Su prenotazione: il venerdì pomeriggio per gruppi minimo di 6 persone.
Ingresso al costo di 10 euro a persona comprende visita ai giardini e al parco agricolo di vigneti rinomati e degustazione dei noti vini, formaggi e salumi tipici della zona.
Amministrazione Pasolini Dall’Onda
Via XX settembre 5
Ravenna
fax 0544 569010
I due cedri di maggiore rilievo, entrambi del Libano, si trovano nel prato a est della villa, non lontano dal giardino all’italiana ottocentesco, e risaltano non tanto per l’altezza quanto per l’ampiezza delle loro chiome, con un intreccio di grandi branche che si dipartono dal terreno formando palchi orizzontali in tutte le direzioni. Entrambi i cedri possiedono una decina di ramificazioni principali di varie dimensioni: in un cedro la branca maggiore arriva agli 85 cm di diametro (la base della pianta formata dai fusti riuniti ha una circonferenza di 5 m), mentre nell’altro il fusto principale sfiora i 140 cm di diametro. Poco distante sopravvive anche un terzo esemplare, coetaneo dei primi due, con una grande branca orizzontale sostenuta da un residuo del fusto maggiore, incenerito da un fulmine.
Un aspetto imponente esibiscono anche il cedro dell’Atlante che cresce nei pressi della chiesetta e un altro bell’esemplare (diametro 118 cm), con due grandi branche fuse alla base, presente al margine della radura più a nord.
Tra i tanti pini domestici e cipressi che caratterizzano il paesaggio della tenuta figurano anche esemplari ormai secolari: un bel pino (diametro 67 cm) svetta tra un gruppo di lecci e altre piante alla curva della strada oltre la chiesetta; di dimensioni simili sono i tre pini vicini alla villa (l’esemplare circondato alla base da splendide rose della varietà “Claire Matin” ha un diametro di 60 cm e l’esemplare più grande a lato raggiunge i 69 cm) e alcuni esemplari del filare che delimita il pianoro.
Tra i cipressi è degno di nota, ad esempio, un esemplare (diametro 76 cm) posto a lato del cancello di ingresso, che segna il termine di un giovane filare di pini domestici lungo via Montericco.
Notevoli esemplari di quercia (farnie, roverelle e ibridi tra le due specie di non facile identificazione) si incontrano sia al margine del piazzale antistante il palazzo, dove spicca una grande farnia (diametro 100 cm), sia immerse nel bosco vicino o ancora nella siepe alberata che segue per un lungo tratto il confine occidentale della tenuta. Da questa formazione emergono le ampie chiome di alcuni individui secolari, il più imponente dei quali raggiunge i 140 cm di diametro. Di dimensioni inferiori, ma di particolare interesse, è la quercia da sughero (diametro 86 cm) che si trova ai margini del bosco, a lato della strada che sale alla villa, poco prima dell’ultima curva: si tratta di una specie sempreverde, dalla caratteristica corteccia spessa e grigiastra, che è piuttosto raro incontrare nei giardini della nostra regione, in quanto tipica dell’area mediterranea.
Un altro grande esemplare della stessa specie risalta isolato nei campi che si estendono ai lati di via Montericco, poco a sud del nucleo colonico dove hanno sede le cantine della tenuta.
Particolarità:
La storia della villa di Montericco e la sua valenza paesaggistica si intrecciano in maniera inscindibile con la tradizione vitivinicola della tenuta che affonda le sue radici nel ’700. I registri di cantina della proprietà, infatti, registrano già dalla meta del XVIII secolo la presenza nell’azienda agricola di vitigni storicamente diffusi in Romagna e Toscana, come il Sangiovese, e altre produzioni locali. Nel 1850 Giuseppe Pasolini dall’Onda, su consiglio di Camillo Benso di Cavour, fece venire a Montericco l’enologo francese Louis Oudart, che reduce dai successi ottenuti col Barolo in Piemonte, fece impiantare per la prima volta in questa zona Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Pinot Bianco, Pinot Nero e Merlot. Più recentemente è stato introdotto lo Chardonnay.
DM (L. n. 1497/1939)
DLgs n. 42/2004, art.136, lett b)
Imola (BO)
335 7297264
Brevi filari contribuiscono a ordinare gli spazi intorno alla villa, con grandi tigli che separano il giardino settecentesco dalla strada e altri esemplari della medesima specie che contornano su tre lati il labirinto oppure ombreggiano i resti della vecchia ghiacciaia (oggi priva di copertura); grandi lecci e pini domestici sono allineati, invece, di fronte e a lato dell’edificio che un tempo ospitava le scuderie e la rimessa delle carrozze. In asse con il vialetto di accesso al cortile della villa, dove sono raccolti grandi vasi di agrumi, parte verso sud tra i campi una cavedagna fiancheggiata da un lungo doppio filare composto su un lato da vecchi cipressi (il primo misura 73 cm di diametro) e da peri su quello opposto. Uno scenografico filare di alti pini domestici si staglia, invece, a margine del pianoro, ben visibile anche dal fondovalle, e si raccorda con il belvedere, anch’esso ombreggiato da pini e cipressi. Da qui il parco sfuma nella campagna coltivata e un’altra strada di campagna si sviluppa verso ovest per raggiungere gli estesi vigneti della tenuta, costeggiando i seminativi e la folta siepe mista sul confine occidentale, nella quale spiccano olmi campestri, aceri campestri e grandi querce. Colture annuali di orzo, girasole e altre specie di pieno campo si alternano nei seminativi, mantenuti soprattutto nella parte bassa della tenuta, che si affaccia su via Montericco, dove si trovano anche un paio di nuclei rurali. All’estremità settentrionale della proprietà, su via Montericco, si riconosce ancora l’originale viale di accesso al palazzo, oggi non più utilizzato, che è fiancheggiato da un doppio filare formato su un lato da grandi platani (i maggiori con diametro di 71 e 89 cm) e cipressi, un tempo regolarmente alternati tra loro, e sull’altro da cipressi e pini, con alla base siepi di bosso e macchie di rose e lillà che si mescolano alla vegetazione spontanea.
Oltre agli edifici colonici, l’abitazione del fattore e una nuova casa con stalla e rimessa fatti costruire dal conte Pier Desiderio all’inizio del ’900, è interessante anche un altro edificio non lontano dal palazzo: la villa, oggi usata come residenza dai proprietari, ricavata negli anni ’30 del secolo scorso dalla trasformazione di una vecchia casa colonica e dalla sua unione con l’elegante edificio delle serre, utilizzato per il ricovero invernale delle olle con piante di limone (in una perizia del 1860 erano ben 32). La villa, un elegante e leggero edificio a due piani delicatamente intonacato di giallo, sorge nel cuore del giardino e si affaccia verso il parterre, con bei loggiati sia al piano terra che al piano superiore. Non lontano, in parte nascosta dalla folta vegetazione del bosco, si trova la chiesetta dedicata a Sant’Apollinare, patrono di Ravenna, fatta erigere presumibilmente all’inizio dell’Ottocento da Antonio Codronchi (1748-1826), dal 1785 sino a 1825 arcivescovo di Ravenna, nel luogo dove già esisteva un primo oratorio dedicato ai santi Cosimo e Antonio che era stato costruito, intorno alla metà del ’600, dal suo antenato Cosimo Codronchi.
I Codronchi ebbero in proprietà la tenuta sino ai primi decenni dell’Ottocento, quando tutti i beni della famiglia si trovarono riuniti nelle mani di Antonio; i fratelli, privi di eredi maschi, lasciarono l’intero patrimonio nelle mani dell’arcivescovo, uno dei personaggi più illustri della famiglia, nonché l’ultimo della sua casata. Dotato di notevoli capacità diplomatiche, rese grandi servigi alla Santa Sede, sempre ricompensati, ma seppe anche conquistare la stima di Napoleone, che persuase a proclamare la religione cattolica religione dello Stato. Nel 1826 Antonio lasciò suo erede universale il conte Pietro Desiderio Pasolini, figlio della sorella Teresa. Il figlio di Pietro Desiderio, Giuseppe (1815-1876), fu un importante uomo politico risorgimentale di idee liberali (ministro di Pio IX, senatore del Regno, ministro degli Esteri e presidente del Senato). Insieme alla moglie Antonietta Bassi, oltre a rendere più produttiva la campagna, Giuseppe realizzò buona parte del parco di ispirazione romantica che circonda gli edifici, impiantando grandi alberi con una disposizione di notevole riuscita scenografica. Il figlio Pier Desiderio sposò Maria Ponti che, oltre a interessi in campo sociale che la portarono a occuparsi di mezzadri e braccianti, fu un’appassionata studiosa di botanica e di storia dei giardini e a Montericco creò l’elegante parterre di rose di fronte alla villa, su cui vegliano graziosi putti in pietra; fu quasi certamente Maria a introdurre nel giardino le roselline del Bengala. Il figlio Guido si dedicò in particolare alla coltivazione della vite, realizzando a Montericco importanti impianti di uve da tavola e da vino. Gli attuali proprietari, i fratelli Niccolò e Antonietta Desideria Pasolini Dall’Onda, hanno fondato nel 1955 la storica associazione Italia Nostra (di cui Antonietta Desideria è stata a lungo presidente) e due anni dopo l’associazione Dimore Storiche Italiane, entrambe molto attive nella salvaguardia dei beni culturali e del paesaggio. È grazie alla contessa Desideria che, nella carta dei giardini storici, è stato introdotto nel 1981 il concetto di “conservazione del giardino e del suo contesto”.