Piazzale Risorgimento
Piazzale Risorgimento
Modena (MO)
Gibellini Giuseppe
1848/ 1926
monumento commemorativo
monumento a Vittorio Emanuele II

marmo bianco/ scultura,
granito rosa
cm.
sec. XIX (1890 - 1890)
Su un basamento di granito rosa sono poste le statue in marmo bianco di Vittorio Emanuele II e di Italia. Il Re Galantuomo è in posa trionfale con l’uniforme di comandante dell’esercito piemontese impegnato nella battaglia decisiva contro gli austriaci della seconda guerra d’indipendenza, con l’elmo nella mano destra e la spada (ora perduta) nella sinistra. Seduta sui gradini del basamento l’allegorica figura femminile dell’Italia addita lo Statuto Albertino del 1848 e lo stemma sabaudo come fondamenti della nuova patria, mentre sul lato retrostante l’imponente scultura di un leone custodisce la bandiera della libertà.

Dopo la morte di Vittorio Emanuele II (1820-1878), Modena al pari di altre città decise di innalzare un monumento alla memoria del primo re d’Italia che già il 4 maggio 1860, all’indomani del plebiscito dell’11 e 12 marzo che sanciva l’annessione dell’ex ducato di Modena al regno sabaudo, aveva fatto la sua prima visita a Modena. Il Comitato modenese per le onoranze al sovrano, di cui facevano parte anche il Comune e la Provincia, deliberò nella seduta del 25 ottobre 1878 la realizzazione di un «monumento propriamente detto, che rammentando continuamente ed in modo sensibile anche alle future generazioni del nostro paese, i sacrifici e gli sforzi fatti per la patria fosse di continuo incitamento alla precipua delle virtù, al Patriottismo». Fu indetto un concorso nazionale e venne scelto il modello presentato dallo scultore modenese Giuseppe Gibellini. La decisione dell’ubicazione fu molto più laboriosa e alla scelta del piazzale fuori Porta Bologna si arrivò solo nel 1887, dopo aver fatto diverse prove con un simulacro in corso Vittorio Emanuele II, all’interno dei Giardini Pubblici e in altri luoghi. I lavori si svolsero nei tre anni successivi e il 24 giugno 1890 il monumento fu finalmente inaugurato alla presenza del re Umberto l (1844-1900).
Le statue di marmo bianco del re e dell’Italia nella classica figura femminile rivolte verso la città si stagliavano sul basamento di granito rosa. Lo sfondo era caratterizzato dall’ampio spazio aperto e libero verso est, fuori dalla ormai demolita porta Bologna, che in seguito sarà intitolato largo Garibaldi in omaggio all’Eroe dei Due Mondi, e che ben presto diventerà fulcro del traffico cittadino. A corona del monumento dalla imponente mole piramidale, sopra alle due retrostanti gabelle daziarie pochi anni dopo, nel 1893, verranno collocate le due considerevoli statue del monumento dedicato ai garibaldini. Ma una volta abbattute le mura, le nuove esigenze viarie della città fecero maturare la decisione di cambiare sede all’imponente gruppo monumentale. Nel 1924, con l’abbattimento delle gabelle daziarie, i due garibaldini furono trasferiti nel parco delle Rimembranze e dieci anni dopo, nel 1934 anche il monumento al Gran Re divenne incompatibile con la sontuosa sistemazione architettonica e l’arredo di largo Garibaldi e fu trasferito nella grande aiuola centrale di piazza Risorgimento dove viale delle Rimembranze, che ricorda i caduti della Grande Guerra, e viale Vittorio Veneto, che ne ricorda la fine vittoriosa, si incontrano formando un largo angolo.
Succeduto sul trono al padre Carlo Alberto (1798-1849) re di Sardegna, costretto ad abdicare dopo le sconfitte piemontesi di Custoza il 25 luglio 1848 e di Novara il 23 marzo 1849, Vittorio Emanuele II è annoverato tra le figure più importanti del Risorgimento. Anche se conclusa con la sconfitta militare, la prima guerra d’indipendenza aveva rafforzato nelle coscienze l’aspirazione all’unità nazionale e la convinzione che il processo di unificazione, più che su ipotesi federaliste o repubblicane, potesse avvenire attraverso il regno sardo-piemontese che dal 4 marzo 1848, quando entrò in vigore lo Statuto Albertino, era diventato una monarchia costituzionale. Fu l’abile strategia politica e diplomatica del primo ministro Camillo Benso conte di Cavour (1810-1861) a preparare le condizioni dell’alleanza con la Francia e a consentire a Vittorio Emanuele Il di dichiarare al parlamento sabaudo il 10 gennaio 1859: «non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi». Furono parole che accesero ovunque un grande entusiasmo e favorirono da ogni parte d’Italia l’accorrere di migliaia di volontari. Il re aveva impegnato direttamente la forza economica e militare del Piemonte, la sua corona e il suo destino nella seconda guerra d’indipendenza, ottenendo la fiducia e la partecipazione di tutte le componenti risorgimentali: liberali, moderate, radicali, repubblicane, garibaldine. Furono gli anni decisivi che portarono il 17 marzo 1861 alla proclamazione a Torino del Regno d’Italia e di Vittorio Emanuele Il re d’Italia. Il sogno dell’unità nazionale era ormai compiuto.