Castel del Rio

Palazzo Alidosi
Castel del Rio

Palazzo Alidosi, su gentile concessione di comuni-italiani.it
via Montanara, 1
Castel del Rio (BO)
tel 0542-95906
Nella sezione orientale del Bolognese, Castel del Rio è situato nell’alta valle del Santerno a una ventina di chilometri da Imola, a ridosso del confine con la Toscana.


La presenza del fiume ha improntato l’insediamento del territorio fin dall’antichità. Già in età romana il Santerno portava a valle merci e persone, intersecando l’abitato di Forum Cornelii, l’attuale Imola, sulla via Emilia, e giungendo allora con un ramo, unito all’attuale Senio, a ridosso di Ravenna. Il collegamento tra questa area appenninica e la via Emilia, e da qui al mare, era assicurato anche da un tracciato stradale in parte corrispondente all’attuale via Montanara, utilizzato anche in età medievale, che oltre il crinale giungeva nell'area dove sarebbe sorta Fiorenzuola.

Dal vescovo di Imola agli Alidosi
Dalla prima metà del secolo XI l'insediamento della ‘massa’ di Sant’Ambrogio - posto a nord ovest dell’attuale centro abitato e forse fortificato - è attestato con altri siti dell’Imolese come proprietà di Bonifacio di Canossa. Donato dalla contessa Matilde alla Chiesa pisana nel 1077, cinquant’anni dopo la massa era del vescovo imolese, che ne concesse i privilegi ai canonici di San Cassiano.
La titolarità vescovile della massa fu confermata da successivi atti papali ma non dall’imperatore, che ai primi del Duecento la assegnò in feudo, con poteri quasi assoluti, alla famiglia Alidosi, in posizioni di prestigio a Imola fin dal secolo precedente. Il casato elesse a propria sede un castello nei pressi di Sant'Ambrogio detto ‘del rivo’ - oggi ridotto a rudere e noto come il Castellaccio - dalla cui piazza di mercato, posta più a valle, sarebbe sorto il centro di Mercatale, poi Castel del Rio.
Nel corso del Duecento gli Alidosi rafforzarono con alterni esiti le proprie posizioni lungo la valle – estendendo il proprio controllo fino al presidio militare di Linaro a ridosso di Imola, decisivo per il controllo della città – ma anche oltre il crinale in territorio fiorentino, dove divennero signori di Castiglioncello e di Visignano. A suggello della politica di potere del casato - rafforzata dai legami matrimoniali con gli Ubaldini signori del Mugello e con importanti famiglie fiorentine e bolognesi – il ramo imolese degli Alidosi ottenne nel 1341 dopo decenni di aspre lotte il vicariato della città, carica divenuta ereditaria quarant’anni dopo e conservata fino al 1424 quando vennero esautorati dai Visconti.

Gli Alidosi di Castel del Rio e un potente protettore
Il ramo familiare stanziato a Castel del Rio avrebbe invece mantenuto il potere nella valle del Santerno per altri duecento anni.
Alleatisi a fine Trecento con Firenze – unendo nello stemma di famiglia il giglio fiorentino all’aquila imperiale– questa branca famigliare ebbe il suo momento di massima gloria fra Quattro e Cinquecento, grazie alla protezione politica e alla disponibilità finanziaria del cardinale Francesco, fidato consigliere di Giulio II e detentore con i fratelli del feudo montano.
Oltre a concedere ai parenti ampie cariche e rendite, il cardinale esercitò la sua influenza per mantenere Castel del Rio alla famiglia, impedendo che gli abitanti passassero a Firenze, che ne aveva già accettato la dedizione, per sottrarsi alla pesante pressione tributaria loro imposta. Egli non riuscì invece nel tentativo di restituire agli Alidosi il perduto vicariato imolese: questo disegno collideva infatti con la politica di Giulio II che mirava – fallito il tentativo di Borgia di crearvi uno stato personale ed eliminato il pericolo veneziano - a inglobare la Romagna direttamente nello Stato della Chiesa, eliminando la mediazione dei vicariati signorili.

Il palazzo e il ponte degli Alidosi
Il grande patrimonio accumulato, gli interessi umanistici e l’amicizia del cardinale con artisti del calibro di Michelangelo e Bramante consentirono però la realizzazione nella valle del Santerno, a esaltazione della famiglia, di opere di assoluto rilievo architettonico e artistico il palazzo e il ponte alidosiani di Castel del Rio. Audace opera di ingegneria commissionata nel 1499 a mastro Andrea Guerrieri da Imola e realizzato in più di venti anni, il ponte sul Santerno, situato poco fuori dal paese, con il suo profilo a schiena d’asino e l’arcata unica in mattoni delle eccezionali dimensioni di 42 metri, è monumento nazionale dal 1817. Il ponte ebbe un notevole impatto sulla vita della valle, favorendo i commerci e gli scambi tra il centro mercatale e l’ampio territorio sulla destra del fiume comprendente Osta, Cantagallo e Valsalva.
Il grandioso palazzo oggi al centro del paese fu progettato secondo le ipotesi più accreditate da Francesco da Sangallo, o secondo alcuni dallo stesso Bramante. Il progetto originario, che prevedeva la realizzazione di un edificio con funzioni difensive e residenziali, fu però realizzato solo in parte. I lavori furono avviati nel 1542 - l’anno in cui il castello ‘del rivo’, l’antica dimora di famiglia, venne distrutto da un devastante terremoto – e condotti a gran velocità e con ingenti spese; ma già nel 1545, più di trent’anni dopo la morte del cardinale, il cantiere venne bruscamente bloccato per mancanza di risorse e la struttura lasciata incompiuta con due soli bastioni.
Nel 1638 gli Alidosi persero Castel del Rio – annesso alla Legazione di Romagna dello Stato della Chiesa - dopo una lunga controversia con il papa sulla titolarità del feudo legata alla natura della prima investitura feudale, che si tinse di accuse di eresia coinvolgendo anche il Granducato di Toscana. Lasciato a lungo in abbandono e ormai in rovina, nel 1841 il complesso venne acquisito in enfiteusi dal Comune, che ne fece la propria sede divenendone proprietario a pieno titolo nel 1877. Dopo un accurato restauro realizzato nei primi anni Duemila, il palazzo è oggi aperto alle visite e ospita il museo dedicato alla seconda guerra mondiale e alla vicina linea Gotica, il museo dedicato al castagno, tipica coltura appenninica, e un centro didattico sulla fauna locale.

VISITA
Ispirato ai modelli del rinascimento fiorentino, il disegno originario del palazzo prevedeva la realizzazione di un edificio a pianta quadrata, con un corpo centrale dislocato attorno al grande cortile interno con loggiato, completato da quattro bastioni angolari a punta di diamante e da un ampio fossato con ponticello; un giardino ‘delle delizie’ circondato da un alto muro avrebbe completato l’edificio a sud.
L’edificio incompiuto lascia trasparire la grandiosità del progetto: i soli elementi costruiti e ancor oggi visibili sono i due torrioni di levante e l'edificio di raccordo, a cui si accede dal portone sormontato dallo stemma degli Alidosi. Il fabbricato racchiude lo splendido cortile delle Fontane – il cui loggiato è retto da solo tre delle 28 colonne previste, sette per ciascun lato, in un solo blocco di arenaria - con tre fontane a conchiglia e otto nicchie circolari che dovevano accogliere i busti degli Alidosi, di cui ne resta oggi solo uno.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Santerno,
via Selice o Montanara Imolese
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Alidosi
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Rinascimento e Manierismo
Notizie storiche
Bibliografia

Pezzoli S.
I municipi e la nazione. I palazzi comunali dell'Emilia-Romagna fra patrimonio, storia e società
Bologna
2012

via Montanara, 1
Castel del Rio (BO)
tel 0542-95906
Nella sezione orientale del Bolognese, Castel del Rio è situato nell’alta valle del Santerno a una ventina di chilometri da Imola, a ridosso del confine con la Toscana.


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La presenza del fiume ha improntato l’insediamento del territorio fin dall’antichità. Già in età romana il Santerno portava a valle merci e persone, intersecando l’abitato di Forum Cornelii, l’attuale Imola, sulla via Emilia, e giungendo allora con un ramo, unito all’attuale Senio, a ridosso di Ravenna. Il collegamento tra questa area appenninica e la via Emilia, e da qui al mare, era assicurato anche da un tracciato stradale in parte corrispondente all’attuale via Montanara, utilizzato anche in età medievale, che oltre il crinale giungeva nell'area dove sarebbe sorta Fiorenzuola.

Dal vescovo di Imola agli Alidosi
Dalla prima metà del secolo XI l'insediamento della ‘massa’ di Sant’Ambrogio - posto a nord ovest dell’attuale centro abitato e forse fortificato - è attestato con altri siti dell’Imolese come proprietà di Bonifacio di Canossa. Donato dalla contessa Matilde alla Chiesa pisana nel 1077, cinquant’anni dopo la massa era del vescovo imolese, che ne concesse i privilegi ai canonici di San Cassiano.
La titolarità vescovile della massa fu confermata da successivi atti papali ma non dall’imperatore, che ai primi del Duecento la assegnò in feudo, con poteri quasi assoluti, alla famiglia Alidosi, in posizioni di prestigio a Imola fin dal secolo precedente. Il casato elesse a propria sede un castello nei pressi di Sant'Ambrogio detto ‘del rivo’ - oggi ridotto a rudere e noto come il Castellaccio - dalla cui piazza di mercato, posta più a valle, sarebbe sorto il centro di Mercatale, poi Castel del Rio.
Nel corso del Duecento gli Alidosi rafforzarono con alterni esiti le proprie posizioni lungo la valle – estendendo il proprio controllo fino al presidio militare di Linaro a ridosso di Imola, decisivo per il controllo della città – ma anche oltre il crinale in territorio fiorentino, dove divennero signori di Castiglioncello e di Visignano. A suggello della politica di potere del casato - rafforzata dai legami matrimoniali con gli Ubaldini signori del Mugello e con importanti famiglie fiorentine e bolognesi – il ramo imolese degli Alidosi ottenne nel 1341 dopo decenni di aspre lotte il vicariato della città, carica divenuta ereditaria quarant’anni dopo e conservata fino al 1424 quando vennero esautorati dai Visconti.

Gli Alidosi di Castel del Rio e un potente protettore
Il ramo familiare stanziato a Castel del Rio avrebbe invece mantenuto il potere nella valle del Santerno per altri duecento anni.
Alleatisi a fine Trecento con Firenze – unendo nello stemma di famiglia il giglio fiorentino all’aquila imperiale– questa branca famigliare ebbe il suo momento di massima gloria fra Quattro e Cinquecento, grazie alla protezione politica e alla disponibilità finanziaria del cardinale Francesco, fidato consigliere di Giulio II e detentore con i fratelli del feudo montano.
Oltre a concedere ai parenti ampie cariche e rendite, il cardinale esercitò la sua influenza per mantenere Castel del Rio alla famiglia, impedendo che gli abitanti passassero a Firenze, che ne aveva già accettato la dedizione, per sottrarsi alla pesante pressione tributaria loro imposta. Egli non riuscì invece nel tentativo di restituire agli Alidosi il perduto vicariato imolese: questo disegno collideva infatti con la politica di Giulio II che mirava – fallito il tentativo di Borgia di crearvi uno stato personale ed eliminato il pericolo veneziano - a inglobare la Romagna direttamente nello Stato della Chiesa, eliminando la mediazione dei vicariati signorili.

Il palazzo e il ponte degli Alidosi
Il grande patrimonio accumulato, gli interessi umanistici e l’amicizia del cardinale con artisti del calibro di Michelangelo e Bramante consentirono però la realizzazione nella valle del Santerno, a esaltazione della famiglia, di opere di assoluto rilievo architettonico e artistico il palazzo e il ponte alidosiani di Castel del Rio. Audace opera di ingegneria commissionata nel 1499 a mastro Andrea Guerrieri da Imola e realizzato in più di venti anni, il ponte sul Santerno, situato poco fuori dal paese, con il suo profilo a schiena d’asino e l’arcata unica in mattoni delle eccezionali dimensioni di 42 metri, è monumento nazionale dal 1817. Il ponte ebbe un notevole impatto sulla vita della valle, favorendo i commerci e gli scambi tra il centro mercatale e l’ampio territorio sulla destra del fiume comprendente Osta, Cantagallo e Valsalva.
Il grandioso palazzo oggi al centro del paese fu progettato secondo le ipotesi più accreditate da Francesco da Sangallo, o secondo alcuni dallo stesso Bramante. Il progetto originario, che prevedeva la realizzazione di un edificio con funzioni difensive e residenziali, fu però realizzato solo in parte. I lavori furono avviati nel 1542 - l’anno in cui il castello ‘del rivo’, l’antica dimora di famiglia, venne distrutto da un devastante terremoto – e condotti a gran velocità e con ingenti spese; ma già nel 1545, più di trent’anni dopo la morte del cardinale, il cantiere venne bruscamente bloccato per mancanza di risorse e la struttura lasciata incompiuta con due soli bastioni.
Nel 1638 gli Alidosi persero Castel del Rio – annesso alla Legazione di Romagna dello Stato della Chiesa - dopo una lunga controversia con il papa sulla titolarità del feudo legata alla natura della prima investitura feudale, che si tinse di accuse di eresia coinvolgendo anche il Granducato di Toscana. Lasciato a lungo in abbandono e ormai in rovina, nel 1841 il complesso venne acquisito in enfiteusi dal Comune, che ne fece la propria sede divenendone proprietario a pieno titolo nel 1877. Dopo un accurato restauro realizzato nei primi anni Duemila, il palazzo è oggi aperto alle visite e ospita il museo dedicato alla seconda guerra mondiale e alla vicina linea Gotica, il museo dedicato al castagno, tipica coltura appenninica, e un centro didattico sulla fauna locale.

VISITA
Ispirato ai modelli del rinascimento fiorentino, il disegno originario del palazzo prevedeva la realizzazione di un edificio a pianta quadrata, con un corpo centrale dislocato attorno al grande cortile interno con loggiato, completato da quattro bastioni angolari a punta di diamante e da un ampio fossato con ponticello; un giardino ‘delle delizie’ circondato da un alto muro avrebbe completato l’edificio a sud.
L’edificio incompiuto lascia trasparire la grandiosità del progetto: i soli elementi costruiti e ancor oggi visibili sono i due torrioni di levante e l'edificio di raccordo, a cui si accede dal portone sormontato dallo stemma degli Alidosi. Il fabbricato racchiude lo splendido cortile delle Fontane – il cui loggiato è retto da solo tre delle 28 colonne previste, sette per ciascun lato, in un solo blocco di arenaria - con tre fontane a conchiglia e otto nicchie circolari che dovevano accogliere i busti degli Alidosi, di cui ne resta oggi solo uno.


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