Piazza San Domenico
Piazza San Domenico
Modena (MO)
Barberini Silvestro
1854/ 1916
Quartieri Marino
1917/ 2002
monumento commemorativo
monumento ai Martiri del 1821 e 1831

bronzo/ fusione,
granito
cm.
sec. XIX (1889 - 1972)
Il monumento è così composto: una statua in bronzo, raffigurante una giovane donna che simboleggia l’Italia redenta che, spezzate le catene della schiavitù, sembra chiamare a leggere l’epigrafe commemorativa dei patrioti, è collocata su un masso di granito davanti a un alto e possente obelisco tronco formato da grandi blocchi di granito vermiglio, posato sopra un basamento quadrato a tre gradoni.

La proposta di innalzare un monumento ai patrioti dei moti risorgimentali del 1821 e del 1831 venne avanzata dall’illustre modenese Gaetano Moreali (1795-1889) nel dicembre del 1886 ed immediatamente accolta dal Comune che individuò nella piazza davanti alla chiesa di San Domenico il luogo più idoneo per la collocazione dell’opera. Il Moreali si impegnò a far eseguire l’opera a sue spese. L’ideazione e l’esecuzione del monumento vennero affidate al modenese Silvestro Barberini che, ottenuto il consenso del Moreali, del sindaco e della Giunta comunale, iniziò i lavori nei primi mesi del 1888.
Il monumento era formato dalla statua originaria in bronzo alta tre metri del Barberini che raffigurava l’Italia nella più tradizionale iconografia dell’ultimo Ottocento: una sontuosa figura femminile rivestita di abbondante panneggio di ispirazione romana e la testa cinta dalla corona turrita. La scultura era collocata su un masso di granito davanti a un obelisco, posato sopra un basamento quadrato. L’inaugurazione avvenne il 2 giugno 1899.
La statua di Silvestro Barberini fu rimossa nel 1942 e fusa per ricavarne materiale bellico. La bella figura di giovane donna che sostituisce quella originale è opera del 1972 dello scultore modenese Marino Quartieri (1917-2002) il quale è rimasto fedele al medesimo tema, ma lo ha svolto con mirabile stile personale.
Alle due iscrizioni celebrative sul pilastro-obelisco ne è stata aggiunta una terza a ricordo della triste rimozione fascista e della decisione di rinnovare il monumento su proposta del Comitato per le Celebrazioni della Liberazione, del Comune e della Provincia. La nuova statua fu inaugurata il 2 giugno 1972.
Il monumento celebra i martiri delle rivolte del 1821-1822 e del 1831 che, sviluppatesi in varie parti d’Italia e d’Europa, rappresentano le prime prove dell’epopea risorgimentale italiana e preparano le coscienze all’azione per la libertà e l’unità nazionale. Le cospirazioni carbonare nel ducato di Modena del 1821-1822 si conclusero con la feroce repressione del duca Francesco IV (1779-1846) che portò al sacrificio di don Giuseppe Andreoli (1789-1822), decapitato con la ghigliottina nel forte ducale di Rubiera, e a numerose pene detentive, mentre altri sette condannati a morte erano riusciti a fuggire.
Altri episodi segnarono il 1822 e gli anni successivi. Tra questi vi fu il mortale attentato il 15 maggio 1822 al famigerato capo della polizia ducale Giulio Besini (1790-1822). Attentato del quale si auto-accusò il giovane carbonaro Antonio Morandi (1801-1883) che voleva colpire il persecutore di don Giuseppe Andreoli e dei carbonari. Riparato all’estero, Antonio Morandi sarà un’ardente figura di risorgimentale. Dopo aver combattuto in Catalogna e in Grecia rientrò a Modena per partecipare agli sfortunati moti del 1831 e guidò i trecento patrioti volontari nella eroica battaglia di Novi di Modena del 5 marzo per ostacolare l’avanzata dell’imponente colonna austriaca. Nell’impari combattimento rimasero sul campo 40 caduti di cui sei novesi. Morandi negli anni successivi continuerà a combattere, diventerà generale del costituito esercito italiano e contribuirà con i suoi averi alla realizzazione del monumento a Ciro Menotti (1798-1831) e alla realizzazione, nel 1890, del nuovo Palazzo di Giustizia di Modena.
Un altro episodio di quegli anni è il sacrificio del giovane mirandolese Ippolito Lolli (1800-1827) che, già condannato per la cospirazione carbonara del 1822, venne accusato senza prove dell’uccisione nel 1827 di un dragone ducale e costretto a morire di stenti dopo feroci torture e 54 giorni di ceppi e collare, nella buia cella del pozzo delle carceri del Municipio di Modena.