Casa Museo Remo Brindisi
Via Nicolò Pisano, 45
Comacchio

Sito web
LaCasa Museo Remo Brindisi, già definita anche come"Museo Alternativo"dal suo ideatore, l'artista e collezionista Remo Brindisi, è stata costruita tra il 1968 e il 1973 su progetto dell'architetto e designer Nanda Vigo. L'edificio è stato concepito e realizzato fin dall'inizio come museo e casa insieme, ma non solo, anche come manifesto di una concezione culturale, artistica e museografica che accomunava Remo Brindisi e Nanda Vigo e che essi sintetizzavano con la formula "integrazione delle arti". Entrambi avevano un'idea della collezione come "fatto totale", come visione della contemporaneità, e intendevano creare un ambiente in cui la vita potesse svolgersi in stretto contatto con l'arte. Dunque, Brindisi e Vigo hanno programmaticamente cercato di integrare in un insieme senza soluzione di continuità l'ambiente, l'architettura, l'arte, il design e la vita degli abitanti e dei visitatori. Gli arredi sono ovviamente parte dell'"integrazione". In alcuni casi ciò avviene in modo più radicale, come per ciò che riguarda il "salotto nero"o "conversation pool", situato al centro della grande sala cilindrica che costituisce il cuore dell'edificio, il quale è realizzato in muratura e sembra emergere dal pavimento. Alcuni elementi architettonici, come le vetrate interne e il monumentale corrimano in acciaio della scala elicoidale che collega i piani, sono in realtà opere d'arte di Nanda Vigo, "cronotopi"e "stimolatori di spazio", secondo la sua definizione. Anche alcune sculture sono direttamente innestate nell'architettura, come la scultura cinetica di Carmelo Cappello e gli alberi in metacrilicato di Gino Marotta. In alcuni casi opere di pittura rivestono intere pareti, come i "quadroni"di Remo Brindisi e di Claudio Papola e la "scrittura cancellata per una camera da letto"di Emilio Isgrò che è una vera e propria boiserie.
La Casa Museo Remo Brindisi, già definita anche come"Museo Alternativo"dal suo ideatore, l'artista e collezionista Remo Brindisi, è stata costruita tra il 1968 e il 1973 su progetto dell'architetto e designer Nanda Vigo. L'edificio è stato concepito e realizzato fin dall'inizio come museo e casa insieme, ma non solo, anche come manifesto di una concezione culturale, artistica e museografica che accomunava Remo Brindisi e Nanda Vigo e che essi sintetizzavano con la formula "integrazione delle arti". Entrambi avevano un'idea della collezione come "fatto totale", come visione della contemporaneità, e intendevano creare un ambiente in cui la vita potesse svolgersi in stretto contatto con l'arte. Il museo doveva essere, secondo tale concezione, un museo vivo, aperto a tutti, "conviviale", democratico, aperto alla discussione e alla produzione del nuovo. Inoltre entrambi concepivano le arti come anime diverse che compongono insieme lo spazio costruito, integrandosi a vicenda come, secondo il pensiero di Nanda Vigo, è insito nella progettazione degli spazi vissuti dall'uomo sin dalle origini, mentre la società industriale ha artificialmente separato questa unità. Dunque, Brindisi e Vigo hanno programmaticamente cercato di integrare in un insieme senza soluzione di continuità l'ambiente, l'architettura, l'arte, il design e la vita degli abitanti e dei visitatori. Gli arredi sono ovviamente parte dell'"integrazione". In alcuni casi ciò avviene in modo più radicale, come per ciò che riguarda il "salotto nero"o "conversation pool", situato al centro della grande sala cilindrica che costituisce il cuore dell'edificio, il quale è realizzato in muratura e sembra emergere dal pavimento. Alcuni elementi architettonici, come le vetrate interne e il monumentale corrimano in acciaio della scala elicoidale che collega i piani, sono in realtà opere d'arte di Nanda Vigo, "cronotopi"e "stimolatori di spazio", secondo la sua definizione. Anche alcune sculture sono direttamente innestate nell'architettura, come la scultura cinetica di Carmelo Cappello e gli alberi in metacrilicato di Gino Marotta. In alcuni casi opere di pittura rivestono intere pareti, come i "quadroni"di Remo Brindisi e di Claudio Papola e la "scrittura cancellata per una camera da letto"di Emilio Isgrò che è una vera e propria boiserie.
Il design, si diceva, è parte integrante della casa-museo. Lo sono innanzitutto gli arredi di Nanda Vigo che completano il progetto della"camera da letto prototipo", altrimenti denominata "camera nera", e il "salotto bianco". Si tratta di mobili realizzati su misura in alcuni casi, oppure di arredi della serie "Top"progettata da Nanda Vigo nel 1970 per FAI International, della serie "Essential"per Driade del 1973,e la lampada "Linea"per Arredoluce del 1970. A cavallo tra l'opera d'arte e l'oggetto di design è invece la lampada "Diaframma"del 1971 di Nanda Vigo. Sono da considerare alla stessa stregua di prototipi-opere d'arte le lampade di Cesare Fiorese, Calos, Bruno di Bello, Bruno Contenotte, la sedia di Riccardo Dalisi, le due poltroncine in metallo e materiale plastico della tavernetta. La sedia di C. R. Mackintosh che si trova nella "camera nera"è probabilmente da riferirsi alla mostra dedicata proprio alle sedie di Mackintosh organizzata alla Triennale di Milano del 1973, presieduta da Remo Brindisi. Produzioni di design industriale sono invece le versioni originali della lampada "Parentesi"di Pio Manzù e Achille Castiglioni che Remo Brindisi utilizzava nel suo studio per dipingere, della "Toio"di Achille e Piergiacomo Castiglioni, della "Eclissi"di Vico Magistretti da tavolo, collocata sul comodino accanto al letto dell'artista, e da parete, utilizzata nei bagni, della "Cobra"di Elio Martinelli che accresce con la propria luce il piano trasparente e luminoso incassato nel bar in muratura della tavernetta. Numerose anche le sedie e i mobiletti di design in plastica di Kartell, Artemide, Longato, B&B Italia, tra cui si ricordano le versioni originali delle sedie in plastica impilabili di Joe Colombo, De Martino, Fois, Falcon e della "Dott. Glob"di Philippe Stark.


che costituiscono un interessante fondo di coumentazione er l'arte del Novecento. Vi sono stati alcuni incrementi alla collezione d'arte ad opera del Comune di Comacchio, tra cui va citata soprattutto l'acquisizione dell'importante ciclo della "Via Crucis"di Remo Brindisi del 1959. La collezione annovera opere di moltissimi artisti e offre una panoramica di tutto il XX secolo internazionale, dal primo Novecento italiano, con i futuristi, i post cubisti, i Valori Plastici, al secondo Dopoguerra con i più diversi movimenti: Spazialismo, Informale, Surrealismo, Pop, Nouveau Réalisme, Zero, Azimuth, Realismo esistenziale, Nuova Figurazione, ecc. Forte l'influsso dell'ambiente milanese degli anni '50-'70 e della Triennale.
Il museo doveva essere un museo vivo, aperto a tutti, "conviviale", democratico, aperto alla discussione e alla produzione del nuovo. Inoltre Brindisi e la Vigo concepivano le arti come anime diverse che compongono insieme lo spazio costruito, integrandosi a vicenda come, secondo il pensiero di Nanda Vigo, è insito nella progettazione degli spazi vissuti dall'uomo sin dalle origini, mentre la società industriale ha artificialmente separato questa unità.
La collezione ha goduto negli anni passati di una mirata campagna di catalogazione informatizzata, realizzata grazie ai contributi della Regione Emilia Romagna (L.18/2000): attualmente sono 1200 circa le opere d'arte e le grafiche catalogate con la scheda OA nell'ambito della piattaforma Samira.


Artisti:
Nanda Vigo, Achille e Piergiacomo Castiglioni, Philippe Stark, Pio Manzù, Vico Magistretti, Joe Colombo, De Martino, Fois, Falcon, A. Rossel, Marcello Siard, Emma Gismondi, Shweinberger, Charles Rennie Mackintosh, Bruno Contenotte, Bruno Di Belli, Cesare Fiorese, Calos, Riccardo Dalisi, Cesare Fiorese, Calos, Bruno di Bello, Bruno Contenotte, Vico Magistretti, Elio Martinelli, Joe Colombo, De Martino, e Philippe Stark.