via Lizzano, 1241
Cesena (FC)
Tel: 0547 323425 - villasilvia-carducci@ammi-italia.com
Giardino storico
Il parco, esteso poco meno di cinque ettari, sorge sulle prime colline cesenati intorno a un bell’edificio di impianto settecentesco che, sul finire dell’Ottocento, divenne la residenza di campagna dei conti Giuseppe e Silvia Pasolini Zanelli e un cenacolo artistico frequentato da illustri personaggi della cultura dell’epoca. Tra i nomi spicca quello di Giosuè Carducci, che vi trascorse numerosi soggiorni estivi nell’ultimo periodo della sua vita, maturando una stretta amicizia e un ricco rapporto epistolare con la contessa Silvia. Ancora oggi, come ai tempi del Carducci, il parco rappresenta un’oasi verde tra i coltivi che trasmette quiete e serenità. È un luogo gradevole in cui passeggiare, sostare all’ombra di alberi ornamentali, in qualche caso ormai secolari, e ammirare l’ampio panorama sulla valle del fiume Savio prossima alla pianura, sulla vicina città di Cesena e sul mare Adriatico. Il parco e la villa sono stati da poco oggetto di un complessivo intervento di ripristino, curato dal Comune di Cesena e dall’AMMI, finalizzato a valorizzare i luoghi, le vicende e i personaggi che hanno animato il glorioso passato di questa località. Soprattutto nei fine settimana e nella bella stagione, Villa Silvia - Carducci è un vivace punto di riferimento per la cittadinanza cesenate, anche grazie alle numerose attività e manifestazioni ospitate nell’edificio e nel parco.

Grazie alla forma compatta, pressoché triangolare, e alla densa copertura arborea, in prevalenza di sempreverdi, il parco di Villa Silvia - Carducci spicca con grande evidenza tra i vigneti e gli ampi seminativi del paesaggio collinare circostante. Molto caratteristico è il lungo filare di cipressi, tra gli alberi più diffusi nell’area verde, che attraversa i coltivi per concludersi in uno scenografico belvedere, oggi compromesso dallo sviluppo incontrollato della vegetazione.
La visita ha inizio dalla bella cancellata di ingresso dove, superato un primo edificio di servizio ridotto a rudere, si prende un viale inghiaiato, segnato da un doppio filare di pini domestici e da siepi formali di alloro e laurotino, che in lieve salita conduce all’ampio pianoro occupato dalla villa e dalle sue pertinenze.
La recente sistemazione del parco ha portato all’allestimento di un Giardino Letterario Parlante, composto da tre “stanze”, dove il visitatore può sostare all’ombra di grandi alberi e ascoltare commenti audio che riportano brani tratti dall’epistolario tra la contessa Silvia e Carducci, intervallati da pezzi musicali d’epoca. A ogni stanza si accede attraverso una simbolica “porta”, costituita da una moderna struttura metallica ad arco sulla quale si avvolgono giovani rampicanti. La suggestione delle parole e delle musiche è accresciuta dalla presenza di un ricco apparato iconografico con pannelli, sagome, ingrandimenti di foto storiche e altri elementi che nell’insieme richiamano le atmosfere tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del secolo successivo. Anche gli arredi d’epoca (sedute, fioriere, cordoli e altri decori), oggi affiancati da componenti moderne, contribuiscono a storicizzare il luogo e ne sottolineano il fascino.
La “prima stanza”, dedicata alla contessa Silvia, si apre a lato del viale principale, ormai in vista della villa: l’arco di ingresso, ornato di rose rampicanti, conduce a uno slargo ombreggiato da due grandi esemplari di leccio nel quale sono collocate alcune sedute e grandi fioriere ad anfora che nel corso dell’anno si colorano grazie alle belle fioriture di erbacee annuali e perenni. A fine inverno tutta l’area è inondata dal profumo di calicanto, un arbusto tipico dei parchi d’epoca che a Villa Silvia - Carducci conta diversi vecchi esemplari. Poco distante si trova la “seconda stanza”, dedicata a Giosuè Carducci e introdotta da un portale segnato da profumatissimi esemplari di madreselva (Lonicera spp.). Un breve filare di vecchi lecci e una fascia alberata dominata da lecci, con isolati esemplari di robinia e bagolaro, creano in questo angolo del parco una piacevole penombra che ha consentito lo sviluppo di tappezzanti come edera e pervinca. La “terza stanza”, infine, si trova sul lato opposto della villa e richiama il salotto della contessa frequentato da amici, letterati e artisti. Lo spazio, anticipato da un arco con giovani esemplari di glicine, è definito da una radura prativa contornata da vecchi alberi (cedro dell’Himalaya, cipresso e olmo) e da macchie di bambù, bordure di Ruscus hypoglossum e aiuole di rose antiche, queste ultime introdotte in occasione dei recenti lavori nel parco.
A completare il disegno dell’area verde, sono da segnalare alcune formazioni alberate, in prevalenza monospecifiche e a volte in condizioni vegetative molto critiche. Tra queste spicca il cosiddetto “orologio delle fate”, un gruppo di cedri disposti in cerchio a simulare il quadrante di un orologio; altri esemplari adulti di cedro occupano il settore più orientale del parco, mentre sul largo pianoro verso ovest spiccano una serie di filari di pini domestici che ombreggiano tavoli con sedute e giochi per bambini. Di aspetto più incolto e naturale, invece, è la fascia alberata che riveste la scarpata digradante verso la strada pubblica, composta da lecci, cipressi (sia quello nostrano sia l’esotico Cupressus arizonica) e da un intricato sottobosco di arbusti sempreverdi mediterranei come alloro, laurotino, pittosporo e alaterno. Da segnalare, infine, nello spiazzo inghiaiato sul retro della villa, una grande vasca circolare corredata di sculture zoomorfe che ospita diversi pesci esotici e belle piante acquatiche.

Le vicende storiche del complesso richiamano le figure di Giosuè Carducci e di Silvia Baroni, contessa Semitecolo di Bassano, nobildonna veneta che nel 1874 sposò il conte Giuseppe Pasolini Zanelli di Faenza (la cui famiglia era proprietaria della villa dal 1806). La contessa, eccellente musicista, fece della villa una delle sue residenze estive,invitandovi gli uomini più illustri della Romagna del tempo (scrittori come Nazzareno Trovanelli, Antonio Messeri, Paolo Amaducci, musicisti come Balilla Pratella, Achille Turchi, Federico Sarti e cantanti come Alessandro Bonci). Dal 1897 al 1906 Giosuè Carducci soggiornò almeno una decina di volte nella villa, in ormai segnati dalla malattia che lo costrinse su una poltrona a ruote, godendo della quiete del parco, del clima gradevole, dell’ascolto della musica, della compagnia stimolante di numerosi artisti e dell’affetto della famiglia ospite. Alla morte del poeta, nel 1907, i conti posero una lapide sulla facciata della villa, tuttora visibile, a ricordo di questa profonda amicizia, testimoniata da un ricco carteggio tra Carducci e la contessa che abbraccia circa due decenni (1888-1907). In una corrispondenza del luglio 1904 il poeta le scriveva: “ (…) Lizzano, dove il cielo, la terra, l’aria ricordano la temperatura e i bei paesaggi dell’Ariosto, e dove son fate e ninfe e dee vere e vive che adornan sempre le felici rive, metton in fuga con i lievi favellari la malinconia, se ella si attenta di avvicinarsi all’anima…”. Dalle cronache del tempo si sa che il poeta era solito percorrere il viale di cipressi che ancora oggi scende dalla villa verso valle per ammirare il paesaggio che si distendeva dalla pianura al mare. Il parco si presentava allora ricco di piante sempreverdi, tra cui cipressi, lecci, pini, ulivi e allori, con siepi formali che disegnavano labirinti ombrosi e una gran varietà di fiori colorati e profumatissimi (oleandri, gardenie, garofani, gerani, gelsomini, giunchiglie e rose). Si ha notizia anche di un roseto, oggi purtroppo perduto. Notevoli scorci del parco, a cavallo tra ’800 e ’900, si apprezzano in vecchie foto d’epoca che ritraggono i padroni di casa insieme ai loro ospiti. L’amore della contessa per i fiori traspare, oltre che dai suoi scritti, anche da un curioso passo del suo testamento, in cui viene richiesto al Comune di Cesena, da lei indicato tra gli eredi, di curare in perpetuo la tomba di famiglia nel cimitero monumentale di Faenza “onorandola annualmente dei fiori di Lizzano”.
Alla morte della contessa, nel 1920, la villa, con annessi quattro poderi, passò al Comune di Cesena, purché nell’edificio sorgesse “un sanatorio o altra opera atta a lenire le umane sofferenze, specie della popolazione di Lizzano.” Per oltre cinquant’anni, infatti, nell’edificio è stato attivo un preventorio tubercolare per i bambini meno abbienti, come testimonia una targa in marmo affissa nel 1925 a una delle colonne di ingresso alla proprietà, recante la scritta “Colonia montanina”. Durante la seconda guerra mondiale, prima le truppe tedesche e in seguito quelle alleate transitarono da Lizzano, fortunatamente senza recare danni alla villa (i beni più preziosi furono messi in salvo, compresi quelli appartenuti a Carducci). Nel dopoguerra, tuttavia, l’edificio fu soggetto a pesanti manomissioni, soprattutto interne, che ne alterarono il valore architettonico e nel parco furono piantati molti alberi, soprattutto cedri e pini, in alcuni casi troppo ravvicinati per garantire un corretto sviluppo delle piante. Negli ultimi decenni del ’900 la villa ha ospitato una scuola materna comunale e, a partire dal 2007, è stata sottoposta a interventi di restauro e risanamento conservativo per accogliere la sede dell’AMMI. Il parco, anch’esso interessato da recenti lavori di riordino e arricchimento vegetale, ha nel complesso conservato l’assetto, le atmosfere e le belle vedute di un tempo.