia pianistica, ospitata nella rocca, sono esposte lastre e lapidi provenienti dalle necropoli extra-urbane di epoca romana.


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