Museo Storico "Dante Foschi"
Via Piero Maroncelli, 3 (c/o Palazzo del Mutilato)
Forlì (FC)
Casadei Maceo
1899/ 1992
disegno

carta/ pastello
mm 217 (la) 164 (a)
con cornice: larghezza 32,6//altezza 26,8//profondità 1,7
sec. XX (1941 - 1941)
n. Maceo Casadei, n. 40
Disegno a pastello rossiccio realizzato su carta chiara e inserito in passepartout di colore crema. La scena rappresenta, in uno spoglio paesaggio, un soldato in primo piano che riposa seduto per terra a destra e un altro, in piedi a sinistra, che sembra volgersi a guardarlo; sullo sfondo piccole sagome di altri compagni e un'altura. In corrispondenza dell'angolo inferiore sinistro è apposta a pastello la firma dell'artista, mentre la data e il titolo dell'opera sono visibili sul retro.

Disegno realizzato nel 1941 nel deserto marmarico dal pittore forlivese Maceo Casadei, nell'ambito della guerra combattuta tra il 1940 e il 1943 tra le forze italo-tedesche e quelle alleate per la conquista dell'Africa Settentrionale.
Dopo la formazione artistica avvenuta tra Forlì (seguendo gli insegnamenti del pittore concittadino Giovanni Marchini) e Lione (dove la famiglia era emigrata nel 1912), Maceo Casadei prese parte, appena diciottenne, alla prima guerra mondiale, in cui combatté in Trentino all’interno della 211 compagnia mitraglieri Fiat. Dopo aver vissuto dal dopoguerra in poi a Forlì, nel 1934 si trasferì a Roma per lavorare presso l’Istituto Nazionale LUCE, in principio con i compiti di scenografo e disegnatore, in seguito come operatore fotografico. L’ingresso dell’artista, che da anni si occupava di ritocco fotografico in Romagna, nel prestigioso ente cinematografico romano fu veicolato dal rapporto di stima e fiducia reciproca che lo legava al neo direttore dell’Istituto, Giacomo Paulucci di Calboli Barone: capo di gabinetto di Mussolini, egli era infatti imparentato con una delle più antiche famiglie della nobiltà forlivese e già in passato si era rivelato un entusiasta acquirente e committente delle opere del pittore. Lo stesso Casadei ricorda nelle proprie memorie come la protezione di Giacomo Paulucci di Calboli Barone fu fondamentale per la conservazione del proprio posto di lavoro: il pittore infatti riuscì a lavorare per dieci anni presso l’Istituto LUCE senza essere iscritto al partito nazionale fascista, non esitando anzi più volte a esprimere pubblicamente il proprio dissenso verso la politica di Mussolini. Nel 1940 Casadei chiese e ottenne di entrare a far parte del “Reparto guerra” dell’Istituto in qualità di fotografo e pittore al fronte. Ufficialmente il suo compito consisteva nel documentare, ai fini della propaganda di regime, lo svolgimento delle operazioni belliche e di tutto ciò che era connesso con la macchina militare italiana: le alte gerarchie fasciste si aspettavano infatti che dalla campagna fotografica dell’Istituto LUCE emergesse un’immagine dell’esercito italiano che esaltasse la combattività e il coraggio eroico dei soldati, il morale alto delle truppe e la convinzione diffusa di combattere per un destino glorioso. In realtà Casadei, che considerava l’entrata in guerra dell’Italia di fianco alla Germania come una scelta “disgraziata” e che non condivideva di certo l’entusiasmo verso la dittatura fascista, scelse tale compito non a fini propagandistici, ma mosso dalla volontà di seguire da vicino l’intensità drammatica della guerra, probabilmente sostenuto anche dal forte ricordo dell’esperienza militare vissuta in prima persona durante il primo conflitto mondiale. Casadei venne quindi inviato dapprincipio sul fronte alpino, per documentare le prime operazioni belliche contro la Francia, compito che visse con particolare sofferenza data la sua giovanile permanenza a Lione. Proseguì quindi in giro per l’Italia, ispezionando le basi militari e i luoghi della produzione bellica, partecipando poi all’occupazione della Grecia.
L’esperienza più forte e drammatica, la ebbe però fra l’autunno del 1941 e la primavera del 1942, quando venne inviato in Africa Settentrionale, per seguire i soldati italiani delle prime linee nel deserto libico. Fu una guerra durissima, con ingente spiegamento di forze e mezzi, che Casadei documentò, così come aveva già fatto in occasione della Grande Guerra, oltre che con 6000 foto, con moltissime “impressioni”, 400 tra dipinti, acquerelli e disegni, fra cui l’opera in esame. Il disegno oggetto della scheda appartiene poi a un nucleo di 42 opere, realizzato durante i due conflitti mondiali e donato dall’artista alla sezione forlivese dell’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra: si tratta di una sorta di diario di guerra per immagini, con notazioni che recano la data, il luogo, il soggetto e spesso una personale notazione documentaria. Nel caso della seconda guerra mondiale il corpus di opere di Casadei è inoltre arricchito dalle memorie scritte dallo stesso pittore e conservate nell’archivio di famiglia: da esse emerge la costante critica del pittore verso il potere politico, che aveva trascinato la nazione in una guerra non voluta dal popolo e senza una preparazione adeguata; la solidarietà e lo spirito di fratellanza che nutrriva per i militari, compresi i nemici (come quelli ritratti nel disegno in esame); il rispetto per il coraggio e il valore militare dimostrato dai soldati italiani nonostante i disagi del deserto libico (dove non erano garantiti neanche i rifornimenti di acqua e persino camminare poteva diventare arduo a causa delle terribili raffiche del vento Ghibli).