Via della Certosa, 18
Bologna (BO)
Tel: 051 6150811
Il principale cimitero di Bologna è un complesso monumentale di notevole valore storico e architettonico, che custodisce la più completa rassegna della scultura bolognese ottocentesca e novecentesca. La Certosa è divenuta il cimitero della città nel 1801, dopo che per secoli era stata un importante monastero, a sua volta sorto dove scavi archeologici della fine dell’Ottocento hanno testimoniato l’esistenza di una grande necropoli etrusca. Nel primo periodo dopo l’istituzione del cimitero le sepolture trovarono posto negli spazi storici del convento, adattati e in parte ricostruiti per le nuove esigenze da celebri architetti, ma nella seconda metà dell’Ottocento e nel Novecento il cimitero è andato estendendosi progressivamente, con l’aggiunta di sempre nuovi settori, sino a lambire, a sud, lo storico canale di Reno. Nel complesso della Certosa, che ha oggi un’estensione di 24 ettari, il verde che incornicia molte tombe monumentali e sottolinea viali e angoli appartati ha anch’esso un significativo interesse estetico e culturale, accresciuto dalla presenza di alcuni grandi alberi le cui chiome isolate spiccano tra i recinti cimiteriali. Per il suo straordinario valore storico-artistico, la Certosa fa parte dell’associazione dei cimiteri storico-monumentali europei (ASCE, Association of Significant Cemeteries in Europe), che riunisce i più importanti cimiteri di molti stati europei (www.significantcemeteries.org).

Imponenti alberature sottolineano la parte storica del complesso, dove sorgono la chiesa e il chiostro maggiore: un doppio filare di cipressi conduce all’antico ingresso del monastero, che guarda il vicino colle della Guardia e la basilica della Beata Vergine di San Luca, mentre due grandi cedri segnano l’ingresso monumentale ottocentesco che si apre sul chiostro maggiore, attraversato da uno spettacolare doppio filare di tassi centenari con chiome scultoree perfettamente mantenute in forma ovale. Il verde che caratterizza l’area cimiteriale è in prevalenza costituito da sempreverdi: cipressi, secondo la tradizione, ma anche cedri, tassi, tuie e abeti rossi. Bosso, lauroceraso, alloro, laurotino, agrifoglio e ancora tasso, spesso potati in forme obbligate e mescolati tra loro in armoniche composizioni, formano molte delle siepi che separano i vialetti o e circondano le tante suggestive tombe monumentali. Di tassi è la siepe a spalliera intorno alla tomba di Giosuè Carducci, di profumato osmanto la bella formazione che abbraccia la tomba di Giuseppe Dozza, sindaco di Bologna dalla Liberazione al 1966. Di cipressi, invece, sono molti dei vialetti interni dei chiostri ottocenteschi e degli ampliamenti novecenteschi, come anche i lunghi filari lungo il perimetro dei campi nuovi, dai quali si aprono splendide viste sulle vicine colline. Se i sempreverdi sono la componente prevalente, nel patrimonio verde della Certosa non manca una discreta varietà di alberi a foglia caduca e arbusti da fiore che contribuisce, insieme ai canti di merli, storni, fringuelli, verdoni e verzellini, a rendere ancora più suggestivo il contesto. Tra le latifoglie compaiono pioppo cipressino, pioppo nero, acero campestre, acero di monte, gelso, bagolaro e qualche raro esemplare di faggio; nei mesi primaverili lungo i vialetti spiccano le colorate fioriture di pruni a foglia rossa e alberi di Giuda, mentre d’estate prevale il rosa carico dei fiori di lagestroemia. Molti monumenti sono abbelliti da macchie di rose, pergole di glicine, ciuffi di lavanda, fioriture annuali e specie tappezzanti: una sorprendente ricchezza botanica, che è anche segno di cura e dedizione. Durante la bella stagione grandi vasi di terracotta con buganvillee di dimensioni non comuni contornano il cortile della chiesa, disegnato da belle aiuole di bordure miste fiorite e isolati gruppi di cipresso. Non mancano luoghi appartati, quasi in abbandono, in cui la natura ha gradatamente guadagnato spazio: grandi ceppaie di olmo, alloro e sambuco cresciute tra le pietre tombali, edere avvolte a statue e sarcofagi, siepi incolte ormai di dimensioni arboree, prati di erbacee fiorite seminate dal vento e dagli uccelli. Si tratta di angoli di naturalità che arricchiscono il fascino del luogo, la cui visita offre più di un motivo di interesse e che, per queste ragioni, negli ultimi anni è diventato teatro di numerose iniziative aperte alla cittadinanza finalizzate alla sua conoscenza e valorizzazione.

La costruzione del complesso della Certosa fu avviata nel 1334, a una certa distanza dalla città, su terreni in larga parte donati all’ordine dei Certosini da Giovanni D’Andrea, giurista e professore di diritto dello Studio bolognese. La chiesa di San Girolamo venne consacrata nel 1359 e otto anni più tardi fu eretta una prima cerchia di mura attorno al monastero per salvaguardarne la tranquillità. Dal XV al XVII secolo la Certosa conobbe un periodo di grande floridezza: la chiesa venne dotata di un nuovo campanile, furono aggiunti altri chiostri e ampliate le mura, celebri artisti contribuirono ad abbellire la chiesa con sculture e dipinti (Antonio e Bartolomeo Vivarini, Ludovico e Agostino Carracci, il Guercino, Bartolomeo Cesi; alcune delle loro opere sono oggi conservate nella Pinacoteca bolognese o fanno parte delle Collezioni Comunali d’Arte). La soppressione degli ordini religiosi, decretata dal governo napoleonico nel 1797, determinò l’abbandono del monastero (che negli anni successivi alla rivoluzione aveva accolto il priore generale dell’ordine, profugo dalla Francia). Per un breve periodo il complesso fu destinato a usi militari ma nel 1800 la città, che era alla ricerca di un luogo dove costruire un grande cimitero, decise di adeguare a questa funzione i chiostri e gli orti del monastero, da poco divenuto di proprietà demaniale. Nel 1802 l’architetto Ercole Gasparini progettò il nuovo ingresso monumentale e nel 1811 realizzò la cappella dei Suffragi e promosse la costruzione del portico, terminato molti anni più tardi, che si collegava con lo storico portico diretto al santuario della Madonna di San Luca. Nei primi decenni di esistenza del cimitero per le sepolture furono in prevalenza impiegati, con il coinvolgimento degli architetti Luigi Marchesini e Angelo Venturoli, gli spazi dell’antico convento, conservandone almeno in parte l’aspetto originale, come avvenuto nella Sala della Pietà e in quella delle Tombe (che in seguito accolse l’imponente monumento ai Caduti dell’Indipendenza). Nel porticato del grande chiostro cinquecentesco trovarono posto le tombe di personaggi illustri. Luigi Marchesini nel 1827 realizzò la vasta Sala delle Catacombe e nel 1833 la Loggia delle Tombe e il Colombario, nel quale spiccano alcuni dei più celebri monumenti del cimitero (tra cui la statua di Gioacchino Murat sulla tomba della figlia Letizia Murat Pepoli). Coriolano Monti costruì la Galleria a Tre Navate, che collega la Sala delle Catacombe al Colombario. In alcune celle del convento furono ricavati spazi per la sepoltura di ecclesiastici e suore (Recinto dei Sacerdoti e dei Cappuccini, Recinto delle Monache). Poco dopo la metà dell’Ottocento il cimitero si arricchì di due vasti spazi destinati a monumenti di gusto realista, il Chiostro e Campo VII e la Galleria degli Angeli, realizzati da Antonio Zannoni. La Sala Ellittica, costruita nel 1824 da Luigi Marchesini, collega il cimitero ottocentesco con le espansioni novecentesche. I campi e i chiostri del primo ’900 (Chiostro VI, Galleria del Chiostro VI, Campo Carducci, Recinto dei Sarcofagi, Chiostro IX) sono caratterizzati dallo stile liberty; al centro del Chiostro VI si trova il monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale, composto da due ossari seminterrati a pianta circolare, progettato da Giulio Ulisse Arata. Nel più recente Campo degli Ospedali, con monumenti di gusto liberty lungo il muro di cinta, si innalza il grande ossario dedicato ai Caduti Partigiani (1954-59), progettato da Piero Bottoni. Il cimitero è completato da un cimitero evangelico (1820 circa), un cimitero ebraico (1869), un’ara crematoria e un cinerario (1886-1888).