Via Farini 90
Parma (PR)
Tel: 0521 033433 - orto@unipr.it
Giardino storico
L’Orto Botanico di Parma è una preziosa area verde, di poco superiore all’ettaro, che nonostante le dimensioni limitate ospita oltre 2.000 specie vegetali; l’area comprende anche alcuni edifici, tra cui l’elegante palazzina delle Serre edificata alla fine del ’700. L’Orto e l’Istituto Botanico, che oggi è una sezione del Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale dell’Università di Parma, si trovano a breve distanza dal centro storico cittadino. Vi si accede attraverso la loggia di un antico edificio affacciato sulla via Farini. Il giardino si estende dalla via verso est ed è cinto, per un breve tratto verso ovest e per un tratto più lungo verso sud, da un muraglione che fiancheggia viale Martiri della Libertà. L’orto botanico parmense, che conserva una preziosa raccolta di erbari, è uno dei più antichi d’Italia e ospita diversi alberi monumentali, tra i quali spicca uno dei primi esemplari di ginkgo arrivati in Europa dall’Estremo Oriente.

Nato con le caratteristiche di un giardino all’italiana, l’Orto Botanico di Parma ha variamente modificato la sua struttura, assecondando nel tempo le diverse finalità perseguite dai botanici che lo hanno diretto. Solo la parte centrale ha conservato l’originario stile formale, mentre la parte restante si presenta come un giardino ricreato secondo criteri paesaggistici ed ecologico-sperimentali. Tutta l’area è percorsa da sentieri che circoscrivono settori dove si possono ammirare alberi plurisecolari provenienti da tutto il mondo.
La parte centrale è suddivisa in aiuole formali con basse siepi di bosso che circondano una vasca, fulcro di tutto l’Orto, con vasi di papiro e capelvenere, animata da una cospicua popolazione di anfibi. A fianco spiccano uno slanciato cipresso calvo, un’imponente Eucommia ulmoides ramificata dalla base (è una pianta originaria della Cina), un cerro e una sequoia gigante.
L’arboreto di impianto più antico si trova verso il confine orientale, dove tra sentieri sinuosi e aiuole che si sviluppano senza un disegno geometrico, nei pressi di una fontanella a roccette, dalla quale si formano vari rivoli d’acqua, sopravvivono gli esemplari arborei più annosi.
Nella parte occidentale, di aspetto più paesaggistico, nell’angolo sud-ovest colpiscono una sequoia sempreverde (diametro 82 cm) e, poco lontano, una particolare installazione con vasi di coccio appesi ai rami di un nocciolo (della varietà heterophylla); nelle vicinanze un esemplare di Elaeagnus commutata attrae per il profumo nel periodo di massima fioritura. Nella parte umida del giardino, dove si estendono alcuni stagni ornati di vegetazione palustre, verso il muro di recinzione più occidentale spicca un albero dei tulipani, mentre tornando verso l’uscita si incontrano alcune magnolie e una catalpa. Nell’edificio delle serre crescono numerose orchidee e sono conservate una collezione di piante insettivore e, nella parte più alta, una raccolta di piante grasse. Nelle serre si tengono corsi di giardinaggio e ortoterapia. Nella palazzina che affianca le serre in direzione dell’uscita ha sede la biblioteca, dove si possono consultare gli antichi erbari ed esaminare raccolte di semi e pollini.

Le origini dell’Orto Botanico risalgono ai primi del ’600, all’epoca di Ranuccio I Farnese (1569-1622), quando nel “borgo degli studi” venne creato un giardino dei semplici annesso alla facoltà di Medicina, nel quale, secondo l’uso del tempo, si coltivavano erbe medicinali; i “semplici”, come è noto, erano i medicamenti ricavati dal regno vegetale e analoghi giardini, o orti, erano stati fondati nel secolo precedente a Pisa (1543), Padova (1545), Firenze (1545) e Bologna (1568). L’attuale orto, invece, situato nella zona meridionale della città, non lontano dalla Cittadella, venne istituito nel 1770, sotto gli auspici di Ferdinando I di Borbone, che ne affidò la realizzazione all’abate Giambattista Guatteri (1739-1793), allora titolare della cattedra di botanica (fu uno dei primi botanici italiani ad adottare il sistema tassonomico proposto da Linneo). Nel 1793 fu terminata la palazzina delle serre, in stile neoclassico, su progetto dell’architetto di corte Ennemond-Alexandre Petitot, in sostituzione di più rudimentali strutture preesistenti; all’edificio furono in seguito aggiunte le due piccole ali anteriori. A Guatteri successe l’allievo Baldassarre Pascal, nel 1802 Bartolomeo Barbieri e nel 1817 Georg Jan (1791-1866), un botanico austriaco, di origine ungherese, chiamato dalla duchessa Maria Luigia che accrebbe notevolmente il corredo vegetale dell’orto e lo diresse sino al 1842, quando fu nominato direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano. Il suo successore Giovanni Passerini (1816-1893) diede all’orto un indirizzo più moderno, elevandolo a fama internazionale, e nel tempo si succedettero diversi altri direttori, che apportarono notevoli migliorie, tra le quali l’ampliamento delle serre.
L’orto odierno occupa la stessa area e ha la medesima estensione che aveva al tempo della fondazione settecentesca. Di fronte alle serre la porzione centrale ha mantenuto l’aspetto di giardino all’italiana, come nel progetto originario, anche se la primitiva geometria è stata in parte modificata. L’arboreto, creato tra ’700 e ’800, occupa la parte orientale e accoglie numerose specie rare. La parte occidentale dell’area, invece, è stata ricreata secondo criteri paesaggistici di gusto inglese. Negli ultimi anni è stata avviata un’opera di riordino e arricchimento delle collezioni e di risistemazione di aiuole e bordure, con finalità di tipo ecologico-sperimentale.
Nell’orto sono conservati i preziosi erbari e alcuni strumenti di lavoro dei direttori Giambattista Guatteri, Giorgio Jan e Giovanni Passerini, la raccolta di piante medicinali del medico botanico Giovanni Battista Casapini (1722), l’erbario della contessa Albertina Sanvitale (1828-1830) e quello, costituito da 274 contenitori con uno svariato assortimento di specie vegetali indigene ed esotiche, di Luigi Gardoni (1836-1878), ultimo gestore dell’antichissima Spezieria un tempo annessa al complesso abbaziale di San Giovanni Evangelista aParma.
L’orto ha oggi come scopo primario la conservazione della biodiversità sia in situ che ex situ e, oltre a svolgere le sue funzioni istituzionali, si occupa di ricerca scientifica, didattica ed educazione ambientale. Nelle serre si trovano interessanti nuove collezioni di piante insettivore, piante grasse e violette (tra cui la celebre violetta di Parma). La storia di quest’ultima pianticella è piuttosto interessante. La violetta di Parma (Viola odorata varietà parmensis) è la più profumata delle violette, con grandi fiori doppi malva chiaro; è documentata per la prima volta in Provenza nel 1755. Deve la sua notorietà all’ex imperatrice di Francia, ma l’amore e il culto della violetta non nascono con Maria Luigia ma sono già ben testimoniati al tempo della prima moglie di Bonaparte, Giuseppina. Grande impulso alla diffusione della violetta e della sua essenza, estratta dai frati del convento parmense dell’Annunziata, è dovuta al lancio commerciale da parte di Lodovico Borsari nel 1870: il profumo ebbe notevole successo per tutto il ’900, imponendo anche la viola come protagonista delle arti grafiche e decorative.