Teatrino di Palazzo Barbazza
90 posti
La Stabile filodrammatica di Bologna nel decennale della sua attività. 1926-1936, [Rocca San Casciano]1936;
Dramatodia, ovvero canti rappresentativi di Girolamo Giacobbi sopra l’Aurora ingannata dell’illustrissimo signor conte Ridolfo Campeggi (1605-1608), a cura di Giuseppe Vecchi, [Bologna] 1963;
Teatri storici in Emilia-Romagna, a cura di S. M. Bondoni, Bologna 1982, p. 211;
M. Nunes, Il fregio pittorico a Bologna: la decorazione cinquecentesca in palazzo Barbazzi, in: "Strenna storica bolognese", LXIII (2013), p. 311-336.
Via G. Garibaldi, 3
Bologna (BO)
Attualmente lo spazio viene usato per eventi culturali e per l’attività istituzionale dell’Ordine.
Negli anni Trenta del Novecento nel palazzo ha sede la società 'Stabile Filodrammatica' bolognese che aderisce all’Opera Nazionale Dopolavoro (OND). Risulta che in quegli anni la Stabile abbia chiesto alla Soprintendenza l'autorizzazione all'abbattimento del muro che divideva i due ambienti di cui si è detto. Questo lascia intendere che con tale intervento edilizio viene realizzato il teatrino e relativo palcoscenico ancora esistente. Quest'ultimo risulta: «modernamente attrezzato e corredato d’ogni perfezionamento tecnico è in grado di affrontare le esigenze richieste da qualsiasi lavoro teatrale» (cit. La stabile … 1936, p. 5), mentre i posti in sala per il pubblico sono ben trecento. Se non esiste alcuna richiesta in merito a questa modifica presso il carteggio amministrativo del Comune, risulta invece che nel 1931 e nel 1934 il presidente de "La Stabile Filodrammatica", Carlo Alberto Cappelli, chieda contributi al Comune per l'attività svolta dall'associazione. Dal 1931 il Dopolavoro trova dunque sede nel cuore della città, in uno dei più bei palazzi cittadini la cui denominazione si deve al capostipite della famiglia: Andrea di Antonio di Bartolomeo, detto il Barbazza. Originario di Messina, il Barbazza giunse a Bologna per ragioni di studio nel ‘400, divenne un famoso giurista, sposò una Pepoli e diede origine ad una illustre famiglia.
L’assetto del moderno teatrino non ha nulla a che fare con la consuetudine, diffusa nelle dimore nobili nei secoli XVI-XVIII, di mettere in scena rappresentazioni sceniche. Scrive infatti Corrado Ricci che nel «Palazzo Barbazza fu più volte recitata negli anni 1643-1645-1655 una favola tragicommedia boschereccia in prosa del conte Andrea, padrone di casa. Era intitolata 'La costanza amorosa'. Vi si eseguì anche, nel 1655, una commedia burlesca cui assistette Cristina di Svezia»(cit. I Teatri…, 1888 (1965), p. 247). Al tempo era consuetudine allestire all’uopo gli spazi adatti per una messa in scena, fossero essi in una dimora aristocratica, in un collegio o in un convento, oltre ai luoghi teatrali deputati. Nel nostro caso è possibile si sia trattato del medesimo salone d'onore, opportunamente adattato con apparati scenici effimeri, dove quasi trecento anni dopo è stato realizzato il teatrino che conosciamo.
Da ricordare l'evento che vi si svolse il 6 aprile 1963. Nell’ambito di un ciclo di manifestazioni artistiche e di conferenze sul melodramma a Bologna, in questo teatro, gentilmente concesso dall’Ordine dei Farmacisti, come si legge nel frontespizio della pubblicazione dedicata all’iniziativa, viene messa in scena la Dramatodia, ovvero i Canti rappresentativi composti da Girolamo Giacobbi su L’Aurora ingannata del conte Ridolfo Campeggi. Le trascrizioni sono di Giuseppe Vecchi e la regia di Gianfranco Ferri. Interessante riproposta di un’opera che fu rappresentata per la prima volta a Bologna nel 1605 presso casa Zoppio, sede dell’Accademia dei Gelati, in occasione delle nozze dei nobili Ferdinando Riario e Laura Pepoli. Con questa composizione (tecnicamente definita monodia ossia canto per voce solista) Giacobbi, maestro di cappella in S. Petronio, debuttò nel melodramma, o meglio realizzò uno dei primi esperimenti di dramma in musica compiuti a Bologna: si trattava di quattro intermezzi musicali sui testi poetici del conte Campeggi.
(Lidia Bortolotti)