Piacenza

Cittadella Viscontea
Piacenza

Palazzo Farnese, cortile
piazza Cittadella, 29
Piacenza (PC)
tel 0523 492001 (IAT)
Nell’estremo lembo occidentale dell’Emilia confinante con Lombardia, Piemonte e Liguria, Piacenza è situata sulla riva destra del Po, tra le foci del Trebbia e del Nure, a pochi chilometri dalle prime propaggini appenniniche.

Una posizione strategica
La funzione strategica di Piacenza emerse fin dalle origini: fondata con Cremona come avamposto romano di frontiera alla fine del III secolo a.C., la città con il suo porto fluviale divenne poi il terminale ovest della nuova via Emilia, che collegava il settentrione della penisola a Rimini e da lì a Roma attraverso la Flaminia.
Anche il rinnovato sviluppo seguito all’anno Mille venne favorito dalla posizione della città, ora all’incrocio dei percorsi francigeni che dall’Europa nord-occidentale, attraverso le alpi piemontesi e lombarde e la pianura padana, conducevano in Liguria e di nuovo, ma per vie diverse, a Roma.

Cittadella ‘vegia’ e ‘nuova’
Nel corso del Trecento Piacenza consolidò la propria vocazione di ‘fortezza sul Po’ edificando a ridosso delle mura e nei pressi delle porte urbane una serie di cittadelle fortificate. Particolare importanza acquisì tra queste la cittadella di Fodesta detta poi ‘vegia’, edificata negli anni Venti a controllo dello scalo fluviale a nord della città dai Visconti, che avevano da poco esteso la loro egemonia dal Milanese al Piacentino. La costruzione dell’edificio comportò la distruzione di diverse abitazioni di un antico borgo di commercianti e artigiani, che avevano sostenuto contro i Visconti la signoria degli Scoto.
Nel 1373, in una fase di forti contrasti con il Papato, i Visconti avviarono la costruzione di una nuova cittadella detta 'di Po', posta subito a sud-ovest della precedente, ritenuta ormai inadeguata. Sede per oltre cento anni di una guarnigione militare, la nuova fortificazione presidiava una postazione strategica a ridosso delle mura e del transito sul fiume, atta a garantire il controllo e l’estrema difesa dell’abitato, e al contempo, se necessario, una rapida via di fuga per via d’acqua in terra lombarda.
Tra i primi esempi di rocca rinascimentale, e modello di molte successive fortificazioni piacentine, l’edificio venne eretto su una pianta quadrangolare circondata da mura merlate, dalle quali emergevano quattro torri angolari a ferro di cavallo e altrettante di forma quadrata poste a metà di ogni lato, a guardia degli accessi.
Collegata alla cittadella vegia e alle altre fortificazioni cittadine da alcuni camminamenti, sul lato sud-occidentale la nuova fortezza era rivolta verso la città, dalla quale la separava un grande slargo, con fini di controllo militare, ottenuto grazie a una serie di sventramenti, mentre l’abitato circostante l’antica cittadella si avviava a una definitiva decadenza, riducendosi a un grande spazio aperto.

La rocca-palazzo dei Farnese
Più volte rimaneggiata nel corso del Quattrocento e nei primi anni del secolo successivo, quando sotto i Visconti e gli Sforza venne ripetutamente coinvolta nelle lotte per il controllo del ducato milanese, la cittadella di Po fu però risparmiata dagli interventi effettuati a inizio Cinquecento lungo le mura cittadine che portarono alla distruzione delle altre fortificazioni simili.
Ormai inadeguata alle nuove tecniche belliche imperniate sull’artiglieria, la cittadella divenne sede del governo papale a metà degli anni Venti, poi residenza di Pier Luigi Farnese, primo signore del ducato di Parma e Piacenza per lui creato nel 1545 dal padre, papa Paolo III, smembrando il ducato milanese
A Pier Luigi si devono i progetti volti a trasformare la rocca viscontea in una residenza signorile, affidati a Michelangelo e ad Antonio da Sangallo il Giovane: i lavori comportarono un notevole ampliamento dell’edificio originario, con la sopraelevazione dell’ala sud rivolta alla piazza, l’aggiunta di una doppia loggia nell'ala ovest e la realizzazione nel torrione sud-ovest della grande scala pseudo-elicoidale che collegava il piano terra al grande salone al piano nobile.
Gli interventi mirarono al contempo a rafforzare e adeguare alle mutate esigenze belliche le caratteristiche militari dell’edificio, pensato ora come prima linea di difesa in caso di invasione dalla Lombardia delle terre farnesiane da parte degli Spagnoli, che reclamavano le terre piacentine e parmensi come parte del ducato di Milano a loro ora sottoposto.
Solo due anni dopo, nel 1547, l’assassinio di Pier Luigi perpetrato nella cittadella nel corso di una congiura dei nobili sobillata dagli Spagnoli sembrò mettere in pericolo mortale anche l’egemonia farnesiana, segnando anche la sospensione dei lavori.

Un palazzo incompiuto
Dieci anni dopo la duchessa Margherita d’Austria, figlia di Carlo V e moglie del secondo duca Ottavio Farnese, elesse Piacenza a sua residenza, promuovendo la realizzazione di un fastoso palazzo che doveva sorgere sul luogo dell’antica fortezza viscontea, celebrando la riconquista definitiva del potere da parte della famiglia dopo la grave crisi segnata dalla morte di Pier Luigi.
Una serie di vincoli tecnici ed economici consentì però solo parzialmente, nell’area ovest, la piena realizzazione del progetto iniziale di Francesco Paciotto, che prevedeva la totale demolizione della cittadella e l’utilizzo delle sue strutture come fondamenta del nuovo edificio. La nuova impostazione progettuale impressa ai lavori a partire dal 1561 da Jacopo Barozzi detto il Vignola, l’architetto della villa farnesiana di Caprarola, tese ad ampliare l’edificio estendendo le quattro ali e il cortile, mentre lo spiazzo antistante, destinato a giardino ducale e scenografica cornice del nuovo complesso, venne ulteriormente ampliato atterrando le ultime strutture religiose del vecchio borgo.
La mancanza di fondi portò all’interruzione definitiva dei lavori e ad un sostanziale abbandono dell’area nel 1602, quando era stata edificata solo metà circa delle nuove strutture previste. Le strutture dell’antica cittadella rimasero così, visibili, alla base dell’edificio incompiuto che vi si sovrappone, mentre il vuoto dello spiazzo antistante veniva occupato da orti, e le statue equestri dei Farnese venivano installate nel 1625 nella più centrale piazza dei Cavalli.

Dalla decadenza alla valorizzazione
Estinti i Farnese, i loro beni furono incamerati dai Borbone, che nel corso del Settecento trasferirono a Napoli gli arredi e i quadri più preziosi delle residenze farnesiane, compreso il palazzo piacentino.
La decadenza del palazzo Farnese continuò anche nel secolo successivo, con il saccheggio dell’edificio condotto nel 1803 dalle truppe napoleoniche e la sua successiva trasformazione in caserma promossa nel 1822 dal governo di Maria Luigia d’Asburgo-Lorena.
L’estraneità alla città dell’area continuò anche durante il regime fascista. Nel 1944 il palazzo divenne caserma della Guardia Nazionale Repubblicana, e l’anno successivo del Kampfgruppe Binz, responsabile di rastrellamenti in tutta la provincia.
A partire dalla metà degli anni Sessanta furono avviati i primi progetti di recupero dell’edificio, che nel 1976 venne concesso dal demanio in deposito al Comune, che lo destinò a sede dei musei civici, inaugurati nel 1988 e progressivamente ampliati. A partire dagli anni Novanta gli interventi hanno comportato numerosi scavi e lavori di restauro nelle parti dell’edificio afferenti alla cittadella.
Passato pienamente in proprietà al comune nel 2014, il complesso è oggi sede dei musei civici e dell'archivio di Stato; i resti della cittadella sono visibili dall'esterno nel corso della visita.


Valli e Strade storiche

Ambiti territoriali presidiati dal castello:

delta e valle Po,
via Romea Francigena | Cisa,
via Postumia,
via Emilia
Casati e istituzioni

Signori del castello tra medioevo e età moderna:

Visconti,
Farnese
Storie e Percorsi

Itinerari tematici e storici tra i castelli:

Fascismo Guerra Resistenza
Bibliografia
piazza Cittadella, 29
Piacenza (PC)
tel 0523 492001 (IAT)
Nell’estremo lembo occidentale dell’Emilia confinante con Lombardia, Piemonte e Liguria, Piacenza è situata sulla riva destra del Po, tra le foci del Trebbia e del Nure, a pochi chilometri dalle prime propaggini appenniniche.

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Una posizione strategica
La funzione strategica di Piacenza emerse fin dalle origini: fondata con Cremona come avamposto romano di frontiera alla fine del III secolo a.C., la città con il suo porto fluviale divenne poi il terminale ovest della nuova via Emilia, che collegava il settentrione della penisola a Rimini e da lì a Roma attraverso la Flaminia.
Anche il rinnovato sviluppo seguito all’anno Mille venne favorito dalla posizione della città, ora all’incrocio dei percorsi francigeni che dall’Europa nord-occidentale, attraverso le alpi piemontesi e lombarde e la pianura padana, conducevano in Liguria e di nuovo, ma per vie diverse, a Roma.

Cittadella ‘vegia’ e ‘nuova’
Nel corso del Trecento Piacenza consolidò la propria vocazione di ‘fortezza sul Po’ edificando a ridosso delle mura e nei pressi delle porte urbane una serie di cittadelle fortificate. Particolare importanza acquisì tra queste la cittadella di Fodesta detta poi ‘vegia’, edificata negli anni Venti a controllo dello scalo fluviale a nord della città dai Visconti, che avevano da poco esteso la loro egemonia dal Milanese al Piacentino. La costruzione dell’edificio comportò la distruzione di diverse abitazioni di un antico borgo di commercianti e artigiani, che avevano sostenuto contro i Visconti la signoria degli Scoto.
Nel 1373, in una fase di forti contrasti con il Papato, i Visconti avviarono la costruzione di una nuova cittadella detta 'di Po', posta subito a sud-ovest della precedente, ritenuta ormai inadeguata. Sede per oltre cento anni di una guarnigione militare, la nuova fortificazione presidiava una postazione strategica a ridosso delle mura e del transito sul fiume, atta a garantire il controllo e l’estrema difesa dell’abitato, e al contempo, se necessario, una rapida via di fuga per via d’acqua in terra lombarda.
Tra i primi esempi di rocca rinascimentale, e modello di molte successive fortificazioni piacentine, l’edificio venne eretto su una pianta quadrangolare circondata da mura merlate, dalle quali emergevano quattro torri angolari a ferro di cavallo e altrettante di forma quadrata poste a metà di ogni lato, a guardia degli accessi.
Collegata alla cittadella vegia e alle altre fortificazioni cittadine da alcuni camminamenti, sul lato sud-occidentale la nuova fortezza era rivolta verso la città, dalla quale la separava un grande slargo, con fini di controllo militare, ottenuto grazie a una serie di sventramenti, mentre l’abitato circostante l’antica cittadella si avviava a una definitiva decadenza, riducendosi a un grande spazio aperto.

La rocca-palazzo dei Farnese
Più volte rimaneggiata nel corso del Quattrocento e nei primi anni del secolo successivo, quando sotto i Visconti e gli Sforza venne ripetutamente coinvolta nelle lotte per il controllo del ducato milanese, la cittadella di Po fu però risparmiata dagli interventi effettuati a inizio Cinquecento lungo le mura cittadine che portarono alla distruzione delle altre fortificazioni simili.
Ormai inadeguata alle nuove tecniche belliche imperniate sull’artiglieria, la cittadella divenne sede del governo papale a metà degli anni Venti, poi residenza di Pier Luigi Farnese, primo signore del ducato di Parma e Piacenza per lui creato nel 1545 dal padre, papa Paolo III, smembrando il ducato milanese
A Pier Luigi si devono i progetti volti a trasformare la rocca viscontea in una residenza signorile, affidati a Michelangelo e ad Antonio da Sangallo il Giovane: i lavori comportarono un notevole ampliamento dell’edificio originario, con la sopraelevazione dell’ala sud rivolta alla piazza, l’aggiunta di una doppia loggia nell'ala ovest e la realizzazione nel torrione sud-ovest della grande scala pseudo-elicoidale che collegava il piano terra al grande salone al piano nobile.
Gli interventi mirarono al contempo a rafforzare e adeguare alle mutate esigenze belliche le caratteristiche militari dell’edificio, pensato ora come prima linea di difesa in caso di invasione dalla Lombardia delle terre farnesiane da parte degli Spagnoli, che reclamavano le terre piacentine e parmensi come parte del ducato di Milano a loro ora sottoposto.
Solo due anni dopo, nel 1547, l’assassinio di Pier Luigi perpetrato nella cittadella nel corso di una congiura dei nobili sobillata dagli Spagnoli sembrò mettere in pericolo mortale anche l’egemonia farnesiana, segnando anche la sospensione dei lavori.

Un palazzo incompiuto
Dieci anni dopo la duchessa Margherita d’Austria, figlia di Carlo V e moglie del secondo duca Ottavio Farnese, elesse Piacenza a sua residenza, promuovendo la realizzazione di un fastoso palazzo che doveva sorgere sul luogo dell’antica fortezza viscontea, celebrando la riconquista definitiva del potere da parte della famiglia dopo la grave crisi segnata dalla morte di Pier Luigi.
Una serie di vincoli tecnici ed economici consentì però solo parzialmente, nell’area ovest, la piena realizzazione del progetto iniziale di Francesco Paciotto, che prevedeva la totale demolizione della cittadella e l’utilizzo delle sue strutture come fondamenta del nuovo edificio. La nuova impostazione progettuale impressa ai lavori a partire dal 1561 da Jacopo Barozzi detto il Vignola, l’architetto della villa farnesiana di Caprarola, tese ad ampliare l’edificio estendendo le quattro ali e il cortile, mentre lo spiazzo antistante, destinato a giardino ducale e scenografica cornice del nuovo complesso, venne ulteriormente ampliato atterrando le ultime strutture religiose del vecchio borgo.
La mancanza di fondi portò all’interruzione definitiva dei lavori e ad un sostanziale abbandono dell’area nel 1602, quando era stata edificata solo metà circa delle nuove strutture previste. Le strutture dell’antica cittadella rimasero così, visibili, alla base dell’edificio incompiuto che vi si sovrappone, mentre il vuoto dello spiazzo antistante veniva occupato da orti, e le statue equestri dei Farnese venivano installate nel 1625 nella più centrale piazza dei Cavalli.

Dalla decadenza alla valorizzazione
Estinti i Farnese, i loro beni furono incamerati dai Borbone, che nel corso del Settecento trasferirono a Napoli gli arredi e i quadri più preziosi delle residenze farnesiane, compreso il palazzo piacentino.
La decadenza del palazzo Farnese continuò anche nel secolo successivo, con il saccheggio dell’edificio condotto nel 1803 dalle truppe napoleoniche e la sua successiva trasformazione in caserma promossa nel 1822 dal governo di Maria Luigia d’Asburgo-Lorena.
L’estraneità alla città dell’area continuò anche durante il regime fascista. Nel 1944 il palazzo divenne caserma della Guardia Nazionale Repubblicana, e l’anno successivo del Kampfgruppe Binz, responsabile di rastrellamenti in tutta la provincia.
A partire dalla metà degli anni Sessanta furono avviati i primi progetti di recupero dell’edificio, che nel 1976 venne concesso dal demanio in deposito al Comune, che lo destinò a sede dei musei civici, inaugurati nel 1988 e progressivamente ampliati. A partire dagli anni Novanta gli interventi hanno comportato numerosi scavi e lavori di restauro nelle parti dell’edificio afferenti alla cittadella.
Passato pienamente in proprietà al comune nel 2014, il complesso è oggi sede dei musei civici e dell'archivio di Stato; i resti della cittadella sono visibili dall'esterno nel corso della visita.


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