tela/ pittura a olio
sec. XVII (1625 - 1630)
L'accattivante composizione, che si avvale di un raffinato luminismo, di morbidi panneggi e di teneri incarnati, che rimandano a modi reniani diffusamente assorbiti dalla cultura bolognese.
Il senso cromatico, l'eleganza delle forme e l'attenzione dei particolari, derivano direttamente dal Calvaert al quale restò fedele per l'intero corso della sua lunga attività artistica, mostrando per la riforma naturalistica in atto un interesse limitato.
Lo Spisanelli, piemontese d'origine, fu allievo a Bologna del fiammingo Denys Calvaert, secondo quanto attesta il Malvasia, che riferisce anche dell'infelice esperienza da lui vissuta nella bottega bolognese, dove certi suoi dipinti venivano venduti dal Maestro come lavori propri.
A differenza di altri quali il Reni, l'Albani e il Domenichino, che lasciarono la bottega attratti dalla novità carraccesca, lo Spisanelli non abbandonò mai il maestro restando fortemente influenzato dai suoi modi pittorici: "a voler sempre mantenere il colorito del suo maestro nonostante avesse veduto ai suoi tempi a lui prevalere i Carracci e i seguaci l'Albani, Guido, Domenichino".