Notizie storico-critiche:
La Villa Alvarado di Covignano di Rimini ospita dal 2004 il "Museo degli Sguardi", che riorganizza e rinnova il Museo delle Grazie dei Missionari Francescani istituito nel 1928. Il nucleo principale della raccolta archeologica ed etnografica del museo è infatti costituito dagli oggetti che vennero recuperati dai Francescani nel corso delle loro missioni in Africa, Oceania ed Asia.
Vi si conservano, tra gli altri, numerosi tessuti precolombiani. 40 di essi provengono dalla Collezione Dinz Rialto e 120 dalla collezione “Ugo Canepa” di Biella. I tessuti di entrambe le collezioni sono espressione delle culture precolombiane di area peruviana in un arco di tempo compreso tra il III-IV sec. a.C. e il XVI sec. d.C.. Si tratta di abiti riservati alle cerimonie religiose oppure connessi con i riti funerari. Molti di questi abiti vennero infatti utilizzati per abbigliare il corpo del defunto nel tentativo di proteggerlo dal freddo e dalle intemperie, secondo antiche credenze precolombiane.
I tessuti sono realizzati in lana di camelide e cotone facendo ricorso a una notevole varietà di tecniche esecutive: come tela, tela a spazi aperti, tela doppia, garza, arazzo, trame supplementari, trame e orditi complementari, ricamo e intreccio. Dal punto di vista tipologico, i manufatti conservati nel Museo degli Sguardi di Rimini sono soprattuttutto manti, cioè semplici pezze quadrangolari di varia dimensione, ma sono rappresentati anche alcuni esemplari di unku, tuniche maschili. Tra gli unku esposti nel museo, ne spiccano due di eccezionale interesse: una appare interamente rivestita di piume, l’altra presenta invece bordure colorate, strisce di tessuto e caratteristiche borsine per la coca. Tra gli oggetti più singolari si segnalano i due quipu della Collezione Dinz Rialto. In questo caso non si tratta di indumenti, ma di veri e propri registri di contabilità preispanici che assegnavano differenti valori numerici da registrare a seconda delle combinazioni di cordicelle e nodi di lana o cotone.
Alcuni tessuti si presentano decorati con piume o lamine di argento o altro metallo, inserite una volta che il tessuto era stato confezionato a telaio. Vari sono invece motivi iconografici raffigurati sul tessuto: si va da semplici schemi geometrici, decorazioni zoomorfe stilizzate, a rappresentazioni simboliche o di personaggi mitici caratterizzati da vistosi panneggi.
Stato di conservazione:
Nel complesso le opere si presentavano in cattivo stato di conservazione, per di più esposte in condizioni poco idonee non solo alla loro fruizione, ma anche alla loro stessa conservazione. Per queste ragioni di carattere conservativo ed insieme espositivo, l’Istituto dei Beni culturali della Regione Emilia Romagna promosse il restauro e il riallestimento dei tessuti del Museo degli Sguardi che venne condotto tra il giugno 2011 e il febbraio 2012. I tessuti, oltre ad essere ricoperti da uno spesso strato di particellato incoerente, erano interessati da pieghe e deformazioni diffusi sull’intera superficie. Nello specifico le fibre tessili risultavano fortemente disidratate e fragili, soprattutto nelle frange decorative, in cui le fibre ricadevano disordinatamente, attorcigliandosi rigidamente tra loro. Numerose erano lacune e lacerazioni con cadute localizzate di filato, che causavano slegature di orditi e di trame, disordinatamente sparpagliati sulla superficie tessile. Anche dal punto di vista cromatico si potevano notare vistose alterazioni. Le ampie gore brune presenti su molti tessuti erano il risultato del contatto delle fibre del tessuto con la salma in decomposizione. In altri casi si erano verificati fenomeni di fotossidazione che avevano accentuato sui filati, tinti in colori scuri, un effetto melange di striature orizzontali. Alcune opere apparivano ai restauratori modificate nelle loro forma e dimensione originaria, che era stata alterata dalla perdita di parti tessute che dovevano essere in origine applicate lateralmente, come testimoniato dalle tracce di cucitura visibili lungo i bordi dei tessuti.
Da ultimo i danni causati da precedenti maldestre operazioni di restauro. Nel corso di questi interventi frammenti dello stesso tessuto, spesso ridipinti, erano stati applicati al di sotto delle lacune senza badare troppo alle cromie o allo sviluppo degli schemi decorativi, per di più facendo uso di colle che avevano causato macchie e notevoli deformazioni in superficie.
Descrizione dell'intervento:
analisi di alcuni campioni di filato sottoposti al microscopio ottico ed elettronico a scansione.
L’intervento di restauro messo a punto in seguito a queste indagini si è quindi articolato in quattro fasi successive:
disinfestazione,
pulitura,
messa in forma,
consolidamento.
Tutti i manufatti sono stati sottoposti ad aspirazione e spolveramento per rimuovere la polvere a vista. L'intervento di disinfestazione è stato condotto con trattamento per anossia a sottrazione di ossigeno: le opere sono state chiuse all'interno di una busta di film/barriera, sigillata ermeticamente con una pinza a caldo, inserendo nello stesso contenitore un certo numero di sottrattori di ossigeno, calcolato sulla base del peso del manufatto. Le buste sono rimaste chiuse per quattro settimane, il tempo necessario per impedire la sopravvivenza in assenza di ossigeno di microorganismi dannosi, salvaguardando in questo modo l'assoluta incolumità dei tessuti.
Successivamente si è proceduto a una seconda e più approfondita aspirazione, che è stata finalizzata alla rimozione capillare del particellato incoerente.
Le zone più fragili e danneggiate dei manufatti sono state protette con un velo di tulle in nylon termosaldato montato su un piccolo telaio da ricamo, che in questa fase è stato interposto tra l'opera e la bocchetta dell'aspiratore. Nel caso di manufatti particolarmente fragili e disidratati o che presentavano l'applicazione di penne e piume, si è fatto ricorso alla microaspirazione mediante l’uso di speciali aspiratori chirurgici dotati di sottili beccucci di vetro o plastica in grado di effettuare una accurata e puntuale aspirazione.
Messa in forma: i manufatti, una volta aspirati, sono stati posizionati in piano e vaporizzati con vapore freddo emesso da un umidificatore ad ultrasuoni. L’obiettivo è stato quello di permettere alle fibre di reidratarsi e distendersi per ripristinare l'ortogonalità delle trame e degli orditi, restituendo ai tessuti la forma ed il volume originari. Nel caso del quipu numerico è stato realizzato un apposito supporto di forma semicircolare, su cui è stato collocato il cordoncino più spesso, mentre i cordini ad esso annodati sono stati disposti a raggiera e fermati all'estremità opposta con spilli entomologici. In questo modo si è tentato di ridare loro ordine, ripristinando la corretta lettura dell'opera.
La quarta fase del restauro ha mirato al consolidamento delle aree più fragili e danneggiate dei manufatti. Si è preferito procedere al consolidamento a cucito, che è stato effettuato ad ago con materiali appositamente tinti e supporti tessili idonei per peso e tipologia. Per tessuti sufficientemente resistenti, interessati da lacune ridotte o da abrasioni, consunzioni e strappi localizzati, si è ritenuto idoneo procedere all’applicazione, al di sotto di queste zone, di appropriati supporti tessili, ancorati al manufatto con il cosiddetto ‘punto posato’. I fili che apparivano recisi e sollevati in superficie sono stati ancorati al tessuto di supporto tramite piccoli punti di cucitura. I margini delle opere privi di rifiniture, che presentavano sfrangiamento di trame e orditi, sono stati bordati da una serie di punti festone, al fine di fissare e ricomporre i fili in disordine. Altre operazioni di consolidamento sono state indirizzate alla chiusura delle occasionali scuciture e al ripristino degli ancoraggi indeboliti di tutti gli elementi decorativi quali nappe, piume e frange.
Al termine del restauro i manufatti sono stati imballati singolarmente con tessuto non tessuto, per essere successivamente riposti in una apposita cassettiera progettata per il trasporto in piano verso Rimini. Per garantire la corretta conservazione in museo di alcune delle opere tridimensionali già restaurate, sono state realizzate delle sottili imbottiture di ovatta sintetica rivestita da tela di cotone, inserite all'interno degli unku, della borsetta per la coca (AP1199) e della sacca per conservare le teste mummificate (AP1231). L'imbottitura della sacca in particolare è composta esclusivamente da una tela di cotone ripiegato, necessario per appianare la superficie esterna della sacca, deformata dalla presenza al suo interno dei larghi lembi delle cuciture laterali; l'imbottitura per l'unku ad arazzo (AP1223), è foderata, come le altre, con un cotone in tinta con l'opera. Pur rimanendo slegata dal tessuto dell'unku, funge anche da integrazione estetica delle lacune. Per l'esposizione museale dei tessuti, sono stati realizzati dei supporti idonei per forma e dimensione ad ogni singolo manufatto da collocare dall’interno delle vetrine già esistenti nel museo. Sono costituiti da un'anima in lamiera d'alluminio forato idonea per la conservazione, coperta da uno strato di mollettone di cotone idrofilo e foderata con una tela di tessuto ignifugo in colore neutro.