Piazzale della Rosa
Sassuolo (MO)
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Giardino storico
L’odierno parco è la parte residua del vastissimo parco annesso al complesso ducale di Sassuolo, che nel corso del ’700 raggiunse un’estensione di oltre 1.000 ettari. Oggi, dopo le trasformazioni novecentesche, ne rimane una piccola porzione di forma regolare (13 ettari circa), costituita in massima parte da prati. L’area verde si estende sul lato meridionale del palazzo ed è percorsa da un viale di grandi pioppi cipressini, che era l’inizio del lunghissimo rettilineo che raggiungeva le prime pendici collinari,collegando il palazzo al casino di caccia del Belvedere (oggi Villa Cuoghi), situato 3,7 km più a sud; oltre il parco il viale rettilineo prosegue tuttora per un tratto nell’odierna via Parco, sempre fiancheggiata da pioppi cipressini.

Il parco ducale si sviluppa su una superficie di circa 13 ettari, solo in parte fruibili (l’area più vicina al palazzo, di circa 4 ettari, è chiusa da un’alta recinzione e interdetta al pubblico). Visto dall’alto il parco si presenta come un trapezio isoscele in prevalenza prativo, che si estende dal fronte meridionale del palazzo. La regolarità della forma è sottolineata dalla semplicità dell’impianto e dalla disposizione perfettamente simmetrica della viabilità e delle alberature. Lo storico viale di pioppi cipressini che collegava il palazzo al casino di caccia del Belvedere suddivide il parco in due metà speculari, definite sui lati esterni da filari alberati che visivamente convergono verso il fronte dell’edificio (in entrambi i casi si tratta di un filare di pioppi cipressini, di due filari di farnie e di un filare di aceri campestri). La viabilità, in ghiaia e terra battuta, è formata da tre percorsi longitudinali (uno centrale e due laterali) attraversati da quattro collegamenti trasversali, perpendicolari ai primi. Gli alberi sono disposti unicamente lungo i percorsi longitudinali e la regolarità del disegno è interrotta soltanto dalla presenza, lungo il limite occidentale, di un complesso colonico adibito a centro giovanile. I filari alberati si interrompono a circa 200 m dal palazzo, in corrispondenza della recinzione che delimita l’area non agibile, pressoché priva di alberi e sprovvista di viabilità; al suo interno sono tuttavia evidenti alcune tracce dell’assetto settecentesco, come il sinuoso corso del canale di Modena che circoscriveva l’area del parterre, al centro della quale è ancora visibile la vasca di una fontana.

Per quanto sin dal ’500 sia accertata la presenza di un giardino lungo il fronte meridionale della rocca dei Pio, all’epoca signori di Carpi e Sassuolo, la nascita del parco è strettamente legata alla costruzione del palazzo seicentesco e alla figura di Francesco I d’Este (1610-1658). Salito al potere nel 1629, il duca intraprese la trasformazione in residenza estiva della rocca, acquisita vent’anni prima dal nonno Cesare d’Este, all’epoca del ritorno di Ferrara al papa e del trasferimento della capitale del ducato a Modena. La realizzazione del sontuoso palazzo destinato alla villeggiatura della corte venne affidata all’architetto Bartolomeo Avanzini, già artefice su incarico dello stesso Francesco I del Palazzo Ducale di Modena, che curò anche la sistemazione del parco. Tra il 1640 e il 1654 lo spazio verde fu arricchito di numerose fontane (le statue furono realizzate su disegni di Gian Lorenzo Bernini) e sul fronte settentrionale del palazzo venne realizzata un’ampia terrazza sistemata a giardino pensile; all’interno delle mura, sulla cui sommità correva una passeggiata all’ombra di una pergola di vite, prese vita un “giardino segreto” detto ottagono, che era destinato al riposo e allo svago dei duchi. Nel 1650, in collaborazione con l’architetto, scenografo e idraulico Gaspare Vigarani, sul lato meridionale del palazzo venne intrapresa la costruzione della “peschiera”, una monumentale fontana ornata di statue, grotte, nicchie, mosaici e balconate per i musici, portata poi a termine nel 1692 dallo scultore e fontaniere Antonio Aragona. Una tavola del 1679 raffigura il parco una ventina d’anni dopo la morte, avvenuta nello stesso anno, di Francesco I e del suo architetto: l’area verde è suddivisa in quattro porzioni di forma quadrata, arricchite da siepi di bosso, alberi e vasche, dalle quali partivano due viali alberati leggermente divergenti, diretti uno verso l’alveo del Secchia e l’altro verso la collina. La fisionomia del parco fu profondamente trasformata a metà del ’700, quando Francesco III (1698-1780) lo affidò alle cure del noto architetto e scenografo veneto Pietro Bezzi. Per migliorare il collegamento tra il palazzo e il parco, posti a quote diverse, Bezzi trasformò la facciata meridionale dell’edificio, realizzando un sistema di raccordo con terrazze, rampe, loggiati e gradinate. Venne anche deviato il canale di Modena, che costeggiava il lato meridionale del palazzo, spostandolo a un centinaio di metri dall’edificio, e il suo nuovo e sinuoso corso, leggibile ancora oggi, andò a definire uno spazio a parterre ornato di vasi di agrumi e siepi di bosso e dotato di una grande vasca con fontana. Oltre agli interventi nella porzione ornamentale prossima al palazzo, Bezzi si occupò anche del parco nel suo complesso, organizzando il territorio mediante imponenti assi paralleli alla facciata principale del palazzo. Un primo viale, ancora oggi in parte riconoscibile, si dirigeva a sud, verso la collina, sino a raggiungere il poggio del Belvedere, dove nel 1781 venne realizzato il casino di caccia; l’altro si muoveva in direzione opposta, verso la pianura, arrivando sino a Magreta (oggi una frazione di Formigine). Allontanandosi dal palazzo, il giardino ornamentale sfumava nel parco sino alle aree più selvagge, dove venivano organizzate le battute di caccia. Benché buona parte dell’area fosse dedicata allo svago dei duchi e dei loro ospiti, i documenti testimoniano anche la minuziosa amministrazione degli spazi agricoli, dove si produceva e vendeva di tutto (fieno, legname, uva, agrumi, noci, fichi, fiori freschi, fave, carciofi, fioroni, erbe odorose, insalata, zucche, cipolle, foglie di gelso, burro, panna, vitelli, pelli di puledro). Nel 1796, con l’occupazione napoleonica, iniziò un rapido declino. Il palazzo e il parco furono venduti a privati e nel corso dell’Ottocento si succedettero vari proprietari, per lo più stranieri. Nel 1917 l’edificio venne impiegato come caserma e nel 1919 fu ceduto al salumificio Bellentani, che adattò le sale del palazzo a macello e trasformò il parco in un’azienda agricola. Nel 1941, per interessamento del principe Umberto di Savoia, il palazzo divenne proprietà dello Stato e fu affidato all’Accademia Militare di Modena. Nel 2004 il palazzo è passato al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che ha in consegna anche la parte di giardino più prossima all’edificio. Dagli anni ’90 il palazzo e quanto rimane del parco, andato progressivamente e irrimediabilmente scomparendo per lo sviluppo urbano e industriale di Sassuolo, sono interessati da interventi di restauro che hanno riguardato anche la “peschiera” e il belvedere affacciato sul “giardino segreto”; è inoltre stato avviato l’intervento di ripristino di una parte dell’antico collegamento tra il Palazzo Ducale e il Belvedere, che consentirà anche di raggiungere un percorso ciclo-pedonale, di carattere naturalistico, lungo il Secchia.