Museo Storico "Dante Foschi"
Via Piero Maroncelli, 3 (c/o Palazzo del Mutilato)
Forlì (FC)
Casadei Maceo
1899/ 1992
disegno

carta/ carboncino/ pittura ad acquerello
mm 463 (la) 300 (a)
con cornice: larghezza 62,6//altezza 46//profondità 1,7
sec. XX (1942 - 1942)
n. Maceo Casadei, n. 24
Disegno a carboncino acquarellato su carta. La scena rappresenta un paesaggio desertico dominato dal Forte di El Mechili che porta issata in cima la bandiera italiana; intorno i segni della battaglia ormai conclusasi, con croci impiantate nel terreno a sinistra. L'opera è firmata sull'angolo in basso a sinistra e datata in corrispondenza dell'angolo in basso a destra, dove è apposta anche la didascalia autografa del pittore.

Disegno acquerellato realizzato nel 1942 dal pittore forlivese Maceo Casadei presso il Forte di El Mechili (Libia), caposaldo strategicamente importante durante la seconda guerra mondiale per la completa conquista della Cirenaica da parte delle truppe italo-tedesche.
Dopo la formazione artistica avvenuta tra Forlì e Lione, Maceo Casadei prese parte, appena diciottenne, alla prima guerra mondiale, in cui combatté in Trentino all’interno della 211 compagnia mitraglieri Fiat. Dopo aver vissuto dal dopoguerra in poi a Forlì, nel 1934 si trasferì a Roma per lavorare presso l’Istituto Nazionale LUCE, in principio con i compiti di scenografo e disegnatore, in seguito come operatore fotografico. L’ingresso dell’artista, che da anni si occupava di ritocco fotografico in Romagna, nel prestigioso ente cinematografico romano fu veicolato dal rapporto di stima e fiducia reciproca che lo legava al neo direttore dell’Istituto, Giacomo Paulucci di Calboli Barone: capo di gabinetto di Mussolini, egli era infatti imparentato con una delle più antiche famiglie della nobiltà forlivese e già in passato si era rivelato un entusiasta acquirente e committente delle opere del pittore. Lo stesso Casadei ricorda nelle proprie memorie come la protezione di Giacomo Paulucci di Calboli Barone fu fondamentale per la conservazione del proprio posto di lavoro: il pittore infatti riuscì a lavorare per dieci anni presso l’Istituto LUCE senza essere iscritto al partito nazionale fascista, non esitando anzi più volte a esprimere pubblicamente il proprio dissenso verso la politica di Mussolini. Nel 1940 Casadei chiese e ottenne di entrare a far parte del “Reparto guerra” dell’Istituto in qualità di fotografo e pittore al fronte. Ufficialmente il suo compito consisteva nel documentare, ai fini della propaganda di regime, lo svolgimento delle operazioni belliche e di tutto ciò che era connesso con la macchina militare italiana: le alte gerarchie fasciste si aspettavano infatti che dalla campagna fotografica dell’Istituto LUCE emergesse un’immagine dell’esercito italiano che esaltasse la combattività e il coraggio eroico dei soldati, il morale alto delle truppe e la convinzione diffusa di combattere per un destino glorioso. In realtà Casadei, che considerava l’entrata in guerra dell’Italia di fianco alla Germania come una scelta “disgraziata” e che non condivideva di certo l’entusiasmo verso la dittatura fascista, scelse tale compito non a fini propagandistici, ma mosso dalla volontà di seguire da vicino l’intensità drammatica della guerra, probabilmente sostenuto anche dal forte ricordo dell’esperienza militare vissuta in prima persona durante il primo conflitto mondiale. Casadei venne quindi inviato dapprincipio sul fronte alpino, per documentare le prime operazioni belliche contro la Francia, compito che visse con particolare sofferenza data la sua giovanile permanenza a Lione. Proseguì quindi in giro per l’Italia, ispezionando le basi militari e i luoghi della produzione bellica, partecipando poi all’occupazione della Grecia.
L’esperienza più forte e drammatica, la ebbe però fra l’autunno del 1941 e la primavera del 1942, quando venne inviato in Africa Settentrionale, per seguire i soldati italiani delle prime linee nel deserto libico. Fu una guerra durissima, con ingente spiegamento di forze e mezzi, che Casadei documentò, così come aveva già fatto in occasione della Grande Guerra, oltre che con 6000 foto, con moltissime “impressioni”, 400 tra dipinti, acquerelli e disegni, fra cui l’opera in esame. Il disegno oggetto della scheda appartiene poi a un nucleo di 42 opere, realizzato durante i due conflitti mondiali e donato dall’artista alla sezione forlivese dell’Associazione Nazionale fra Mutilati e Invalidi di Guerra: si tratta di una sorta di diario di guerra per immagini, con notazioni che recano la data, il luogo, il soggetto e spesso una personale notazione documentaria. Nel caso della seconda guerra mondiale il corpus di opere di Casadei è inoltre arricchito dalle memorie scritte dallo stesso pittore e conservate nell’archivio di famiglia: è lo stesso artista, per esempio, a dare un racconto dettagliato della sua permanenza al Forte di El Mechili, affermando di essere partito per raggiungerlo da Bengasi il 6 gennaio 1942, insieme alla divisione “Trieste” (costituita dal IX Reggimento Bersaglieri e dal XXI Artiglieria) che aveva il compito di sostituire le truppe tedesche nel presidio, e di esservi rimasto per circa un mese. L'iscrizione apposta sull'opera invece fa riferimento ad avvenimenti precedenti all'arrivo di Casadei in Africa: il Forte di El Mechili fu infatti strappato al controllo inglese l'8 aprile 1941, in seguito all'attacco sferrato dall' VIII Reggimento Bersaglieri insieme alla colonna celere “Santa Maria”, supportati però in maniera decisiva dalla V Divisione corazzata tedesca del generale Erwin Rommel.