Museo Civico di Modena
Largo Porta S.Agostino, 337
Modena (MO)
Faccini Pietro
1562 ca./ 1602
ambito bolognese
dipinto

rame/ pittura a olio
cm 23.5 (la) 34.5 (a)
secc. XVI/ XVII (1575 - 1602)
n. Ser. 10
La Madonna è inginocchiata con le mani giunte sulla parte destra del dipinto, da sinitra giunge l'Angelo che indica contemporaneamente la Vergine e la colomba dello Spirito Santo.

Lo squisito dipinto, tra i capolavori di Faccini, è di difficile datazione, stante la brevità della sua carriera, in pratica limitata a poco più di un decennio. Esso appartiene alla produzione più scelta e attraente del raro pittore bolognese, di cui già Malvasia ricordava “infiniti rametti e quadrettini piccioli, ne' quali fu inarrivabile [...] e che per la maggior parte son tolti per di Annibale” (Felsina pittrice, 1678). Si tratta di un'attività che il pittore condusse parallelamente alle imprese ufficiali a lui assegnate e che non necessariamente le rispecchia, giacché proprio nella piccola dimensione, così come nei numerosi disegni superstiti,si esplica al meglio la sua foga espressiva, sempre rinnovata anche in relazione a temi già praticati in precedenza. Se dunque finora la critica ha insistito sul rapporto, di priorità o di successione, con la bellissima “Annunciazione”già nell'oratorio del Buon Gesù di San Mammolo ed ora nella Pinacoteca Nazionale di Bologna, è evidente che qui Faccini, misurandosi con una dimensione e con un supporto diversi, ovvero con un tipo di oggetto del tutto particolare, persegue le soluzioni espressive più acconce in vista di un risultato che privilegia la fattura libera e indiavolata rispetto alle stesse esigenze narrative.
Il soggetto diviene poi così pretesto per una pittura concitata e carica di filamenti luminosi e per una scelta cromatica irrealistica, in cui le note squillanti del rosso della veste della Vergine e del giallo della tunica dell'angelo emergono da un sottofondo intensamente lavorato di toni argentei e azzurrini. In questo modo il pittore sembra voler portare alle estreme conseguenze la lezione dei giovani Carracci, restituendola in termini inquietamente visionari. È da considerare una copia recente l'altro esemplare su tela di questa stessa composizione di collezione privata, pubblicata come autografa da Negro e Roio.