Altri individui arborei significativi sono dislocati soprattutto lungo i prati che rivestono l’antico fossato e nel giardino davanti all’ingresso della Rocca.
Particolarità:
Nel centro storico di Forlì, presso il complesso monumentale di San Domenico, un convento risalente al ’200 oggi trasformato in prestigioso museo, proprio davanti all’ingresso, cresce un annoso cipresso (diametro 70 cm); la pianta si distingue per il singolare portamento, piuttosto tozzo e poco svettante, con una chioma insolitamente larga per la specie. All’interno del museo, nel primo chiostro, vicino al loggiato settentrionale oggi tamponato, cresce una bella sofora (diametro 106 cm) dall’ampia chioma, ancorché contenuta dalle potature.
DLgs n. 42/2004, art.10
Forlì (FC)
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La rocca di Ravaldino e l’insieme delle fortificazioni erano a quei tempi ritenute imprendibili, anche se Niccolò Machiavelli le giudicò, al contrario, estremamente vulnerabili. Cinte d’assedio da Cesare Borgia e strenuamente difese da Caterina, non resistettero ai continui bombardamenti diurni e notturni e caddero nel gennaio del 1500; Caterina fu condotta prigioniera a Roma, nella fortezza di Castel Sant’Angelo. Un grande stemma di Cesare Borgia in pietra bianca, indicherebbe, nella cortina sud-occidentale della Rocca, il punto della breccia da cui gli assedianti fecero irruzione nel castello; lo stemma è ben visibile da via Giovanni dalle Bande Nere (il celebre condottiero, per inciso, è il figlio che Caterina ebbe dal terzo marito, Giovanni de’ Medici detto il Popolano). Nel ’500 la rocca perse la sua funzione militare, sia per l’inclusione di Forlì nello Stato Pontificio, sia per l’evoluzione delle artiglierie che resero obsoleto questo tipo di costruzione difensiva. Le fortificazioni furono adibite a carcere e tali rimasero sino alla fine dell’Ottocento, quando vennero costruite le attuali prigioni all’interno della cittadella. Nel 1876 l’area venne dotata di un primo spazio verde pubblico mediante la sistemazione del “Prato della Rocca” e nel 1905 venne realizzato il torrione dell’acquedotto municipale, in stile neomedievale, poi abbattuto dai tedeschi in ritirata nel 1944 e ricostruito nel 1948 nelle forme attuali. L’odierno manufatto in mattoni e cemento e la recinzione del giardino dalle medesime caratteristiche costruttive fanno pensare che all’area verde sia stata data l’attuale fisionomia in questo periodo.
Tutto il complesso è da anni interessato da un progetto di recupero che ha trasformato la rocca in una sede di concerti, mostre ed esposizioni d’arte. Di recente è stata ricostruita la copertura dei due torrioni anteriori e del maschio. Quest’ultimo è costituito da tre sale sovrapposte: in quella superiore si trovano la bocca di un pozzo a rasoio che scende sino al livello del cortile interno e una singolare scala a chiocciola in pietra, senza perno centrale, i cui 67 scalini si sostengono per sovrapposizione.