via Fondazione Magnani Rocca 4
Traversetolo (PR)
Tel: 0521 848327 / 848148 - info@magnanirocca.it
Giardino storico
La Villa Magnani Rocca, un tempo parte delle riserve di caccia ducali, è stata per alcuni secoli la residenza di villeggiatura di famiglie nobiliari prima di essere abitata da Luigi Magnani (Reggio Emilia 1906 –Corte di Mamiano di Traversetolo 1984), appassionato studioso d’arte, critico musicale, collezionista e amico del pittore bolognese Giorgio Morandi, che scelse in seguito di darle una destinazione museale. Passata alla Fondazione Magnani Rocca (istituita nel 1978) la villa è stata aperta al pubblico nel 1990 e conserva un’importante collezione d’arte con dipinti, oggetti e sculture di artisti italiani ed europei sia classici che novecenteschi. La villa ancora oggi è circondata da un esteso parco di stampo romantico, che si sviluppa su una superficie di 12 ettari circa, realizzato nell’Ottocento secondo i canoni del giardino all’inglese nel quale si incontrano esemplari arborei secolari di notevole effetto.

Ai piedi delle prime colline parmensi, la massa arborea del parco (12 ettari), spicca nel paesaggio rurale, allungandosi verso la pianura con un allineamento, oggi incompleto, di pioppi cipressini, residuo del lungo doppio filare che un tempo fiancheggiava la strada di accesso alla tenuta. Un breve filare di dodici grandi tigli di differente età (il primo a sinistra raggiunge i 110 cm di diametro) sottolinea l’odierno accesso al parco, chiuso da una cancellata con pilastri, che si trova in asse con la villa sul lato occidentale della proprietà. L’ingresso per i visitatori è ricavato all’interno del complesso colonico che comprende anche l’antico oratorio dedicato all’Assunta, a fianco del quale svetta un alto cipresso. Poco oltre l’ingresso si incontrano un gruppo di tassi e un agrifoglio e ci si avvicina all’ala occidentale del museo, davanti alla quale, in posizione riparata e soleggiata, si trova buona parte della collezione di agrumi del parco (limoni, mandarini e altri) che sono conservati in grandi vasi di terracotta (d’inverno vengono trasferiti nelle serre appositamente allestite). Davanti al fronte meridionale della villa, rivolto verso la collina, si apre un piazzale inghiaiato corredato ai margini da panchine in legno e vasi ornamentali su piedistalli, dal quale si sviluppano vialetti e sentieri sterrati che conducono nel parco, sviluppato in prevalenza a sud del museo sino alla Strada Pedemontana. Nel settore centrale si estende una radura prativa bordata da folte macchie arboree nelle quali risaltano le cime degli esemplari più monumentali. Dove la radura si restringe è situata una bella vasca circolare, con fontana in pietra, dove vegetano ninfee e altre erbe acquatiche. A sud dell’oratorio, a ridosso del confine occidentale del parco, si trova un bel giardino all’italiana, con aiuole circolari e rettangolari delimitate da siepi di bosso nano. Passeggiando per i vialetti si attraversano macchie arboree miste con tigli, ippocastani, platani, cedri, pini, noci americani, ma anche farnie, olmi, ciliegi, bagolari e, nelle porzioni più recenti, frassini maggiori, aceri campestri e carpini bianchi; nel sottobosco fioriscono viole, elleboro fetido, polmonaria e si muovono tranquilli pavoni di varie razze, spesso con piccoli al seguito. La notevole ricchezza del parco in termini di biomassa e biodiversità richiama molte specie di uccelli selvatici, favoriti dai nidi artificiali collocati da un’associazione ornitologica locale (è piuttosto facile scorgere un picchio verde, una ghiandaia o anche una poiana in sosta sulla cima di uno degli alberi più alti). Sul confine meridionale, dove prevalgono gruppi di ippocastani e tigli, si apre un vecchio cancello di fronte a una piccola edicola votiva, dal quale parte un vialetto in ghiaia diretto alla villa. In questo settore del parco si succedono alcune radure con esemplari arborei isolati, mentre nella porzione orientale del parco la massa arborea torna più compatta e composita; tra le curiosità spicca un piccolo stagno recintato, con anatre e altri animali domestici, intorno al quale crescono farnie, olmi ma anche cedri e querce esotiche.
Alle spalle della villa un ampio spazio prativo è delimitato a est da un grande esemplare di cedro dell’Himalaya (diametro 113 cm) e da noci americani (i maggiori con diametri intorno agli 85 cm), mentre il confine settentrionale è chiuso da una siepe di carpino bianco, realizzata di recente, e impreziosito da sei colonne in marmo di ordine ionico recuperate da una chiesa settecentesca dell’Italia meridionale andata distrutta durante la seconda guerra mondiale. Nei pressi dell’edificio si trova un monumentale cedro del Libano in compagnia di altri cedri e di giovani magnolie e querce. A lato dell’ala museale orientale, infine, alcuni vasi ornamentali testimoniano la passata presenza di un secondo giardino formale all’italiana.

Nel 1556 i terreni intorno a Mamiano, allora compresi nel Ducato di Parma e Piacenza, furono concessi dai Farnese agli Sforza di Santafiora, che ne detennero la proprietà sino alla fine del ’700. Durante questo periodo venne costruito un primo edificio padronale nel luogo dell’odierna villa. Alla fine del ’600 pare accertato che esistessero un casino di caccia, presumibilmente coincidente con la porzione a forma di torretta nella parte centrale dell’odierno edificio, alcune case rurali e un oratorio (per alcuni studiosi, infatti, risalente l’attuale oratorio risale al1632). Ai primi dell’Ottocento il complesso venne acquistato dai marchesi Paolucci, un’antica famiglia nobiliare originaria del Forlivese, che trasformarono il casino di caccia in casa di villeggiatura, circondandola secondo i gusti dell’epoca con un parco all’inglese. Il parco comprendeva anche una piccola grotta e un laghetto artificiale, di forma irregolare, con ponticelli e statue, che in seguito fu prosciugato (una cisterna che alimentava il laghetto è ancora presente in un villino neogotico sulla collina di fronte alla villa). Nel 1879 la proprietà passò al conte Camillo Zileri-Dal Verme e agli inizi del ’900 il figlio Enrico avviò i lavori di ristrutturazione che diedero alla villa l’odierno aspetto, affidandosi all’architetto milanese Antonio Citterio (1853-1936), figura di rilievo nella progettazione di ville e giardini di fine Ottocento e fautore di un ritorno del barocco in Lombardia. Un anno dopo la morte di Enrico, avvenuta nel 1940, la proprietà venne acquistata dal commendatore reggiano Giuseppe Magnani che vi si trasferì insieme alla famiglia. Dopo la morte del padre Giuseppe, Luigi Magnani fece costruire su entrambi i lati della villa due nuovi spazi funzionali a ospitare la sua collezione di opere d’arte; i lavori, che portarono anche all’ampliamento dell’antica serra (l’orangerie), furono eseguiti tra il 1965 e il 1967 e curati dall’architetto bolognese Leone Pancaldi. Nel 1977 Luigi Magnani decise di dare vita, con la collaborazione della Cassa di Risparmio di Parma (oggi Cariparma-Crédit Agricole) a una fondazione in memoria dei genitori, alla quale trasferì la proprietà della villa e le sue collezioni d’arte. Prima dell’apertura del museo e in misura minore in momenti successivi la villa è stata oggetto di ulteriori interventi di adeguamento degli spazi alle nuove funzioni. I lavori, che hanno comportato il restauro di parte degli interni e la revisione della rete impiantistica, sono stati affidati a un gruppo di progettazione composto dagli architetti bolognesi Carlo De Angelis, Paolo Nannelli e Roberto Scannavini e dall’ingegnere parmigiano Guido Feldmann.