Museo Romagnolo del Teatro
Corso Garibaldi, 96
Forlì (FC)
ambito russo
daga
ad Angelo Masini

acciaio/ forgiatura/ tempratura,
argento/ incisione
cm 62,5 (lu)
lunghezza lama 49,
larghezza lama all'impugnatura 5,2
sec. XIX (1858 - 1858)
n. 72
Si tratta di un “kindjal” o “coltello circassiano”, ovvero un tipo di spada corta, a lama pesante originaria dell’area caucasica. L’elsa è composta da un'impugnatura massiccia e priva di guardia, in forma di parallelepipedo, con il pomolo in forma di scudo. L’argento è inciso a motivi vegetali e reca l’iscrizione della data di realizzazione dell’arma e altri caratteri cirillici forse riconducibili al nome della bottega artigiana produttrice. La lama è molto solida e larga, a doppio taglio, e presenta su entrambe le facce una profonda scanalatura di 39 cm dall’elsa, non ubicata in posizione assiale, ma leggermente laterale. Il fodero è in legno rivestito d’argento inciso, riccamente decorato, con la presenza di un ampio riquadro di velluto azzurro su di un lato. Il puntale termina con pomolo sferico, e reca incisa l’iscrizione dedicatoria ad Angelo Masini.

La daga è da annoverarsi tra gli omaggi tributati al Masini in occasione del grande successo riscosso nel febbraio del 1897, e replicato l’anno successivo, al Gran Teatro del Conservatorio di San Pietroburgo per la sua interpretazione del ruolo di Sinodal nell’opera “Il Demone” di Anton Grigorevič Rubinštejn, al fianco di M. Sembrich (sorpano), T. Carotini (mezzosoprano), M. Battistini (baritono) e G. Rossi (basso). Inzaghi riporta una cronaca del tempo secondo la quale Masini, “l’idolo del pubblico di Pietroburgo, sfolgoreggiò come al solito e più del solito, colla soavità del suo canto. La parte di Sinodal gli valse soddisfazioni grandissime, massime la romanza che egli dovette trissare, e la scena della morte, dopo la quale venne chiamato alla ribalta una dozzina di volte”. Inoltre sottolinea come “i giornali scrissero che quest’opera, cantata da Masini in italiano, rivelò agli stessi russi delle bellezze musicali che, eseguite in russo da artisti russi, non vennero mai poste in rilievo”. Significativo è a questo proposito lo spartito dell’opera, con dedica autografa di Wera Tschekuanowa, moglie del compositore, datata proprio 1897, oggi conservato nella stessa sala (INVN 65). Attualmente non è stato identificato il dedicante, del quale si conoscono solo le iniziali H. B.