Museo Cervi
Via Fratelli Cervi, 9
Gattatico (RE)
Fondo:
Anonimo
attivo sec. XX, seconda metà
gelatina bromuro d'argento/ carta, cartoncino, finta pelle
XX (1954 - 1954)
Documentazione fotografica della partecipazione di Alcide Cervi al Comitato Nazionale dell'A.N.P.I. tenutosi a Roma, al Teatro Eliseo dal 16 al 18 gennaio 1954, del discorso tenuto da Piero Calamandrei, della visita alla direzione del Partito Comunista Italiano, dell'incontro con il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi e della consegna della medaglia d'oro.
Album raccoglitore con copertina in finta pelle con iscrizione in oro impresso. Contiene 15 immagini. Oltre alle documentazioni fotografiche degli incontri di Alcide Cervi vi è la motivazione, in forma di poesia, dell'attribuzione della medaglia d'oro scritta dal poeta partigiano Giovanni Serbandini "Bini".

"Domenica 17 gennaio 1954, un vecchio contadino emiliano entrò nel palazzo del Quirinale per incontrare un vecchio proprietario terriero piemontese che era anche il primo presidente eletto della Repubblica italiana. Il vecchio contadino, Alcide Cervi, portava al petto sette medaglie d'argento, una per ciascuno dei suoi figli caduti nella Resistenza. Il vecchio proprietario e presidente, Luigi Einaudi, teneva a onorare di persona chi aveva pagato un prezzo tanto alto alla liberazione del paese. Poche settimane prima (correva il decimo anniversario della fucilazione dei fratelli Cervi) Einaudi aveva scoperto la figura di Alcide grazie a un articolo pubblicato sulla rivista dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia, «Patria indipendente». L'articolo – che sta all'origine di un mito – era stato scritto da Italo Calvino.
Calvino era [...] autore e funzionario della casa editrice Einaudi, fondata vent'anni prima dal figlio del futuro presidente della Repubblica e collaboratore fisso dell'«Unità». Sul giornale di partito Calvino aveva pubblicato, negli ultimi giorni del 1953, un secondo articolo sui Cervi. Per scrivere quei pezzi il trentenne ex partigiano si era recato di persona a Gattatico, nella "bassa" emiliana fra Parma e Reggio. Aveva visitato la fattoria dove i sette fratelli resistenti (e il padre stesso) erano stati catturati dagli uomini di Salò il 25 novembre 1943, un mese prima di essere messi al muro senza processo, per rappresaglia dopo un attentato. Aveva incontrato papà Alcide, «basso e solido e nodoso come un ceppo d'albero»: «il padre scampato al terrore e al dolore», rimasto vedovo subito dopo la morte dei figli. Aveva parlato con almeno una delle vedove dei fratelli, e con la maggiore degli undici orfani, «la ragazza coi capelli rossi che quando i fascisti assediarono la casa aveva nove anni, e adesso ne ha diciannove».
Calvino era rimasto folgorato dalla visita a casa Cervi. Lo si capisce dal tono insieme complice e solenne, familiare e fiabesco, che impronta i suoi articoli del dicembre '53. Articoli così eloquenti da folgorare – di riflesso – un "padre della patria" che si era imposto all'attenzione dell'opinione pubblica, dopo gli anni della Costituente, come il massimo cantore della Resistenza: il giurista fiorentino Piero Calamandrei. Sulle orme di Calvino, anche Calamandrei aveva visitato casa Cervi. E sulla falsariga degli articoli di Calvino, Calamandrei aveva preparato un discorso in onore di Alcide ch'egli tenne al teatro Eliseo di Roma il 17 gennaio 1954: lo stesso giorno in cui, al Quirinale, il contadino emiliano era stato ricevuto dal presidente piemontese.
Le fondamenta del mito dei fratelli Cervi furono gettate allora, nel mese scarso che separò la pubblicazione degli articoli di Calvino dall'orazione di Calamandrei. Allora prese corpo una sorta di tacita intesa fra il giovane narratore e il maturo giurista, per rappresentare i sette fratelli emiliani come il simbolo uno e plurimo dell'epos resistenziale: eroi degni della voce di Omero, o della penna di Ariosto. Il 12 gennaio 1954, su un cartoncino augurale della casa editrice Einaudi, Calvino si rivolse a Calamandrei come un discepolo al maestro, ma anche come un capostipite all'erede: «Caro professore, le cose che mi scrive sui miei articoli sui Cervi mi fanno molto piacere, soprattutto perché mi sta a cuore che la loro storia sia divulgata e sentita e intesa. Mi dispiace non poterLa sentire, domenica, a Roma. Chissà che cose belle saprà dirne, Lei, che sa ancora parlare di queste cose con parole non logore».
[...] Anche il segretario generale del Pci, Palmiro Togliatti, compì (non era la sua prima volta) il pellegrinaggio a Gattatico: incontrò Alcide Cervi il 17 settembre 1954. E la Commissione stampa e propaganda del Pci – dove lavorava un giovane cronista dell'«Unità» che sarebbe divenuto, decenni dopo, un celebre "volto" televisivo: Sandro Curzi – decise di mobilitarsi per allestire un libro di memorie firmato da "papà Cervi". L'onore toccò a un altro giornalista del quotidiano di partito, Renato Nicolai. Il quale [...] produsse per gli Editori Riuniti un volumetto [...] corredato da un'introduzione dello storico Luciano Casali. Pubblicato per la prima volta nell'autunno 1955, fu uno straordinario bestseller. Entro un anno dall'uscita, si calcola che ne fossero state diffuse quasi un milione di copie [...]. (cfr. Italo, Alcide e il mito di Sergio Luzzatto, Domenica 24 de Il Sole 24 ore del 17 aprile 2010).