Piazzale Porta Ravaldino
Forlì (FC)
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Giardino storico
La Rocca di Ravaldino, nota anche come Rocca di Caterina Sforza, è una cittadella fortificata che sorge nel vertice meridionale dell’abitato di Forlì. Di origine medievale è stata ricostruita e rafforzata nel ’300 e ampliata nel secolo successivo e tuttora ospita la casa circondariale della città. Una parte della rocca è invece destinata a sede espositiva. Lo storico complesso è corredato da una buona dotazione di verde: ricche alberature, apprezzabili soltanto per la parte che emerge dalle robuste mura, si trovano all’interno dell’area carceraria, mentre sono liberamente fruibili i vasti prati dove un tempo si sviluppava il fossato, così come il piccolo e ombroso giardino che fronteggia l’ingresso alla parte pubblica della rocca.

Dalle strade che circondano la rocca si apprezza l’imponenza del sistema murario che emerge dal fondo dall’antico fossato, ribassato rispetto alla viabilità di contorno di circa tre metri. Al di sopra delle mura, sulle quali crescono i capperi, emergono le chiome di caducifoglie come frassini e aceri e di sempreverdi tra cui spiccano alcuni cedri di discrete dimensioni; l’antico fossato è interamente ricoperto da un bel manto erboso punteggiato da scenografici pini domestici. Lungo via Corridoni, ombreggiata da un bel filare di bagolari, ai piedi della scarpata del vecchio fossato si sviluppa un allineamento con aceri americani, platani e piccoli lecci, tra i quali spiccano un esemplare di pino domestico (diametro 67 cm) e uno di acero (diametro 73 cm). Al termine di via Corridoni, dove comincia via Giovanni dalle Bande Nere, si raggiunge il retro della rocca vera e propria, dove il fossato si allarga e sul prato si distinguono un leccio, un bagolaro, un acero americano e un grande platano (diametro 87 cm) dalla bella chioma espansa. Continuando per via Giovanni dalle Bande Nere, nell’angolo occidentale dell’area fortificata, si arriva all’ingresso del giardino pubblico, che si allunga tra la facciata della rocca, con i torrioni circolari e il maschio quadrato al centro, e piazzale di Porta Ravaldino. Il giardino, recintato e arredato con vecchie sedute di cemento, comprende un’area giochi per bambini e risulta un poco ribassato rispetto al piano stradale e per metà in pendio verso il piazzale, dal momento che si sviluppa almeno in parte nell’area un tempo occupata dal fossato. La piccola area verde, molto ombreggiata, è solcata da vialetti curvi che definiscono aiuole dove crescono piante sia sempreverdi che caducifoglie. Si notano un filare di giovani ippocastani, cedri dell’Atlante (uno con diametro di 71 cm), pini domestici, lecci, tigli, bagolari, un agrifoglio, una piccola magnolia e un gruppo di vecchi cipressi (uno di 64 cm di diametro). Un’albizia e una magnolia sono presenti verso l’ingresso di via della Rocca, da dove sono ben visibili le contigue aiuole prative intorno alla torre dell’acquedotto, messa in risalto da un anello di pini domestici. Procedendo per via della Rocca si costeggia nuovamente il pratone del fossato, dove nello spigolo più a nord si notano tre alberi probabilmente cresciuti in modo spontaneo: un grande salice bianco addossato al muro delle carceri (diametro 120 cm), una brussonezia dal tronco cavo (diametro 66 cm) e un acero americano (diametro 73 cm).

Un luogo fortificato in questa posizione è documentato dalla metà del ’200, ma è solo nel 1371 che il cardinale Anglico de Grimoard, nella sua Descriptio provinciae Romandiolae, cita la “Roccha Ravaldini”, con un castellano e 15 famiglie, nella parte di città rivolta verso le colline. Il nome deriva, con tutta probabilità, da un rivellino che sorgeva a difesa della porta meridionale della città, successivamente scomparso come quasi tutti i fortilizi di questo tipo. Nel ’400 gli Ordelaffi, nuovi signori di Forlì, decisero di ingrandire la rocca nelle forme che si vedono tuttora. I lavori iniziarono nel 1471 e, dopo la cacciata degli Ordelaffi nel 1480, continuarono sotto i Riario, terminando nel 1483, quando nella rocca venne insediata la prima guarnigione. In seguito Girolamo Riario (1443-1488) affidò al medesimo architetto che aveva curato l’ampliamento della rocca, Giorgio Marchesi detto Giorgio Fiorentino, anche la costruzione di una cittadella con vari corpi separati, circondati da un complicato sistema di fossati e ponti levatoi. Caterina Sforza (1463-1509), vedova di Girolamo, apportò ulteriori modifiche al complesso: ingrandì e consolidò le fortificazioni per ospitare un maggior numero di armati e vi costruì la propria residenza (il cosiddetto “Paradiso”), dotata di giardino (è nota la passione della contessa per l’erboristeria, la cosmesi e l’alchimia).
La rocca di Ravaldino e l’insieme delle fortificazioni erano a quei tempi ritenute imprendibili, anche se Niccolò Machiavelli le giudicò, al contrario, estremamente vulnerabili. Cinte d’assedio da Cesare Borgia e strenuamente difese da Caterina, non resistettero ai continui bombardamenti diurni e notturni e caddero nel gennaio del 1500; Caterina fu condotta prigioniera a Roma, nella fortezza di Castel Sant’Angelo. Un grande stemma di Cesare Borgia in pietra bianca, indicherebbe, nella cortina sud-occidentale della Rocca, il punto della breccia da cui gli assedianti fecero irruzione nel castello; lo stemma è ben visibile da via Giovanni dalle Bande Nere (il celebre condottiero, per inciso, è il figlio che Caterina ebbe dal terzo marito, Giovanni de’ Medici detto il Popolano). Nel ’500 la rocca perse la sua funzione militare, sia per l’inclusione di Forlì nello Stato Pontificio, sia per l’evoluzione delle artiglierie che resero obsoleto questo tipo di costruzione difensiva. Le fortificazioni furono adibite a carcere e tali rimasero sino alla fine dell’Ottocento, quando vennero costruite le attuali prigioni all’interno della cittadella. Nel 1876 l’area venne dotata di un primo spazio verde pubblico mediante la sistemazione del “Prato della Rocca” e nel 1905 venne realizzato il torrione dell’acquedotto municipale, in stile neomedievale, poi abbattuto dai tedeschi in ritirata nel 1944 e ricostruito nel 1948 nelle forme attuali. L’odierno manufatto in mattoni e cemento e la recinzione del giardino dalle medesime caratteristiche costruttive fanno pensare che all’area verde sia stata data l’attuale fisionomia in questo periodo.
Tutto il complesso è da anni interessato da un progetto di recupero che ha trasformato la rocca in una sede di concerti, mostre ed esposizioni d’arte. Di recente è stata ricostruita la copertura dei due torrioni anteriori e del maschio. Quest’ultimo è costituito da tre sale sovrapposte: in quella superiore si trovano la bocca di un pozzo a rasoio che scende sino al livello del cortile interno e una singolare scala a chiocciola in pietra, senza perno centrale, i cui 67 scalini si sostengono per sovrapposizione.