Crespi Luigi
1708/ 1779
dipinto

tela/ pittura a olio
cm 105 (la) 118 (a)
sec. XVIII (1740 - 1745)
n. 0067
Il cacciatore è rappresentato seduto, con cappello e fucile a tracolla; con la mano sinistra esibisce una lepre catturata; con la destra trattiene il cane che protende le zampe verso di lui.

Il ritratto, riferito a Giuseppe Maria Crespi da Malaguzzi Valeri (1928), è oggi attribuito al figlio Luigi, il quale si staccò lentamente dalla maniera paterna (Evangelisti, 1981) e solo nella piena maturità sviluppò uno stile autonomo e una sua originale fisionomia di ritrattista.
Nel ritratto del cacciatore, accompagnato dal cane, in atto di esibire con orgoglio la selvaggina, si nota ancora l’influenza del padre, nei toni bruni, nello spessore della materia e nel forte chiaroscuro. Si riscontrano in particolare analogie con il ritratto di medesimo soggetto di Giuseppe Maria, proveniente dalla collezione Zambeccari (ora in Pinacoteca Nazionale), dove il cacciatore spalanca le braccia con gesto retorico per mostrare la preda, mentre il levriero allunga le zampe sul padrone (come nel dipinto in esame) in segno di affetto o in attesa di una meritata ricompensa. La tela Zambeccari si colloca entro il terzo decennio del Settecento; il cacciatore di Luigi Crespi potrebbe attestarsi ai primi anni Quaranta, prima del viaggio presso le corti del nord Europa, intrapreso del 1752, che conferì alla cultura artistica maturata in patria una svolta cosmopolita. Egli Affinò la capacità di analisi del particolare (caratteristica delle scuole nordiche) e si confrontò direttamente con i modelli della ritrattistica francese (Graziani, 2013), alla ricerca di nuova naturalezza nella posa e nei gesti, pur nella stesura brillante, densa di preziosi particolari.
Questo Cacciatore, che si accopagna ad un Procaccia di uguali dimensioni (inv. 68) si colloca, secondo R. Grandi (1987) in una fase di transizione, in cui si avverte non solo lo stile el padre, ma anche il gusto e l'enfasi della ritrattistica barocca.