Via Montericco n. 10
Imola (BO)
Tel: 0544 38583

335 7297264
Giardino storico
Circondato da un tranquillo e armonioso angolo di campagna che racchiude vigneti, seminativi, scenografici filari alberati e lembi di bosco, il parco si sviluppa intorno a una torre di guardia medievale, nel ’500 trasformata in un palazzo nobiliare, poi ingentilito e corredato da un altro edificio padronale, con le sue pertinenze, e da un ricercato giardino all’italiana impreziosito nel tempo da collezioni di rose e lavande. Inserito nel prestigioso circuito dei Grandi Giardini Italiani (l’associazione di giardini storici fondata da Judith Wade), il parco custodisce alcuni esemplari arborei di notevoli dimensioni, mentre l’azienda agricola vanta una secolare tradizione vitivinicola di elevata qualità.

Dalla trafficata via Montericco una strada sterrata sale le pendici boschive di un grande terrazzo fluviale, raggiungendo il dolce pianoro soleggiato sul quale si trovano il palazzo, la villa e parte dell’estesa azienda agricola (180 ettari, di cui 22 coltivati a vigneto). Il bosco misto fa da sfondo agli edifici, riparandoli dai venti provenienti da nord e dai rumori del fondovalle, mentre verso sud la tenuta si allunga sino a un paio di punti panoramici, i cosiddetti belvedere dei tigli e dei cipressi, dai quali, nonostante la modesta altitudine, si gode un ampio panorama sulla valle del Santerno e sui rilievi tutelati dal Parco Regionale Vena del Gesso Romagnola che si stagliano in lontananza. Grandi querce, olmi, aceri, biancospini, sambuchi, oltre a viole, pervinche e molte altre piante erbacee spontanee, formano i lembi di bosco che rivestono i versanti del terrazzo e offrono rifugio a caprioli, scoiattoli, lepri, fagiani e numerosi altri animali selvatici. Platani, tigli, cedri, pini, cipressi e altre specie ornamentali contribuiscono, invece, a comporre il disegno del parco intorno al palazzo e alla villa. Annose e compatte siepi formali di bosso bordano il piazzale sterrato intorno al palazzo (punto di partenza delle visite guidate) e, oltre a definire le aiuole dei due giardini all’italiana e il labirinto, seguono in più tratti la viabilità che si sviluppa nella tenuta. Spazi prativi nei quali spiccano grandi esemplari arborei si allargano sia a ovest del palazzo, dove risaltano un grande platano (diametro 97 cm) all’inizio di un viale di tigli e un maestoso Cedro dell’Atlante (diametro 118 cm) a ridosso della chiesetta, sia verso sud, a fianco del giardino all’italiana ottocentesco, caratterizzato da grandi cedri e cipressi e da un bell’esemplare di leccio (diametro 72 cm) subito a margine delle aiuole di bosso. Un poco più distante, a nord della chiesetta, una radura più ampia si allarga a lato della sterrata che sale al palazzo, accompagnata da folte siepi di bosso e viburno; la radura è contornata da begli esemplari di cedro dell’Atlante della varietà argentata.
Brevi filari contribuiscono a ordinare gli spazi intorno alla villa, con grandi tigli che separano il giardino settecentesco dalla strada e altri esemplari della medesima specie che contornano su tre lati il labirinto oppure ombreggiano i resti della vecchia ghiacciaia (oggi priva di copertura); grandi lecci e pini domestici sono allineati, invece, di fronte e a lato dell’edificio che un tempo ospitava le scuderie e la rimessa delle carrozze. In asse con il vialetto di accesso al cortile della villa, dove sono raccolti grandi vasi di agrumi, parte verso sud tra i campi una cavedagna fiancheggiata da un lungo doppio filare composto su un lato da vecchi cipressi (il primo misura 73 cm di diametro) e da peri su quello opposto. Uno scenografico filare di alti pini domestici si staglia, invece, a margine del pianoro, ben visibile anche dal fondovalle, e si raccorda con il belvedere, anch’esso ombreggiato da pini e cipressi. Da qui il parco sfuma nella campagna coltivata e un’altra strada di campagna si sviluppa verso ovest per raggiungere gli estesi vigneti della tenuta, costeggiando i seminativi e la folta siepe mista sul confine occidentale, nella quale spiccano olmi campestri, aceri campestri e grandi querce. Colture annuali di orzo, girasole e altre specie di pieno campo si alternano nei seminativi, mantenuti soprattutto nella parte bassa della tenuta, che si affaccia su via Montericco, dove si trovano anche un paio di nuclei rurali. All’estremità settentrionale della proprietà, su via Montericco, si riconosce ancora l’originale viale di accesso al palazzo, oggi non più utilizzato, che è fiancheggiato da un doppio filare formato su un lato da grandi platani (i maggiori con diametro di 71 e 89 cm) e cipressi, un tempo regolarmente alternati tra loro, e sull’altro da cipressi e pini, con alla base siepi di bosso e macchie di rose e lillà che si mescolano alla vegetazione spontanea.

La vasta tenuta agricola, con i pregevoli edifici e il ricco parco, si estende in località Montericco, nel Borgo di San Cassiano, uno degli undici che circondavano la città di Imola, come risulta dalla pianta di Antonio Ferri del 1705. Della “possessione”, come era chiamato l’insieme di edifici e terreni, si hanno notizie dall’inizio del ’500, quando apparteneva alla nobile e potente famiglia imolese dei Codronchi. L’origine del palazzo non è del tutto nota: pare che in origine si trattasse di una torre di guardia medievale, poi trasformata nella seconda metà del ’500 in un palazzo fortificato di uso residenziale. Nel corso del ’700 il palazzo fu abbellito con l’apertura di grande finestre e l’inserimento di decorazioni bugnate tuttora visibili agli angoli, intorno alle finestre e negli accessi. L’austero edificio, a base scarpata e realizzato in mattoni e, è dotato di una loggia passante molto spaziosa, con i portoni a levante e ponente, dipinta a paesaggi da Alessandro Della Nave nel 1792; al centro della volta si trova lo stemma di Antonio Codronchi, arcivescovo di Ravenna. Il bosco che cinge sui lati orientale e settentrionale l’edificio fu sicuramente piantato dai Codronchi già nel ’600, allo scopo di consolidare la pendice di terreno che sostiene il palazzo e di opporre resistenza alla corrosione del rio sottostante. Anche certe alberature della tenuta e, almeno in parte, l’assetto stesso del giardino potrebbero risalire alla seconda metà del ’600, quando la tenuta viene citata in vari documenti come “luogo di delizie”. Nel ’700, probabilmente, doveva già esistere un giardino, probabilmente “all’italiana”, con spazi suddivisi in veri e propri ambienti verdi, come testimonia il rettangolo,circondato da quinte di tigli, che è organizzato in aiuole geometriche di bosso e marcato da piccole piramidi di pietra sostenute da basamenti quadrangolari. Molto più recenti sono i due rettangoli vicini: il primo caratterizzato da due labirinti di bosso e il secondo occupato da un roseto da taglio.
Oltre agli edifici colonici, l’abitazione del fattore e una nuova casa con stalla e rimessa fatti costruire dal conte Pier Desiderio all’inizio del ’900, è interessante anche un altro edificio non lontano dal palazzo: la villa, oggi usata come residenza dai proprietari, ricavata negli anni ’30 del secolo scorso dalla trasformazione di una vecchia casa colonica e dalla sua unione con l’elegante edificio delle serre, utilizzato per il ricovero invernale delle olle con piante di limone (in una perizia del 1860 erano ben 32). La villa, un elegante e leggero edificio a due piani delicatamente intonacato di giallo, sorge nel cuore del giardino e si affaccia verso il parterre, con bei loggiati sia al piano terra che al piano superiore. Non lontano, in parte nascosta dalla folta vegetazione del bosco, si trova la chiesetta dedicata a Sant’Apollinare, patrono di Ravenna, fatta erigere presumibilmente all’inizio dell’Ottocento da Antonio Codronchi (1748-1826), dal 1785 sino a 1825 arcivescovo di Ravenna, nel luogo dove già esisteva un primo oratorio dedicato ai santi Cosimo e Antonio che era stato costruito, intorno alla metà del ’600, dal suo antenato Cosimo Codronchi.
I Codronchi ebbero in proprietà la tenuta sino ai primi decenni dell’Ottocento, quando tutti i beni della famiglia si trovarono riuniti nelle mani di Antonio; i fratelli, privi di eredi maschi, lasciarono l’intero patrimonio nelle mani dell’arcivescovo, uno dei personaggi più illustri della famiglia, nonché l’ultimo della sua casata. Dotato di notevoli capacità diplomatiche, rese grandi servigi alla Santa Sede, sempre ricompensati, ma seppe anche conquistare la stima di Napoleone, che persuase a proclamare la religione cattolica religione dello Stato. Nel 1826 Antonio lasciò suo erede universale il conte Pietro Desiderio Pasolini, figlio della sorella Teresa. Il figlio di Pietro Desiderio, Giuseppe (1815-1876), fu un importante uomo politico risorgimentale di idee liberali (ministro di Pio IX, senatore del Regno, ministro degli Esteri e presidente del Senato). Insieme alla moglie Antonietta Bassi, oltre a rendere più produttiva la campagna, Giuseppe realizzò buona parte del parco di ispirazione romantica che circonda gli edifici, impiantando grandi alberi con una disposizione di notevole riuscita scenografica. Il figlio Pier Desiderio sposò Maria Ponti che, oltre a interessi in campo sociale che la portarono a occuparsi di mezzadri e braccianti, fu un’appassionata studiosa di botanica e di storia dei giardini e a Montericco creò l’elegante parterre di rose di fronte alla villa, su cui vegliano graziosi putti in pietra; fu quasi certamente Maria a introdurre nel giardino le roselline del Bengala. Il figlio Guido si dedicò in particolare alla coltivazione della vite, realizzando a Montericco importanti impianti di uve da tavola e da vino. Gli attuali proprietari, i fratelli Niccolò e Antonietta Desideria Pasolini Dall’Onda, hanno fondato nel 1955 la storica associazione Italia Nostra (di cui Antonietta Desideria è stata a lungo presidente) e due anni dopo l’associazione Dimore Storiche Italiane, entrambe molto attive nella salvaguardia dei beni culturali e del paesaggio. È grazie alla contessa Desideria che, nella carta dei giardini storici, è stato introdotto nel 1981 il concetto di “conservazione del giardino e del suo contesto”.