Museo Storico "Dante Foschi"
Via Piero Maroncelli, 3 (c/o Palazzo del Mutilato)
Forlì (FC)
Casadei Maceo
1899/ 1992
dipinto

tela/ pittura a olio,
cartone/ applicazione su tela,
legno/ pittura,
vetro,
carta da pacchi
cm 48 (la) 38 (a)
con cornice: larghezza 65,6//altezza 55//profondità 4,2
sec. XX (1918 - 1918)
n. Maceo Casadei, n. 9
Dipinto a olio con veduta tetra e autunnale del Vallone di Foxi. L'opera è firmata in corrispondenza dell'angolo inferiore destro, mentre il titolo è apposto a pennarello sul retro; manca l'indicazione cronologica.

Veduta del vallone di Foxi, appartenente al massiccio del Pasubio e teatro degli scontri della prima guerra mondiale, dipinta dal pittore forlivese Maceo Casadei verosimilmente nel 1918: il dipinto infatti non è datato, ma il soggetto compare più volte in altre opere dell’artista assegnate con sicurezza a tale anno. Sul retro del dipinto l'autore accenna al colonnello napoletano Edoardo Suarez (1869 –1916), comandante del 217º Reggimento Fanteria (appartenente alla Brigata Volturno), che perse la vita il 29 giugno 1916 durante uno scontro nel vallone di Foxi, combattendo per la difesa del Pasubio; l'ufficiale venne per questo decorato con la Medaglia d'Oro al Valor Militare, che si andò ad aggiungere alle due d’Argento precedentemente assegnategli.
Maceo Casadei (1899-1992) nacque a Forlì in una famiglia di modeste condizioni economiche che nel 1912 decise di emigrare a Lione; in Francia Maceo proseguì la propria formazione artistica, già iniziata in Romagna come allievo del pittore concittadino Giovanni Marchini. Tornò in Italia nel 1917, quando, appena diciottenne, fu chiamato alle armi: Maceo infatti faceva parte della classe dei “ragazzi del ‘99” che, nonostante la giovane età, fu arruolata per colmare i vuoti di combattenti creati nelle divisioni italiane dalla terribile disfatta di Caporetto. Venne quindi inviato a combattere come soldato nella 211 Compagnia mitraglieri Fiat, che operava in Trentino. L'esperienza drammatica della guerra e la logorante vita di trincea non portò però per il giovane artista alla rinuncia all'arte: molteplici sono infatti i dipinti e disegni realizzati al fronte tra il 1917 e il 1918, che raccontano dei luoghi e dei veri protagonisti della Grande Guerra, ossia i poveri soldati sepolti nelle trincee. I lavori di questa breve stagione, poco noti (non compaiono neanche nel catalogo "generale" delle opere di Maceo edito nel 2008), sono sparsi in varie collezioni e musei, tra cui un nucleo consistente, a cui appartiene il dipinto in esame, fu donato dall’artista alla sezione forlivese dell’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra. L’esperienza della guerra fu per Maceo fortissima, rinsaldando nel suo animo quei sentimenti patriottici di ascendenza risorgimentale che gli erano stati inculcati dalla famiglia: lo stesso nome “Maceo” del resto fu scelto dai genitori in onore del generale Antonio Maceo, rivoluzionario cubano che combattè fino alla morte contro i monarchici spagnoli per l'indipendenza del proprio popolo. A differenza di quanto avverrà durante gli scontri della seconda guerra mondiale, ai quali Maceo prenderà parte come fotoreporter e pittore inviato dall'Istituto Nazionale Luce, per la partecipazione alla Grande Guerra manca tuttavia la cronaca scritta dall'artista: sono infatti andate perse le numerose lettere che l'artista scrisse dal fronte alla sorella, che avrebbero sicuramente arricchito ancor più la testimonianza artistica del pittore forlivese.