Non lontano, nei pressi della vasca centrale, si trova una grande paulonia (Paulownia tormentosa) che raggiunge il metro di diametro.
Nell’arboreto situato nella parte più orientale del giardino si impongono alla vista, per le dimensioni, un platano occidentale (diametro 127 cm), un olmo minore (diametro 151 cm), dal fusto costoluto molto alto, l’esemplare di Populus tremuloides (diametro 183 cm) messo a dimora da Giambattista Guatteri il giorno dell’inaugurazione dell’Orto nel 1768 e, nei pressi di un piccolo stagno, un bel cipresso calvo (diametro 86 cm).
Verso la recinzione meridionale, infine, si incontrano grandi ippocastani di varie specie, una ginkgo (diametro 88 cm), un pioppo bianco (diametro 110 cm) e un pino laricio (Pinus nigra ssp. calabrica) alto 30 metri e con un diametro di 83 cm.
Particolarità:
L’odierno viale Martiri della Libertà è un tratto della SS 62 della Cisa, che attraversa Parma e collega per il passo omonimo Liguria e Toscana con Emilia e Veneto. Il viale, chiamato dai parmigiani “lo stradone”, è il primo boulevard italiano creato sul modello di quelli francesi. Venne realizzato per volere del ministro del governo borbonico Guillaume Du Tillot (1711-1774) che, nell’ambito di una generale riorganizzazione di stampo illuministico della città di Parma, ne affidò il progetto all’architetto di corte Petitot, grande esperto di mode parigine e portatore di idee innovative dalla Francia. Si decise così di trasformare lo “stradone farnesiano”, un terrapieno a sud della città che serviva da massicciata stradale, in un elegante viale alberato (oggi ombreggiato da quattro lunghi filari di ippocastani), diviso in tre corsie; quella centrale, più larga, per le carrozze e le due laterali, più strette, per il passeggio a piedi, corredate da eleganti sedili di marmo.
Tipo:
palazzina
Particolarità:
Per chiudere il grande boulevard, lungo 720 m, al vertice orientale Petitot concepì come punto di fuga l’elegante edificio del “Casino del Caffè”, oggi denominato Casino Petitot, uno dei primi caffè italiani. La palazzina, infatti, fu concepita fin dall’inizio come struttura aperta al pubblico, luogo di ritrovo e conversazione, casa della musica e bottega dove gustare la bevanda che all’epoca favoriva lo svago di nobili, ricchi borghesi e intellettuali, che potevano sostare nel locale durante le passeggiate in carrozza per un boulevard degno di una grande città europea, in mezzo al verde della campagna che circondava le mura rinascimentali (dall’attico si poteva godere di un bel punto di vista sia verso la città che verso la campagna). Il nuovo viale e l’edificio furono inaugurati il 24 giugno 1766, durante la notte di San Giovanni; in questa notte i parmigiani, secondo un’antica usanza che sopravvive tuttora, usavano passeggiare all’aperto per bagnarsi di rosada (rugiada). Oggi il Casino si trova al centro di piazzale Risorgimento ed è sede del Parma Club Petitot, un’associazione di appassionati di calcio. L’edificio, infatti, si trova proprio di fronte all’ingresso dello stadio Tardini, completato nel 1923 su progetto dall’architetto Ettore Leoni, di cui colpisce il portale monumentale con le guglie portabandiera e altri spunti decorativi di gusto liberty.
DLgs n. 42/2004, art.10
DM (L. n. 1497/1939)
Dlgs n.42/2004, art.136, lett c)
Parma (PR)
La parte centrale è suddivisa in aiuole formali con basse siepi di bosso che circondano una vasca, fulcro di tutto l’Orto, con vasi di papiro e capelvenere, animata da una cospicua popolazione di anfibi. A fianco spiccano uno slanciato cipresso calvo, un’imponente Eucommia ulmoides ramificata dalla base (è una pianta originaria della Cina), un cerro e una sequoia gigante.
L’arboreto di impianto più antico si trova verso il confine orientale, dove tra sentieri sinuosi e aiuole che si sviluppano senza un disegno geometrico, nei pressi di una fontanella a roccette, dalla quale si formano vari rivoli d’acqua, sopravvivono gli esemplari arborei più annosi.
Nella parte occidentale, di aspetto più paesaggistico, nell’angolo sud-ovest colpiscono una sequoia sempreverde (diametro 82 cm) e, poco lontano, una particolare installazione con vasi di coccio appesi ai rami di un nocciolo (della varietà heterophylla); nelle vicinanze un esemplare di Elaeagnus commutata attrae per il profumo nel periodo di massima fioritura. Nella parte umida del giardino, dove si estendono alcuni stagni ornati di vegetazione palustre, verso il muro di recinzione più occidentale spicca un albero dei tulipani, mentre tornando verso l’uscita si incontrano alcune magnolie e una catalpa. Nell’edificio delle serre crescono numerose orchidee e sono conservate una collezione di piante insettivore e, nella parte più alta, una raccolta di piante grasse. Nelle serre si tengono corsi di giardinaggio e ortoterapia. Nella palazzina che affianca le serre in direzione dell’uscita ha sede la biblioteca, dove si possono consultare gli antichi erbari ed esaminare raccolte di semi e pollini.
L’orto odierno occupa la stessa area e ha la medesima estensione che aveva al tempo della fondazione settecentesca. Di fronte alle serre la porzione centrale ha mantenuto l’aspetto di giardino all’italiana, come nel progetto originario, anche se la primitiva geometria è stata in parte modificata. L’arboreto, creato tra ’700 e ’800, occupa la parte orientale e accoglie numerose specie rare. La parte occidentale dell’area, invece, è stata ricreata secondo criteri paesaggistici di gusto inglese. Negli ultimi anni è stata avviata un’opera di riordino e arricchimento delle collezioni e di risistemazione di aiuole e bordure, con finalità di tipo ecologico-sperimentale.
Nell’orto sono conservati i preziosi erbari e alcuni strumenti di lavoro dei direttori Giambattista Guatteri, Giorgio Jan e Giovanni Passerini, la raccolta di piante medicinali del medico botanico Giovanni Battista Casapini (1722), l’erbario della contessa Albertina Sanvitale (1828-1830) e quello, costituito da 274 contenitori con uno svariato assortimento di specie vegetali indigene ed esotiche, di Luigi Gardoni (1836-1878), ultimo gestore dell’antichissima Spezieria un tempo annessa al complesso abbaziale di San Giovanni Evangelista aParma.
L’orto ha oggi come scopo primario la conservazione della biodiversità sia in situ che ex situ e, oltre a svolgere le sue funzioni istituzionali, si occupa di ricerca scientifica, didattica ed educazione ambientale. Nelle serre si trovano interessanti nuove collezioni di piante insettivore, piante grasse e violette (tra cui la celebre violetta di Parma). La storia di quest’ultima pianticella è piuttosto interessante. La violetta di Parma (Viola odorata varietà parmensis) è la più profumata delle violette, con grandi fiori doppi malva chiaro; è documentata per la prima volta in Provenza nel 1755. Deve la sua notorietà all’ex imperatrice di Francia, ma l’amore e il culto della violetta non nascono con Maria Luigia ma sono già ben testimoniati al tempo della prima moglie di Bonaparte, Giuseppina. Grande impulso alla diffusione della violetta e della sua essenza, estratta dai frati del convento parmense dell’Annunziata, è dovuta al lancio commerciale da parte di Lodovico Borsari nel 1870: il profumo ebbe notevole successo per tutto il ’900, imponendo anche la viola come protagonista delle arti grafiche e decorative.