Museo del Risorgimento "A. Saffi"
Corso Garibaldi, 96
Forlì (FC)
manifattura austriaca
bomba a mano

ferro,
ottone
mm 33 (d) 210 (lu)
sec. XX (1900 - 1918)
Il corpo principale dell'oggetto è costituito da un cilindro in ferro, su cui è incollata una vecchia etichetta inventariale del museo ormai non più leggibile, in quanto la carta risulta fortemente ingiallita e macchiata di scuro. La base del cilindro è invece in ottone e presenta un foro zigrinato in cui si avviatava un elemento andato perso (un altro buco a vite è presente al centro del corpo in ferro). La testa ogivale è in sottile lamina d'ottone ed è caratterizzata da più fori rotondi che permettono di intravedere una piccola elica interna.

Esemplare mutilo di "Universal Granate", bomba a mano austriaca universale.
Già in uso presso l'esercito austroungarico prima dello scoppio della Prima Guerra Mondiale, la sua costruzione fu sospesa all'inizio del conflitto a causa dell'eccessivo costo di produzione e della scarsa efficienza, dovuta alla limitata carica di scoppio. La sua versatilità però fece sì che il suo impiego continuò comunque fino ad esaurimento scorte durante tutto il conflitto.
Essa poteva infatti essere utilizzata sia come bomba a mano convenzionale sia come bomba da fucile. Nel primo caso poi si poteva decidere di innescarla in due diversi modi, essendo l’ordigno dotato sia di accenditore a tempo che a percussione. Il funzionamento a tempo avveniva grazie a una miccia che era inserita nel foro del corpo centrale e collegata a un accenditore a frizione (sia la miccia che l’accenditore nel caso in esame non sono conservati); quest’ultimo veniva azionato tirando bruscamente alcuni spaghi, ricoperti in tela cerata e terminanti con un bottone di strappo, le cui estremità interne erano spalmate di materia incendiaria. La bomba così fumante andava lanciata subito come un semplice sasso verso il nemico dal momento che aveva un ritardo pirotecnico di soli 8 secondi e una portata delle schegge di venti metri.
Il funzionamento a percussione, invece, si realizzava mediante un percussore, posto nella testa della bomba, che prima dell’uso era abitualmente protetta da un cappuccio in lamina di ottone, in questo caso non giuntoci. Il percussore era liberato durante il lancio dell’ordigno, che avveniva facendo ruotare una o due volte una cordicella terminante con un governale in tela cerata (non conservato), che era legata al gancio di sospensione della base della bomba: nel volo l'aria, che veniva convogliata attraverso appositi fori sull’ogiva in ottone, faceva girare l'elichetta interna di cui la bomba era munita, fino a portarla a sbattere contro la capsula di innesco; l’impatto col suolo portava poi a far detonare l'ordigno.
Per il lancio tramite fucile, era necessario solo svitare il gancio di sospensione a cui si trovava attaccata la cordicella col governale e avvitare al suo posto la bacchetta di lancio; quest’ultima poi veniva spinta nella canna del fucile sino a farla poggiare sulla cartuccia. Il fucile veniva utilizzato stando in ginocchio e appoggiando saldamente il calcio per terra, in modo che il forte rinculo venisse assorbito dal terreno.