Pianello Val Tidone

Rocca d'Olgisio
Pianello Val Tidone

Rocca di Olgisio, su gentile concessione dell'Associazione Castelli del Ducato di Parma e Piacenza
S.P. 60 - 29010 Pianello Val Tidone (PC)
loc. Rocca d'Olgisio
Pianello Val Tidone (PC)
tel 0523 998045, 0523 998075
Nell'estrema porzione occidentale del Piacentino confinante con il Pavese, a quasi seicento metri di altezza, la rocca domina la media val Tidone da uno sperone roccioso a spartiacque tra il Tidone e il Chiarone, alle spalle dell’abitato di Pianello.

Una posizione strategica
La rocca venne fondata secondo alcune cronache a metà del VI secolo da un nobile piacentino, padre delle sante Liberata e Faustina, a presidio della strada che conduceva a Bobbio.
Antica via di transito tra bassa Lombardia, Liguria e Toscana, l’area appartenne dal VII secolo all'abbazia bobbiese di San Colombano, fungendo anche da collegamento tra la via Francigena e la via degli Abati che univa Bobbio a Pavia e a Roma. Nel secolo XI passò al monastero piacentino di San Savino che la tenne fino alla fine del Duecento.

Tra Arcelli e Dal Verme
Ritenuta imprendibile, la rocca era tenuta nel secondo decennio del Trecento dal casato guelfo piacentino degli Arcelli, signori di molti beni in val Tidone, e venne attaccata a più riprese nel corso delle lotte fazionarie per il controllo di Piacenza.
Acquistata nel 1352 da Barnabò Visconti, e rimasta fedele ai signori di Milano e al comune piacentino durante la rivolta del 1376, la rocca venne concessa nel 1378 da Gian Galeazzo Visconti al suo condottiero Jacopo dal Verme, insieme alla signoria della val Tidone e ai feudi di Pianello e Borgonovo, integrati poi dal vescovo di Bobbio con altri possedimenti nella valle.
Nel 1408 la rocca venne presa da Filippo Arcelli, che quattro anni dopo ottenne il titolo di conte di val Tidone dal suo alleato Filippo Maria Visconti. Accusato di tradimento, l’Arcelli perse ben presto i propri beni nella valle, assegnati in gran parte dal duca a metà degli anni Trenta a Niccolò Piccinino, che pretese però inutilmente anche Olgisio, restituita già nel 1418 ai Dal Verme.

Lo 'stato' vermesco
Nel 1436 la rocca venne infatti aggregata alla contea di Bobbio, Voghera e Castel San Giovanni concessa dal Visconti al suo condottiero Luigi Dal Verme, consolidando così il peso dello ‘stato’ vermesco creato dal padre Jacopo ed esteso ormai dalla val Tidone alla val Trebbia, che non ottenne però mai il riconoscimento formale della propria autonomia.
Nel 1478 un violento incendio danneggiò gravemente la rocca, residenza di Pietro Dal Verme; essendosi opposto all’ascesa di Ludovico Sforza, sette anni dopo questi venne avvelenato dal Moro, che concesse Olgisio e i feudi vermeschi al genero Galeazzo Sanseverino. La guerra che fine secolo oppose al Moro il re di Francia vide la rocca assediata e pesantemente bombardata con 1160 colpi di cannone, perdendo solo un torrione.
I Dal Verme ottennero la conferma imperiale dei loro diritti nel 1502 dall’imperatore e dieci anni dopo dal papa, riottenendo i loro feudi in via definitiva solo nel 1521 da Carlo V. Nove anni dopo una divisione ereditaria ripartì i possedimenti del casato tra la contea di Bobbio, comprendente la rocca d’Olgisio e l’intera val Tidone, e quella di Voghera con l’Oltrepo pavese. Alla fine del secolo il cardinale Jacopo III Dal Verme promosse una serie di interventi architettonici e decorativi - la doppia scala, la balaustra sorretta da tredici mascheroni, i pregevoli affreschi - che trasformarono la rocca in un palazzo signorile.

Dall'Otto al Novecento
Con l'estinzione del casato, a metà Ottocento la rocca passò al marito dell'ultima Dal Verme, Giulio Zileri, alto funzionario del Ducato parmense, governatore di Piacenza e Gran Cerimoniere della duchessa Maria Luisa, che concesse ai figli della coppia di aggiungere al proprio il cognome Dal Verme. Successivi passaggi di proprietà spogliarono completamente la rocca dei suoi arredi.
Durante la seconda guerra mondiale Olgisio fu sede di un comando di brigata della II divisione partigiana Piacenza, venendo per due volte attaccata dalle truppe tedesche che nel corso del secondo attacco fecero crollare parti della rocca.
Dal 1979 l’edificio è di proprietà privata ed è stato sottoposto a restauro conservativo; aperto alle visite, è destinato alla ricettività e all’organizzazione di eventi.


VISITA
In posizione dominante la vallata, una ripida strada dominata da blocchi di granito conduce al complesso abbarbicato alla scoscesa rupe in arenaria, la cui pianta irregolare si è modellata sulla morfologia del terreno. Un triplice ordine di mura in sasso e ciottoli di torrente difende il lato meno scosceso, a cui sono addossati diversi edifici, mentre un ulteriore giro interno di cortine difende la rocca vera e propria.
Il cortile adiacente all’ingresso sormontato da un arco ospita una vera da pozzo in pietra scolpita. Sul lato ovest del complesso, l'oratorio delle sante Liberata e Faustina affianca l’imponente mastio a base rettangolare; è inoltre visitabile il palazzo con i saloni affrescati, la doppia scala e il loggiato cinquecentesco.
Nella zona circostante sono presenti numerose grotte naturali dove è stato rinvenuto un insediamento neolitico comprensivo di una necropoli.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

valle Tidone,
via Romea Francigena | degli Abati
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Abbazia di San Colombano,
Arcelli,
Dal Verme
Arte e Architettura

Stili architettonici e decorativi nel castello:

Rinascimento e Manierismo
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Fascismo Guerra Resistenza
Bibliografia
S.P. 60 - 29010 Pianello Val Tidone (PC)
loc. Rocca d'Olgisio
Pianello Val Tidone (PC)
tel 0523 998045, 0523 998075
Nell'estrema porzione occidentale del Piacentino confinante con il Pavese, a quasi seicento metri di altezza, la rocca domina la media val Tidone da uno sperone roccioso a spartiacque tra il Tidone e il Chiarone, alle spalle dell’abitato di Pianello.

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Una posizione strategica
La rocca venne fondata secondo alcune cronache a metà del VI secolo da un nobile piacentino, padre delle sante Liberata e Faustina, a presidio della strada che conduceva a Bobbio.
Antica via di transito tra bassa Lombardia, Liguria e Toscana, l’area appartenne dal VII secolo all'abbazia bobbiese di San Colombano, fungendo anche da collegamento tra la via Francigena e la via degli Abati che univa Bobbio a Pavia e a Roma. Nel secolo XI passò al monastero piacentino di San Savino che la tenne fino alla fine del Duecento.

Tra Arcelli e Dal Verme
Ritenuta imprendibile, la rocca era tenuta nel secondo decennio del Trecento dal casato guelfo piacentino degli Arcelli, signori di molti beni in val Tidone, e venne attaccata a più riprese nel corso delle lotte fazionarie per il controllo di Piacenza.
Acquistata nel 1352 da Barnabò Visconti, e rimasta fedele ai signori di Milano e al comune piacentino durante la rivolta del 1376, la rocca venne concessa nel 1378 da Gian Galeazzo Visconti al suo condottiero Jacopo dal Verme, insieme alla signoria della val Tidone e ai feudi di Pianello e Borgonovo, integrati poi dal vescovo di Bobbio con altri possedimenti nella valle.
Nel 1408 la rocca venne presa da Filippo Arcelli, che quattro anni dopo ottenne il titolo di conte di val Tidone dal suo alleato Filippo Maria Visconti. Accusato di tradimento, l’Arcelli perse ben presto i propri beni nella valle, assegnati in gran parte dal duca a metà degli anni Trenta a Niccolò Piccinino, che pretese però inutilmente anche Olgisio, restituita già nel 1418 ai Dal Verme.

Lo 'stato' vermesco
Nel 1436 la rocca venne infatti aggregata alla contea di Bobbio, Voghera e Castel San Giovanni concessa dal Visconti al suo condottiero Luigi Dal Verme, consolidando così il peso dello ‘stato’ vermesco creato dal padre Jacopo ed esteso ormai dalla val Tidone alla val Trebbia, che non ottenne però mai il riconoscimento formale della propria autonomia.
Nel 1478 un violento incendio danneggiò gravemente la rocca, residenza di Pietro Dal Verme; essendosi opposto all’ascesa di Ludovico Sforza, sette anni dopo questi venne avvelenato dal Moro, che concesse Olgisio e i feudi vermeschi al genero Galeazzo Sanseverino. La guerra che fine secolo oppose al Moro il re di Francia vide la rocca assediata e pesantemente bombardata con 1160 colpi di cannone, perdendo solo un torrione.
I Dal Verme ottennero la conferma imperiale dei loro diritti nel 1502 dall’imperatore e dieci anni dopo dal papa, riottenendo i loro feudi in via definitiva solo nel 1521 da Carlo V. Nove anni dopo una divisione ereditaria ripartì i possedimenti del casato tra la contea di Bobbio, comprendente la rocca d’Olgisio e l’intera val Tidone, e quella di Voghera con l’Oltrepo pavese. Alla fine del secolo il cardinale Jacopo III Dal Verme promosse una serie di interventi architettonici e decorativi - la doppia scala, la balaustra sorretta da tredici mascheroni, i pregevoli affreschi - che trasformarono la rocca in un palazzo signorile.

Dall'Otto al Novecento
Con l'estinzione del casato, a metà Ottocento la rocca passò al marito dell'ultima Dal Verme, Giulio Zileri, alto funzionario del Ducato parmense, governatore di Piacenza e Gran Cerimoniere della duchessa Maria Luisa, che concesse ai figli della coppia di aggiungere al proprio il cognome Dal Verme. Successivi passaggi di proprietà spogliarono completamente la rocca dei suoi arredi.
Durante la seconda guerra mondiale Olgisio fu sede di un comando di brigata della II divisione partigiana Piacenza, venendo per due volte attaccata dalle truppe tedesche che nel corso del secondo attacco fecero crollare parti della rocca.
Dal 1979 l’edificio è di proprietà privata ed è stato sottoposto a restauro conservativo; aperto alle visite, è destinato alla ricettività e all’organizzazione di eventi.


VISITA
In posizione dominante la vallata, una ripida strada dominata da blocchi di granito conduce al complesso abbarbicato alla scoscesa rupe in arenaria, la cui pianta irregolare si è modellata sulla morfologia del terreno. Un triplice ordine di mura in sasso e ciottoli di torrente difende il lato meno scosceso, a cui sono addossati diversi edifici, mentre un ulteriore giro interno di cortine difende la rocca vera e propria.
Il cortile adiacente all’ingresso sormontato da un arco ospita una vera da pozzo in pietra scolpita. Sul lato ovest del complesso, l'oratorio delle sante Liberata e Faustina affianca l’imponente mastio a base rettangolare; è inoltre visitabile il palazzo con i saloni affrescati, la doppia scala e il loggiato cinquecentesco.
Nella zona circostante sono presenti numerose grotte naturali dove è stato rinvenuto un insediamento neolitico comprensivo di una necropoli.


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