FONTE
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AutoreZosimo
Titolo operaHistoria nova
Annofine V sec. d.C.?
Periodoetà dei teodosidi
EpocaTarda Antichità
Noteed.: F. Paschoud (ed.), Histoire nouvelle, 6 voll., Paris 1971-1987 (trad.: F. Conca (a cura di), Storia nuova, Milano 1977).
PASSO
LocalizzazioneII, 10
Traduzione[1] Massimiano Galerio, quando seppe queste cose, inviò il Cesare Severo a combattere contro Massenzio. Mentre Severo, partito da Milano, avanzava con le truppe mauritane, Massenzio corruppe con il denaro la maggior parte dei soldati che erano con lui, e dopo essersi unito ad Anullino, prefetto del pretorio ottenne una facilissima vittoria. Severo fuggì a Ravenna, città ben munita, popolosa e con molti viveri, che bastavano a lui e ai suoi soldati. [2] Massimiano Erculio quando seppe queste cose si addolorò, come è naturale, per la sorte del figlio Massenzio, e partito dalla Lucania, dove risiedeva, si diresse a Ravenna. Avendo capito che non avrebbe potuto far uscire Severo contro la sua volontà (la città era sicura ed aveva abbondanti provviste), lo ingannò con giuramenti e lo persuase a venire a Roma. Durante il viaggio giunse in un luogo chiamato Tre Taverne: qui Massenzio gli tese un'imboscata, gli strinse un cappio al collo e lo uccise. [3] Massimíano Galerio, reagendo con violenza a quanto era accaduto al Cesare Severo, decise di lasciare l'Oriente e presentarsi a Roma, per infliggere a Massenzio una giusta punizione per ciò che aveva commesso. Giunto in Italia ed accortosi che i soldati non gli erano fedeli ritornò in Oriente, senza avere sostenuto alcun combattimento. [4] Nel frattempo anche Massimiano Erculio, mal sopportando i disordini che turbavano lo Stato, si recò da Diocleziano, che allora si trovava a Carnutum, città della Gallia, e cercò di persuaderlo a riprendere le redini dell'impero e a non trascurare che quel potere, per la cui salvezza aveva sacrificato tanto tempo ed affrontato gravi sforzi, era stato concesso a giovani sconsiderati e vacillava per la follia di coloro che l'avevano in mano. [5] Diocleziano non acconsentì a tali richieste, ma antepose la propria tranquillità a queste preoccupazioni (forse prevedeva i turbamenti che avrebbero sconvolto la situazione, in quanto era sempre rimasto devoto al culto della divinità); allora Erculio, che non aveva raggiunto il suo scopo, arrivò a Ravenna e di nuovo si diresse verso le Alpi, per incontrarsi con Costantino che si trovava là.
Note306-307 d.C. Flavio Severo era il cesare dell'augusto Costanzo Cloro in Occidente, mentre in Oriente erano augusto Galerio (Massimiano) e cesare Massimino Daia: Costanzo Cloro era morto da poco e ancora non sostituito ufficialmente, mentre Massenzio e suo padre Massimiano Erculio erano di fatto illegittimi, ma mentre il primo come usurpatore del titolo d'augusto, il secondo agiva come privato cittadino. Costantino era stato acclamato dalle truppe come nuovo comandante ed era in cerca di legittimazione, da ottenere anche grazie alle vittorie militari. Tre Taverne era una mansio a ca. 18 km da Roma sulla via Appia, forse corrispondente all'attuale Cisterna di Latina, o ad una frazione nei dintorni. Carnuntum, od. Petronell, si trovava in Pannonia e non in Gallia, sul Danubio, ed era un'antica fortezza militare.
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PASSO
LocalizzazioneV, 27
Traduzione[1] A Ravenna (metropoli della Flaminia, città antica, colonia dei Tessali chiamata Rene per essere dovunque bagnata dalle acque e non per il fatto di essere stata fondata, come dice Olimpiodoro di Tebe, da Remo, il fratello di Romolo; [2] infatti bisogna credere, penso, a Quadrato, che narra queste cose sulla città nella storia relativa all'imperatore Marco); a Ravenna, dicevo, mentre Stilicone si preparava a piombare con il suo esercito sulle città dell'Illiria e a sottrarle, con l'aiuto di Alarico, ad Arcadio, per annetterle all'impero di Onorio, si verificarono due impedimenti: si diffuse la notizia che Alarico era morto e che da Roma era stata consegnata una lettera dell'imperatore Onorio, con la quale si informava che Costantino era diventato tiranno, aveva lasciato l'isola Britannia, si trovava nelle province transalpine, e svolgeva nelle città le funzioni di imperatore. [3] Ma la notizia della morte di Alarico sembrò dubbia prima ancora che si presentassero alcuni ad informare come stavano le cose; invece ciò che si diceva sulla proclamazione di Costantino trovava un generale consenso. Per questo Stilicone rinunciò alla spedizione in Illiria e giunse a Roma: voleva consultarsi per decidere quali iniziative prendere.
Note407 d.C. Olimpiodoro di Tebe, storico vissuto tra fine IV e inizi V sec. d.C., fu la base del testo di Zosimo, Asinio Quadrato fu uno storico romano del III sec. d.C. Regno di Onorio: 395-423 d.C. Usurpazione di Costantino III in Britannia e Gallia: 407-411 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 28
Traduzione[1] Al termine dell'autunno e all'inizio dell'inverno furono designati consoli Basso e Filippo, e l'imperatore Onorio, che non molto prima aveva perduto la moglie Maria, chiese di poter sposare la sorella di costei, Termanzia. Stilicone non era d'accordo, Serena invece insisteva; desiderava che il matrimonio fosse celebrato per questo motivo. [2] Quando Onorio sposò Maria, la madre vedeva che la fanciulla non era ancora matura per le nozze; d'altra parte non tollerava un rinvio del matrimonio, benché ritenesse che acconsentire ad un'unione precoce fosse soltanto un'offesa alla natura. [3] Imbattutasi in una donna che sapeva trovare rimedi a simili situazioni, fece in modo, con il suo aiuto, che la figlia si unisse all'imperatore e condividesse il suo letto, senza che egli volesse e potesse adempiere ai doveri del matrimonio. Nel frattempo la fanciulla, ancora ignara di nozze, morì: naturalmente Serena, che desiderava avere discendenti dell'imperatore per paura che il suo grande potere diminuisse, si affrettò ad unire Onorio alla seconda figlia. Fatto questo, la fanciulla morì poco dopo; aveva sofferto il medesimo destino della precedente.
NoteI matrimoni si celebrarono e consumarono a Ravenna. Consolato di Basso e Filippo: 408 d.C. Regno di Onorio: 395-423 d.C. Maria e Termanzia erano le figlie del generale Stilicone e di Serena, nipote dell'imperatore Teodosio I e cugina di Onorio. Termanzia morì in realtà nel 415 a Roma: poco dopo il matrimonio del 408 d.C. fu ripudiata da Onorio nell'ambirto dell'eliminazione di Stilicone e della sua famiglia.
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LocalizzazioneV, 29.1, 4-5
Traduzione[1] A Stilicone fu annunciato che Alarico, lasciato l'Epiro e superati gli stretti passaggi che separano la Pannonia dal Veneto, aveva posto il campo nella città di Emona [Ljubljana], che si trova tra la Pannonia Superiore ed il Norico: ma è giusto parlare di questa città, ricordando come anticamente fu fondata.
(…)
[4] Alarico, partito da Emona e attraversato il fiume Akulis, arrivò nel Norico; era ormai al di fuori degli Appennini [ma: Alpi]. Questi monti delimitano i confini della Pannonia, offrendo un passaggio assai angusto a quelli che vogliono raggiungere il Norico: per difendere questo valico basterebbero pochi uomini, anche se molti cercassero di transitare con la forza. [5] Tuttavia Alarico riuscì a passare e dal Norico inviò un'ambasceria a Stilicone, chiedendo denaro per la sua permanenza in Epiro (dove si era fermato obbedendo ai suoi ordini) e per l'arrivo in Italia e nel Norico. Stilicone ricevette gli ambasciatori e, lasciatili a Ravenna, giunse a Roma; voleva consultarsi con l'imperatore ed il senato sulle iniziative da prendere.

NotePrimavera 408 d.C. Il fiume Akulis è di difficile identificazione, se non è un errore dello storico. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 30
Traduzione[1] Stilicone, dunque, dopo avere stipulato in questo modo la pace con Alarico, si mise in viaggio per attuare i suoi piani; da parte sua l'imperatore disse di volersi recare da Roma a Ravenna per ispezionare l'esercito e porgergli il suo saluto, dal momento che era arrivato in Italia un nemico di tale importanza. [2] Diceva queste cose non di propria iniziativa, ma obbedendo al consiglio di Serena: costei voleva che abitasse una città più sicura, per evitare che Alarico, nel caso violasse gli accordi di pace e assalisse Roma, sottomettesse anche l'imperatore. Serena, infatti, si preoccupava di trarlo in salvo; dalla salvezza di Onorio dipendeva anche la sua sicurezza. [3] Stilicone, al quale non piaceva la partenza dell'imperatore per Ravenna, pensò di impedirla in molti modi. Ma poiché Onorio non cedeva, anzi insisteva nella sua decisione, Saro, un barbaro che comandava una schiera di barbari a Ravenna, per consiglio di Stilicone provocò tumulti davanti alla città: non voleva scatenare una vera rivoluzione, ma soltanto intimorire l'imperatore e distoglierlo dal recarsi a Ravenna. [4] Ma l'imperatore non desisteva dal suo proposito. Giustiniano, che era un noto avvocato di Roma e che Stilicone aveva scelto perché gli stesse vicino e lo consigliasse, sembrò intuire, con la sua grande perspicacia, le ragioni del viaggio dell'imperatore: i soldati di stanza a Ticinum [Pavia] erano ostili a Stilicone e avrebbero approfittato dell'arrivo dell'imperatore per mettere in pericolo la sua vita. [5] Perciò lo esortava continuamente ad impedire la partenza dell'imperatore. Ma vedendo che Onorio non obbediva alle parole di Stilicone, se ne andò, per paura di essere coinvolto nella sorte di Stilicone, di cui era amico.
NotePrimavera 408 d.C. Regno di Onorio: 395-423 d.C. Serena era la moglie del generale Stilicone. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 31
Traduzione[1] La notizia della morte dell'imperatore Arcadio già prima diffusa a Roma, fu confermata dopo l'arrivo di Onorio a Ravenna. Stilicone, dopo essere giunto a Ravenna, fu chiamato dall'imperatore che si trovava a Bologna, città dell'Emilia distante da Ravenna settanta miglia [ca. 103,5 km.]: doveva ammonire i soldati che durante la marcia si erano scontrati tra loro. [2] Orbene, Stilicone convocò i litiganti e disse loro che l'imperatore non solo aveva dato ordine di ammonirli, ma aveva pure disposto di prenderne dieci e condannare a morte chi avesse maggiori colpe: essi furono assaliti da una tale paura che scoppiarono tutti in lacrime ed indussero il comandante ad avere pietà e a promettere la benevolenza dell'imperatore. [3] Dopo che Onorio ebbe acconsentito, si dedicarono ai problemi dello Stato. Stilicone infatti desiderava partire per l'Oriente e sistemare gli affari di Teodosio, figlio di Arcadio, che era giovane ed aveva bisogno di protezione; anche l'imperatore Onorio pensava di recarsi in quei luoghi e di disporre ogni cosa per rendere sicuro l'impero del giovane. [4] A Stilicone non piacque questa decisione; fece presente le gravi spese che avrebbe richiesto la spedizione e cercò di dissuadere l'imperatore da questa impresa. Aggiunse che la rivolta di Costantino non gli permetteva di distogliere la sua attenzione dall'Italia e da Roma stessa: ormai il tiranno aveva attraversato tutta la Gallia e si trovava ad Arles. [5] Tutto questo era già sufficiente a richiedere la presenza e le cure dell'imperatore; a ciò si aggiungeva l'arrivo di Alarico, con un ingente esercito di barbari. Alarico era un barbaro infido, che trovando l'Italia indifesa avrebbe potuto assalirla. La soluzione migliore e più utile allo Stato era di mandare Alarico contro l'usurpatore, insieme a una parte dei barbari, ad unità romane e a capi in grado di collaborare con lui nella guerra; egli stesso avrebbe raggiunto l'Oriente, se l'imperatore glielo avesse ordinato e gli avesse dato disposizioni relative a ciò che doveva fare. [6] L'imperatore giudicò che Stilicone avesse parlato bene e, dopo avergli dato una lettera per l'imperatore d'Oriente e per Alarico, partì da Bologna. Stilicone invece rimase lì per un po': non si recò in Oriente, non fece nulla di ciò che aveva stabilito, e neppure trasferì a Ravenna o in altro luogo una parte dei soldati di stanza a Ticinum [Pavia]; voleva evitare che essi incontrando l'imperatore durante lo spostamento, lo inducessero a qualche iniziativa contro di lui.
NoteMorte dell'imperatore Arcadio (regno: 395-408 d.C.): 1 maggio 408 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Teodosio II in Oriente: 408-450 d.C. Usurpazione di Costantino III in Britannia e Gallia: 407-411 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 33
Traduzione[1] Quando Stilicone, che si trovava a Bologna, città dell'Emilia, come s'è detto, ebbe queste notizie [della rivolta di Pavia], rimase turbato. Convocati i capi dei barbari alleati che erano con lui, tenne una riunione per decidere quello che si doveva fare. Stabilirono all'unanimità che, qualora l'imperatore fosse stato ucciso (questo infatti non era ancora sicuro), tutti i barbari che combattevano con i Romani piombassero addosso ai soldati e in tal modo riconducessero gli altri a più miti consigli; se risultava invece che l'imperatore si era salvato, mentre erano stati uccisi i magistrati, allora dovevano essere puniti i colpevoli della rivolta. [2] Tali dunque furono le decisioni di Stilicone e dei barbari che erano con lui. Appena si seppe che l'imperatore non aveva subito danni, Stilicone decise di non punire più l'esercito, ma di partire per Ravenna; pensava infatti al gran numero dei soldati e vedeva inoltre che l'imperatore non aveva nei suoi confronti un'opinione stabile. Riteneva anche che non fosse né giusto né sicuro mandare i barbari contro un'armata romana.
NoteAgosto 408 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 34
Traduzione[1] Poiché Stilicone aveva queste incertezze, i barbari che erano con lui, volendo attuare i piani già stabiliti, cercavano di dissuaderlo dai suoi propositi; ma dal momento che non riuscivano a convincerlo, tutti gli altri pensarono di fermarsi in alcuni luoghi, finché l'imperatore non avesse chiarito le sue intenzioni su Stilicone. Saro invece, che superava gli altri alleati in vigore fisico e dignità, dopo avere ucciso, con l'aiuto dei barbari che erano ai suoi ordini, gli Unni al servizio di Stilicone, ed essersi impadronito di tutte le salmerie, si recò nella tenda dove Stilicone stava riflettendo su quello che sarebbe accaduto. [2] Orbene, costui, benché i barbari fossero in disaccordo, partì per Ravenna e raccomandò alle città, in cui si trovavano donne e fanciulli dei barbari, di non accogliere nessun barbaro che si avvicinasse. Ma Olimpio, che ormai guidava le decisioni di Onorio, inviò una lettera dell'imperatore che conteneva l'ordine di catturare Stilicone e di custodirlo per un po' di tempo senza metterlo in catene. [3] Stilicone, quando lo seppe, entrò di notte in una vicina chiesa cristiana. Appena videro questo, i barbari che erano con lui, e soprattutto gli amici, si armarono insieme ai servi, in attesa degli eventi. [4] Allo spuntar del giorno i soldati arrivarono alla chiesa e, in presenza del vescovo, giurarono che l'imperatore aveva dato ordine di tenerlo soltanto prigioniero e non di ucciderlo. Quando, uscito dalla chiesa, fu preso in consegna dai soldati, l'uomo che aveva portato la prima lettera ne diede una seconda, che lo condannava a morte per i crimini commessi contro lo Stato. [5] Proprio mentre il figlio Eucherio fuggiva ritornando a Roma, Stilicone fu condotto a morire. I barbari che erano con lui, gli schiavi e soprattutto gli amici (il loro numero non era esiguo) cercavano di salvarlo; ma Stilicone, minacciandoli e spaventandoli, li fece desistere dal loro tentativo: poi in qualche modo sottopose egli stesso il suo collo alla spada. Tra tutti coloro, si direbbe, che erano al potere in quel tempo, era il più moderato. [6] Infatti, benché avesse sposato la nipote di Teodosio il vecchio, gli fossero stati affidati i regni di entrambi i figli di Teodosio e avesse tenuto per ventitré anni la carica di comandante, i soldati non lo videro mai assegnare magistrature per denaro o ricavare guadagno dall'approvvigionamento destinato all'esercito. [7] Aveva un unico figlio e lo fece arrivare sino alla dignità di tribuno notarile, senza procurargli nessun incarico più elevato. Chi desidera conoscere la data della sua morte, sappia che avvenne il 23 agosto, durante il consolato di Basso e Filippo, quando morì anche l'imperatore Arcadio.
NoteRacconto della morte di Stilicone del 22-23 agosto 408 d.C. Consolato di Basso e Filippo: 408 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Olimpio era un cortigiano di Onorio e ricopriva l'incarico di magister officiorum. Regno di Arcadio in Oriente: 395-408 d.C.
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LocalizzazioneV, 35.1-3
Traduzione[1] Alla morte di Stilicone, tutti gli affari di corte furono amministrati da Olimpio, che divenne "magister officiorum". L'imperatore affidò tutte le altre cariche a quelli che Olimpio raccomandava. [2] Dovunque si cercavano gli amici di Stilicone o, quanto meno, coloro che sembravano essere suoi partigiani; furono portati in giudizio Deuterio, capo dei ciambellani di corte e Pietro, capo dei notai: costoro vennero sottoposti ad una pubblica inchiesta e furono costretti a parlare di Stilicone. [3] Poiché non avevano nulla da dire né contro se stessi né contro di lui, Olimpio, che non era riuscito ad ottenere quello che gli premeva, ordinò di ucciderli a bastonate. Furono portati in giudizio anche molti altri che potevano in qualche modo essere al corrente dei piani di Stilicone, e con la tortura furono costretti a rivelare se conoscessero le sue ambizioni al potere imperiale; ma essi negarono di saperne qualcosa e così quelli che avevano l'incarico di queste ricerche rinunciarono ad un simile tentativo. Intanto l'imperatore Onorio diede ordine che la moglie Termanzia fosse allontanata dal trono e riconsegnata alla madre, benché contro di lei non si nutrisse alcun sospetto; comandò pure che Eucherio, figlio di Stilicone, fosse ricercato dappertutto e ucciso.
Noteagosto-settembre 408 d.C.: i fatti si svolgono a Ravenna. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 36
Traduzione[1] Neppure queste cose indussero Alarico a scegliere la guerra: egli preferì ancora la pace, ricordandosi dei patti stipulati a suo tempo con Stilicone. Mandata una ambasceria, chiese la pace in cambio di non molto denaro e domandò pure come ostaggi Aezio e Giasone, uno figlio di Giovio, l'altro di Gaudenzio; anch'egli era disposto a consegnare alcuni personaggi illustri: a queste condizioni prometteva di stare in pace e di trasferire l'esercito dal Norico in Pannonia. [2] L'imperatore respinse le richieste di Alarico, benché le cose potessero essere sistemate solo ad una di queste condizioni: rimandare lo scontro e stipulare un accordo sulla base di una cifra modesta, ovvero scegliere la guerra, e riunire perciò tutte le unità militari, opporle al passaggio dei nemici e impedire ai barbari di avanzare; in tal caso bisognava assegnare il comando supremo di tutte le operazioni a Saro, che era l'uomo adatto a spaventare i nemici con il suo valore e con la sua esperienza militare, e aveva pure un numero sufficiente di barbari per opporsi. [3]. Ma Onorio non accettò la pace, non riunì l'esercito e neppure si guadagnò l'amicizia di Saro, ma affidò tutte le sue speranze ai voleri di Olimpio: in tal modo fu causa di gravissime sventure per lo Stato. Infatti mise a capo dell'esercito uomini adatti solo a suscitare il disprezzo dei nemici: Turpilione comandava i cavalieri, Varane guidava i fanti e Vigilanzio le schiere dei domestici. Sistemò anche il resto in maniera analoga: perciò tutti erano senza speranza e avevano già davanti agli occhi la rovina dell'Italia.
NoteAutunno 408 d.C.: Onorio risiedeva a Ravenna. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 37
Traduzione[1] Queste erano state le sue disposizioni. Allora Alarico si accinse ad assalire Roma, deridendo i preparativi di Onorio. Aveva intenzione di intraprendere un'impresa tanto importante in condizioni di netta superiorità e non di semplice parità; pertanto fece venire Ataulfo, fratello della moglie, dalla Pannonia Superiore perché collaborasse con lui, dal momento che aveva ai suoi ordini una moltitudine non disprezzabile di Unni e di Goti. [2] Senza attendere il suo arrivo, avanzò e superò Aquileia e le successive città, poste oltre il fiume Eridano (cioè Concordia, Altinum e Cremona). Superato il fiume, quasi in festa, raggiunse, senza trovare alcuna opposizione nemica, una roccaforte di Bononia [Bologna], chiamata Ecubaria [Vigarano Pieve]. [3] Da lì attraversò tutta l'Emilia, si lasciò dietro Ravenna e giunse ad Ariminum [Rimini], grande città della Flaminia. Dopo avere attraversato questa e tutte le altre città della medesima provincia, arrivò nel Picenum: questo territorio si trova all'estremità del golfo ionico. [4] Da lì si diresse a Roma, saccheggiando tutte le fortezze le città che incontrava; pertanto, se gli eunuchi Arsacio e Terenzio non fossero fuggiti prima che i barbari arrivassero in quei luoghi, portando a Roma Eucherio, il figlio di Stilicone, per ucciderlo secondo l'ordine dell'imperatore, non avessero eseguito il comando, il giovane sarebbe caduto nelle mani di Alarico e si sarebbe salvato. [5] Gli eunuchi, eseguiti questi ordini e riconsegnata Termanzia, moglie di Onorio, alla madre, non potendo ripercorrere il medesimo cammino per ritornare dall'imperatore, si imbarcarono su una nave e salparono alla volta dei Galli e dei Germani. Approdati a Genova, città della Liguria, trovarono scampo a Ravenna, dove risiedeva anche l'imperatore. [6] Onorio, credendo di recare grande giovamento allo Stato ricompensando per questi nobili atti gli eunuchi che avevano consegnato Termanzia alla madre ed ucciso Eucherio, nominò Terenzio capo dei ciambellani ed assegnò ad Arsacio un incarico di poco inferiore. Ucciso Batanario comandante dell'esercito nella grande Africa, marito della sorella di Stilicone, affidò la carica ad Eracliano: costui aveva ucciso Stilicone con le sue mani e ricevette questo onore come premio.
NoteAutunno 408 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C. Termanzia ed Eucherio erano figli del generale Stilicone.
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LocalizzazioneV, 39.1-2
Traduzione[1] Ma neppure la morte di Serena distolse Alarico dall'assedio [di Roma]; circondò anzi la città e tutte le porte, e occupando il fiume Tevere impedì la fornitura dei viveri attraverso il porto. I Romani, pur rendendosi conto di ciò, decisero di resistere: ogni giorno, si direbbe, aspettavano l'arrivo di soccorsi da Ravenna. [2] Ma poiché non giungeva nessuno, persero le speranze. Decisero allora di diminuire la razione di grano; fecero cuocere soltanto la metà di quello consumato in precedenza giornalmente; poi con il diffondersi della carestia lo ridussero ad un terzo. Poiché non c'era nessun rimedio al male e mancava tutto ciò che poteva soddisfare il ventre, alla fame, è naturale, seguì la pestilenza, e dovunque si accatastarono i cadaveri.
NoteI assedio di Roma da parte di Alarico: autunno-inverno 408 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C. Serena era la moglie del generale Stilicone, ucciso nell'agosto 408 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 42
Traduzione[1] Raccolto in questo modo il denaro, decisero [gli abitanti di Roma] di mandare ambasciatori presso l'imperatore [a Ravenna] per informarlo della pace che stavano per stipulare e per dirgli che Alarico voleva, oltre al denaro, anche i figli dei nobili in ostaggio; intendeva fare non solo una pace, ma anche un'alleanza con l'imperatore, per marciare a fianco dei Romani contro tutti coloro che avessero intenzioni ostili. [2] Anche l'imperatore ritenne opportuno accettare queste condizioni di pace: perciò fu consegnato il denaro ai barbari. Alarico concesse ai cittadini tre giorni di mercato, permise di uscire senza pericolo da alcune porte e consentì loro di portare il grano dal porto. Allora i cittadini tirarono un sospiro di sollievo: vendettero il superfluo e comprarono il necessario, o se lo procurarono attraverso scambi con altri oggetti. Intanto i barbari si allontanarono da Roma e posero le tende in vicinanza dell'Etruria. [3] Quasi tutti gli schiavi che erano in Roma, allontanandosi più o meno ogni giorno dalla città, si unirono ai barbari e formarono una schiera di quarantamila uomini. Alcuni barbari, vagabondando, assalirono quelli che scendevano verso il porto e portavano un po' di rifornimenti; Alarico, appena venne a saperlo, si affrettò a stroncare queste azioni organizzate senza il suo consenso. Mentre i mali sembravano placarsi un poco, a Ravenna l'imperatore Onorio divenne console (già da otto anni ricopriva questa carica); in Oriente, invece, l'imperatore Teodosio entrò nel suo terzo consolato.
NoteFine 408 d.C. Consolato di Onorio (ottavo) e Teodosio II (terzo): 409 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 43
Traduzione[1] A questo punto il tiranno Costantino mandò alcuni eunuchi presso Onorio [a Ravenna], chiedendogli perdono per avere osato prendere il potere; non lo aveva fatto di propria iniziativa, ma vi era stato costretto dai soldati. [2] L'imperatore, dopo avere ascoltato questa richiesta, considerando che non gli era facile pensare ad altre guerre, con Alarico e i barbari alle porte, e tenendo pure conto dei parenti che erano nelle mani del tiranno (si trattava di Vereniano e Didimo), accolse le sue richieste e gli mandò una veste imperiale. Quanto ai parenti, la sua preoccupazione era inutile: erano stati ammazzati prima dell'ambasceria. A queste condizioni, dunque, rimandò indietro gli eunuchi.
NoteInizi 409 d.C. Usurpazione di Costantino III in Britannia e Gallia: 407-411 d.C. In realtà Vereniano era già riuscito a fuggire a Ravenna, mentre Didimo era stato in effetti ucciso, così come un altro membro della parentela imperiale, Teodosiolo, e infine un quarto parente, Lagodio, era riuscito a fuggire a Costantinopoli.
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PASSO
LocalizzazioneV, 44
Traduzione[1] La pace con Alarico non era stata ancora conclusa a tutti gli effetti: l'imperatore non aveva concesso gli ostaggi e non aveva soddisfatto tutte le richieste. Il senato mandò come ambasciatori a Ravenna Ceciliano, Attalo e Massimiano: costoro, compiangendo tutto ciò che era accaduto a Roma e drammatizzando il numero dei morti, non ottennero nulla, anche perché Olimpio confondeva ogni cosa e impediva che si prendessero giuste decisioni. [2] Per questo motivo gli ambasciatori furono congedati senza avere realizzato gli scopi della loro missione; intanto l'imperatore rimosse Teodoro dalla carica di prefetto del pretorio, che affidò a Ceciliano, e diede ordine che Attalo sovraintendesse al tesoro. Olimpio aveva soltanto il compito di cercare dovunque quelli che si diceva fossero in qualche modo conniventi con Stilicone; così furono portati in tribunale, per una simile calunnia, Marcelliano e Salonio, che erano fratelli e facevano parte dell'ordine dei notai imperiali. Olimpio li consegnò al prefetto del pretorio: pur sottoposti ad ogni forma di tortura, non dissero nulla di ciò che gli interessava.
NoteInizi 409 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 45.3-6
Traduzione[3] Mentre mali sempre maggiori si aggiungevano a quelli già esistenti, Attalo, entrato in Roma, destituì Eliocrate dalla carica che l'imperatore gli aveva dato, obbedendo ad Olimpio. A lui infatti era stato assegnato il compito di inventariare e rimettere allo Stato i beni di coloro che avevano subito confische per l'amicizia con Stilicone. Ma poiché era un uomo moderato, reputava empio infierire su esseri sventurati; perciò non fece ricerche accurate, ma consigliò molti di nascondere, in segreto, tutto quello che potessero. Ciò lo fece apparire uno sciocco; pertanto fu portato a Ravenna, per scontare la sua benevolenza verso gli sventurati. [4] A causa della crudeltà allora diffusa sarebbe stato senz'altro condannato a morte se non si fosse rifugiato in una chiesa cristiana. A sua volta Massimiliano, che si era scontrato con i nemici, fu riconsegnato a suo padre Mariano che pagò per lui trentamila monete d'oro. Poiché l'imperatore continuava a rimandare la conclusione della pace e non adempiva agli accordi [...]. I Romani non potevano ancora uscire liberamente dalle città. [5] Ma il senato mandò di nuovo un'ambasceria all'imperatore per la pace: tra gli ambasciatori partì anche il vescovo di Roma. Con essi c'erano pure alcuni barbari inviati da Alarico, per salvarli dai nemici che rendevano pericoloso il cammino. Mentre costoro si recavano dall'imperatore, Ataulfo, fatto chiamare da Alarico, come ho detto in precedenza, attraversò le Alpi che portano dalla Pannonia alla Venezia. [6] Quando l'imperatore seppe che le sue forze non erano ingenti ordinò a tutti i soldati, fanti e cavalieri, che erano nelle città, di scontrarsi con lui insieme ai loro comandanti. Ad Olimpio, che era capo della burocrazia di corte, affidò i trecento Unni di Ravenna, i quali dopo che [...], la chiamano Pisa, attaccandoli e piombando loro addosso uccisero mille e cento Goti: solo diciassette di essi caddero. Ma quando videro l'ingente turba che li assaliva, per timore di essere circondati da molti si rifugiarono a Ravenna.
NotePrimavera 409 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 46
Traduzione[1] Gli eunuchi di corte calunniarono presso l'imperatore Olimpio, colpevole delle sventure che avevano colpito lo Stato, e fecero in modo che venisse destituito dall'incarico. Egli, per timore di qualche altra sventura fuggì e raggiunse la Dalmazia. Intanto l'imperatore mandò a Roma Attalo come prefetto e, preoccupandosi che i fondi destinati al tesoro non venissero in parte nascosti, inviò Demetrio ad assolvere il compito affidato ad Attalo e a fare l'inventario dei beni pubblici. [2] Apportò molte innovazioni nelle cariche e nel resto; depose quelli che avevano avuto il potere e lo diede ad altri; ordinò che Generido fosse a capo di tutti i soldati della Dalmazia, benché comandasse anche gli uomini che difendevano la Pannonia Superiore, il Norico e la Rezia, e gli altri territori sino alle Alpi. Generido, di stirpe barbara, ma per indole ben disposto alla virtù, era assolutamente incorruttibile: [3] rimase fedele ai riti tradizionali e non osò abbandonare il culto degli dei. Quando fu introdotta la legge che vietava a coloro che non fossero cristiani di portare la spada a corte, egli aveva un comando militare in Roma; nonostante questo rimase a casa e lasciò il servizio. Allorché l'imperatore gli chiese di assumere a corte il posto che gli competeva, dal momento che era uno dei comandanti, disse che una legge gli impediva di portare la spada o comunque vietava che ricoprissero cariche coloro che non onoravano la religione cristiana. [4] E quando l'imperatore precisò che la legge valeva per tutti gli altri, ma non per lui che aveva affrontato rischi così gravi per lo Stato, Generido rispose di non potere accettare questo privilegio, che danneggiava tutti coloro che per la legge avevano dovuto lasciare il servizio militare. E non incominciò ad esercitare la sua carica finché l'imperatore, spinto dalla vergogna e dalla necessità, non decise di abrogare quella legge, concedendo a ciascuno di ricoprire magistrature e prestare servizio militare rimanendo fedele alla propria religione. [5] Entrato in carica per quest'atto di generosità, Generido addestrò i soldati con continui esercizi, distribuì loro gli approvvigionamenti e non concesse a nessuno di ridurli, come accadeva di solito; egli stesso prendeva ciò che gli passava il fisco per darlo, come è giusto, a quelli che faticavano di più. Comportandosi in questo modo intimorì i barbari vicini e rassicurò completamente i popoli che doveva difendere.
NotePrimavera 409 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Le leggi sulla religione degli ufficiali pubblici sono del 408 d.C. (CTh. XVI, 5.42) e del 410 d.C. (CTh. XVI, 5.51): l'episodio narrato di Generido, che dovrebbe essere accaduto a Ravenna, è collocato al 408 d.C. e testimonia le deroghe concesse direttamente dagli imperatori.
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PASSO
LocalizzazioneV, 47
Traduzione[1] A Ravenna i soldati si ribellarono e occuparono il porto, urlando disordinatamente e chiedendo all'imperatore di apparire davanti a loro. Mentre quello si teneva nascosto per paura, Giovio, il prefetto del pretorio che aveva anche la dignità di patrizio, si fece avanti in mezzo a loro, fingendo di ignorare il motivo della rivolta – eppure si diceva che il colpevole fosse proprio lui, che aveva trovato collaborazione in Allobico, comandante dei cavalieri domestici. Chiese loro di spiegare che cosa li avesse indotti a questo. [2] Quando sentì che i soldati volevano assolutamente la consegna dei comandanti Turpilione e Vigilanzio, di Terenzio, capo dei ciambellani di corte e di Arsacio, che veniva subito dopo di lui, l'imperatore temette la rivolta ed allora condannò all'esilio perpetuo i generali: caricati su una nave furono uccisi da quelli che li portavano – questo era il comando di Giovio: [3] aveva paura infatti che ritornassero e scoperta l'insidia ordita ai loro danni esortassero l'imperatore a punirlo. Terenzio fu mandato in Oriente, Arsacio invece ebbe in sorte di abitare Milano.
NotePrimavera 409 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 48
Traduzione[1] L'imperatore nominò Eusebio ciambellano, in luogo di Terenzio, assegnò a Valente la carica ricoperta da Turpilione, e sostituì Vigilanzio con Allobico, come comandante della cavalleria; pensò così di placare in qualche modo la rivolta dei soldati. Giovio, il prefetto del pretorio, assunto tutto il potere dell'imperatore, decise di inviare ambasciatori presso Alarico, esortandolo a raggiungere Ravenna insieme ad Ataulfo: lì sarebbe stata conclusa la pace. [2] Le lettere dell'imperatore e di Giovio persuasero Alarico, che raggiunse Rimini, distante da Ravenna trenta miglia [ca. 44,5 km.]; arrivò anche Giovio, che in Epiro era stato suo amico e cliente, e lì iniziarono i colloqui di pace. [3] Alarico chiese che gli fosse data ogni anno una quantità fissa d'oro e che gli venisse fornita una certa razione di grano; chiese anche di poter abitare, con tutti quelli che erano con lui, entrambe le Venezie, il Norico e la Dalmazia. Giovio prese nota davanti ad Alarico di queste richieste e le spedì all'imperatore, insieme ad una propria lettera con la quale lo esortava a nominare Alarico comandante di entrambe le forze, in modo che, ricevendo questi riguardi, i patti risultassero meno pesanti e si raggiungesse un accordo a condizioni sopportabili e moderate. [4] L'imperatore, quando ricevette la loro lettera, condannò la precipitazione di Giovio e gli scrisse dicendo che a lui spettava stabilire la quantità d'oro e di grano, dal momento che era prefetto del pretorio e conosceva l'ammontare delle entrate pubbliche; ma gli raccomandò di non dare assolutamente ad Alarico o a qualcuno della sua stirpe una carica o un comando.
NotePrimavera 409 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C.
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PASSO
LocalizzazioneV, 49
Traduzione[1] Giovio, ricevuta questa lettera, non la lesse da solo, ma in presenza di Alarico. Costui tollerò tutto il resto con equilibrio ma, quando vide che era negata a lui e alle sue genti la carica di comandante, allora si adirò e diede ordine ai suoi barbari di dirigersi a Roma per punire subito il torto che era stato fatto a lui e alla sua stirpe. [2] Giovio, non sapendo che fare, per l'inatteso contenuto della lettera dell'imperatore, ritornò a Ravenna, e, non volendo essere biasimato, giurò ad Onorio che non avrebbe mai concluso la pace con Alarico, ma avrebbe combattuto contro di lui sino in fondo. Giurò toccando la testa dell'imperatore e fece in modo che anche gli altri magistrati facessero la stessa cosa.
NotePrimavera 409 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C.
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LocalizzazioneVI, 7.5-8
Traduzione[5] Benché Alarico consigliasse opportunamente Attalo di mandare un esercito valido in Africa e a Cartagine per togliere il potere ad Eracliano ed evitare che creasse, come partigiano di Onorio, qualche impedimento ai loro piani, Attalo non acconsentì a tali proposte. [6] Mentre la situazione dell'Africa era incerta, fece una spedizione contro l'imperatore, che si trovava a Ravenna.
[1] Questi, sconvolto dalla paura, inviò messaggeri e chiese di poter condividere il potere con Attalo; Giovio, nominato da Attalo prefetto del pretorio, rispose che Attalo non avrebbe lasciato ad Onorio neppure il nome di imperatore e che inoltre non avrebbe risparmiato il suo corpo, ma lo avrebbe mandato ad abitare in un'isola, dopo avergli inflitto qualche menomazione fisica. [2] Tutti rimasero sbigottiti dinanzi a queste insolenti parole. L'imperatore Onorio era pronto alla fuga e per questo un numero considerevole di navi si era radunato presso il porto di Ravenna; erano approdate sei unità di soldati che, attese da tempo, quando ancora era in vita Stilicone, solo allora erano arrivate dall'Oriente pronte ad offrire la loro alleanza: erano in totale quattromila uomini. [3] Onorio, risvegliatosi come da un sonno profondo, affidò la difesa delle mura agli uomini arrivati dall'Oriente e decise, intanto, di rimanere a Ravenna finché non si fosse chiarito quanto succedeva in Africa; se Eracliano avesse vinto e la situazione in quelle zone si fosse stabilizzata, avrebbe fatto guerra ad Attalo e ad Alarico con tutto l'esercito; se invece gli uomini mandati da lui in Africa fossero stati sopraffatti, si sarebbe imbarcato sulle navi a sua disposizione, per recarsi in Oriente, da Teodosio, e avrebbe rinunciato all'impero in Occidente.

NoteAutunno 409 d.C.: è appena stato tolto il secondo assedio visigoto a Roma. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C. Usurpazione di Attalo: 409-410 d.C. (seconda: 414-415 d.C.). Attalo e Alarico sono a Roma. Eracliano era il comes Africae (408-412 d.C.: poi usurpatore 412-413 d.C.).
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LocalizzazioneVI, 9
Traduzione[1] Mentre Onorio si trovava in questa situazione, Giovio, mandato, come ho detto, presso di lui con un'ambasceria, incominciò a meditare un tradimento: Onorio cercò di attrarlo a sé per mezzo di alcuni uomini. Al senato disse di non voler portare a termine l'ambasceria e rivolse all'assemblea parole sconvenienti; disse anche che bisognava inviare i barbari per far guerra ad Eracliano, dal momento che quelli mandati in Africa avevano fallito: l'uccisione di Costante faceva vacillare le loro speranze in quelle regioni. [2] Attalo irritato indicò, attraverso nuovi emissari, ciò che si doveva fare; intanto, altri furono mandati in Africa, per portare denaro e soccorso a quei territori. Alarico, quando fu informato, rimase dispiaciuto per ciò che accadeva e disperò della sorte di Attalo, che con follia e disordine intraprendeva a cuor leggero iniziative dannose. [3] Con il pensiero rivolto a queste cose, decise di ritirarsi da Ravenna, benché avesse pensato di insistere nell'assedio fino alla conquista della città. Glielo aveva raccomandato Giovio, il quale, quando seppe che l'inviato di Attalo aveva fallito la sua missione in Africa, appoggiò totalmente la causa di Onorio: continuava ad accusare Attalo presso Alarico e cercava di persuaderlo ad ordire insidie contro di lui ed i suoi familiari, appena si fosse impadronito del potere.
NoteFine 409 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C. Usurpazione di Attalo: 409-410 d.C. (seconda: 414-415 d.C.). Eracliano era il comes Africae (408-412 d.C.: poi usurpatore 412-413 d.C.).
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PASSO
LocalizzazioneVI, 10
Traduzione[1] Per il momento Alarico voleva rispettare i giuramenti fatti ad Attalo; intanto fu ucciso Valente, comandante della cavalleria, sospettato di tradimento. Alarico attaccò le città dell'Emilia, che avevano rifiutato di accettare subito Attalo come imperatore. [2] Senza alcuna difficoltà sottomise tutte le altre ad eccezione di Bologna, che resistette per parecchi giorni all'assedio: perciò Alarico, non potendo conquistarla, si recò in Liguria, costringendo anche quegli abitanti ad accettare Attalo come imperatore. Onorio, intanto, scrisse una lettera alle città della Britannia raccomandando di stare in guardia, e distribuì in dono ai soldati il denaro mandato da Eracliano; questo gli diede completa tranquillità e gli permise di guadagnarsi la benevolenza delle truppe.
NotePrimavera 410 d.C. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C. Usurpazione di Attalo: 409-410 d.C. (seconda: 414-415 d.C.). Eracliano era il comes Africae (408-412 d.C.: poi usurpatore 412-413 d.C.).
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PASSO
LocalizzazioneVI, 12.2 e 13
Traduzione[2] Allora Alarico meditò la rovina di Attalo: già molto prima Giovio, con continue calunnie, lo aveva indotto a questo. Realizzò il suo piano portando Attalo davanti a Rimini, nella quale allora risiedeva; gli tolse il diadema, lo spogliò della porpora e spedì tutto all'imperatore Onorio.
(...)
[1] Questa era la situazione dell'Italia. Intanto Costantino, dopo avere cinto il figlio Costante del diadema e averlo fatto imperatore, da Cesare che era, destituì Apolinario dalla carica e nominò come prefetto urbano un altro al posto suo. Mentre Alarico si dirigeva a Ravenna nell'intento di concludere una solida pace con Onorio, la fortuna, che preparava la rovina dello Stato, gli frappose un altro inaspettato impedimento. [2]. Mentre Saro si trovava con un buon numero di barbari nel Picenum e non si era alleato né con l'imperatore Onorio né con Alarico, Ataulfo, che gli era ostile per una precedente inimicizia, marciò con tutto l'esercito verso quei luoghi. Costui, accortosi dell'incursione, pensando che con soli trecento uomini non sarebbe stato in grado di combattere, decise di correre da Onorio e di unirsi a lui nella guerra contro Alarico.

NoteEstate 410 d.C., poco prima la caduta di Roma del 24 agosto. Regno di Onorio in Occidente: 395-423 d.C. Regno di Alarico sui Visigoti: 400-410 d.C. Usurpazione di Costantino III in Britannia e Gallia: 407-411 d.C.
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Data2012
NomeAssorati G.
AGGIORNAMENTO – REVISIONE
Data2021
NomeParisini S.

ultima modifica: 16/02/2022
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