seguace dei Dalle Masegne
Altra Attribuzione: Andrea di Guido da Fiesole (S. Muzzi)
monumento funebre
Arca di Carlo, Roberto e Riccardo da Saliceto

marmo/ scultura,
pietra arenaria/ scultura
cm 86 (la) 104 (a) 218 (lu)
Cornice cm. 139 x 17
sec. XV (1399 - 1403)
n. 1659
Il sarcofago che ha perso la sua copertura, probabilmente il tipico gisant, si articola in diverse formelle, dove quelle frontali, sono decorate dal classico motivo degli studenti intenti ad ascoltare la lezione del docente. Particolare eccezionale è la presenza di due cattedre, rispettivamente di Riccardo e Roberto, entrambi lettori dell'ateneo. [...] Nell'unica figura superstite possiamo così riconoscere Roberto, che viene infatti posto a sinistra in relazione con il lato del sarcofago decorato dalle sue iniziali che circondano lo stemma del casato. Nonostante la figura di Riccardo sia andata perduta, sul lato opposto dell'arca, ritroviamo le sue iniziali che circondano ancora una volta l'arme della famiglia. Ai lati del sarcofago, ritroviamo poi quattro bellissime figure scolpite, due cavalieri e due religiosi. Le sculture dei due milites possono essere rispettivamente interpretate con i due santi Giorgio e Martino, quest'ultimo patrono della chiesa, ed entrambi protettori degli uomini d'arme, non si deve infatti dimenticare che Roberto, oltre ad essere lettore fu anche abile guerriero. In quest'ottica si deve inoltre ritenere che i due religiosi appartengano invece all'Ordine dei Carmelitani titolari del tempio. (P. Cova 2007)

La biografia dei committenti e la precisione delle date ci aiutano a collocare il monumento al clima masagnesco della Bologna dei primi due decenni del Quattrocento, così da attribuirla con scarso margine di errore alla bottega cittadina di un seguace locale dei maestri veneti. In passato le sue presunte affinità, più compositive che stilistiche, con il sepolcro di Bartolomeo da Saliceto, avevano indirizzato la critica (Ricci, Venturi, Supino,…) ad attribuire l'opera allo scultore toscano Andrea da Fiesole. Ciononostante fu Gnudi, già nel 1938, a notare l'assenza di toscanismi e a sottolineare le palesi affinità con l'universo masegnesco. Infatti i santi cavalieri, dalla purissima e algida linea marmorea, richiamano esplicitamente l'opera dei veneti. Questa però, ben si sposa agli spunti eccentrici e grotteschi dell'aspro accento nostrano degli studenti, che richiamano alla mente il primo interprete bolognese della vulgata neo-giottesca: Jacopo di Paolo. (P. Cova 2007)