Bentivoglio

Castello di Bentivoglio o di Ponte Poledrano
Bentivoglio

Castello di Bentivoglio
via Saliceto, 1
Bentivoglio (BO)
tel 051 6643511 (Urp Comune), 051 226934 (SuccedeSoloABologna)
Nella pianura bolognese settentrionale attraversata dal fiume Reno, fuori dalla porta cittadina di Galliera, Bentivoglio è situata tra Bologna e Ferrara, lungo l’asta del canale Navile.

Insediato fin dalla preistoria e per secoli occupato da acquitrini misti a macchie di bosco, il territorio fu bonificato e centuriato dai Romani, che qui crearono infrastrutture viarie di collegamento con le colonie di area veneta. Nuovi interventi furono attuati a partire dal secolo XII, quando probabilmente l'accesso al mare era garantito a Bologna dalla non lontana Galliera, tramite la strada omonima.

Un’area strategica: il Navile e la torre del ponte Poledrano
Dall’inizio del Duecento – quando la rinascita economica e l’espansione territoriale di Bologna consolidarono la sua stretta integrazione con il contado – questa area accrebbe il suo rilievo strategico grazie alla posizione al confine con i territori di Ferrara e Venezia.
Il canale Navile realizzato allora fu per sette secoli principale via d'acqua navigabile del Bolognese e perno infrastrutturale della sua economia. Originato da una derivazione del fiume Reno presso la chiusa di Casalecchio, ai piedi dell’appennino, il canale attraversava la città alimentando i fossati difensivi e i numerosi impianti produttivi, per uscirne poi a nord nell’area portuale extra muros. Percorsa la pianura per trenta chilometri, a Malalbergo vicino a Ferrara si collegava di nuovo con il Reno, consentendo il trasporto delle merci bolognesi fino alle valli, e da lì a Venezia e all'Adriatico.
Il Navile assunse ben presto un’importanza anche militare, nei conflitti che opposero Bologna a Venezia – disturbata nei suoi commerci e sconfitta nella battaglia navale della Polesella da truppe bolognesi trasportate lungo il canale - e a Ferrara, dove le ambizioni degli Este sull’Emilia occidentale ostacolate dall’espansione felsinea fino ai bordi della città sfociarono a fine secolo in una guerra che coinvolse anche il contado.
Lungo l’asta del canale vennero così eretti dal comune bolognese diversi edifici fortificati, tra cui la rocca posta nel 1390 al ponte Poledrano - l’attuale Bentivoglio – a poca distanza da Malalbergo. Dotata di un torricino completo di campana e braciere per allarmare la città e il circondario nel caso di attacchi da nord, la struttura venne eretta a fianco di un mulino costruito trent’anni prima da Guido Lambertini su concessione del comune cittadino.

Lo splendore dei Bentivoglio: la ‘domus jocunditatis’
Meno di cent’anni dopo la torre venne data in custodia al signore di Bologna Giovanni II Bentivoglio e inglobata nella sfarzosa villa di campagna da lui fatta costruire con la moglie Ginevra Sforza come residenza di villeggiatura e svaghi venatorii tra il 1475 e il 1481, gli anni di massimo splendore del casato.
L’antico mulino Lambertini era stato acquistato in precedenza da Giovanni ad incrementare il suo ampio patrimonio molitorio, cardine delle ricchezze private del casato e garanzia di salute pubblica in tempi di carestia; uno splendido ciclo affrescato sulle pareti della villa venne dedicato proprio al processo di trasformazione del grano in pane, strumento di potere dell’epoca.
La domus jocunditatis – la casa della gioia come si proclama nei cartigli dipinti – avrebbe ospitato per più di vent’anni con la corte bentivolesca grandi signori come i duchi d’Este Ercole I e Alfonso I; anche la promessa sposa di quest’ultimo, Lucrezia Borgia, vi fece tappa durante il viaggio in barca lungo il Navile per raggiungere Ferrara.

La fine dei Bentivoglio: da castello a villa
Il legame tra i signori di Bologna e il Navile, pilastro della prosperità cittadina, fu confermato dagli importanti lavori di sistemazione e riqualificazione del canale promossi nel 1491 allo scopo di renderlo navigabile fino alle mura cittadine, con la realizzazione di uno scalo vicino a porta Galliera e di tre rudimentali chiuse o ‘sostegni’ lungo il percorso per ovviare ai dislivelli. La cacciata dei Bentivoglio nel 1506 a opera di Giulio II segnò l'abbandono del porto ‘urbano’, per le eccessive spese di manutenzione, a favore del più vecchio e periferico scalo di Corticella; solo nella seconda metà del secolo, con il progetto del Vignola, il porto avrebbe trovato sede definitiva a ridosso delle mura tra porta Galliera e porta Lame, diventando un vero centro commerciale e di servizi.
Simbolo della potenza perduta dei Bentivoglio, anche la ‘casa della gioia’ – che era stata confiscata dalla Camera apostolica e poi restituita alla famiglia – conobbe un lungo periodo di decadenza, tanto che intere sue parti rischiarono ben presto di crollare.
La ristrutturazione effettuata nel XVIII secolo dai nuovi proprietari, i bolognesi Pepoli, abbattè la pericolante ala occidentale e distrusse fossati e mura, conferendo all’edificio il carattere di una villa aperta su due lati. Molti ambienti dell’antico castello vennero però occupati da famiglie bracciantili e divisi in piccoli spazi abitativi o destinati a magazzini, concerie, ricoveri di animali, subendo così un ulteriore degrado.

La terza vita del castello: l'impresa dei Pizzardi
Alla fine del Settecento la crisi delle industrie tessili bolognesi innescò anche il declino della funzione del Navile come via di comunicazione, progressivamente soppiantata dagli usi connessi alle attività agricole, in particolare per l’irrigazione delle risaie.
Il mutato carattere dell’economia bolognese, centrata ora sulla proprietà terriera, fu esemplificato dall’acquisto nel 1817 della grande tenuta Bentivoglio da parte della famiglia bolognese Pizzardi, titolare di terreni tra Castel Maggiore, San Marino di Bentivoglio e Santa Maria in Duno. La tenuta comprendeva oltre al castello, alle terre e alle valli limitrofe il complesso di edifici produttivi – il mulino e la pila da riso, magazzini e granai, botteghe e un’osteria - sorto nel tempo attorno all’antico edificio bentivolesco.
La terza vita di Bentivoglio e del suo castello ebbe inizio con l’ultimo proprietario, l’imprenditore e filantropo Carlo Alberto Pizzardi, che attorno al 1885 promosse un ampio programma di modernizzazione delle attività agricole e industriali della tenuta, che coniugava interesse economico e innovazioni sociali - con riguardo a riassetto ambientale, igiene, tutela della salute e istruzione della manodopera impegnata nella tenuta. La bonifica delle risaie consentì, con il risanamento del territorio, l’impianto di un importante centro di produzione risicola, a cui si accompagnò il potenziamento dello storico mulino, riedificato e ampliato nel 1890, e la creazione di uno stabilimento industriale per la filatura della canapa. In un’area isolata della tenuta venne realizzato un ospedale, e una scuola e un asilo per i bambini del paese nei locali appena ristrutturati del castello.

La Bentivoglio di Rubbiani
Nel 1889 Pizzardi, promotore con altri industriali bolognesi del movimento Aemilia Ars ispirato all’Arts and Crafts, aveva infatti deciso di restaurare il castello, affidando i lavori a Alfonso Rubbiani, autore del ridisegno in chiave neo-medievale del volto di Bologna, che aveva ideato anche gli arredi della residenza cittadina della famiglia.
Proponendosi di ripristinare l'edificio voluto da Giovanni II, e grazie a un’approfondita ricerca sui documenti antichi, Rubbiani ricostruì l'ala crollata, riedificò la cinta merlata e riarticolò gli ambienti secondo le indicazioni delle vecchie piante; al contempo, non si fece scrupolo di integrare l’edificio con elementi ‘inventati’, e di grande impatto, come il rivellino di accesso e la scala che dal cortile conduce al piano nobile.
Sulla riva opposta del canale, proteso sull’acqua alle spalle di un ‘sostegno’, Rubbiani edificò il palazzo Rosso in mattoni, utilizzato da Pizzardi come abitazione padronale ma anche come magazzino per il riso e il grano, in ambienti decorati con splendidi affreschi che ne fanno uno dei maggiori esempi del Liberty bolognese. Un altro palazzo, denominato il Vivaio, venne realizzato sullo spiazzo a fianco del mulino, anch’esso con un lato sul Navile, per ospitare le numerose famiglie che avevano dovuto abbandonare il castello, e che comprendeva oltre alle abitazioni una falegnameria e una fabbreria.

Il Novecento: una sede per le istituzioni sanitarie
Le grandi trasformazioni economiche e industriali tra Otto e Novecento mutarono anche il volto del Navile, dove vennero installate le prime centrali per la produzione di energia elettrica, come quella impiantata nel 1900 presso l’antico sostegno bentivolesco del Battiferro, e diversi impianti industriali che si aggiunsero ai tradizionali opifici, molti dei quali vennero connotati da elementi architettonici e decorativi neomedievali in cotto e ferro. L’avvento della ferrovia segnò il progressivo declino del trasporto per acqua: già condannato dal piano regolatore del 1889, il porto bolognese fu chiuso definitivamente a metà degli anni Trenta, mentre la navigazione sul Navile sarebbe cessata subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Intorno al 1920, prossimo alla morte e senza eredi, Carlo Alberto Pizzardi aveva donato tutte le proprietà della tenuta Bentivoglio, compresi gli edifici industriali, il castello e le terre, all’amministrazione ospedaliera di Bologna, donazione dalla quale sarebbero scaturite importanti realizzazioni in campo sanitario.
Usato in guerra come ospedale da campo – come testimoniano le grandi croci rosse sui muri esterni - il castello venne gravemente danneggiato nel 1945 dalle truppe tedesche in ritirata che fecero saltare la torre trecentesca. Anche il mulino subì pesanti danni, ma venne ripristinato dopo la guerra, continuando con la pila la propria attività fino alla chiusura negli anni Settanta.
Nel 1980, con il trasferimento degli immobili ospedalieri alle amministrazioni locali, il castello è divenuto sede del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini, ed è visitabile, come il mulino, in occasione di eventi particolari.

VISITA
L'edificio, a pianta quadrata, è organizzato attorno a un vasto cortile ed è integrato da edifici di servizio e annessi. All’interno, le sale al piano nobile conservano le decorazioni originali quattrocentesche, realizzate con una tecnica simile alla tempera, con simboli araldici, iscrizioni, stemmi. La sala dei Camini è dominata da cinque immensi camini con decorazioni a stucco recuperate da Rubbiani.
Nella sala delle Storie del pane, inquadrate contro un fondale fantastico, dieci scene - attribuite alla scuola ferrarese degli artisti attivi alla corte dei Bentivoglio, come Francesco Francia e Lorenzo Costa - sono dedicate al processo di trasformazione del grano in pane, dal disboscamento alla semina alla raccolta, fino alla panificazione.
Gli interventi rubbianeschi hanno riportato in luce anche le decorazioni della cappella, con angeli, apostoli ed evangelisti; la ricostruzione dell’altare è ispirata ai dipinti della bolognese san Giacomo Maggiore, la chiesa dei Bentivoglio; qui Rubbiani aveva inoltre collocato due statue in terracotta – oggi in prestito al bolognese Museo della Storia della Città - opera di Giuseppe Romagnoli raffiguranti Giovanni II e Ginevra Sforza.
Visitabili sono anche il palazzo Rosso sulla riva opposta del Navile, sede della biblioteca comunale, e parte del palazzo Vivaio che ospita al pianterreno un circolo culturale. Nella vicina frazione di San Marino, il Museo della Civiltà contadina di Villa Smeraldi illustra la storia e le condizioni di vita e lavoro nella pianura bolognese, mentre la storia economica e produttiva della città, e il ruolo del Navile, è il tema del Museo del Patrimonio Industriale collocato in una suggestiva fornace da laterizi lungo le rive del Navile, percorribili per alcuni chilometri. In città sono ancora visibili alcuni punti scoperti dell'antica rete d'acqua e il tratto del canale portuale prospiciente la Salara, nei pressi di porta Lame. A Casalecchio l’antica chiusa domina imponente l'ansa del fiume ai piedi del parco pubblico Talon.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Reno,
via Galliera (e via romana di Santa Maria in Duno)
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Comune di Bologna,
Bentivoglio
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Storicismo Eclettismo Liberty
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Il Castello-Villa rustica,
Fascismo Guerra Resistenza
Notizie storiche
via Saliceto, 1
Bentivoglio (BO)
tel 051 6643511 (Urp Comune), 051 226934 (SuccedeSoloABologna)
Nella pianura bolognese settentrionale attraversata dal fiume Reno, fuori dalla porta cittadina di Galliera, Bentivoglio è situata tra Bologna e Ferrara, lungo l’asta del canale Navile.

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Insediato fin dalla preistoria e per secoli occupato da acquitrini misti a macchie di bosco, il territorio fu bonificato e centuriato dai Romani, che qui crearono infrastrutture viarie di collegamento con le colonie di area veneta. Nuovi interventi furono attuati a partire dal secolo XII, quando probabilmente l'accesso al mare era garantito a Bologna dalla non lontana Galliera, tramite la strada omonima.

Un’area strategica: il Navile e la torre del ponte Poledrano
Dall’inizio del Duecento – quando la rinascita economica e l’espansione territoriale di Bologna consolidarono la sua stretta integrazione con il contado – questa area accrebbe il suo rilievo strategico grazie alla posizione al confine con i territori di Ferrara e Venezia.
Il canale Navile realizzato allora fu per sette secoli principale via d'acqua navigabile del Bolognese e perno infrastrutturale della sua economia. Originato da una derivazione del fiume Reno presso la chiusa di Casalecchio, ai piedi dell’appennino, il canale attraversava la città alimentando i fossati difensivi e i numerosi impianti produttivi, per uscirne poi a nord nell’area portuale extra muros. Percorsa la pianura per trenta chilometri, a Malalbergo vicino a Ferrara si collegava di nuovo con il Reno, consentendo il trasporto delle merci bolognesi fino alle valli, e da lì a Venezia e all'Adriatico.
Il Navile assunse ben presto un’importanza anche militare, nei conflitti che opposero Bologna a Venezia – disturbata nei suoi commerci e sconfitta nella battaglia navale della Polesella da truppe bolognesi trasportate lungo il canale - e a Ferrara, dove le ambizioni degli Este sull’Emilia occidentale ostacolate dall’espansione felsinea fino ai bordi della città sfociarono a fine secolo in una guerra che coinvolse anche il contado.
Lungo l’asta del canale vennero così eretti dal comune bolognese diversi edifici fortificati, tra cui la rocca posta nel 1390 al ponte Poledrano - l’attuale Bentivoglio – a poca distanza da Malalbergo. Dotata di un torricino completo di campana e braciere per allarmare la città e il circondario nel caso di attacchi da nord, la struttura venne eretta a fianco di un mulino costruito trent’anni prima da Guido Lambertini su concessione del comune cittadino.

Lo splendore dei Bentivoglio: la ‘domus jocunditatis’
Meno di cent’anni dopo la torre venne data in custodia al signore di Bologna Giovanni II Bentivoglio e inglobata nella sfarzosa villa di campagna da lui fatta costruire con la moglie Ginevra Sforza come residenza di villeggiatura e svaghi venatorii tra il 1475 e il 1481, gli anni di massimo splendore del casato.
L’antico mulino Lambertini era stato acquistato in precedenza da Giovanni ad incrementare il suo ampio patrimonio molitorio, cardine delle ricchezze private del casato e garanzia di salute pubblica in tempi di carestia; uno splendido ciclo affrescato sulle pareti della villa venne dedicato proprio al processo di trasformazione del grano in pane, strumento di potere dell’epoca.
La domus jocunditatis – la casa della gioia come si proclama nei cartigli dipinti – avrebbe ospitato per più di vent’anni con la corte bentivolesca grandi signori come i duchi d’Este Ercole I e Alfonso I; anche la promessa sposa di quest’ultimo, Lucrezia Borgia, vi fece tappa durante il viaggio in barca lungo il Navile per raggiungere Ferrara.

La fine dei Bentivoglio: da castello a villa
Il legame tra i signori di Bologna e il Navile, pilastro della prosperità cittadina, fu confermato dagli importanti lavori di sistemazione e riqualificazione del canale promossi nel 1491 allo scopo di renderlo navigabile fino alle mura cittadine, con la realizzazione di uno scalo vicino a porta Galliera e di tre rudimentali chiuse o ‘sostegni’ lungo il percorso per ovviare ai dislivelli. La cacciata dei Bentivoglio nel 1506 a opera di Giulio II segnò l'abbandono del porto ‘urbano’, per le eccessive spese di manutenzione, a favore del più vecchio e periferico scalo di Corticella; solo nella seconda metà del secolo, con il progetto del Vignola, il porto avrebbe trovato sede definitiva a ridosso delle mura tra porta Galliera e porta Lame, diventando un vero centro commerciale e di servizi.
Simbolo della potenza perduta dei Bentivoglio, anche la ‘casa della gioia’ – che era stata confiscata dalla Camera apostolica e poi restituita alla famiglia – conobbe un lungo periodo di decadenza, tanto che intere sue parti rischiarono ben presto di crollare.
La ristrutturazione effettuata nel XVIII secolo dai nuovi proprietari, i bolognesi Pepoli, abbattè la pericolante ala occidentale e distrusse fossati e mura, conferendo all’edificio il carattere di una villa aperta su due lati. Molti ambienti dell’antico castello vennero però occupati da famiglie bracciantili e divisi in piccoli spazi abitativi o destinati a magazzini, concerie, ricoveri di animali, subendo così un ulteriore degrado.

La terza vita del castello: l'impresa dei Pizzardi
Alla fine del Settecento la crisi delle industrie tessili bolognesi innescò anche il declino della funzione del Navile come via di comunicazione, progressivamente soppiantata dagli usi connessi alle attività agricole, in particolare per l’irrigazione delle risaie.
Il mutato carattere dell’economia bolognese, centrata ora sulla proprietà terriera, fu esemplificato dall’acquisto nel 1817 della grande tenuta Bentivoglio da parte della famiglia bolognese Pizzardi, titolare di terreni tra Castel Maggiore, San Marino di Bentivoglio e Santa Maria in Duno. La tenuta comprendeva oltre al castello, alle terre e alle valli limitrofe il complesso di edifici produttivi – il mulino e la pila da riso, magazzini e granai, botteghe e un’osteria - sorto nel tempo attorno all’antico edificio bentivolesco.
La terza vita di Bentivoglio e del suo castello ebbe inizio con l’ultimo proprietario, l’imprenditore e filantropo Carlo Alberto Pizzardi, che attorno al 1885 promosse un ampio programma di modernizzazione delle attività agricole e industriali della tenuta, che coniugava interesse economico e innovazioni sociali - con riguardo a riassetto ambientale, igiene, tutela della salute e istruzione della manodopera impegnata nella tenuta. La bonifica delle risaie consentì, con il risanamento del territorio, l’impianto di un importante centro di produzione risicola, a cui si accompagnò il potenziamento dello storico mulino, riedificato e ampliato nel 1890, e la creazione di uno stabilimento industriale per la filatura della canapa. In un’area isolata della tenuta venne realizzato un ospedale, e una scuola e un asilo per i bambini del paese nei locali appena ristrutturati del castello.

La Bentivoglio di Rubbiani
Nel 1889 Pizzardi, promotore con altri industriali bolognesi del movimento Aemilia Ars ispirato all’Arts and Crafts, aveva infatti deciso di restaurare il castello, affidando i lavori a Alfonso Rubbiani, autore del ridisegno in chiave neo-medievale del volto di Bologna, che aveva ideato anche gli arredi della residenza cittadina della famiglia.
Proponendosi di ripristinare l'edificio voluto da Giovanni II, e grazie a un’approfondita ricerca sui documenti antichi, Rubbiani ricostruì l'ala crollata, riedificò la cinta merlata e riarticolò gli ambienti secondo le indicazioni delle vecchie piante; al contempo, non si fece scrupolo di integrare l’edificio con elementi ‘inventati’, e di grande impatto, come il rivellino di accesso e la scala che dal cortile conduce al piano nobile.
Sulla riva opposta del canale, proteso sull’acqua alle spalle di un ‘sostegno’, Rubbiani edificò il palazzo Rosso in mattoni, utilizzato da Pizzardi come abitazione padronale ma anche come magazzino per il riso e il grano, in ambienti decorati con splendidi affreschi che ne fanno uno dei maggiori esempi del Liberty bolognese. Un altro palazzo, denominato il Vivaio, venne realizzato sullo spiazzo a fianco del mulino, anch’esso con un lato sul Navile, per ospitare le numerose famiglie che avevano dovuto abbandonare il castello, e che comprendeva oltre alle abitazioni una falegnameria e una fabbreria.

Il Novecento: una sede per le istituzioni sanitarie
Le grandi trasformazioni economiche e industriali tra Otto e Novecento mutarono anche il volto del Navile, dove vennero installate le prime centrali per la produzione di energia elettrica, come quella impiantata nel 1900 presso l’antico sostegno bentivolesco del Battiferro, e diversi impianti industriali che si aggiunsero ai tradizionali opifici, molti dei quali vennero connotati da elementi architettonici e decorativi neomedievali in cotto e ferro. L’avvento della ferrovia segnò il progressivo declino del trasporto per acqua: già condannato dal piano regolatore del 1889, il porto bolognese fu chiuso definitivamente a metà degli anni Trenta, mentre la navigazione sul Navile sarebbe cessata subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Intorno al 1920, prossimo alla morte e senza eredi, Carlo Alberto Pizzardi aveva donato tutte le proprietà della tenuta Bentivoglio, compresi gli edifici industriali, il castello e le terre, all’amministrazione ospedaliera di Bologna, donazione dalla quale sarebbero scaturite importanti realizzazioni in campo sanitario.
Usato in guerra come ospedale da campo – come testimoniano le grandi croci rosse sui muri esterni - il castello venne gravemente danneggiato nel 1945 dalle truppe tedesche in ritirata che fecero saltare la torre trecentesca. Anche il mulino subì pesanti danni, ma venne ripristinato dopo la guerra, continuando con la pila la propria attività fino alla chiusura negli anni Settanta.
Nel 1980, con il trasferimento degli immobili ospedalieri alle amministrazioni locali, il castello è divenuto sede del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini, ed è visitabile, come il mulino, in occasione di eventi particolari.

VISITA
L'edificio, a pianta quadrata, è organizzato attorno a un vasto cortile ed è integrato da edifici di servizio e annessi. All’interno, le sale al piano nobile conservano le decorazioni originali quattrocentesche, realizzate con una tecnica simile alla tempera, con simboli araldici, iscrizioni, stemmi. La sala dei Camini è dominata da cinque immensi camini con decorazioni a stucco recuperate da Rubbiani.
Nella sala delle Storie del pane, inquadrate contro un fondale fantastico, dieci scene - attribuite alla scuola ferrarese degli artisti attivi alla corte dei Bentivoglio, come Francesco Francia e Lorenzo Costa - sono dedicate al processo di trasformazione del grano in pane, dal disboscamento alla semina alla raccolta, fino alla panificazione.
Gli interventi rubbianeschi hanno riportato in luce anche le decorazioni della cappella, con angeli, apostoli ed evangelisti; la ricostruzione dell’altare è ispirata ai dipinti della bolognese san Giacomo Maggiore, la chiesa dei Bentivoglio; qui Rubbiani aveva inoltre collocato due statue in terracotta – oggi in prestito al bolognese Museo della Storia della Città - opera di Giuseppe Romagnoli raffiguranti Giovanni II e Ginevra Sforza.
Visitabili sono anche il palazzo Rosso sulla riva opposta del Navile, sede della biblioteca comunale, e parte del palazzo Vivaio che ospita al pianterreno un circolo culturale. Nella vicina frazione di San Marino, il Museo della Civiltà contadina di Villa Smeraldi illustra la storia e le condizioni di vita e lavoro nella pianura bolognese, mentre la storia economica e produttiva della città, e il ruolo del Navile, è il tema del Museo del Patrimonio Industriale collocato in una suggestiva fornace da laterizi lungo le rive del Navile, percorribili per alcuni chilometri. In città sono ancora visibili alcuni punti scoperti dell'antica rete d'acqua e il tratto del canale portuale prospiciente la Salara, nei pressi di porta Lame. A Casalecchio l’antica chiusa domina imponente l'ansa del fiume ai piedi del parco pubblico Talon.


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