Conti Angelo
1812/ 1876
scultura

marmo
cm 33 (la) 50 (a) 21 (p)
sec. XIX (1861 - 1861)
n. 193
L’opera, rappresentativa delle derivazioni neoclassiche in ambito ferrarese, ha destato grande consenso non solo per il virtuosismo tecnico, attraverso il quale il marmo è scolpito con tale sottigliezza da rendere le trasparenze del velo sul volto, ma anche per la raffigurazione particolarmente evocativa di un tema caro alla sensibilità romantica tardo ottocentesca. L’inconsueta iconografia di quest’opera, con la scelta del pipistrello invece della civetta a simboleggiare la notte, dimostra difatti l'ispirazione letteraria.
La levigata e algida bellezza del volto femminile e il montaggio serrato delle parti rimandano alle opere di Bertel Thorvaldsen, “di cui era solito dichiararsi allievo, nonostante una lettera di Giuseppe Ferrari a Pietro Tenerani (Roma, Museo di Roma, Archivio Tenerani, b. 11, fasc. 15/3) ascriva la sua formazione piuttosto a Francesco Massimiliano Labourer e Adamo Tavolini” (Sacchi Lodispoto in Da Boldini a De Pisis, p. 62).
Il marmo recupera anche un modello del Settecento veneziano: la “Puritas” dello scultore Antonio Corradini (1717-1725, Ca' Rezzonico, Museo del Settecento Veneziano), che decreta, anche a livello internazionale, la fortuna del tema della "figura velata" (cfr. A. Bettagno in “La gloria di Venezia. L’arte nel diciottesimo secolo”, cat. mostra a cura di J. Martineau, A. Robinson, ed. Milano 1994, pp. 134-135).
"Allegoria della Notte" fu ceduta da Conti nel 1869 al Comune di Ferrara in cambio della sua collezione di fossili che in parte ancora oggi si conservano presso il locale Museo di Storia Naturale (ASCFe, Repertorio XIX sec., Istruzione pubblica, b. 1, fasc. 99; in ibidem).