Via Sasso Morelli n. 40
Imola (BO)
Tel: +39 0542 55811
Giardino storico
Per chi si avvicina a Sasso Morelli, piccolo gioiello urbanistico ideato alla fine del ’700 dall’architetto Cosimo Morelli, il parco si scorge a distanza grazie all’estesa e densa massa alberata che si innalza sulla piatta campagna circostante, dove i seminativi si susseguono a perdita d’occhio. Il parco, chiamato “il bosco” dai locali (o anche e bosch, in dialetto), fa da cornice a una bella villa di aspetto settecentesco (ma certamente più antica), nata come dimora di nobili famiglie imolesi e da poco recuperata come sede di un’importante cooperativa agricola, molto radicata nel territorio di origine e attenta alla valorizzazione del suo patrimonio culturale. Il parco, di impianto ottocentesco, custodisce diversi imponenti esemplari arborei sia autoctoni sia esotici e, oltre al valore paesaggistico, ha un importante ruolo ecologico per la campagna circostante come rifugio di specie della fauna locale. Grazie all’attento recupero avviato dalla nuova proprietà, il parco ha riacquistato l’antico splendore e gode di un felice rapporto spaziale e visivo con il paesaggio rurale circostante e il vicino abitato di Sasso Morelli.

Il parco, che ha una estensione di circa 1,7 ettari e una forma perfettamente rettangolare, è situato in posizione ortogonale a via Sasso Morelli, dalla quale lo separa un lembo relitto dell’antico parco di Villa Codronchi, oggi trasformato in uno spazio verde pubblico annesso all’edificio dell’ex scuola comunale. Dallo storico ingresso sulla strada pubblica, segnato da due possenti colonne sormontate da sculture a pigna, si raggiunge in breve il parcheggio di servizio. L’intero perimetro del parco è segnato da una densa e sviluppata fascia di alberi e arbusti nella quale spiccano le scure chiome sempreverdi di annosi lecci, a tratti disposti in filare, che si alternano a specie a foglia caduca (farnie, tigli, olmi, aceri campestri, alti pioppi cipressini); nella ricca compagine arbustiva sono presenti alloro, nocciolo, sanguinello, berretta da prete e diversi esemplari di biancospino cresciuti ad alberello. Il disegno del parco, di impronta paesaggistica, ha un assetto piuttosto semplice, definito da ampie aiuole, lievemente baulate rispetto al piano di campagna e densamente alberate. Prevalgono i sempreverdi, tra i quali si notano cipressi, lecci, magnolie, libocedri, varie specie di abeti (Abies alba, A. pinsapo, A. cephalonica, A. concolor, A. nordmanniana) e di pini (Pinus pinea, P. nigra, P. wallichiana, P. strobus), cedri dell’Atlante (anche della varietà glauca) e dell’Himalaya. Più rare le piante a foglia caduca, tra cui l’esotica ginkgo e un bel sorbo domestico di discrete dimensioni. Giovani individui di tiglio, carpino bianco, carpino nero, frassino e farnia sono da ricondurre, invece, al recente intervento di restauro, che ha inteso in parte riequilibrare, attraverso l’introduzione di piante autoctone a foglia caduca, la copertura arborea del parco (in precedenza caratterizzata da una eccessiva presenza di sempreverdi). Un’ampia radura prativa si apre nel settore centrale dell’area, facendo da sfondo alla facciata meridionale della villa. Un secondo fabbricato, ombreggiato da slanciati pioppi cipressini e in origine destinato a scuderia e rimessa padronale, è situato nell’angolo nord-occidentale del parco (oggi appartiene ad altra proprietà). Nel complesso sono circa 200 gli alberi ad alto fusto ospitati nel parco, tra cui spiccano maestosi esemplari di cedro, farnia, leccio, magnolia e un imponente olmo bianco (Ulmus laevis). Le grandi aiuole alberate sono delimitate da sinuosi sentieri inerbiti, fiancheggiati da bordure di recente impianto realizzate con essenze ornamentali tipiche dei parchi storici di villa (bosso, sarcococca, filadelfo, mahonia) e varie specie di viburni, rose, peonie e ortensie (queste ultime formano una discreta collezione botanica). Nel sottochioma degli alberi l’edera crea spessi tappeti sempreverdi, a tratti illuminati dai raggi di sole lasciati filtrare dal mantello alberato.

Villa La Babina era in origine un casino padronale che faceva parte di una più ampia possessione agricola della “terra del Sasso”, il toponimo che un tempo designava questo territorio, prima che Cosimo Morelli (1732-1812) realizzasse, tra il 1780 e il 1785, il borgo nelle forme attuali, legando indissolubilmente il suo nome all’abitato. Il toponimo La Babina, che in dialetto significa “la bambina”, è piuttosto antico e sicuramente molto precedente al primo documento in cui si trova citato: un rogito del 1619 in cui il conte Passatelli cede un possedimento con questa denominazione e i fabbricati annessi. Altri passaggi di proprietà, tra ’700 e ’800, coinvolsero le nobili famiglie imolesi Bornioli e poi Gamberini, confermando il ruolo dell’edificio come villa di piacere e rappresentanza al centro di un’azienda agricola, dove i proprietari si ritiravano periodicamente dalla vita cittadina e al tempo stesso controllavano da vicino i propri interessi. Molte tra le residenze signorili sorte a partire dal ’400 nella campagna bolognese furono dotate di giardini più o meno ampi, in grado di rendere piacevole la villeggiatura dei proprietari, mitigare l’afa estiva, accogliere piante esotiche e curiosità botaniche, consentire la pratica della caccia. Sull’epoca di realizzazione del parco, tuttavia, non si ha una documentazione precisa. L’attuale assetto, tipico delle sistemazioni paesaggistiche ottocentesche, è da ricondurre con tutta probabilità all’ultima parte dell’Ottocento, quando la proprietà passò ai Nardozzi, una famiglia di proprietari terrieri della zona. Negli anni ’20 del secolo scorso la proprietà venne ceduta ai Mongardi, che già possedevano gran parte del borgo di Sasso Morelli, e il parco ebbe un periodo di particolare splendore, che nel 1932 portò a dichiararlo di interesse pubblico, insieme a quello attiguo di Villa Codronchi, in base alla legge n. 778 del 1922 per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico. Durante la seconda guerra mondiale la villa fu sede di un comando tedesco e il parco, in virtù del denso manto alberato in parte sempreverde, venne utilizzato per nascondere mezzi militari. Si trattò di un periodo particolarmente critico, con diversi danni alla componente arborea, prontamente reintegrata nel dopoguerra, anche se con l’impiego di specie sempreverdi estranee ai caratteri paesaggistici del contesto. Nel 1999 la proprietà è stata acquistata da CLAI, che ha intrapreso un’importante opera di restauro della villa, di recupero e valorizzazione del parco effettuando anche una consistente messa a dimora di alberi e arbusti privilegiando l’impiego di latifoglie, con specie autoctone: tiglio, carpino bianco e farnia. Tra gli arbusti una bella collezione di ortensie e una collezione di rose.